Cinzia Tani

Cinzia Tani è giornalista e scrittrice, autrice e conduttrice radiotelevisiva. Dopo la maturità classica consegue la laurea in Lettere Moderne e il diploma come interprete e traduttrice di lingua inglese, francese e spagnola. Debutta nel 1987 come scrittrice con il libro “Sognando California” con cui vince il Premio Scanno. Notata dalla RAI, entra nella tv di stato come inviata di Mixer. In seguito debutta come autrice e conduttrice di alcuni programmi tv: “Chi è di scena”, “L’occhio sul cinema”, “Il caffè”, “Italia mia benché” e “Delitti“. Non solo tv, visto che ha alternato con egual successo anche la conduzione di programmi radiofonici per RadioRai: da “Rewind – Visioni private” e “Fantasticamente“. Nel 2004 è stata insignita da Carlo Azeglio Ciampi del titolo di Cavaliere della Repubblica Italiana per meriti culturali. Tra i suoi libri: Assassine (Mondadori, 1998), Coppie assassine (Mondadori, 1999), Amori crudeli (Mondadori, 2003), L’insonne (Mondadori, 2005), Sole e ombra (Mondadori, 2007, premio Selezione Campiello), Lo stupore del mondo (Mondadori, 2009), La storia di Tonia (Mondadori, 2014), Donne pericolose (Rizzoli, 2016), Il capolavoro (Mondadori, 2017), Darei la vita (Rizzoli, 2017), la trilogia Il Volo delle Aquile (Mondadori, 2018-2020), Angeli e carnefici (Rizzoli, 2021).

Il suo ultimo romanzo è L'ultimo boia, edito da Vallecchi Firenze.

Angeli e Carnefici. Undici donne straordinarie e undici spietate assassine. Undici hanno intrapreso la strada del bene e undici quella del male. Apparentemente abitano mondi distanti destinati a non incontrarsi mai, eppure qualcosa lega a due a due queste donne formando coppie unite da un doppio filo. Che cosa hanno in comune? Lo stesso anno di nascita e forse anche qualche dettaglio in più. Come Tina Modotti e Marie Besnard che hanno avuto entrambe un'infanzia povera, ma sono state molto amate dai genitori: l'una è diventata una fotografa e un'attivista impegnata in politica e l'altra è diventata un'avvelenatrice seriale accusata di parricidio e matricidio. Oppure Hannah Arendt e Ilse Koch, entrambe tedesche: la prima è dovuta fuggire dalla Germania perché ebrea, la seconda è il volto più atroce del nazismo, la sadica aguzzina degli ebrei internati nel campo di concentramento di Buchenwald. La prima è la teorica della banalità del male, la seconda lo incarna. Quanto conta l'infanzia nella storia di una donna che diventa «grande» nel crimine, nell'arte, nell'attività politica o nella scienza? La diversità di educazione, ambiente e incontri condiziona le scelte? Oppure è il Dna che determina inevitabilmente l'esistenza di ciascuno di noi? Oggi le teorie di Cesare Lombroso, il padre dell'antropologia criminale, e della fisiognomica sono ampiamente superate da un approccio interdisciplinare basato sull'interazione tra geni e ambiente. E in questa direzione, infatti, che si muove Cinzia Tani nel ripercorrere le storie di ventidue donne vissute tra Ottocento e Novecento, indagando il modo in cui tutto è cominciato: il tipo di famiglia, il background sociale e culturale, le amicizie, i primi amori. Dettagli poco noti che possono fare una grande differenza nel futuro di una persona e trasformare una donna in un angelo o una carnefice.

L'ultimo Boia. Chi è veramente un boia? Quali sono la sua infanzia, le amicizie, gli amori, le ambizioni, i conflitti, le convinzioni? Albert Pierrepoint ha undici anni quando scopre per caso quale sia il lavoro segreto del padre e dello zio. Crescendo decide di seguire la tradizione di famiglia e diventa il Pubblico Giustiziere più famoso della Gran Bretagna, chiamato per le esecuzioni anche in altri paesi del mondo. In venticinque anni ha impiccato circa cinquecento persone ma nel 1956 ha lasciato il suo lavoro perché non credeva più nella pena capitale e ha cominciato a combatterla. Accade quando deve giustiziare Ruth Ellis che, dopo un rapporto d’amore travagliatissimo con il corridore automobilistico David Blakely, lo uccide per gelosia. Per la prima volta Pierrepoint non trova una folla esultante che lo attende fuori dalla prigione ma gente inferocita che vorrebbe linciarlo. Il libro racconta la sua vita intervallata dai casi di cronaca nera più importanti dell’epoca in cui fu lui l’ultima persona a guardare negli occhi i condannati.

