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Eugenio Maria Testaverde

Sono un boomer stagionato del secolo scorso che fa cose, così, senza nulla a pretendere; tra queste c'è la scrittura sotto forme diverse: mi diletto col breve racconto, coi versi, coi lunghi racconti, con le sceneggiature, ma tutto senza sentire la necessità di darmi un'etichetta per le cose che faccio. Se dovessi appropriarmi indebitamente di titoli dovrei dire che sono un fotografo, che sono un regista di teatro, che sono un poeta, uno scrittore, un pittore. Ma nessuno di questi appellativi mi farebbe dormire sonni tranquilli perché mi sentirei un ladro di ruoli. “Faccio cose” è più semplice e meno impegnativo. Faccio il pensionato! Ecco, questo è un ruolo che non sto usurpando. Dopo 40 anni di lavoro come agente di commercio, ora faccio il pensionato e come tale, avendo parecchio tempo a disposizione, ho ripreso a coltivare la vecchia passione per la lettura che avevo accantonato durante la precedente vita lavorativa. Anche la scrittura è una vecchia passione iniziata all'età di 15 anni tra le pagine de “I Beati Paoli” e quelle de “I Miserabili”.

Writer Officina: Qual è stato il momento in cui ti sei accorto di aver sviluppato la passione per la letteratura?

Eugenio Maria Testaverde: Come detto prima intorno all'età di 15 anni. Un vecchio baule dei nonni mi svelò la magia del suo contenuto e iniziai a divorare famelicamente tutto ciò che mi capitava sottomano. Vecchi fumetti riviste e libri che avevano resistito alla legittima voracità delle blatte e, polverosi e piuttosto malconci, mi spalancarono le porte di mondi nuovi da costruire e da esplorare, grazie alle migliaia di pagine, ricche di frasi e pensieri, che mi trovai a disposizione. Fu come se una manovella avesse messo in moto le ali della fantasia, e presi il volo.

Writer Officina: C'è un libro che, dopo averlo letto, ti ha lasciato addosso la voglia di seguire questa strada?

Eugenio Maria Testaverde: Sinceramente più di uno. Parlando del già citato “I Beati Paoli” col seguito: “Calvello il Bastardo” fui preso così profondamente dalla narrazione tanto da andare nei luoghi descritti dal Natoli alla ricerca dei vari rifuggi della setta clandestina. A crearmi, mentalmente, alternative alla narrazione dell'autore. Da lì, col tempo, iniziai un diario che rappresentò l'accesso al mondo della scrittura.

Writer Officina: Dopo aver scritto il tuo primo libro, lo hai proposto a un Editore? E con quali risultati?

Eugenio Maria Testaverde: Il primo libro che completai fu “Zicchi Zocchi”: il viaggio esistenziale di Alessio, un mio alterego, in una trama autobiografica in cui la scuola, gli amici, la politica, il sesso rivivono nella dolcezza del vagheggiamento. Un'avventura a metà strada tra il reale e l'onirico che ha il vago sapore di una fiaba nella quale Alessio si confronta con le sfide della vita, affronta diverse prove iniziatiche ed è infine pronto a fronteggiare lo Zicchi Zocchi, essere indefinito, misto tra orco e gorilla: oggettivazione delle paure e ultima, definitiva prova, da superare per divenire adulto. Lo inviai a due, tre – non ricordo il numero preciso - case editrici che: “Grazie ma non rientra nel nostro programma editoriale”, risposero dopo mesi.

Writer Officina: Ritieni che pubblicare su Amazon KDP possa essere una buona opportunità per uno scrittore emergente?

Eugenio Maria Testaverde: Certamente, come opportunità la considero valida se non si hanno pretese di vendita ma, come nel mio caso, per poter collocare nella libreria di casa il proprio libro. Ovviamente sono consapevole che l'autopubblicazione necessita, per vendere, di una promozione ben progettata, affidata a professionisti del settore marketing.

Writer Officina: A quale dei tuoi libri sei più affezionato? Puoi raccontarci di cosa tratta?

Eugenio Maria Testaverde: A parte il già citato “Zicchi Zocchi”, un sentimento speciale lo nutro per “Il Leghista”, l'ultima mia creatura. È un lavoro che si è protratto nel tempo, ha riposato per anni, è stato più volte revisionato, in parte riscritto. L'emozione che provo nel rileggerlo, e che spero di trasmettere ai lettori, è indelebile. Il Leghista racconta la vita di Salvatore, originario di un piccolo paese siciliano, che lascia la sua terra per ricostruirsi una vita, dopo delusioni e tragedie, emigrando a Milano. Determinato a farsi piacere il nuovo ambiente, a diventarne cittadino a tutti gli effetti, si prodiga con tenacia per integrarsi rapidamente. Si innamora di Irene, prossima al matrimonio con Piero, suo amico d'infanzia ma Salvatore non rinuncerà mai al sogno di sposarla. La sua ascesa sociale lo porta da aiuto barman, a proprietario di locale notturno a parlamentare. Quando sembra aver raggiunto tutti i suoi obiettivi, il destino gli pone davanti nuovi ostacoli. Il finale rivelerà le risposte a tutte le domande che il lettore si sarà poste durante la lettura.

Writer Officina: Quale tecnica usi per scrivere? Prepari uno schema iniziale, prendi appunti, oppure scrivi d'istinto?

Eugenio Maria Testaverde: Vado per appunti mentali che lascio sedimentare fino a quando non mi esplode la necessità di trasformarli in caratteri, parole, paragrafi. All'origine c'è sempre uno stimolo che può essere un articolo di giornale, un avvenimento, un'immagine, una frase, un volto. Mi lascio guidare per stilare mentalmente una trama col finale, lasciando vuote le parti intermedie che sviluppo in corso d'opera.

Writer Officina: In questo periodo stai scrivendo un nuovo libro? È dello stesso genere di quello che hai già pubblicato, oppure un'idea completamente diversa?

Eugenio Maria Testaverde: Ho diversi lavori in sospeso, alcuni molto avanti nel progetto; ultimamente mi sto dedicando al completamento, spero, della prima stesura di un romanzo, di genere diverso da “Il Leghista”, sul quale sono impegnato da anni. Sono a circa due terzi del lavoro che spero di ultimare entro fine anno.

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