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                                      |  The last Prayer   |  
                                     
                                      | 
                                          
                                            |   "Questo romanzo è il seguito di “The last Pope” e anche se la trama di entrambi è autoconclusiva, si consiglia la lettura del precedente per meglio comprendere le dinamiche dei personaggi e alcuni riferimenti specifici." 
 Ristorante 'u Curtu – Marzamemi – Sicilia.
 
 Arthur aveva gli occhi chiusi e le braccia a penzoloni. In testa un cappello di paglia bianco che, insieme alla barba dello stesso colore, gli davano un'aria da vecchio agricoltore delle Pampas.
 Ma non dormiva.
 I primi passi che percepì furono quelli strascicati di 'u Curtu e poi quel suo schiarirsi la voce, tipico dei vecchi marinai che hanno lottato per anni col vento e la salsedine.
 Dietro di lui altri passi più precisi e leggeri. Passi di donna o di ragazzo, che cercavano di nascondersi nel fruscio di quelli che li precedevano.
 «Dottore,» esordì l'oste, asciugandosi le mani in uno strofinaccio logoro «c'è una picciotta che vi cerca.»
 Per tutta risposta, Arthur alzò lentamente una mano, allungò il dito indice e se lo pose davanti al naso.
 «Non far finta di non esserti accorto di me,» continuò la voce di donna, mentre il rumore delle ciabatte di 'u Curtu si allontanavano dalla spiaggia, «scommetto che sapresti persino dirmi la marca dell'auto con cui sono arrivata.»
 «Il silenzio... » sospirò Arthur «il silenzio è la forma di comunicazione più difficile da contestare. Chi riesce a infrangerne l'essenza, è un filosofo... oppure un rompicoglioni! Prendi una sdraio e mettiti comoda, non è ancora terminata la mia seduta di yoga.»
 «Stai facendo yoga?» scoppiò a ridere Isotta «Credevo stessi semplicemente russando.»
 «Forse,» borbottò qualche parola confusa, inumidendosi continuamente le labbra con la lingua «ma l'importante è riuscire a rilassarsi. Ora ti avverto,» le intimò «se sei venuta qui per propormi di lavorare, ti consiglio di riprendere la tua Punto a noleggio e tornartene a Roma. Se invece vuoi confessarmi che ti manco, è meglio che avverti 'u Curtu che ti fermi a pranzo.»
 «Sono qui perché ho bisogno del troglodita,» sorrise «sempre che la sua gelosa fidanzata mi dia il permesso di avvicinarmi a lui.»
 «Michele non c'è più!»
 «Oh cazzo, mi dispiace,» si inginocchiò sulla sabbia, afferrandogli il braccio «cosa gli è successo?»
 Arthur si liberò lentamente della presa e le indicò due sagome scure, nascoste tra le rocce della riva. «Si sono lasciati,» le spiegò «e adesso non c'è nulla che abbia più alcuna importanza per lui.»
 «Gli hai spiegato che nella vita ci si lascia continuamente con qualcuno? Che poi il dolore passa e ci chiediamo quanto siamo stati stupidi a chiudere fuori il mondo per tutto quel tempo?»
 «Vai ancora a letto col capitano?» tagliò corto.
 «Qualche volta,» ammise candidamente Isotta «ma non mi illudo più che lasci la sua famiglia per me. Ho imparato la lezione.»
 «Cosa vuoi da Michele?»
 «È morta una ragazza, l'hanno trovata in...»
 «Non ti ho chiesto cosa è accaduto,» la zittì «ma perché hai bisogno di lui.»
 «C'è un sito web dove un gruppo di fanatici attinge a informazioni particolari per organizzare macabre messinscene in luoghi sacri. I nostri informatici hanno già provato a bucarlo, ma ovviamente senza successo. Credi ci sia una qualche speranza che il ragazzo possa riuscirci?»
 «Vai là e chiediglielo, ma credo che ci sia soltanto una cosa che possa destarlo dal suo dolore.»
 «Devo baciarlo come farebbe una fata con un rospo?»
 «La soluzione puoi chiederla a 'u Curtu,» sospirò «dalla sua camminata scomposta sento che sta tornando.»
 «Dottore,» esclamò, dopo essersi schiarito di nuovo la voce «lo preparo anche per la picciotta un piatto di puppetti i muccu?»
 «Sarebbe questo il modo per risvegliare il ragazzo dal suo dolore?» domandò Isotta.
