Writer Officina
Autore: Abel Wakaam
Titolo: L'Equilibrio di Nash
Genere Fantascienza
Lettori 6666 167 130 recensione
L'Equilibrio di Nash
Uppsala University - Svezia.

C'era silenzio nell'aula, un silenzio intenso e profondo, fatto di occhi attenti ai gesti e alle parole della dottoressa Linda Sydow che illustrava, giocando coi termini e coi paragoni, quale voce avessero i pianeti e le stelle. - Il Sole ci parla, - affermò, avvicinandosi alla finestra - non ci trasmette solo luce e calore. Il Sole emette onde radio sia per meccanismi termici, a causa dalla sua elevata temperatura, che per quelli non termici... ad esempio per radiazione di sincrotrone, quando gli elettroni vengono forzati in movimenti a spirale attorno alle linee del campo magnetico. Su lunghezze d'onda superiori a 1 cm, cioè inferiori a circa 30 GHz, l'emissione radio del Sole presenta due singoli componenti: una costante detta "Sole calmo" dovuta al calore della nostra stella e una variabile, detta "Sole disturbato" che varia nel tempo e che dipende dalla presenza di macchie solari o flares.

Ad interrompere la sua lezione fu l'impercettibile rumore della porta d'accesso all'aula, e subito lei rivolse lo sguardo verso la direzione del disturbo, assumendo una smorfia di disappunto. Nello stesso istante, tutti gli studenti si alzarono in piedi.

- Scusate l'interruzione, - esclamò Karl Akesson, richiamando a sé la dottoressa - ma devo privarvi della vostra insegnante. Vi terrà compagnia il professor Nilsson fino al termine della lezione.

Era inusuale che il rettore in persona si assumesse il compito di entrare in un'aula per chiamare un insegnante e subito l'intera classe si preoccupò che non fosse accaduto qualcosa di drammatico. Nilsson impiegò diversi minuti per imporre il silenzio, poi cercò di distrarre gli studenti, rubando qualche appunto dai quaderni della dottoressa.

Nel frattempo, Linda cercò di farsi spiegare il motivo di tanta urgenza, ma ottenne soltanto qualche risposta di circostanza. Una volta raggiunto lo studio del rettore, si trovò di fronte a due sconosciuti che conversavano tra loro con chiare inflessioni americane. - Questi signori vengono da Monte Palomar - li presentò Karl - ed hanno assoluta necessità di parlare con te.

- Così urgente da interrompere una lezione?

- Abbiamo letto attentamente il suo trattato sulle voci dell'universo, - la affrontò immediatamente il più anziano dei due - ed in particolare il concetto che lei propone alla pagina centodiciassette.

- Quello che mi ha messo in ridicolo presso la Comunità Scientifica Internazionale e mi ha indotta a tornare all'insegnamento? Credo che sia un discorso chiuso. Non ho più nulla da dire al proposito.

Ad un cenno dello straniero, il rettore lasciò immediatamente la stanza.

- Preferirei evitare di perdere tempo in inutili polemiche, - continuò l'uomo - lei ha una registrazione di quel segnale anomalo, corredata di precisi dettagli temporali?

Linda scoppiò a ridere: - Non siete astronomi vero? - li incalzò - Altrimenti sapreste che ogni forma di appunto dev'essere annotato con tutti i dettami imposti dalla scienza seguendo un preciso protocollo. Non c'è un altro modo di archiviare un contatto.

- Ci serve quella registrazione. - tagliò corto il misterioso interlocutore.

- E questo cancellerebbe l'opinione sbagliata che si sono fatti di me le teste pensanti di Monte Palomar? Non ho nessuna intenzione di riaprire questa diatriba.

- Ha ragione, non siamo scienziati, facciamo parte dell'Agenzia Di Sicurezza Nazionale degli Stati Uniti e questo dovrebbe bastare a farle comprendere quanto è importante la sua collaborazione nei nostri confronti.

- L'emissione radio di cui parlo alla pagina centodiciassette del libro non è di mia esclusiva proprietà. E' molto instabile e l'ho potuta monitorare solo per un breve periodo. Coi vostri mezzi potreste rintracciarla molto meglio di me, quindi mi chiedo a cosa vi servano i miei dati.

- E' un'emissione monodirezionale. - intervenne il secondo uomo.

- Se fosse davvero unidirezionale, allora avrebbe un andamento temporale.

- Per questo abbiamo bisogno della registrazioni in suo possesso.

