Writer Officina
Autore: Abel Wakaam
Titolo: Arcano
Genere Fantasy
Lettori 7300 87 101
Arcano
4° Posto di controllo di Arcano

All'uscita del tunnel, il tenente Orwell consegnò ad ognuno dei presenti il pass magnetico di riconoscimento. - Da questo momento siete gli unici responsabili delle vostre azioni e della vostra vita, - si affrettò a spiegare, invitandoli a oltrepassare la linea di confine segnata dalla traccia all'infrarosso che delimitava l'ultima area di civiltà - oltre questo limite l'unica legge certa è quella della sopravvivenza!

- Non date troppo credito ai timori dei militari, - sbucò dall'ombra una voce di donna - io vivo oltre confine da quando gli Stati dell'Unione si sono spinti su queste terre, e sono ancora qui tutta d'un pezzo. Mi presento subito, prima che Orwell possa dipingermi come un fantasma vivente, sono Nicastro Krailla... ma tutti mi chiamano Nikra.

- Ti affido l'intera troupe, cerca di non farteli sbranare dagli Hammers - rispose il militare - non so come abbiano ottenuto il permesso di sbarco, ma ormai non è più affar mio. Cerca di riportarmi almeno i loro pass... non possiamo permetterci che vengano usati per forzare il blocco dei territori!

Nikra gli sorrise scuotendo il capo con un ghigno beffardo, chiamò a raccolta lo sparuto gruppo di avventurieri e li condusse all'interno delle mura.
Tre uomini e due donne, tutti impettiti nella divisa nuova degli Explorer, la truppa d'assalto dell'Unione, ma il loro aspetto lasciava ben intendere di come nessuno di loro fosse davvero un esploratore, e tanto meno un esperto di escursioni oltre confine.
- Qualunque cosa vi abbiano detto di Arcano è una menzogna, e se vi state chiedendo perché vi abbiano mandato qui, allora sarebbe meglio che facciate un esame di coscienza per scoprire a chi avete pestato i piedi.

- Siamo qui perché lo abbiamo imposto, - reagì il più anziano dei cinque - il nostro scopo è raggiungere il posto di controllo numero sette nel cuore dei territori occupati.

- Tu dovresti essere Norman Atek, ispettore minerario della Global Detector, amico d'infanzia e raccomandato di lusso dal Presidente della Società. Il tuo incarico nella spedizione è quello di verificare la presenza di giacimenti di Miara per organizzarne lo sfruttamento su larga scala. Agli altri hai fatto credere di essere un ricercatore di fossili e per imporre la tua presenza hai finanziato gran parte della missione. Mi spiace, ma il tuo viaggio è finito ancora prima di cominciare perché la legge di questo Pianeta vieta qualunque commercio nell'area.

- Tu invece sei pagata per obbedire e non per pensare, quindi sta' zitta e non immischiarti in fatti che non ti riguardano!

Nikra si slacciò il mantello di lana scura e lo lasciò cadere a terra. La sua pelle abbronzata ben si accostò col cuoio del corpetto intarsiato su cui spiccava lo stemma di Mokroll. Afferrò con forza lo scudetto di bronzo e lo strappò dalle sue cuciture, gettandolo ai piedi di Norman. - Rischio la mia vita solo per ciò in cui credo, - esclamò - e se ho accettato quest'incarico è soltanto perché voglio che finalmente qualcuno racconti la verità su Arcano.

- Senza di me il viaggio finisce per tutti, - continuò Norman - è un compromesso che devi accettare per forza!

L'intervento di Asha riportò la calma nella discussione, Nikra di lei si fidava per aver seguito molte volte i suoi documentari sui territori occupati e apprezzava il realismo con cui aveva riportato la verità di quei luoghi cosi ostili. - Smascherare Atek significa anche controllare ogni sua mossa, - spiegò - e non credo che lui possa riportare maggiori notizie di quanto non faranno le nostre telecamere in diretta. Ora che conosciamo i suoi scopi, gli impediremo di perseguirli ed io stessa mi riprometto di informare il pubblico su qualunque azione illegale venga perpetrata ai danni della terra che stiamo per esplorare.

Nikra accettò il compromesso a patto di poter distruggere personalmente tutta la dotazione tecnologica di Norman, fatta eccezione per i parametri medici di controllo, inviati periodicamente al satellite in orbita geostazionaria attorno al pianeta.

Quella sera nessuno riuscì a prendere sonno, la tensione di essere al di fuori dei confini del mondo conosciuto attanagliava la gola in una morsa senza scampo. L'altra ragazza, Hesiel, sedeva raggomitolata in un angolo, cercando di controllare la respirazione alterata dall'umidità altissima a cui non era abituata. I due cameraman, Joy e Goutierre, avevano rinchiuso tutta l'attrezzatura in un guscio di titanio a cui facevano la guardia a turno come se fosse la loro prima riserva vitale.

