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Manuale di pubblicazione Amazon KDP. Sempre più autori
emergenti decidono di pubblicarse il proprio libro in Self su Amazon KDP,
ma spesso vengono intimoriti dalle possibili complicazioni tecniche. Questo
articolo offre una spiegazione semplice e dettagliata delle procedure da
seguire e permette il download di alcun file di esempio, sia per il testo
già formattato che per la copertina. |

Self Publishing. In passato è stato il sogno nascosto
di ogni autore che, allo stesso tempo, lo considerava un ripiego. Se da
un lato poteva essere finalmente la soluzione ai propri sogni artistici,
dall'altro aveva il retrogusto di un accomodamento fatto in casa, un piacere
derivante da una sorta di onanismo disperato, atto a certificare la proprie
capacità senza la necessità di un partner, identificato nella
figura di un Editore. |

Scrittori si nasce. Siamo operai della parola, oratori,
arringatori di folle, tribuni dalla parlantina sciolta, con impresso nel
DNA il dono della chiacchiera e la capacità di assumere le vesti
di ignoti raccontastorie, sbucati misteriosamente dalla foresta. Siamo figli
della dialettica, fratelli dell'ignoto, noi siamo gli agricoltori delle
favole antiche e seminiamo di sogni l'altopiano della fantasia. |
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L'orologio che ci unisce
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Firenze - 16 aprile 2023.
Mille pensieri gli attraversavano la mente, ma dentro di sé sentiva, come mai prima, il profumo della pelle di lei. Un ricordo dolce, persistente, che sembrava danzare nell'aria come una melodia segreta. Era una fiamma che bruciava dentro, senza tregua. La sua anima gemella era da qualche parte, vicina. Lo percepiva come un battito forte, costante, che lo spingeva sempre più in avanti, come due atomi che si cercano nel tempo, inseguendosi all'infinito senza mai toccarsi davvero. Era buffo, pensava, come una giornata di sole potesse risvegliare i sogni di trent'anni fa. Eppure eccolo lì, Tristan, con un espresso in mano, lo sguardo perso tra le meraviglie del Duomo di Firenze. Sorrideva pensando a quella bellezza donata al popolo italiano dai suoi antichi antenati. Aveva appena pranzato alla trattoria Da Mario, una gemma nascosta nel cuore della città, dove la bistecca alla fiorentina sapeva ancora di tradizione e di casa. Aveva ordinato il suo solito: bistecca e un calice di Chianti, il suo rosso preferito. Poi, come sempre, un caffè davanti al Duomo. Il telefono squillò. Sul display, un nome familiare: "Mamma". «Ciao amore mio, come va? Tutto bene? Firenze è sempre bellissima? », chiese lei, con quella voce che sembrava accarezzarlo anche a distanza. «Mamma è sempre come te e papà l'avete lasciata». «Sì, ho già pranzato da Mario. Ora prendo un caffè e poi vado all'appuntamento. » «Salutaci tanto Massimo, da parte mia e di tuo padre. » «Lo farò. » Finì il caffè e si incamminò verso Ponte Vecchio. Amava Firenze. La conosceva ormai come le sue tasche. Erano più di vent'anni che vi tornava ogni tanto, e ogni volta era come se fosse la prima. Ponte Vecchio era lì, immutabile e magico, con le sue botteghe di orafi artigiani. I turisti si fermavano incantati davanti alle vetrine, dove i gioielli sembravano raccontare storie antiche. Si fermò a scattare due foto, come ogni volta. Era già le 14: 30. Massimo lo attendeva nella sua bottega. Tristan suonò il campanello. La porta si aprì lentamente e apparve il viso sorridente di Massimo, segnato dagli anni ma acceso da una luce vivace. «Tristan, ragazzo mio! Quanto tempo è passato! » «Dal 2021, per la precisione, » rispose Tristan, abbracciandolo. «I tuoi genitori mi hanno fatto compagnia in tua assenza. Mi hanno raccontato di te, delle tue creazioni. » Massimo era il primo cliente del padre di Tristan in Italia. Si conoscevano da quarant'anni. Più che una relazione d'affari, tra loro c'era amicizia. Quando la moglie di Massimo, Paola, era morta nel 2021 a causa del Covid, la famiglia di Tristan gli era stata vicina. Non aveva figli, Massimo, ma li aveva trovati in loro. «Vieni, figliolo. Conosci la bottega, ma fammi da guida lo stesso. Vuoi qualcosa da bere? » «No, grazie. Sto bene così. Ti presento subito la collezione. Devo ripartire per Milano, ho un altro appuntamento con un emiro. » «Allora mostrami questo capolavoro. Tuo padre mi ha detto che ti sei superato. » «È vero. Abbiamo creato cinque pezzi unici