- Dunque... vediamo, - sospirò Linda - per una delle tante casualità dell'universo io intercetto una trasmissione radio, diciamo di natura sconosciuta, che poi sparisce, o meglio, viene diretta verso altre coordinate. La Comunità scientifica si prende gioco della mia scoperta, lasciando intendere che ho registrato la televisione del vicino di casa ed ora voi venite a chiedermi i dati di riscontro. Questo può significare soltanto una cosa: avete ascoltato la mia stessa fonte radio, probabilmente per la stessa breve unità di tempo e adesso avete bisogno di me per imbastire un avventato calcolo di tracciamento. Due punti non bastano, dovreste saperlo.

- Abbiamo già due posizioni ed insieme alla sua telemetria possiamo provare a calcolare la curva di trasmissione ricevibile dal nostro pianeta.

- Non vi darò proprio niente se non mi farete partecipe del progetto. - sentenziò Linda - Quindi potete tornarvene a casa e riferire ai capoccioni di Monte Palomar che se le devono cercare da sole le prossime coordinate di ricezione.

I due uomini si consultarono brevemente tra loro, poi chiesero alla dottoressa il tempo per confrontarsi coi loro superiori: - Se ci lascia un contatto diretto, - aggiunse - le faremo sapere.

- Volete farmi credere che l'Agenzia Di Sicurezza Nazionale degli Stati Uniti non sa dove abito e quale sia il mio numero di cellulare o il mio indirizzo email? Allora capisco anche perché non riusciate a rintracciare una trasmissione radio anomala la cui fonte arriva da una distanza inferiore da quella che ci separa dalla Luna.

- Da questo breve colloquio informativo, - ammise Norman Key, presentandosi, - ho l'impressione che lei voglia farci credere che ha molte più informazioni di quelle che sarebbe lecito aspettarsi.

- Le avrei condivise con tutta la Comunità Scientifica Internazionale se non mi avessero fatta passare per una cretina visionaria alle prime armi. Molte delle informazioni in mio possesso nascono dall'esperienza diretta di mio padre.

- Non sempre i figli di un genio sono grandi quanto i propri padri.

- La verità è che, a capo di ogni istituzione, c'è sempre un vecchio parruccone che disdegna di concedere credibilità ai nuovi arrivati.

- Se siamo arrivati fin qui, non è per disquisire in modo polemico su questo argomento. Personalmente ritengo che lei sarebbe un'ottima partner per questa ricerca, ma non sono soltanto io a decidere.

- Non voglio essere una partner, - tagliò corto Linda - se ritenete di aver davvero bisogno di me, voglio essere parte integrante del team...

- ...oppure? - la interruppe Norman - Oppure se ne resterà in disparte senza difendere le sue teorie contro i parrucconi di Monte Palomar?

- Vede, caro mister Key - gli ribadì a muso duro - il piccolo particolare che sfugge a tutti quanti per pura presunzione personale, è che la mia non è una semplice teoria basata su chissà quale entusiasmo giovanile, ma uno studio accurato che prende in considerazione migliaia di emissioni radio che provengono dalle stelle e dai pianeti che ci circondano. Tutte... e con tutte non intendo la maggior parte ma proprio tutte, trasmettono emissioni radio con andamento periodico e ridondante.

- Da quel che mi è concesso di sapere, anche questa strana trasmissione, seppur con le sue anomalie, presenta queste caratteristiche basilari, sono un classico dell'universo.

- E allora perché tanto interesse? - lo interrogò - Perché scomodare l'Agenzia Di Sicurezza Nazionale degli Stati Uniti? No, non risponda, glielo dico io. Quel che preoccupa i cervelloni di Monte Palomar non è la trasmissione in se stessa, ma le pause che contiene e, naturalmente, la sua inaspettata unidirezionalità.

Norman restò in silenzio a guardarla, al pari degli studenti, incantati dalla sua concretezza. - Non accetteranno di accoglierla a pari gradi nel team, - affermò - dovremo trovare un altro modo per introdurla nel gruppo di studio.

- Non potendo indire un concorso pubblico, considerata la riservatezza dell'argomento, potreste istituire un gruppo di lavoro che produca una relazione individuale atta a scoprire le capacità dei vari componenti. Non penso che esistano troppi cervelli che sappiano digerire queste nozioni. In questo caso, potrei fornirvi la mia personale idea sull'argomento.

- Lo ha già fatto alla pagina centodiciassette del suo libro, ma poi ha evitato il confronto.

