Ilaria
Tuti vive a Gemona del Friuli, in provincia di
Udine. Appassionata di pittura, nel tempo libero ha
fatto lillustratrice per una piccola casa editrice.
Nel 2014 ha vinto il Premio Gran Giallo Città
di Cattolica. Il thriller Fiori sopra linferno,
edito da Longanesi nel 2018, è il suo libro
desordio. Il secondo romanzo, Ninfa dormiente,
è del 2019. Entrambi vedono come protagonisti
il commissario Teresa Battaglia, uno straordinario
personaggio che ha conquistato editori e lettori in
tutto il mondo, e soprattutto la terra natia dellautrice,
la sua storia, i suoi misteri. Con Fiore di roccia,
e attraverso la voce di Agata Primus, Ilaria Tuti
celebra un vero e proprio atto damore per le
sue montagne, dando vita a una storia profonda e autentica,
illuminata dalla sensibilità di unautrice
matura e generosa.
"Conosciamo queste montagne più di
chiunque altro, le abbiamo salite e scese tante volte.
Sapremo proteggerci, se necessario. Del resto sono
consapevole: se non rispondiamo noi donne a questo
grido daiuto, non lo farà nessun altro.
Non cè nessun altro".
Con Fiore di roccia, Ilaria Tuti racconta
il coraggio delle donne al fronte, durante la prima
guerra mondiale, pronte a fare la loro parte tra le
cime impervie della Carnia, per portare i rifornimenti
sulla prima linea della guerra.
"Quelli che riecheggiano lassù, fra
le cime, non sono tuoni. Il fragore delle bombe austriache
scuote anche chi è rimasto nei villaggi, mille
metri più in basso. Restiamo soltanto noi donne,
ed è a noi che il comando militare italiano
chiede aiuto: alle nostre schiene, alle nostre gambe,
alla nostra conoscenza di quelle vette e dei segreti
per risalirle. Dobbiamo andare, altrimenti quei poveri
ragazzi moriranno anche di fame. Questa guerra mi
ha tolto tutto, lasciandomi solo la paura. Mi ha tolto
il tempo di prendermi cura di mio padre malato, il
tempo di leggere i libri che riempiono la mia casa.
Mi ha tolto il futuro, soffocandomi in un presente
di povertà e terrore. Ma lassù hanno
bisogno di me, di noi, e noi rispondiamo alla chiamata.
Alcune sono ancora bambine, altre già anziane,
ma insieme, ogni mattina, corriamo ai magazzini militari
a valle. Riempiamo le nostre gerle fino a farle traboccare
di viveri, medicinali, munizioni, e ci avviamo lungo
gli antichi sentieri della fienagione. Risaliamo per
ore, nella neve che arriva fino alle ginocchia, per
raggiungere il fronte. Il nemico, con i suoi cecchini
diavoli bianchi, li chiamano ci tiene
sotto tiro. Ma noi cantiamo e preghiamo, mentre ci
arrampichiamo con gli scarpetz ai piedi. Ci aggrappiamo
agli speroni con tutte le nostre forze, proprio come
fanno le stelle alpine, i «fiori di roccia».
Ma oggi ho incontrato il nemico. Per la prima volta,
ho visto la guerra attraverso gli occhi di un diavolo
bianco. E ora so che niente può più
essere come prima."
Grazia Redaelli: Ciao Ilaria,
prima di ogni altra cosa vorrei abbracciare d'istinto
Agata, perché sembra un personaggio così
reale che quasi dispiace che sia frutto soltanto della
tua fantasia. Hai coniato le sue effigi su qualcuno
che conosci di persona?
Ilaria Tuti: Ciao, grazie per questo spazio
e per le parole affettuose rivolte ad Agata, a cui
tengo molto. Agata è lunico personaggio
interamente di fantasia in Fiore di roccia,
ma racchiude dentro se stessa tante altre donne le
cui esistenze mi sono arrivate dai testi, dalle lettere
e dalle testimonianze orali che ho raccolto durante
la fase di ricerca sullimpresa delle portatrici
carniche. Agata è vera, dopotutto, è
fatta di un vissuto comune a tante donne dellepoca,
ma, come tutti i giovani, è rivolta al futuro,
alla speranza e al cambiamento.
Grazia Redaelli: "La nostra capacità
di bastare a noi stesse non ci è riconosciuta,
né concessa. Labbiamo tessuta con la
fatica e il sacrificio, nel silenzio e nel dolore,
da madre in figlia. È così,
da madre in figlia, che si tramanda questa storia?