Abel Wakaam: Ciao Cinzia, sfogliando i titoli dei tuoi numerosi romanzi sia ha l'impressione che tu voglia indagare profondamente nell'animo umano, specialmente se la coscienza dei protagonisti è carica di ombre scure. È un modo per analizzare i fatti da un punto di vista alternativo, pur senza schierati dalla loro parte?

Cinzia Tani: È proprio così. Nelle mie biografie di assassini (Assassine, Coppie Assassine, Amori Crudeli, Io sono un’assassina e altri) racconto l’intera vita del criminale per cercare di capire cosa lo ha portato a prendere la strada del male. Comprensione, non giustificazione. C’è sempre una storia dietro un assassino o un’assassina e nei miei libri propongo la loro vita nella sua interezza: infanzia, famiglia, ambiente sociale, aspetto fisico, eventuali abusi subiti, traumi, difetti comportamentali e così via. Poi avviene il delitto o i delitti e infine racconto il processo nei dettagli per poi arrivare alla loro morte. Sono biografie complete che servono anche per cercare di entrare nel lato oscuro della loro mente. In Angeli e Carnefici ho voluto invece mettere a confronto la vita di undici coppie di donne, una è diventata una stella (della scienza, politica, cinema, musica etc) e l’altra un’assassina. Perché? Quanto conta la genetica e quanto l’ambiente nel comportamento di un individuo? E’ sempre il mistero ad attrarmi, anche nei romanzi storici in cui analizzo e racconto episodi poco conosciuti. Un esempio? Ne La Storia di Tonia parlo dell’immigrazione italiana in Australia (di cui si parla pochissimo) a seguito della truffa di un marchese francese.

Abel Wakaam: La prefazione dell'Ultimo Boia recita così: "Disse Caino al Signore: «Troppo grande è la mia colpa per ottenere perdono. Ecco, tu mi scacci oggi da questo suolo e dovrò nascondermi lontano da te; io sarò ramingo e fuggiasco sulla terra e chiunque mi incontrerà mi potrà uccidere». Ma il Signore gli disse: «Chiunque ucciderà Caino subirà la vendetta sette volte». Devo dedure che si debba considerare il pentimento come una forma di redenzione?

Cinzia Tani: Se il pentimento è sincero, secondo me sì. Purtroppo molti criminali si dicono pentiti solo per avere sconti di pena e altri non si pentono affatto. Credo, come vuole la nostra Costituzione, che la reclusione in carcere, oltre che per espiare la pena, dovrebbe offrire al detenuto un percorso di redenzione, di cambiamento, in vista del suo reinserimento nella società. Ho lavorato molto con i detenuti (ho fatto dei corsi di scrittura con loro) e mi rendo conto che molti penitenziari (di solito sovraffollati) non offrono nulla che sia valido per un percorso di recupero, ad esempio il lavoro.

Abel Wakaam: Sempre tratto dal tuo ultimo romanzo: "Mi chiamo Albert Pierrepoint e sono stato un boia. Ho lasciato il mio lavoro perché non credo più nella pena capitale. Parlano di me come del più famoso Pubblico Giustiziere della Gran Bretagna, efficiente, affidabile, preparato e richiesto anche all’estero. In ventitré anni ho impiccato circa cinquecento persone seguendo una tradizione di famiglia. Di questi condannati diciassette erano donne, sei erano soldati americani e duecento criminali nazisti. Ho cercato di alleviare al massimo le loro ultime sofferenze: dal momento in cui il prigioniero lasciava la sua cella a quando moriva passavano sette secondi e mezzo". Quanto è complesso vestire i panni di un boia per raccontare la storia della sua vita?

Cinzia Tani: E’ sempre complesso vestire i panni di un personaggio scomodo, questo avviene anche quando scrivo le biografie degli assassini. Ma riesco a distaccarmi per cercare di capire. Come mai un uomo decide di diventare un Pubblico Giustiziere? Pierrepoint era un uomo buono, da piccolo aveva lasciato gli studi per aiutare la madre a tirare avanti dopo la morte del padre, si innamora di una donna e le è fedele tutta la vita. Era molto amato dagli amici, stimatissimo dai governanti, lodato dalla stampa anche perché veniva chiamato in altri paesi a giustiziare i condannati visto che il suo metodo era il più umano e tecnicamente valido. E’ stato bello immedesimarmi in lui quando comincia a riflettere sulla pena di morte e si rende conto che non è un deterrente per il crimine ma solo una vendetta di stato. Poiché anche io ho sempre aborrito la pena di morte (faccio parte della ONG Nessuno Tocchi Caino) ho voluto raccontare la sua storia solo perché lui, nonostante il lavoro svolto pr vent’anni, comincia a combattere contro la pena capitale.

Abel Wakaam: In tutti i tuoi testi, e ancora di più nelle vicende del boia, si evince una ricerca precisa e approfondita dei fatti storici che racconti. Come riesci ad indagare in modo così preciso nella vita dei tuoi protagonisti?