- In quella pagina ho pubblicato meno del dieci per cento di quello che ho scoperto, - obiettò - e subito sono stata massacrata sulla pubblica piazza, trattata come la figlia pazza di un genio che stava cercando un modo per brillare di luce propria con ogni mezzo lecito o illecito. Mio padre non era amato, ma con lui vivo nessuno dei suoi esimi colleghi avrebbe osato tanto. Non darò le mie preziose informazioni alla stessa gente che mi ha additata come un'eretica del mondo dell'astrofisica!

- La faremo sapere, - continuò Norman - ci lasci consultare coi collaboratori del Presidente ed entro poche ore le comunicheremo cosa possiamo offrirle.

Osservatorio Monte Palomar - Stati Uniti

Una settimana dopo, Linda Sydow si presentò all'osservatorio di Monte Palomar in compagnia di Norman Key e fu presentata agli altri astrofisici presenti in quella che sembrava un'arena. Lei, al centro della stanza, si trovava finalmente faccia a faccia con alcuni dei suoi peggiori denigratori e non aveva nessuna riverenza nei loro confronti.

Fu Albert Hughes ad intavolare la discussione e non fu certo tenero nel suo approccio: - Per far parte di un team, - esordì - bisogna condividere l'idea di base che questo team si prefigge. Lei crede di poter accettare questa semplice osservazione?

- Se tutti la pensassimo allo stesso modo, - rispose in modo calmo ma deciso - questo non sarebbe un team scientifico, ma un gruppo di pensionati in vacanza... e molti di voi, probabilmente hanno già pensato di esserlo.

- Lei non può permettersi di...

- ...mi lasci finire, - lo interruppe, alzando semplicemente il tono della voce - poi se lo riterrà opportuno potrà cacciarmi a pedate da questo posto! Sono venuta sin qui per dirvi che, a differenza di altre volte, questa non sarà una riunione di circostanza. Quello che abbiamo davanti non è una semplice anomalia, ma una trasmissione radio che, definire intelligente, potrebbe essere riduttivo. Personalmente non so quale considerazione abbiate fatto, ma io posso provarvi su base scientifica che nessun corpo celeste può emettere un segnale con pause cicliche su una banda stretta che viene diretta in modo tracciante sulla superficie terrestre.

- Ci può spiegare in modo semplice cosa intende con questa affermazione? - intervenne Norman Key, mettendo a tacere il brusio che si era levato.

- Dodici treni di bit al secondo separate da dodici pause, perfettamente identiche. - continuò Linda - Questo dato l'ho ottenuto rallentando la registrazione di centinaia di volte.

Il silenzio in sala si fece profondo.

- Dalle vostre espressioni mi par di capire che non abbiate mai fatto altrettanto! - commentò la dottoressa, catturando immediatamente l'attenzione generale - Ora, facendo una semplice riflessione e prendendo come certa la provenienza esterna al ciclo orbitale Terra/Luna di questa fonte radio, l'unica considerazione che posso fare è che si tratti di una sorgente di natura meccanica. E se non è un vostro satellite in avaria...

Albert Hughes si alzò faticosamente dalla sua poltrona: - Se lei fosse venuta da noi invece di pubblicare quel libro, ci saremmo potuti confrontare su una base scientifica.

- Vi ho scritto decine di email a cui avete risposto con una frase di circostanza, Cosa avrei dovuto fare per attirare la vostra attenzione?

- Prendere un aereo e raggiungerci qui dopo aver ottenuto un appuntamento.

- E' un po' come chiedere udienza al papa la domenica di Pasqua! - obiettò - Non sarebbe cambiato nulla. Voi sapete per certo che non si tratta di un satellite terrestre vero?

Lo scienziato scosse ripetutamente il capo.

- Ma avete individuato la sua posizione nello spazio esterno?

- Quando ci siamo interessati all'emissione, è andata progressivamente a sparire.

- Mister Key mi ha informata che esiste un altro punto di tracciamento oltre a quelli del Monte Palomar e di Uppsala.

Albert si consultò rapidamente coi colleghi, poi continuò: - Jan Mayen, - disse - è un'isola che fa parte territorialmente della Norvegia. Il segnale lo ha captato una nave oceanografica canadese diretta al porto di Olonkinbyen. Il marconista stava giocando con la radio ed è rimasto incuriosito da questo ticchettio ritmico. Lo ha registrato ed inviato al Ministero delle Telecomunicazioni. Tracciando una linea immaginaria tra il luogo dove siamo ora e l'osservatorio di Uppsala, l'isolotto si trova lungo il percorso.

