La
trama, in letteratura, viene generalmente intesa
come l'insieme degli eventi più importanti
contenuti in un racconto, un romanzo, un dramma teatrale
o in un'opera audiovisiva. Deriva da un vocabolo tecnico
del settore tessile, dove indica la struttura di un
tessuto. In pratica si fa riferimento alla storia
che viene raccontata, a cui viene formalmente accostata
la fabula.
Il termine fabula è stato introdotto
dai formalisti russi e indica l'insieme degli avvenimenti
che compongono una narrazione, considerato nel rispetto
dell'ordine causale e cronologico, ma anche nella
valutazione dei suoi rapporti interni. La fabula si
contrappone all'intreccio, che rinvia al metodo
in cui il narratore organizza l'evolversi della vicenda.
L'autore può infatti raccontare una storia
sia rispettando la fabula, cioè mantenendo
l'ordine naturale degli eventi, sia montandoli in
modo personale, seguendo un ordine artificiale, per
ottenere particolari effetti narrativi come la suspense.
Questo però non accade mai nelle favole e nelle
fiabe per bambini, proprio per semplificarne la lettura
da parte di un pubblico così giovane. La fabula
si distingue quindi dall'intreccio, che è l'insieme
degli eventi della storia nella successione in cui
l'autore li ha voluti disporre. Quando fabula e intreccio
non coincidono, emergono anacronie, quali le analessi
e le prolessi. Le analessi (o regressioni, che nel
cinema vengono denominate flashback), sono racconti
di fatti accaduti in precedenza rispetto alla vicenda
narrata. Le prolessi (che nel cinema sono invece denominate
flashforward) sono al contrario le anticipazioni di
eventi che devono ancora accadere.
Questi elementi, insieme ad altri, vengono usati
per valutare la capacità dell'autore di "muoversi"
all'interno dei fatti che racconta. In realtà
il corretto utilizzo di tutte le tecniche narrative
non crea automaticamente un buon prodotto letterario,
perché altrimenti ogni testo così prodotto
sarebbe un successo scontato. L'originalità
della trama e la capacità di ammaliare il lettore
devono essere considerate, non solo come una capacità
aggiuntiva, bensì come una base solida che
differenzia la leggibilità un libro rispetto
agli altri.
E qui, come dal titolo dell'articolo, arriviamo alle
chiacchiere davanti al fuoco. Credo che ognuno di
noi si sia trovato, almeno una volta nella vita, seduto
con gli amici attorno a un falò sulla spiaggia.
Probabilmente c'era un ragazzo con la chitarra che
strimpellava qualche canzone di quel periodo. Certo
non era un chitarrista di successo, ma l'atmosfera
in quel preciso momento si era fatta magica. Lo stesso
mi è accaduto in alta montagna, rigirando le
salsicce sulla brace di un fuoco improvvisato, mentre
ascoltavo i racconti di un vecchio prete del Mato
Grosso, che la mattina seguente avrebbe trascinato
un gruppo di giovani seminaristi fin sui 3.374 metri
del Blinnenhorn. Disse che, se non si impara a soffrire
in prima persona per raggiungere uno scopo, non si
può insegnare agli altri a comprendere la sofferenza.
Se le stesse parole le avessi ascoltate in chiesa,
non mi si sarebbero stampate così profondamente
nella pelle.
E allora perché non proviamo a raccontare
una storia come lo faremmo di notte, con degli sconosciuti,
attorno a un fuoco? Perché non dimentichiamo
le tecniche della fabula e dell'intreccio per trasformare
la trama in una storia tatuata sulla pelle di chi
legge o ascolta? È davvero così importante
seguire uno schema e incanalarci nel modus operandi
corrente? È davvero così assurdo affabulare
chi ci ascolta con la nostra capacità di dar
corpo, vita sangue, polvere e dolore, a ciò
che la nostra lingua esprime, senza che la mente riesca
a domarla nel recinto della cultura?
Ciò che fa spesso la differenza tra un testo
perfetto e un testo intrigante non sono la corretta
struttura grammaticale, le dotte citazioni oppure
il sapiente uso delle parole, ma la dinamica istintiva
con cui l'autore ci travolge, impedentoci di pensare
ad altro, al punto di non accorgerci neppure di una
virgola fuori posto. La scrittura è un'arte
emotiva personale che non può e non deve essere
racchiusa tra le pareti della logica. E allora perché
imbrigliarla dentro uno schema prefissato? Perché
modificarla sulla base degli altrui preconcetti?
Io non ho la risposta a questi dilemmi, forse perché
non sopporto i déjà vu e, sempre
più spesso, mi imbatto in testi in cui trama,
fabula e intreccio si ripetono all'infinito e vengono
a mancare le note di una chitarra scordata, ma carica
di magia, che suona davanti al fuoco.
Questo articolo non vuole soltanto essere una riflessione
sull'originale creatività di ogni individuo,
bensì un applauso a chi canta, suona e scrive
fuori dal coro.
Abel Wakaam
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