 «Vai a prenderne un paio, portale a Michele e a Cat.» sorrise Arthur «Vedrai che ti seguiranno entrambi senza discutere.»
 «Sapessi almeno cosa sono.»
 «Polpettine a base di pesce,» le spiegò «impastate con uova e pangrattato. Poi fritte in padella. La particolarità è che vengono realizzate con pesce neonato, ovvero quelle specialità la cui pesca è tendenzialmente vietata, se non dietro a una  apposita autorizzazione.»
 «Che ovviamente 'u Curtu non ha?»
 «Signorina mia,» rispose l'uomo, grattandosi ripetutamente la testa «l'autorizzazione non serve a trasformare un piatto qualunque in qualcosa di buonissimo. Adesso, se volete mangiare, fate come vi ha detto questo sant'uomo! Se non fosse per lui, sarei già andato in rovina.»
 Isotta lo seguì fino alla sgangherata cucina, prese due polpette dalla padella, le mise in un tovagliolo, e si incamminò verso la riva.
 «C'è bisùognu ri 'na fìmmina pi dimenticare 'na fìmmina!» brontolò 'u Curtu.
 «Se ti corre incontro il cane, lo farà anche Michele.» commentò Arthur, mentre Isotta gli passava di fianco. «Le donne sono gioia e disperazione. A quell'età diventano l'unico scopo di vita.»
 Osservò da lontano la reazione dei due dispersi alla vista della ragazza. Entrambi mangiarono le polpette ed entrambi la seguirono come previsto sulla via del ritorno.
 Quando tutti furono seduti attorno alla tavola, per un attimo si ricreò l'atmosfera di qualche mese prima, quando insieme avevano raccontato al mondo gli intrighi del Vaticano.
 «Che fine ha fatto Emanuela Dal Monte?» domandò Arthur, con ancora la bocca piena.
 Isotta impiegò qualche istante per liberarsi del boccone, a cui aggiunse il tempo necessario a gustare un buon bicchiere di Solitario bianco.
 «Si racconta che abbia dato le dimissioni e che sia partita.» spiegò con tutta calma «Si vocifera che abbia lasciato l'Italia per la vergogna, o forse per non incorrere in qualche scomunica del Vaticano. Ora posso spiegare perché sono qui?»
 «Lo hai già fatto,» la schernì Arthur «hai bisogno di Michele per entrare in un sito web.»
 «Non... è... soltanto un... sito web,» si affrettò a precisare il ragazzo «è un sito del... dark web.»
 «Qualcuno può spiegarmi la differenza?»
 «il web è tutto ciò che appare in superficie.» intervenne la ragazza «Il dark web è un mondo parallelo, sotterraneo, costituito da indirizzi illegali, nascosti... segreti. Una sorta di carboneria, dove si svolgono traffici illeciti.»
 «Se è tanto pericoloso, perché non viene debellato?»
 «Lo stesso si potrebbe dire della Mafia, delle cosche, dei trafficanti di droga e quant'altro avvelena la nostra esistenza.» replicò.
 «Cosa deve cercare Michele in questo sito?»
 «Te lo avrei spiegato se mi avessi lasciato parlare. Invece mi hai impedito di incrinare questa tua vacanza dorata.»
 «Come ho detto al tuo bel capitano quando è venuto a cercarmi la scorsa volta, io ho già dato!»
 «Sei tornato a definirlo il mio bel capitano.»
 «Beh...» si pulì lentamente la bocca col dorso della mano «sei tornata a essere la sua compagna di letto. Anche se in modo saltuario, non possiamo escludere che sia il tuo bel capitano.»
 «Non sei affatto cambiato!» sbuffò «Adesso posso spiegarti il motivo per cui sono qui?»
 «Non è per farti aiutare da Michele?»
 «Non solo per questo.» ammise, posando rumorosamente la forchetta sulla tavola «Vorrei il tuo parere su un'indagine che mi è stata affidata.»
 «Allora potevi dirlo subito!» accompagnò la battuta con un'espressione ironica «Dopo un buon pranzo, si è meglio predisposti ad ascoltare i problemi degli altri!»
 Le spiegazioni arrivarono più tardi, quando 'u Curtu si ritirò per il suo sonnellino pomeridiano.
 «È un casino Arthur,» esordì Isotta, passando il suo computer a Michele affinché provasse ad entrare nel dark web «qualcosa di cui non riesco a venire a capo.»
 «Ti sei chiesta prima di tutto perché ti hanno affidato questa rogna?»
 «Perché non la voleva nessuno, è ovvio!» rispose, scrivendo sul tovagliolo la password del portatile.