- Potrebbero essere molti i luoghi in cui era ricevibile ma nessuno era pronto ad ascoltarlo, - ribadì Linda - questa linea immaginaria è un buon punto di partenza e, se lo ha ricevuto una nave, significa che non servono grandi antenne.

- La Thunder non è una nave come tante altre, - spiegò Norman - dietro la sua facciata di nave oceanografica si cela un centro di ascolto per le trasmissioni straniere. Insomma, una nave spia per essere chiari!

Il resto della discussione avvenne fuori dall'arena perché, dopo le prime scaramucce, tutti si erano resi conto delle notevoli capacità della giovane dottoressa svedese. In un colloquio riservato, Albert Hughes le chiese a denti stretti quale ipotesi avesse davvero formulato e la sua risposta altrettanto diretta non si fece attendere: - Guardiamoci in faccia, - esclamò - se non si tratta di satelliti terrestri, non ci sono molte altre possibilità. Solo una macchina può inviare un segnale di questo genere.

- Quel che non capisco è perché lei continui a concedere tanta importanza alle pause.

- Perché stiamo zitti a turno quando uno dei due chiacchiera?

Albert la fissò con gli occhi interessati.

- La risposta è semplice, - continuò Linda - per ascoltare!

Quel che mi sta dicendo, - sussurrò - implica un colloquio verso qualcosa di indefinito, e noi non siamo pronti.

- Tanti anni di ricerca e di messaggi inviati nello spazio e mi vuol far credere che il Governo Americano non è preparato ad un'ipotesi come questa?

- Come reagirebbe se, dopo migliaia di sassi gettati a caso in mare, ne sortisse uno dalla superficie e cadesse sulla spiaggia?

- Mi avvicinerei e lo prenderei in mano!

- Beata gioventù... - commentò l'anziano scienziato - noi invece cominceremmo a chiederci chi e perché l'ha lanciato. Apriremmo un dibattito per comprendere se è amico o nemico e se, in qualche modo, possa rivelarsi un pericolo per la Terra.

- Se mai si trattasse di un pericolo, - obiettò Linda - è meglio scoprire cosa abbiamo davvero di fronte. Non ne conviene?

- Prima di dare un cenno della nostra esistenza, bisogna individuare la fonte della trasmissione. La sua distanza e posizione sono di primaria importanza per la sicurezza del nostro pianeta.

Di colpo, come se non ci fossero mai state, scomparvero tutte le preclusioni verso questa donna tenace, priva di ogni remora e pronta a confrontarsi sulla base di idee concrete.

- La dovremo tenere a freno. - spiegò la sera stessa Albert a Norman Key - corre ad una velocità al quadrato rispetto alla nostra e potrebbe trascinarci in guai seri.

- Da quello che ho potuto costatare, è l'unica che sa dove vuole arrivare e possiede il carattere e le capacità per farlo.

- A volte arrivare in fondo ad una nuova strada non conduce da nessuna parte perché si scopre che ancora non è stato costruito il ponte che oltrepassa il fiume. In questo caso non potremmo tornare indietro.

- Il Presidente non è tranquillo, - spiegò Norman - e nessun abitante di questo mondo lo sarebbe, se messo a conoscenza che c'è qualcosa di indefinito ad un passo da noi.

- Dodici treni di bit e dodici pause fanno così paura all'umanità?

- Sapevate benissimo quale fosse il contenuto della trasmissione, perché le avete fatto credere di cadere letteralmente dalle nuvole?

- Volevamo essere certi che ne fosse al corrente anche lei, - sorrise Albert Hughes - non siamo ancora convinti di aprirle completamente il nostro dossier.

- La dottoressa Sydow non è affatto stupida, farà altrettanto con noi. Io credo che non abbia mai smesso di fare ricerca su questo caso ed anche che si sia fatta un'idea precisa sulla posizione dell'intruso.

- La definizione di intruso mi sembra azzardata, - obiettò Albert - significa accettare di fatto che non faccia parte della specie umana.

- E non è così?

- Sa quante volte abbiamo inneggiato alla scoperta di chissà quali meraviglie scientifiche salvo poi doverci ricredere? Lo stesso hanno fatto i Sovietici ai tempi della guerra fredda... a volte anche col rischio che qualcuno spingesse quel maledetto bottone rosso. No, io crederò ad un intruso, come lo chiama lei, quando lo avrò davanti, magari smontato pezzo per pezzo e dopo avere ottenuto la conferma che la lega con cui è stato plasmato non sia di questo mondo. Abbiamo già perso troppo tempo coi rottami di qualche staterello asiatico che si è divertito a mettere in orbita il suo giocattolino di turno.