per uomo e cinque per donna. Guarda il catalogo. » Massimo aprì il catalogo. Davanti a lui si svelarono dieci orologi dalle linee incantate. Quelli da uomo con diamanti neri e azzurri incastonati per ogni ora, e lancette in oro bianco che facevano brillare il tempo. Quelli da donna, invece, erano incantati con diamanti rossi Moussaieff e smeraldi Chivor, le ore scolpite nella luce del lusso. I cinturini, in oro bianco, sembravano fatti per incatenare la luna al polso. «Che ne pensi? » «Hai superato ogni aspettativa. Ho già in mente a chi proporli. Gente che saprà apprezzare delle meraviglie come queste, firmate Bernard Bussetti. » «Parliamo di cinquecentomila ciascuno. » «Allora direi che abbiamo un affare. » «Perfetto. Te li consegnerò personalmente a metà giugno. » Tristan stava per andare, quando la porta si aprì. Davanti a lui, una donna sui quarant'anni. Un sorriso luminoso e un viso che sembrava scolpito dalla bellezza degli angeli. Occhi verdi come smeraldi vivi. In un attimo, un fremito. Come se l'avesse già vista. Come se l'avesse già amata. «Ciao Iris, » disse Massimo. «Ti presento Tristan, nostro fornitore. Figlio di Bernardo e Camilla. » «Ah, sì. Ricordo i signori arrivati l'anno scorso dalla Svizzera. » «Piacere, Iris. Lavoro con Massimo da un anno e mezzo. » Iris osservava quell'uomo alto, moro, riccioli scuri che sfioravano la fronte, occhi azzurri come un cielo d'inverno, fisico da atleta. Forse nuotatore. Forse canoista. Mentre gli stringeva la mano, una scossa. Una sensazione dimenticata, antica. «Tristan Bussetti, » si presentò lui. «Iris Caras, » rispose lei. Quel nome... Tristan. Non era comune. E lei era certa di averlo sentito prima. Un pensiero s'insinuò tra i suoi ricordi. Qualcuno perso tanto tempo fa. Qualcuno che non era mai riuscita a ritrovare. Ma non poteva essere lui. Anche se... quegli occhi... Scacciò quei pensieri impossibili. Tristan salutò Massimo e Iris. Guardò l'orologio: erano già le 15: 30. Ponte Vecchio era gremito. Le lingue del mondo danzavano nell'aria: inglese, spagnolo, portoghese, turco... Ma fu una voce in serbo a colpirlo, come un'eco del passato. Una lingua che un tempo conosceva bene. Doveva sbrigarsi. Il treno per Milano, Intercity da Santa Maria Novella, partiva alle 16: 15. Mancavano solo quarantacinque minuti. Ce la poteva fare. Doveva farcela. . .. 21 luglio 1981 Zenobia si sentiva sola in quel letto d'ospedale, in un angolo dimenticato del mondo, al confine con la Bulgaria, sulle rive del Danubio. Le lenzuola erano consumate, i materassi macchiati, i muri pieni di muffa. Ma in lei ardeva qualcosa. Speranza. Determinazione. Magia. Non era la prima volta che stava per dare alla luce un figlio. Aveva 24 anni. Era il terzo. Lo sapeva che le sue origini zingare non l'avrebbero aiutata, ma ci sperava. Sognava. Voleva fuggire dal destino nomade. A 15 anni aveva incontrato Milo, l'amore della sua vita. Alto, moro, capelli ricci, occhi neri. Lui aveva scelto di seguirla, di condividere la vita errante. Ma i sogni si scontrano con la realtà. Milo si era perso. Tornava a casa ubriaco, la maltrattava. Due mesi prima l'aveva picchiata così forte che temeva di perdere il bambino. Eppure, era lì. Pronta a partorire. Il destino si compì quella notte. Un pianto. Una bambina. E quando Zenobia la vide, qualcosa dentro di lei cambiò per sempre. Nel lettino accanto c'era un'altra neonata, figlia di Diana, una giovane borghese dalla camicia di seta e i gioielli luccicanti. Una madre impaurita, ma privilegiata. Fu la pioggia estiva a coprire i passi silenziosi di Zenobia. Una pioggia che sapeva di libertà e di scelta. Baciò la sua bambina, poi prese quella dalla pelle chiara, e scomparve nella notte. Camminò fino al villaggio. Milo la accolse con sospetto. Lei gli raccontò la verità. Gli disse che la loro figlia, quella vera, avrebbe avuto un destino migliore. Che l'aveva scambiata. Che dovevano fuggire. Milo si infuriò. Ma vide la bambina. E si ammorbidì. I suoi occhi scuri si riempirono di lacrime. Giurò che non avrebbe più toccato un goccio d'alcol. Per lei. «Zora! Tristan! Svegliatevi, dobbiamo andare. » I due bambini si svegliarono su un materasso di fieno, con i capelli spettinati e gli occhi sognanti. E quando Tristan vide la neonata tra le braccia della madre, fu come se il tempo si fermasse. Aveva quattro anni. E quegli occhi chiari, quegli occhi di luce... non li avrebbe mai dimenticati. Fu lì che la magia cominciò davvero.
