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Il mio nome è Izabel Nevsky e sono nata a Kaliningrad il 21 marzo del 1990 da padre russo e madre siciliana. Ho passato una parte della mia infanzia in Russia e poi in Italia, prima in Sicilia e infine a Milano, per frequentare l'università. Da qualche anno mi sono trasferita a Nyon in Svizzera, dove lavoro come traduttrice per una società di import/export. Nel 2020 ho cominciato a tradurre i miei diari da ragazza per trasformarli in romanzi. La mia fortuna è cominciata grazie alla promozione fatta su Writer Officina. Per fortuna, proprio in questi giorni ho trovato un nuovo lavoro, perché ormai ho un'età in cui ho bisogno di un mestiere vero e di stabilità economica e affettiva.
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Il Blog di Izabel Nevsky
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La mia prima fragola
Il proprietario del bar si chiamava Boris. Era un uomo corpulento, burbero e anaffettivo come mio padre. Nella pausa del pomeriggio si rinchiudeva nello sgabuzzino sul retro, dove aveva una scalcinata brandina. Due volte la settimana lo raggiungeva Olga, la sua amante, che gestiva un piccolo chiosco di gelati a pochi passi da lì. Quando ne uscivano, avevano entrambi un'espressione provata ed eludevano il mio sguardo, quasi volessero negare ogni evidenza. Alla fine di agosto non avevo ancora racimolato l'intera somma che mi serviva per acquistare l'abito dei miei sogni e ne era rimasto solo uno della mia taglia. In quei giorni, Olga aumentò sensibilmente il numero delle sue visite, un pomeriggio la vidi allontanarsi in lacrime. Seppi poi che suo marito era stato trasferito e lei non aveva potuto rifiutarsi di seguirlo. Boris mi parve molto turbato e divenne più taciturno del solito. Una settimana dopo, preoccupata del fatto che qualcuno mi portasse via l'abito che avevo tanto desiderato, lo affrontai prima della pausa di riposo e gli domandai se potesse in qualche modo anticiparmi la somma necessaria. Sembrò disinteressato alla questione e non mi degnò eppure di una risposta, lasciandomi nella disperazione. Due ore più tardi, pochi minuti prima della pausa di mezzogiorno, mi chiamò in disparte. - Posso darti il denaro che ti serve, - esclamò - ma devi fare una cosa per me senza che nessuno lo venga a sapere. - - Che cosa? - gli domandai con un filo di voce. Attese qualche secondo prima di rispondere, guardandosi attorno con circospezione, poi mi afferrò per un braccio e mi tirò in disparte: - Dopo che avrai acquistato quell'abito, dovrai tornare subito qui, indossarlo, e sederti sulla mia faccia. - Così dicendo, prese dalla tasca una grossa banconota e me la porse, trattenendola con le dita. Attese il mio cenno di assenso prima di liberarla, poi mi invitò ad andare.
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