- La dottoressa è fermamente convinta che questa volta sia qualcosa di molto serio.

- E quante altre volte ha constatato il contrario? E' intelligente ma non ha nessuna esperienza e non conosce le trame sporche della politica internazionale, quindi cerchiamo di sfruttare le sue conoscenze e poi troveremo il modo per liquidarla.

- L'idea è quella di tenerla con noi, - sentenziò Norman - non possiamo permetterci di perdere una mente eccelsa come la sua.

- Allora auguri, - sorrise sarcasticamente Albert - state solo attenti che non provi da sola a contattare l'intruso senza prima aver creato un piano alternativo di difesa.

Nei giorni successivi, Linda cominciò a lavorare sulla localizzazione del segnale, basandosi sui tre punti certi dov'era stato possibile riceverlo. Se si fosse trattata di una semplice linea retta che aveva in qualche modo seguito la curvatura terrestre, era logico ipotizzare quali altri stati avrebbe potuto raggiungere nella sua traiettoria. - Potrebbe funzionare se l'emettitore si trovasse su un orbita stabile, - spiegò a Norman - ma, se così fosse, lo avremmo già tracciato da un pezzo.

- Nel suo libro, aveva ipotizzato una distanza superiore a quella della Luna.

- Sì... - spiegò - ma potrei aver sbagliato ed un oggetto non può starsene immobile in un punto qualsiasi dello spazio.

- Perché no? - domandò - Se resta fuori dall'attrazione gravitazionale della Terra, nessuna forza può spostarlo da lì.

- L'influenza gravitazionale non è mai assente nell'universo e nulla può restare in equilibrio per sempre, neppure nel vuoto assoluto. C'è sempre una forza che prevale sulle altre... a meno che...

- ...a meno che? - la interrogò Norman.

- E' incredibile come, a volte, chiacchierare con qualcuno che non sa niente di astrofisica, porti a trovare nuove spiegazioni ai problemi più complessi.

- Continuo a non capire. - insistette Norman, sorpreso dal suo entusiasmo.

- Non è vero che non esiste un luogo nell'universo che non venga influenzato dalle forze gravitazionali dei pianeti. - spiegò Linda - O meglio, ci sono luoghi dove queste forze si annullano.

- Non so se riuscirò a capirlo, ma provi lo stesso a spiegarmelo.

- Immagina un punto indefinito dove tutte le forze di attrazione si compensino. - passò ad un approccio più informale - E' come se tu mettessi una sfera metallica tra due calamite identiche. Se riuscissi a posizionarla proprio nel mezzo, la loro forza si compenserebbe. Lo stesso accadrebbe con magneti di diversa grandezza e punti intermedi differenti. Ora prova a sostituire mentalmente le calamite col sole e coi pianeti, e spostati dall'idea di un piano orizzontale ad uno su tre assi.
Abel Wakaam
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Abel Wakaam
Sono un raccontastorie. Gli scrittori veri sono diversi perché seguono le regole e i dogmi prefissati dalla casta. Un ribelle tutto questo non lo può accettare, se non a un prezzo troppo alto per riuscire a sopravvivere oltre le convenzioni. Mi piace pensare di non aver mai dovuto chinare la testa, se non di fronte alla bellezza interiore. Sorrido all'idea di non aver mai dovuto “chiedere” e mi cullo nella convinzione che non esistano confini, se non quelli che alziamo noi stessi per difenderci dagli altri. Sono impudente, a volte sfacciato, pragmatico, combattivo e mai domo. Amo la libertà, ma questo è il sogno di chiunque. Io però l'adoro al punto da andarla a cercare nei luoghi dove il nulla è sinonimo di meraviglia. Ma sono anche un “solitario pentito” che non disdegna la buona compagnia. La passione per la fotografia completa il quadro terreno della mia mancata spiritualità e mi conduce da sempre sul sentiero impervio che ha costellato la mia vita.

Nunzia Alemanno: Come ti è venuta l'idea di realizzare una piattaforma web come Writer Officina? È un progetto a cui stavi già lavorando da tempo oppure è stata una lampadina che si è accesa di recente?