 «Non serve...» rispose il ragazzo «ho impiegato ventisette... secondi per trovarla.»
 «Mi ero dimenticata che tu fossi tanto bravo.» gli dispensò una carezza. Poi, rivolgendosi ad Arthur «Riguardo a questa storia, non saprei neppure da dove cominciare.»
 «Dall'inizio,» le rispose «come si fa con le fiabe che si raccontano ai bambini.»
 «Circa un mese fa è stato ritrovato il corpo nudo di una donna, di cui ancora non conosciamo l'identità. Nessuna denuncia di sparizione, nessun segno particolare, nessun documento né un indizio che ci potesse aiutare a identificarla. È stata rinvenuta sull'altare di una piccola chiesa di periferia, messa in posa come se fosse un manichino.»
 «Causa della morte?»
 «Una overdose di benzodiazepine. Si tratta di un semplice ansiolitico. Preso in dosi massicce, può indurre il coma. Non aveva ferite, nessun segno di lotta, nessuna puntura d'ago... nessuna violenza.»
 «Cosa c'entra questa donna col dark web?»
 «Apparentemente nulla,» continuò «e inizialmente poteva sembrare un episodio isolato, almeno fino a quando ho chiesto a tutte le Procure di inviarmi le denunce che riguardavano qualcosa di simile.»
 «Non credo che un fatto del genere possa passare inosservato.»
 «Una ragazza nuda, morta su un altare, no di certo, ma ci sono state tre segnalazioni di intrusioni, perpetrate in diverse chiese, apparentemente con la stessa finalità. Una di queste è stata filmata dalla telecamera posta all'ingresso. Di un'altra abbiamo solo dei testimoni che li hanno visti fuggire dal retro e la terza ci ha lasciato invece un dettaglio interessante.»
 «Una donazione per il parroco?» scherzò.
 «Nella fuga hanno perso alcuni oggetti usati per lo scasso. Una pila, un grimaldello, un guanto di lattice... ma anche un biglietto stampato direttamente da un sito web.»
 «Il famoso dark web?»
 «No, e qui comincia a srotolarsi il bandolo della matassa. Il sito in questione appartiene ad una nota scrittrice, che è solita pubblicare direttamente online i propri romanzi.»
 «Non ne capisco il senso,» obiettò Arthur «se li rende gratuitamente pubblici, perché qualcuno dovrebbe acquistarli?»
 «La registrazione per leggere i suoi libri ha un costo di circa cento dollari, ma il bello deve ancora arrivare.»
 «Spero che arrivi in fretta,» commentò «comincio ad avere sonno.»
 «Mi... hanno... sgamato!» balbettò Michele «Questi... sono molto, ma molto... molto più... bravi di me.»
 «Cosa cazzo è successo? Come hanno fatto a scoprirti?» urlò Isotta.
 «Beh...» le mostrò lo schermo nero del computer portatile «appena ho... superato le prime due... chiavi di accesso, mi hanno scoperto e bloccato.»
 «Va bene, ma perché lo schermo del mio computer è nero?»
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                                      |  Sono un raccontastorie. Gli scrittori veri sono diversi perché seguono le regole e i dogmi prefissati dalla casta. Un ribelle tutto questo non lo può accettare, se non a un prezzo troppo alto per riuscire a  sopravvivere oltre le convenzioni. Mi piace pensare di non aver mai dovuto chinare la testa, se non di fronte alla bellezza  interiore. Sorrido all'idea di non aver mai dovuto “chiedere” e mi cullo nella convinzione che non esistano confini, se non quelli che alziamo noi stessi per difenderci dagli altri. Sono impudente, a volte sfacciato, pragmatico, combattivo e mai domo. Amo la libertà, ma questo è il sogno di chiunque. Io però l'adoro al punto da andarla a cercare nei luoghi dove il nulla è sinonimo di meraviglia. Ma sono anche un “solitario pentito” che non disdegna la buona compagnia. La passione per la  fotografia completa il quadro terreno della mia mancata spiritualità e mi conduce da sempre sul sentiero impervio che ha costellato la mia vita. 
 Nunzia Alemanno: Come ti è venuta l'idea di realizzare una piattaforma web come Writer Officina? È un progetto a cui stavi già lavorando da tempo oppure è stata una lampadina che si è accesa di recente?
 