Il treno per Milano arrivò in perfetto orario: erano le diciannove e cinquanta. Alle ventuno Tristan aveva un appuntamento sopra la Galleria Vittorio Emanuele, nel cuore del centro città. Fuori dalla stazione Centrale, l'aria era ancora calda, densa di traffico e di voci. L'autista lo aspettava accanto alla berlina scura, pronto a portarlo al Four Seasons. «Buonasera, signor Tristan. Bentornato a Milano. » «Grazie, Giorgio. » «Tutto bene il viaggio da Firenze? » «Sì, tutto bene. E lei? La sua famiglia? » Tristan conosceva Giorgio da quindici anni. Ogni volta che veniva a Milano, Giorgio era lì, fedele, sempre con il solito sorriso e la calma di chi ha imparato a prendere la vita come viene. Faceva da autista privato per lui e la sua famiglia ogni volta che avevano impegni a Milano. «Stiamo bene, grazie a Dio. Il lavoro c'è, anche se dopo il Covid Milano non è più la stessa. È cambiata. » Il tragitto verso l'hotel fu breve. Appena arrivati, un facchino aprì la portiera e si occupò dei bagagli. L'ingresso del Four Seasons era illuminato da luci calde e discrete. «Grazie, Giorgio. Ho bisogno di te tra trentacinque minuti. Devo essere in Piazza Fontana per un appuntamento importante. » «Certo, signor Tristan. Lo sa, sono sempre a disposizione quando è in Italia, almeno quando è a Milano. » «Grazie, amico mio. È sempre un piacere lavorare con te. » Salì nella sua stanza con passo deciso. Aveva il tempo di una doccia veloce prima dell'incontro. La receptionist lo riconobbe immediatamente. «Buonasera, signor Busetti. » «Buonasera. » «La sua solita stanza è pronta. » Era al quarto piano, con vista sulla città. Tutto era rimasto come prima, come se il tempo si fosse fermato. Eppure erano passati quattro anni. L'ultima volta era stato lì poco prima del Covid. Gli sembrava impossibile che fosse già passato tanto tempo. La pandemia aveva bloccato il mondo, ma anche accelerato altre cose: la tecnologia, il lavoro, le distanze personali. 22 luglio 1981 «Ecco a lei, signora. Le ho portato la bambina per allattarla, » disse l'infermiera entrando nella stanza. Diana prese la neonata tra le braccia, ma qualcosa non quadrava. La guardò meglio e impallidì. «Questa... questa non è mia figlia! » gridò, presa dal panico. «Dove avete messo la mia bambina? » «Signora, si calmi. Era nel cesto con il suo nome: Iris Mihailescu. » «Ma questa non è mia! Guardate la carnagione: è più scura. Mia figlia è bionda, ha occhi chiari e una voglia a forma di fragola sul collo! » La bambina tra le sue braccia aveva tratti diversi: occhi grandi e scuri, capelli neri. Sembrava appartenere a un'altra famiglia, forse di etnia rom. Diana continuava a gridare. Poco dopo entrò suo marito Pietro, ufficiale dell'esercito, appena rientrato con un congedo per assistere al parto del loro primo figlio. «Amore, che succede? » «Hanno rapito nostra figlia! Nella culla c'era un'altra bambina! » In pochi minuti, l'ospedale entrò in stato di allerta. Tutti temevano le conseguenze. Diana era figlia di un ingegnere importante, vicino al regime. Uno scandalo del genere, in piena Romania comunista, poteva portare conseguenze serie per l'intero ospedale. «Non capisco come sia potuto succedere, » diceva l'infermiera. «Due giorni fa hanno partorito solo tre donne: lei, una rom arrivata all'ultimo momento e un'altra ragazza che ha avuto un maschio. Tutti i neonati erano stati identificati con nome, ora e data di nascita. » Poco dopo arrivò Nicolai, padre di Diana, con sua moglie Elisabetta. Era furibondo. «Voglio parlare con il medico responsabile, subito! » Un medico sulla sessantina arrivò di corsa. «Tovarăș, le chiedo scusa. Non ho parole. In trentacinque anni qui non è