Abel Wakaam: È un'idea che covavo da tempo e che ha preso corpo frequentando diversi Gruppi di letteratura su Facebook. Mi è parso di capire che gli Autori volessero insistentemente far conoscere i propri testi, ma che al tempo stesso fossero intimiditi da certe critiche che mi erano sembrate immotivate. Inoltre, mi sono reso conto di come la formattazione di Facebook non fosse adatta alla lettura di un testo abbastanza corposo da incuriosire i lettori, e quindi si rendeva necessaria una pagina WEB strutturata in modo da facilitare questo compito. Riguardo alle recensioni pubbliche, spesso tendono a incensare più chi le fa, ponendo lo scrittore in una sorta di colpevolezza immotivata. Questo è il motivo per cui ho preferito renderle strettamente private su Writer Officina. E poi sono arrivate le interviste a completare un processo di visibilità degli autori stessi. Ma non ci fermeremo qui.

Nunzia Alemanno: Si legge nella tua biografia che hai una grande passione per l'Africa, “un luogo dove ognuno percepisce la netta sensazione di esserci già stato”, da una tua citazione. Quanto, questa terra, ha contribuito alla tua scrittura? Ci sono dei testi in particolare che ricalcano le tue esperienze vissute in quei bellissimi luoghi?

Abel Wakaam: L'Africa è una parte di noi rimasta altrove, una forma arcaica di memoria che è stata marchiata a fuoco nel nostro DNA. Arriviamo da lì, da quella terra sconfinata che ci ha visto scendere dagli alberi per camminare eretti, e non possiamo cancellare le nostri origini semplicemente assumendo le vesti dell'Omo Tecnologicus! Nei mie testi, l'Africa è presente come “parte istintiva di un'azione incondizionata”. In alcuni la si percepisce “sotto pelle” mentre in altri è una “forma ribelle” che si rifiuta di seguire le regole. A volte credo che l'Africa sia la nostra parte più umana che cerca di emergere in questa società che diventa sempre più disumana.

Daniele Missiroli: Sei un esploratore e un bravissimo programmatore. Come fai a conciliare due attività così diverse?

Abel Wakaam: Sono principalmente un uomo curioso e non mi accontento di ammirare “le cose degli altri”. Voglio guardarci dentro, voglio scoprire come sono costruite come quando ero bambino, e poi cercare di farle meglio. Non importa se si tratta di un sito WEB, di un'immagine fotografica, un'escursione in alta montagna o nel mezzo del cratere di Empakai sulla via dei vulcani nell'Africa nera, il mio primo istinto è quello di farlo a “modo mio”. E allora credo sia normale evitare ogni replica perché pretendo che la mia vita, e tutto ciò che faccio, sia prima di tutto originale. E poi sono multitasking e quindi programmo mentre scrivo e nel frattempo preparo le interviste.

Daniele Missiroli : Per scrivere usi un sistema che hai messo a punto con l'esperienza, oppure prendi delle note e poi le rielabori con calma?

Abel Wakaam: Per scrivere uso, prima di tutto, un sistema proprietario. Non utilizzo un editor di testo se non per impaginare il romanzo alla fine. Scrivo online usando un'interfaccia che mi fa accedere direttamente al server. In questo modo posso scrivere ovunque mi trovo senza bisogno di un programma dedicato. Alcuni beta lettori hanno accesso al file nel momento stesso in cui viene aggiornato. Ovviamente non prendo nota di nulla, non memorizzo appunti, non seguo schemi, non utilizzo tracce, se non per quantificare la lunghezza di un capitolo. Tutti i miei libri ne contano dieci di varie lunghezze a seconda del genere.

Daniele Possanzini: Il Ghostwriter è un ruolo importante nello scenario editoriale mondiale. Adeguatamente informato di un tuo sogno letterario, potrebbe accadere che un giorno tu decidessi di utilizzarlo?

Abel Wakaam: Per gli stessi motivi che ho elencato prima, credo sia più facile il contrario. Non accetto neppure che un editor modifichi i miei pensieri scritti, figuriamoci l'idea di affidare ad altri il frutto della mia fantasia!

Daniele Possanzini: È evidente che sei autore di differenti generi letterari. Hai una personalità così composita, oppure riesci a scrivere in “terza persona” e comunque mantenere l'empatia con i tuoi personaggi?

Abel Wakaam: I personaggi che si vengono a creare sono la parte incondizionata del mio modus operandi. Non li controllo se non per il tempo necessario a essere risucchiati dentro la trama, poi fanno quello che vogliono e mi stupisco di quanto siano indipendenti, pur mantenendo uno stretto rapporto con me stesso. Insomma, sono un burattinaio sconfessato dai fatti, abbandonato nel mezzo del teatrino dell'impossibile dopo averne eretto le parti essenziali. A volte mi accorgo che c'è il mio ego dentro qualche personaggio e quindi l'empatia si tramuta in battaglia per evitare un plagio letterario in cui non voglio cadere.