 Abel Wakaam:  È un'idea che covavo da tempo e che ha preso corpo frequentando diversi Gruppi di letteratura su Facebook. Mi è parso di capire che gli Autori volessero  insistentemente far conoscere i propri testi, ma che al tempo stesso fossero intimiditi da certe critiche che mi erano sembrate immotivate. Inoltre,  mi sono reso conto di come la formattazione di Facebook non fosse adatta alla lettura di un testo abbastanza corposo da incuriosire i lettori, e quindi si rendeva necessaria una pagina WEB strutturata in modo da facilitare questo compito. Riguardo alle recensioni pubbliche, spesso tendono a incensare più chi le fa, ponendo lo scrittore in una sorta di colpevolezza immotivata. Questo è il motivo per cui ho preferito renderle strettamente private su Writer Officina. E poi sono arrivate le interviste a completare un processo di visibilità degli autori stessi. Ma non ci fermeremo qui.
 
 Nunzia Alemanno: Si legge nella tua biografia che hai una grande passione per l'Africa, “un luogo dove ognuno percepisce la netta sensazione di esserci già stato”, da una tua citazione. Quanto, questa terra, ha contribuito alla tua scrittura? Ci sono dei testi in particolare che ricalcano le tue esperienze vissute in quei bellissimi luoghi?
 
 Abel Wakaam: L'Africa è una parte di noi rimasta altrove, una forma arcaica di memoria che è stata marchiata a fuoco nel nostro DNA. Arriviamo da lì, da quella terra sconfinata che ci ha visto scendere dagli alberi per camminare eretti, e non possiamo cancellare le nostri origini semplicemente assumendo le vesti dell'Omo Tecnologicus! Nei mie testi, l'Africa è presente come “parte istintiva di un'azione incondizionata”. In alcuni la si percepisce “sotto pelle” mentre in altri è una “forma ribelle” che si rifiuta di seguire le regole. A volte credo che l'Africa sia la nostra parte più umana che cerca di emergere in questa società che diventa sempre più disumana.
 
 Daniele Missiroli: Sei un esploratore e un bravissimo programmatore. Come fai a conciliare due attività così diverse?
 