E parte da qui il tuo voler consegnare a uno spettro
più ampio questo commovente pezzo di Storia
affinché non venga dimenticata?
Ilaria Tuti: In Friuli le portatrici sono
nel cuore di tutti e la loro storia ha fatto parte
della mia formazione fin da piccola. È un esempio
di come la memoria personale, del singolo, se custodita
e tramandata in famiglia e ancora più spesso,
trattandosi di unimpresa femminile, tramandata
di madre in figlia, diventi tesoro prezioso di unintera
comunità la memoria collettiva
e si elevi a essere, infine, memoria storica, patrimonio
di una nazione, come dovrebbe essere per queste donne
straordinarie. Fiore di roccia è il
mio piccolo contributo alla cura di questa memoria,
che è responsabilità di ciascuno di
noi.
Grazia Redaelli: "Non conosco le rose.
C'è invece un'espressione più felice
che racconta la tenacia di questa stella alpina: noi
la chiamiamo 'fiore di roccia'.» Il capitano
Colman annuisce. «E' questo che siete. Fiori
aggrappati con tenacia a questa montagna. Aggrappati
al bisogno, sospetto, di tenerci in vita."
Sono donne amorevoli e aperte all'accoglienza, delicate
d'animo eppure fortissime. Allattano un bimbo e imbracciano
un fucile scalando montagne. Questa grande forza quasi
selvatica arriva anche dalla splendida, ruvida terra
in cui sono nate?
Ilaria Tuti: La terra in cui cresciamo ci
nutre e ci dà forma. Il Friuli dellepoca
era una terra di miseria, in cui si doveva spesso
riempire la pancia vuota di coraggio. Gli uomini emigravano
oltre confine e restavano lontani da casa per mesi,
anche in tempo di pace. Le donne erano abituate a
bastare a se stesse, a farsi carico della famiglia
e dei lavori più pesanti. Come spesso accade,
è il bisogno estremo a creare la spinta necessaria
per sopravvivere, per aprire nuove vie dove non ce
nerano.
Grazia Redaelli: La tua è una scrittura
molto attenta, femminile, di pancia. Si adatta come
una veste perfetta e senza pieghe su ognuna delle
protagoniste. Pare essere disegnata attentamente utilizzando
le voci del tempo. Come sei riuscita a dipingere con
le giuste parole quegli splendidi ritratti dell'epoca?
Ilaria Tuti: Grazie di cuore. La ricerca sulla
scrittura è stata una parte molto importante
del lavoro iniziale. Ho studiato le lettere e i diari
dellepoca, perdendomi nel fascino di una lingua
molto più ricca di quella in uso, nonostante
il livello di scolarizzazione fosse basso. Quello
che era diverso era il modo di pensare: molto più
ricco di enfasi, di immagini legate alla natura e
allo scorrere del tempo, di poesia. Il nostro linguaggio
si è semplificato per adattarsi alla vita moderna,
è diventato più fluido e diretto, ma
lungo la strada ha perso qualcosa.
Grazia Redaelli: Hai provato a ripercorrere,
passo dopo passo, quegli stessi ripidi sentieri per
percepire la fatica delle coraggiose protagoniste
della tua storia?
Ilaria Tuti: Sì, sono salita lungo
quei sentieri e ho pensato alle Portatrici a ogni
passo. Al carico disumano che portavano, al corpo
piegato, alla straordinaria determinazione necessaria
per compiere ciò che hanno fatto. Ma lassù
ho pensato anche agli uomini eccezionali che le hanno
incontrate, che con loro hanno diviso pane e fronte.
Nei boschi che attraversavo, alcuni cartelli indicavano
luogo sacro, perché molti di loro
riposano ancora lì, non sono mai stati trovati.
Quando ho raggiunto le trincee del Pal Piccolo, perfettamente
conservate grazie allopera di volontari, ho
sentito la presenza di quei ragazzi in ogni pietra
faticosamente eretta in quel mondo lunare. Il sacrificio,
anche di sangue, è stato enorme.
Grazia Redaelli: "Ci sono storie dimenticate,
storie che sembrano sepolte in un brandello di memoria
che non vogliamo riportare alla luce. E poi, quando
vengono raccontate, tutti ci chiediamo perché
non è stato fatto prima." Cosa ti
ha fatto comprendere che fosse il momento giusto per
far sbocciare questo Fiore di Roccia?