Rosaria M. Notarsanto: La ricerca e lo studio sono parte fondamentale per realizzare una storia credibile e coerente, ma molti autori dichiarano sempre che a un certo punto della stesura dei loro manoscritti alcuni personaggi prendono il sopravvento, come se fossero entità vive, obbligando l'autore a cambiare le carte in tavola. A te è mai capitato questo? Eventualmente potresti parlarci dei personaggi che hanno rivoluzionato i tuoi progetti iniziali?

Abel Wakaam: Come ho appena spiegato, i miei personaggi sono talmente ribelli che fanno spesso quello che vogliono e mi conducono esattamente dove non avrei mai voluto o saputo andare. Ma in questo modo apprendo da loro una visione caratteriale che va oltre le mie capacità narrative. In fondo io sono soltanto un “mezzo” per cui possono esistere e quindi svincolano dal “dio supremo” di cui prendo le parti per decidere in ogni istante delle loro vite. È impossibile scegliere a chi di loro sono più affezionato perché dovrei rispondere che si tratta dell'ultimo in ordine cronologico.

Cenzie Loparco: Hai pubblicato diversi romanzi a distanza di pochi giorni l'uno dall'altro. Come mai hai preso questa decisione? C'è un filo conduttore tra le diverse storie che hai raccontato?

Abel Wakaam: Questo accade perché nel mezzo di una storia mi assale un'idea nuova che non può coesistere con la trama che sto già architettando. E allora parto con un progetto diverso e lo conduco fino al punto in cui mi affascina. In questo modo, mi trovo spesso a portare alla fine diverse storie in contemporanea, che viaggiano parallele tra loro senza mai sfiorarsi. Mi viene quindi naturale pubblicarle entrambe a pochi giorni di distanza.

Cenzie Loparco: La trama di Timeline, i viaggiatori del tempo, è molto intrigante. Da dove ti è venuta l'idea dell'enigmatica fotografia di un uomo seduto su una panchina in una cittadina di Lopar praticamente identica a un'altra immagine scattata a New York oltre un secolo prima?

Abel Wakaam: La storia di Timeline si svolge quasi interamente a Rab, in Croazia, l'antica Felix Arbe dei Romani. È un'isola che conosco come le mie tasche perché vi ho passato molto tempo della mia vita. Uno dei luoghi in cui ho scritto diversi romanzi è il parco Komrcar che si trova oltre le mura della città vecchia e la sovrasta. Lì è normale incontrare gli abitanti che leggono all'ombra dei pini secolari e più di una volta li ho immortalati con un potente teleobiettivo. L'idea della somiglianza con un'identica fotografia scattata a New York mi è servita per coinvolgere gli Americani in una vicenda molto intricata che risale a tanti anni prima. Ma di più non posso raccontare per timore di svelare l'arcano.

Franco Filiberto: Viaggiare, conoscere posti nuovi e nuove persone arricchisce senza dubbio ognuno di noi, ma per uno scrittore sono anche una fonte preziosa di spunti per trame e personaggi. C'è qualcuno o qualcosa che è passato, anche se solo in parte, da un tuo viaggio a un tuo libro?

Abel Wakaam: Per semplicità, dovrei rispondere che ogni cosa che ha nutrito i miei occhi si è fatta parola attraverso le mie dita. Viaggiare è una ghiotta esca per la mente, perché è in grado di trascinarla con una lunga lenza oltre i confini della logica, per plasmare le idee che poi si tramutano in trama. Di ogni luogo che ho visitato mi resta almeno un ricordo più potente degli altri e lo rinnovo periodicamente riguardando le fotografie che hanno immortalato ogni istante di quei giorni. Senza di esse, molti frammenti sarebbero andati perduti e per questo credo che scrittura, viaggio e fotografia siano tre elementi inscindibili nella società moderna.

Franco Filiberto: Cosa pensi dell'editoria italiana e delle piattaforme di self publishing?

Abel Wakaam: A mio parere, l'Editoria italiana è morta e sepolta. Con tutto il rispetto che posso avere per i professionisti del settore, non vedo un futuro plausibile che possa contrastare la spinta liberista che è emersa in questi ultimi anni. Per farti un esempio, se oggi scrivo la parola fine su un romanzo, domani posso effettuare l'upload su Amazon KDP e due giorni dopo mi arriva a casa stampato e rilegato, pronto per essere letto. Con un click può essere acquistato e consegnato in tutto il mondo a tempo di record. Quale CE può fare altrettanto?