 Abel Wakaam: Sono principalmente un uomo curioso e non mi accontento di ammirare “le cose degli altri”. Voglio guardarci dentro, voglio scoprire come sono costruite come quando ero bambino, e poi cercare di farle meglio. Non importa se  si tratta di un sito WEB, di un'immagine fotografica, un'escursione in alta montagna o nel mezzo del cratere di Empakai sulla via dei vulcani nell'Africa nera, il mio primo istinto è quello di farlo a “modo mio”. E allora credo sia normale evitare ogni replica perché pretendo che la mia vita, e tutto ciò che faccio, sia prima di tutto originale. E poi sono multitasking e quindi programmo mentre scrivo e nel frattempo preparo le interviste.
 
 Daniele Missiroli : Per scrivere usi un sistema che hai messo a punto con l'esperienza, oppure prendi delle note e poi le rielabori con calma?
 
 Abel Wakaam: Per scrivere uso, prima di tutto, un sistema proprietario. Non utilizzo un editor di testo se non per impaginare il romanzo alla fine. Scrivo online usando un'interfaccia che mi fa accedere direttamente al server. In questo modo posso scrivere ovunque mi trovo senza bisogno di un programma dedicato. Alcuni beta lettori hanno accesso al file nel momento stesso in cui viene aggiornato. Ovviamente non prendo nota di nulla, non memorizzo appunti, non seguo schemi, non utilizzo tracce, se non per quantificare la lunghezza di un capitolo. Tutti i miei libri ne contano dieci di varie lunghezze a seconda del genere.
 
 Daniele Possanzini: Il Ghostwriter è un ruolo importante nello scenario editoriale mondiale. Adeguatamente informato di un tuo sogno letterario, potrebbe accadere che un giorno tu decidessi di utilizzarlo?
 
 Abel Wakaam: Per gli stessi motivi che ho elencato prima, credo sia più facile il contrario. Non accetto neppure che un editor modifichi i miei pensieri scritti, figuriamoci l'idea di affidare ad altri il frutto della mia fantasia!
 
 Daniele Possanzini: È evidente che sei autore di differenti generi letterari. Hai una personalità così composita, oppure riesci a scrivere in “terza persona” e comunque mantenere l'empatia con i tuoi personaggi?
 
 Abel Wakaam: I personaggi che si vengono a creare sono la parte incondizionata del mio modus operandi. Non li controllo se non per il tempo necessario a essere risucchiati dentro la trama, poi fanno quello che vogliono e mi stupisco di quanto siano indipendenti, pur mantenendo uno stretto rapporto con me stesso. Insomma, sono un burattinaio sconfessato dai fatti, abbandonato nel mezzo del teatrino dell'impossibile dopo averne eretto le parti essenziali. A volte mi accorgo che c'è il mio ego dentro qualche personaggio e quindi l'empatia si tramuta in battaglia per evitare un plagio letterario in cui non voglio cadere.
 
 Rosaria M. Notarsanto: La ricerca e lo studio sono parte fondamentale per realizzare una storia credibile e coerente, ma molti autori dichiarano sempre che a un certo punto della stesura dei loro manoscritti alcuni personaggi prendono il sopravvento, come se fossero entità vive, obbligando l'autore a cambiare le carte in tavola. A te è mai capitato questo? Eventualmente potresti parlarci dei personaggi che hanno rivoluzionato i tuoi progetti iniziali?
 
 Abel Wakaam: Come ho appena spiegato, i miei personaggi sono talmente ribelli che fanno spesso quello che vogliono e mi conducono esattamente dove non avrei mai voluto o saputo andare. Ma in questo modo apprendo da loro una visione caratteriale che va oltre le mie capacità narrative. In fondo io sono soltanto un “mezzo” per cui possono esistere e quindi svincolano dal “dio supremo” di cui prendo le parti per decidere in ogni istante delle loro vite.  È impossibile scegliere a chi di loro sono più affezionato perché dovrei rispondere che si tratta dell'ultimo in ordine cronologico.
 