Cinzia Tani: Adoro la ricerca! Più della scrittura. Per ogni personaggio di cui scrivo la biografia leggo decine di libri. Per la mia trilogia sugli Asburgo e quindi su tutta la storia del complicato e affascinante Sedicesimo Secolo avrò letto (in diverse lingue) circa trecento libri. Solo leggendo biografie, autobiografie, documenti, vedendo film, documentari etc riesco a scrivere la vita di un personaggio realmente esistito e provare ad entrare nella sua mente. Per i romanzi storici faccio anche lunghi sopralluoghi nei paesi in cui sono ambientati. Sono una viaggiatrice solitaria. Credo di conoscere ormai gran parte del mondo. Lo dimostra una vecchia carta del National Geographic che occupa un’intera parete della mia casa, totalmente coperta di bandierine colorate. Il prossimo romanzo, che uscirà a maggio, è ambientato in Alaska, dove sono stata prima del covid. In questo caso ho voluto raccontare la vita e le tradizioni degli Inuit, di cui non si parla molto, e il terrificante sversamento di petrolio accaduto nel 1989, quando la superpetroliera Exxon Valdez (con il capitano ubriaco) si schiantò contro una scogliera distruggendo le coste del Paese.

Abel Wakaam: Dopo la ricerca arriva il momento di sedimentare i pensieri e cominciare a scrivere. Come si svolge questa fase del tuo lavoro? Dove annoti i tuoi appunti? Segui una scaletta o uno schema prefissato, oppure trasformi istintivamente i pensieri in parole, riempiendo finalmente le pagine di tutto ciò che hai tenuto dentro fino a quel momento?

Cinzia Tani: Un consiglio che do sempre nei corsi di scrittura creativa che tengo da anni è di compilare una scaletta appena si è trovata l’idea giusta. È come fare la lista per la spesa. Se non annotiamo quello che dobbiamo comprare entriamo nel supermercato e siamo disorientati. La scaletta è un insieme di punti fermi della storia che poi, gradualmente, viene allargata fino a costituire un elenco dei capitoli. Anche nei capitoli vengono aggiunti fatti, descrizioni, conflitti, riflessioni. Tutto questo lavoro serve per darci una direzione, per non farci avere “il blocco dello scrittore”. Se non vogliamo scrivere il secondo capitolo andiamo al settimo e poi riempiamo i vuoti. Accanto alla scaletta ho tantissimi file con le mie ricerche. Quindi se devo descrivere un falegname al lavoro ho un file in cui ho messo tutti gli strumenti che usa un falegname e così via. Naturalmente tutto può essere cambiato nella scaletta. Si può aggiungere un personaggio, eliminare un episodio, modificare la cronologia dei capitoli. La scaletta non deve essere una prigione ma un aiuto, un sostegno.

Abel Wakaam: Si può insegnare a scrivere un libro?

Cinzia Tani: Sono più di vent’anni che tengo corsi di scrittura creativa. Dopo il corso base di dieci lezioni in cui si approfondiscono con me gli argomenti principali: l’idea, il plot, l’incipit, il finale, i personaggi, il punto di vista etc. molti miei corsisti approdano a un laboratorio mensile. Adesso ne ho due, con quindici persone ciascuno, e almeno venti di queste persone hanno cominciato a pubblicare con me. Quindi, sì, si può insegnare la tecnica, io correggo i lavori, il gruppo commenta, dà consigli utilissimi. E’ ovvio che poi è necessario il talento per scrivere un buon libro. Non tutte le persone che hanno pubblicato durante i miei corsi hanno talento ma alcune moltissimo. Però magari qualcuno è pigro, non ha disciplina, ha bisogno di stimoli, di consigli, di condivisione e i corsi servono a questo.

Abel Wakaam: Che consigli ti senti di dare agli autori emergenti di Writer Officina?

Cinzia Tani: l consiglio che do è di leggere moltissimo. E soprattutto di rileggere. Solo rileggendo un libro che ci è piaciuto possiamo apprezzarne lo stile, capire come è stato costruito, sottolineare certe frasi, certe parole che potremmo ricopiare in un quaderno. Ci serviranno in seguito. Poi è necessario avere un’idea. L’idea si trova ovunque: un articolo di giornale, una persona che ci colpisce, un fatto a cui assistiamo, un argomento che vorremmo approfondire etc. A quel punto bisogna appuntare l’idea da qualche parte, altrimenti svanisce. E poi dobbiamo confrontarci con qualcuno, parlare della nostra idea per vedere le reazioni. Ecco che, dopo aver realizzato una breve sinossi di quello che diventerà il nostro romanzo, è necessaria la scaletta.

Abel Wakaam

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