Chiara Cipolla: Il mondo del self publishing sta esplodendo; secondo te le Case Editrici si stanno adeguando al cambiamento di stile, di genere, di marketing, di lettori ecc. oppure sono come cattedrali nel deserto, immobili e attaccate ai vecchi schemi?

Abel Wakaam: La Case Editrici tradizionali hanno reagito all'esplosione del self publishing nello stesso modo in cui gli antichi Romani hanno provato a contrastare il cristianesimo. Prima l'hanno deriso e poi trascinato al macero, in nome di una qualità e di un'appartenenza alla Casta degli Scrittori Professionisti. Poi, senza rendersene conto, si sono ritrovate nella stessa Arena e hanno utilizzato le medesime piattaforme online per vendere i propri libri. Con questo grave errore, hanno posto sullo stesso piano entrambi i prodotti, esponendoli uno accanto all'altro in un'unica grande vetrina. È stata l'apoteosi della loro sconfitta.

Barbara Repetto: Cosa pensi delle tecniche di scrittura? Le utilizzi?

Abel Wakaam: Una tecnica riconosciuta, applicata a ogni elemento strutturale, permette di replicare all'infinito un progetto corretto, basandosi sull'esperienza già acquisita. Ma l'arte è un'esplosione di creatività, non è una trave portante su cui far leva per sollevare il mondo. È un velo impalpabile che lo avvolge e che prende forme diverse a seconda della prospettiva con cui lo si guarda. Per evitare di produrre dei cloni, non ci resta allora che evolvere questa tecnica, tralasciando le basi sicure per sperimentare l'impossibile. Io credo che la creatività di un autore debba prendere in considerazione il rischio di abbandonare le strade già conosciute per inerpicarsi laddove nessuno è già arrivato prima.

Barbara Repetto: Cosa ne pensi delle EAP?

Abel Wakaam: Pagare per essere pubblicati è una forma di prostituzione intellettuale a cui ci si rivolge esclusivamente per appagare il proprio ego. Allo stesso modo considero l'assoggettarsi allo sfruttamento di quelle piccole case editrici che, pur non essendo a pagamento, non ripagheranno mai l'autore per il frutto del suo lavoro.

Barbara Repetto: A un autore emergente che spera di realizzare il suo sogno nel cassetto consiglieresti le piccole/medie CE, oppure il mondo del self?

Abel Wakaam: Non amo dare consigli a nessuno perché ogni individuo deve sperimentare sulla propria pelle il risultato dei mille errori che lo porteranno a crescere ed evolversi in continuazione. Personalmente considero principalmente solo due figure legate alla letteratura: l'autore e il lettore. Tutto ciò che si intrufola tra loro deve soltanto essere considerato un mezzo e, come tale, essere al servizio dei protagonisti basilari.

Barbara Repetto: Quale ingrediente fondamentale non deve mai mancare in un buon romanzo?

Abel Wakaam: Per rispondere a questa domanda servirebbero decine di discussioni e ci ritroveremmo alla fine senza riuscire a ricordarci il capo del groviglio da cui siamo partiti. Siccome odio evitare le domande, ti rispondo con l'unica parola che davvero mi appare insostituibile: l'originalità.

Marialuisa Moro: Da dove trai ispirazione per le tue storie e per i tuoi personaggi?

Abel Wakaam: Ho provato a riflettere molte volte su questo enigma e sinceramente non ho trovato una risposta. Di certo l'ispirazione non mi si presenta come un'apparizione divina e nemmeno come una missione da compiere per esaudire i miei sogni. L'ispirazione non concede preavvisi perché altro non è che un impulso riconducibile a fattori irrazionali e fortuiti, spesso privilegiati da una forma di intuizione geniale. Come già detto, i miei personaggi non sono burattini obbedienti che assecondano ogni trama precostituita. Potrei risponderti che tutto avviene per caso... nel caos che precede un ordine precostituito. Ma credo che anche il caos sia frutto di un ordine pregresso, dove ogni concetto si aggrega ai propri simili per poi abbandonarli senza una ragione plausibile. Credo quindi che l'ispirazione possa essere equiparata a uno sguardo furtivo tra due sconosciuti... una mera questione di feeling che non concede scampo a entrambi.
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