 Cenzie Loparco: Hai pubblicato diversi romanzi a distanza di pochi giorni l'uno dall'altro. Come mai hai preso questa decisione? C'è un filo conduttore tra le diverse storie che hai raccontato?
 
 Abel Wakaam: Questo accade perché nel mezzo di una storia mi assale un'idea nuova che non può coesistere con la trama che sto già architettando. E allora parto con un progetto diverso e lo conduco fino al punto in cui mi affascina. In questo modo, mi trovo spesso a portare alla fine diverse storie in contemporanea, che viaggiano parallele tra loro senza mai sfiorarsi. Mi viene quindi naturale pubblicarle entrambe a pochi giorni di distanza.
 
 Cenzie Loparco: La trama di Timeline, i viaggiatori del tempo, è molto intrigante. Da dove ti è venuta l'idea dell'enigmatica fotografia di un uomo seduto su una panchina in una cittadina di Lopar praticamente identica a un'altra immagine scattata a New York oltre un secolo prima?
 
 Abel Wakaam:  La storia di Timeline si svolge quasi interamente a Rab, in Croazia, l'antica Felix Arbe dei Romani. È un'isola che conosco come le mie tasche perché vi ho passato molto tempo della mia vita. Uno dei luoghi in cui ho scritto diversi romanzi è il parco Komrcar che si trova oltre le mura della città vecchia e la sovrasta. Lì è normale incontrare gli abitanti che leggono all'ombra dei pini secolari e più di una volta li ho immortalati con un potente teleobiettivo. L'idea della somiglianza con un'identica fotografia scattata a New York mi è servita per coinvolgere gli Americani in una vicenda molto intricata che risale a tanti anni prima. Ma di più non posso raccontare per  timore di svelare l'arcano.
 
 Franco Filiberto: Viaggiare, conoscere posti nuovi e nuove persone arricchisce senza dubbio ognuno di noi, ma per uno scrittore sono anche una fonte preziosa di spunti per trame e personaggi. C'è qualcuno o qualcosa che è passato, anche se solo in parte, da un tuo viaggio a un tuo libro?
 
 Abel Wakaam: Per semplicità, dovrei rispondere che ogni cosa che ha nutrito i miei occhi si è fatta parola attraverso le mie dita. Viaggiare è una ghiotta esca per la mente, perché è in grado di trascinarla con una lunga lenza oltre i confini della logica, per plasmare le idee che poi si tramutano in trama. Di ogni luogo che ho visitato mi resta almeno un ricordo più potente degli altri e lo rinnovo periodicamente riguardando le fotografie che hanno immortalato ogni istante di quei giorni. Senza di esse, molti frammenti sarebbero andati perduti e per questo credo che scrittura, viaggio e fotografia siano tre elementi inscindibili nella società moderna.
 
 Franco Filiberto: Cosa pensi dell'editoria italiana e delle piattaforme di self publishing?
 
 Abel Wakaam: A mio parere, l'Editoria italiana è morta e sepolta. Con tutto il rispetto che posso avere per i professionisti del settore, non vedo un futuro plausibile che possa contrastare la spinta liberista che è emersa in questi ultimi anni. Per farti un esempio, se oggi scrivo la parola fine su un romanzo, domani posso effettuare l'upload su Amazon KDP e due giorni dopo mi arriva a casa stampato e rilegato, pronto per essere letto. Con un click può essere acquistato e consegnato in tutto il mondo a tempo di record. Quale CE può fare altrettanto?
 
 Chiara Cipolla: Il mondo del self publishing sta esplodendo; secondo te le Case Editrici si stanno adeguando al cambiamento di stile, di genere, di marketing, di lettori ecc. oppure sono come cattedrali nel deserto, immobili e attaccate ai vecchi schemi?
 