mai successo nulla del genere. Stiamo verificando: è possibile che la donna rom abbia preso la bambina sbagliata e lasciato la sua. » Nicolai si rivolse alla moglie: «Come faremo a dire a nostra figlia che la sua bambina è stata scambiata con quella di una zingara? » Il commissario di polizia arrivò in fretta. «Siamo stati informati, Tovarăș. Ci dirigiamo immediatamente al campo rom lungo il Danubio. » Intanto, Zenobia, la donna rom, stava già caricando poche cose sul carro. Aveva preso i bambini e si preparava a fuggire. Milo era pronto, accanto al loro cavallo Nerino. Non avevano molto, ma sapevano che dovevano sparire prima che li trovassero. «Ha! Ha! » gridò Milo, facendo partire il carro. Alle cinque del mattino, mentre l'alba cominciava a colorare il cielo, erano al porto Kichu, in attesa di un battello per la Bulgaria. Da lì avrebbero proseguito verso la Jugoslavia. Una fuga nella realtà, senza incantesimi. Solo la paura e il desiderio di proteggere un segreto troppo grande. 16 aprile 2023 Mancavano cinque minuti all'appuntamento. Tristan bussò alla porta dell'ufficio. Una donna mora, con i capelli a caschetto, aprì la porta e in un perfetto inglese disse: "Good evening, Mr. Bussetti. Lo sceicco la sta aspettando. " Tristan entrò e salutò lo sceicco con un saluto arabo: "Salam aleikum! " "Aleikum salam, " rispose lo sceicco. "Tristan, è passato del tempo da quando ci siamo visti l'ultima volta. " "Per la precisione sei anni, caro amico. Le linee fatte allora erano in edizione limitata e le avevo già vendute prima dell'uscita ufficiale. " "Dimmi, Tristan, cosa hai per me dopo tutti questi anni? " "Per lei ho progettato questo orologio. " Tristan aprì la valigetta 24 ore, rivelando un cofanetto con all'interno un orologio interamente artigianale, curato nei minimi dettagli. Al centro, una mappa del Qatar realizzata come un piccolo globo. Le iniziali dello sceicco erano incise con eleganza. Ogni ora era segnata da un piccolo cammello con diamanti rossi. Le lancette erano in oro bianco con la punta incastonata in diamanti rossi. Il cinturino, anch'esso in oro bianco, era arricchito da diamanti rosa. Lo sceicco rimase incantato. Sapeva che Tristan non poteva deluderlo: aveva fatto ottimi affari anche con suo padre, ma con lui era un'altra storia. Tristan aveva rivoluzionato il mondo degli orologi di lusso e lo sceicco voleva solo i prodotti dei migliori maestri orologiai. "Ti sei superato, Tristan. Questo orologio è la mia anima. Sei riuscito a descrivermi in un orologio. Davvero bravo. " "Questo orologio vale tutti i suoi soldi. I soldi sono già nel tuo conto corrente. " Tristan aprì l'app per controllare: il bonifico era di 1. 250. 000 euro. "Principe, l'orologio costa 1. 200. 000 euro. Come mai i 50. 000 in più? " "Per te, caro ragazzo. Perché te lo meriti. E perché sai ascoltare le esigenze del cliente. " "E ora, possiamo anche fare un brindisi, visto che abbiamo concluso un ottimo affare. " Tristan prese il calice di champagne Mathusalem Brut del 2012 e brindò con il principe, guardando l'ora. "Si è fatto tardi, sono già le 21: 30. Devo andare, è stata una giornata lunghissima. " "Domani mattina alle 11 ho il volo per Berna da Milano Malpensa. " "Se mi volete scusare, io mi ritiro. È sempre un piacere fare affari con voi, principe. Alla prossima occasione. " Lo salutò ed uscì. Giù lo aspettava Giorgio. "Tutto bene, signore? " "Tutto benissimo, direi. Riportami all'albergo. Domani mattina alle 7: 50 ci vediamo davanti all'hotel. " "Sì, signore, " rispose Giorgio. Qualche ora prima, a Firenze Erano le 19 quando Iris chiuse il negozio. Attraversò il Ponte Vecchio, immersa nella luce dorata del tramonto, e