Ilaria Tuti: La storia delle Portatrici ha
fatto parte della mia vita fin da piccola, perché
in Friuli è molto conosciuta e queste donne
sono nel cuore di tutti, mi ha formata come persona
e come donna. Mi stavo documentando da qualche anno,
ma la svolta è arrivata nel gennaio del 2019,
quando ho visitato il Museo della Grande Guerra di
Timau, culla della memoria delle Portatrici e dei
soldati che su quelle montagne si sono sacrificati.
Lincontro fondamentale è avvenuto con
il direttore del museo, che mi ha regalato ricordi
e aneddoti meravigliosi e messo tra le mani i testi
giusti da studiare. Fiore di roccia non è lunico
libro scritto sulle Portatrici, ma è un piccolo
contributo che volevo dare da parte mia con tutto
il cuore alla loro memoria.
Grazia Redaelli: Luomo è
una creatura così bizzarra, ama e distrugge,
riedifica e sopravvive. Lamore è vita,
la vita è un vento che non comprende barriere
di filo spinato, né fossati profondi quanto
mari. La sua natura è espandersi.
Quanto è cambiato oggi il concetto di "Amore"
rispetto a quei tempi?
Ilaria Tuti: Si è perso, credo, il
senso della sua sacralità. Ledonismo
ha smorzato la compassione, che significa sentire
il dolore dellaltro come se fosse il proprio.
Grazia Redaelli: Una delle frasi del tuo libro
che mi ha più colpita è stata: Mia
madre aveva ragione, i libri parlano dellumanità
allumanità, in essi uomo e Storia si
riconoscono e rincorrono, e non importa quanto tempo
addietro siano stati scritti. Sono immortali.
È questo il tuo modo per tramandare alle nuove
generazioni il dolore di quelle precedenti?
Ilaria Tuti: È il modo per comprendere
la nostra storia, la nostra indole di esseri umani,
così fallibili eppure capaci di riprese straordinarie.
Ciò che non è scritto prima o poi andrà
perso, i libri sono tesori che raccontano il nostro
cammino. Io ho raccontato il dolore, ma un dolore
in cui cè forza, coraggio, rispetto e
consapevolezza: questo vorrei tramandare.
Grazia Redaelli: Hai tratteggiato con grande
meticolosità le figure femminili quasi fossi
una di loro. Ti sei completamente immedesimata, pianto
e camminato insieme, affidando la tua scrittura a
descrizioni così tattili e vivide. Come riesci
a mantenere questa sorta di equilibrio perfetto tra
il lavoro di ricerca, la documentazione e una profonda
costruzione umana del personaggio?
Ilaria Tuti: Coltivo lempatia e mi piace
ascoltare con interesse le persone, che hanno sempre
storie bellissime da raccontare, piene di umanità.
Ho riempito i miei personaggi di questi racconti che
mi sono stati donati e ho cercato di immedesimarmi
nelle difficoltà, nella paura, nellamore,
persino nella fame. Non potevo scrivere di una tale
miseria con lo stomaco pieno. In quel periodo ho vissuto
una vita più umile, ma ho cercato anche la
passione tra le righe: dovevo emozionarmi io per prima,
per riuscire a trasmettere certi moti interiori al
lettore.
Grazia Redaelli: Teresa Battaglia, altra splendida
tua creazione. "Mi chiamo Teresa Battaglia
e sono un commissario di polizia specializzato in
profiling. Ogni giorno cammino sopra linferno,
ogni giorno linferno mi abita e mi divora. Perché
cè qualcosa che, poco a poco, mi sta
consumando come fuoco. Il mio lavoro, la mia squadra,
sono tutto per me. Perderli sarebbe come se mi venisse
strappato il cuore dal petto. Eppure, questa potrebbe
essere lultima indagine che svolgerò.
E, per la prima volta nella mia vita, ho paura di
non poter salvare nessuno, nemmeno me stessa."
Donna di grandi intuizioni, sfrontata, decisa, ruvida,
quasi maschile. Eppure con pieghe di delicata fragilità,
tormentata, riflessiva e splendidamente umana. Chi
è in fondo Teresa Battaglia per Ilaria Tuti?
Ilaria Tuti: Ormai è una presenza affettuosa,
che mi ha donato tante cose belle. Teresa Battaglia
è tante donne diverse, vere, che incontro ogni
giorno, forti non perché incrollabili, ma perché
capaci di rimettersi in piedi dopo ogni caduta, come
sempre accade nella realtà. Donne non più
giovani, fuori forma per gli standard a cui siamo
abituati, acciaccate, stanche e provate, eppure innamorate
della vita, così compassionevoli da riuscire
sempre a tendere una mano verso gli altri.
Grazia Redaelli
© Writer Officina
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