 Abel Wakaam: La Case Editrici tradizionali hanno reagito all'esplosione del self publishing nello stesso modo in cui gli antichi Romani hanno provato a contrastare il cristianesimo. Prima l'hanno deriso e poi trascinato al macero, in nome di una qualità e di un'appartenenza alla Casta degli Scrittori Professionisti. Poi, senza rendersene conto, si sono ritrovate nella stessa Arena e hanno utilizzato le medesime piattaforme online per vendere i propri libri. Con questo grave errore, hanno posto sullo stesso  piano entrambi i prodotti, esponendoli uno accanto all'altro in un'unica grande vetrina. È stata l'apoteosi della loro sconfitta.
 
 Barbara Repetto: Cosa pensi delle tecniche di scrittura? Le utilizzi?
 
 Abel Wakaam: Una tecnica riconosciuta, applicata a ogni elemento strutturale, permette di replicare all'infinito un progetto corretto, basandosi sull'esperienza già acquisita. Ma l'arte è un'esplosione di creatività, non è una trave portante su cui far leva  per sollevare il mondo. È un velo impalpabile che lo avvolge e che prende forme diverse a seconda della prospettiva con cui lo si guarda. Per evitare di produrre dei cloni, non ci resta allora che evolvere questa tecnica, tralasciando le basi sicure per sperimentare l'impossibile. Io credo che la creatività di un autore debba prendere in considerazione il rischio di abbandonare le strade già conosciute per inerpicarsi laddove nessuno è già arrivato prima.
 
 Barbara Repetto: Cosa ne pensi delle EAP?
 
 Abel Wakaam: Pagare per essere pubblicati è una forma di prostituzione intellettuale a cui ci si rivolge esclusivamente per appagare il proprio ego. Allo stesso modo considero l'assoggettarsi allo sfruttamento di quelle piccole case editrici che, pur non essendo a pagamento, non ripagheranno mai l'autore per il frutto del suo lavoro.
 
 Barbara Repetto: A un autore emergente che spera di realizzare il suo sogno nel cassetto consiglieresti le piccole/medie CE, oppure il mondo del self?
 
 Abel Wakaam: Non amo dare consigli a nessuno perché ogni individuo deve sperimentare sulla propria pelle il risultato dei mille errori che lo porteranno a crescere ed evolversi in continuazione. Personalmente considero principalmente solo due figure legate alla letteratura: l'autore e il lettore. Tutto ciò che si intrufola tra loro deve soltanto essere considerato un mezzo e, come tale, essere al servizio dei protagonisti basilari.
 
 Barbara Repetto: Quale ingrediente fondamentale non deve mai mancare in un buon romanzo?
 
 Abel Wakaam: Per rispondere a questa domanda servirebbero decine di discussioni e ci ritroveremmo alla fine senza riuscire a ricordarci il capo del groviglio da cui siamo partiti. Siccome odio evitare le domande, ti rispondo con l'unica parola che davvero mi appare insostituibile: l'originalità.
 
 Marialuisa Moro: Da dove trai ispirazione per le tue storie e per i tuoi personaggi?
 
 Abel Wakaam: Ho provato a riflettere molte volte su questo enigma e sinceramente non ho trovato una risposta. Di certo l'ispirazione non mi si presenta  come un'apparizione divina e nemmeno come una missione da compiere per esaudire i miei sogni. L'ispirazione non concede preavvisi perché altro non è che un impulso riconducibile a fattori irrazionali e fortuiti, spesso privilegiati da una forma di intuizione geniale. Come già detto, i miei personaggi non sono burattini obbedienti che assecondano ogni trama precostituita. Potrei risponderti che tutto avviene per caso... nel caos che precede un ordine precostituito. Ma credo che anche il caos sia frutto di un ordine pregresso, dove ogni concetto si aggrega  ai propri simili per poi abbandonarli senza una ragione plausibile. Credo quindi che l'ispirazione possa essere equiparata a uno sguardo furtivo tra due sconosciuti... una mera questione di feeling che non concede scampo a entrambi.
 
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