proseguì lungo via Por Santa Maria, prima di svoltare in via Lambertesca, al civico 45. Aveva scelto apposta quell'appartamento: secondo piano di quattro, 60 metri quadri con un open space tra salotto e cucina, una camera da letto, un ripostiglio trasformato in cabina armadio e un bagno. Nulla di lussuoso, ma per lei era un regno incantato, conquistato con sacrifici, piccoli risparmi e un mutuo trentennale. Nonostante il peso, era felice: quel piccolo rifugio nel cuore di Firenze aveva richiesto più di un anno di ricerche. Negli ultimi tempi, la città era diventata un B&B a cielo aperto, ogni appartamento trasformato per ospitare stranieri. Iris rientrò a casa con la borsa del Conad vicino al Ponte Vecchio. Inserì la chiave nella serratura: subito le corse incontro Rock, il suo cane meticcio, un incrocio tra Labrador e Golden Retriever, 40 kg di pelo color miele e un cuore pieno di affetto. Scodinzolava con una gioia contagiosa, come se la sua padrona fosse tornata da un lungo viaggio. "Rock, cucciolone, sei stato bravo? Non hai abbaiato troppo, vero? " "E la Stella dove si è cacciata? " Stella era la gatta dagli occhi azzurri e il pelo grigio folto, una palla di pelo paffuta, degna erede di Garfield. Insieme formavano un duo inseparabile: li aveva adottati entrambi un anno prima, e da allora non si era più sentita sola. Appoggiò la spesa sul piano cucina e riempì le ciotole dei suoi animali. Mentre le riempiva, un pensiero prese forma: quell'uomo affascinante, Tristan. Quel nome. .. quella persona. .. le sembrava di averlo già visto, o forse solo sognato. C'era qualcosa di familiare, come un ricordo sospeso nell'aria. Aveva 42 anni, nessun fidanzato. Si era lasciata con Matteo cinque anni prima, dopo quattro anni di convivenza. Aveva capito che forse l'amore, per lei, era qualcosa da cercare altrove. .. o forse da ricordare. Era in Italia da trent'anni, rumena di origine. La sua passione era la gioielleria. Arrivata nel '93, aveva fatto elementari, medie e superiori a Prato, dove i suoi genitori si erano trasferiti con lei e la sorella Petra. A 25 anni, dopo la laurea in Marketing e Management e una magistrale in Economia, si rese conto che non era la sua strada. Un giorno, tornando a casa, notò un cartello: "Accademia degli orafi artigiani: aperte anche alle donne". I suoi occhi si illuminarono. Sentì dentro di sé che quello era il suo destino. Drin, drin. Il cellulare squillò. Sul display: Petra. "Pronto? Come sta la mia gemella diversa? Sono giorni che non ti fai sentire! Cosa c'è di più importante di me? " "Ciao amore bello! Nulla è più importante di te. .. a parte i miei nipotini preferiti. Mi mancano tanto. " "Ricordami un po'. .. perché hai lasciato l'Italia per la Romania? Me lo dimentico sempre. " "Dai, su, lo sai benissimo. .. la mia vita appartiene a quelle terre. " "E i ragazzi come stanno? E Giovanni? " chiese Iris. "Ti mandano un bacio enorme! E stavo pensando. .. potrei portarli da te a giugno, appena finiscono la scuola. Che ne dici? " "A giugno potrei chiedere a Massimo una settimana di ferie. Così andiamo in giro per la Toscana io e i miei tesori: Raul e Irene. " "Sai, tesoro. .. una cosa avrei da dirti. È solo un'impressione, un feeling... ma credo di aver trovato nostro fratello. " "Cioè. .. vuoi dire mio fratello? " "Non dire certe cose, almeno finché non ne siamo sicure", rispose Petra. Mentre parlavano, fuori dalla finestra l'Arno brillava come un nastro d'argento sotto le prime stelle. Firenze, con la sua bellezza silenziosa, sembrava custodire segreti antichi ...e forse proprio in quella notte uno di essi stava per riaffiorare |
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