Un gruppo affiatato, avevano attraversato insieme pericoli di ogni genere, sopperito ad ogni difficoltà climatica e organizzativa, ma ora erano coscienti di aver superato ogni limite di sicurezza cercando di andare oltre la logica di un reportage.
Arcano era un territorio occupato ma non conquistato. Al di fuori della strada che univa i posti di controllo non c'erano leggi né regole da rispettare, e quel suo popolo così indifferente agli invasori non aveva mai accettato di sottostare a nessun comando.
Si raccontava sottovoce di una misteriosa classe imperiale, sontuosi palazzi nascosti nell'intrico della foresta, ma in tanti anni d'occupazione non si era mai potuto stabilire un vero contatto, e alla fine il vessillo degli Stati dell'Unione sventolava su un territorio di fantasmi.

Uno strano medioevo retto da comunità nate attorno ad un nucleo famigliare, i cui elementi parevano uniti da un giuramento di sangue che si reggeva su un rapporto di parentele dettato dagli scambi delle figlie femmine. In pratica le ragazze da marito venivano cedute alle comunità circostanti costituendo un immane intreccio di legami che si allargavano sempre di più, fino a costituire un'unica grande società matriarcale.
Era infatti la donna più anziana a presiedere il consiglio di famiglia, ma già le ragazze appena giunte godevano di un notevole potere decisionale che le portava a scegliere il marito tra i componenti del clan, con la possibilità di rifiutare persino l'affidamento qualora non ci fosse un uomo di loro gradimento.

Il mattino successivo, Nikra riunì il gruppo nell'armeria del posto di controllo e spiegò in ogni dettaglio come si sarebbe svolta la spedizione. - Con addosso la divisa degli Explorer non andreste molto lontano, - concluse - se volete addentrarvi nella foresta dovrete indossare gli stessi abiti degli Hammers e muovervi come loro. Impersoneremo uno sparuto nucleo di viandanti sulla via dei Bastioni, le donne vestiranno come guerriere, mentre gli uomini dovranno seguirci col bagaglio, camminando sempre una decina di metri dietro di noi.

L'abbigliamento da guerriera ben si addiceva al fisico possente di Nikra. I suoi muscoli ben torniti e le sue forme tonde acquistavano forza e sensualità strette nei lacci di cuoio, mentre Asha mise in mostra una grande femminilità, celata sino a quel momento sotto la divisa. Solo la giovane Hesiel faticava a riempire il corpetto col suo tronco minuto, ancora troppo acerbo per reggere il confronto con le due compagne di viaggio.

Si misero in marcia nella nebbia luminosa del mattino, percorsero un paio di chilometri sul lastricato di pietra, ma ben presto lasciarono la strada per spingersi tra la vegetazione, seguendo l'antico sentiero della fonte, via primaria di comunicazione per la popolazione locale.

Strano popolo gli Hammers, avevano vissuto l'occupazione con distacco, quasi come se gli stranieri venuti da lontano non potessero intaccare i loro solidi legami. Nel tempo che seguì il primo sbarco, nessuno si oppose ma nemmeno si piegò alle nuove leggi, lasciando che si ristabilisse una sorta di patto non scritto in cui ognuno continuava a vivere secondo le proprie abitudini.

Il Console di Arcano non aveva mai avuto nessun interesse ad inasprire un confronto che almeno così pareva sotto controllo, inoltre non era mai stato possibile individuare un solo interlocutore che parlasse a nome di tutti gli Hammers.

La classe imperiale, di cui si sussurrava durante le feste rurali, appariva come un insieme di leggende difficili da cucire in un'unica storia, eppure la sua ombra aleggiava nella foresta come un irresistibile richiamo, unico legame certo dei clan che vivevano separati tra loro.

- Quante probabilità abbiamo di essere scambiati per Hammers?- chiese Norman, preoccupato di muoversi furtivamente tra la densa foschia della foresta.
- Nemmeno una, - sorrise Nikra - il motivo per cui vi ho fatto togliere le divise è soltanto per praticità; è molto diverso apparire stranieri oppure truppe di invasione. I nostri militari non hanno mai fatto nulla per farsi amare dalla popolazione, e sicuramente in qualche occasione hanno usato la forza per allontanare i più curiosi dai posti di controllo.
- Ma come sono questi Hammers? - intervenne Asha - Ne ho sempre sentito parlare in modo molto misterioso.

- Sono come noi... non esistono differenze sostanziali negli esseri umani e animali che vivono nello stesso ambiente, e nello stesso modo in cui il delfino, pur essendo un mammifero, assomiglia ad un pesce, così anche tutti noi abbiamo una struttura simile... salvo qualche distinzione nell'aspetto e nei tratti.

Quando, dopo qualche ora di marcia, incontrarono il primo Hammer, compresero quanto le abitudini di vita potessero modificare l'aspetto di un essere umano.
La giovane guerriera stava seduta su una roccia a custodire i cavalli, le sue lunghe sopracciglia erano annodate dietro la nuca a formare una treccia che ricadeva su una delle spalle. Alzò rapidamente lo sguardo emettendo una nota acuta dallo spigolo della bocca ed in meno di un secondo se ne udì la risposta.

Nikra alzò la mano sinistra mostrando il pollice unito al mignolo ed attese che giungesse l'amazzone dal folto della foresta, mentre i cavalli scalpitavano alla vista degli estranei. - Chiediamo il permesso di calpestare il vostro cammino, - disse - ed accettiamo di sottostare al comando della Madras Kolise.

- Siamo noi i padroni di questo pianeta, - sussurrò Norman - non capisco come tu possa essere così stupida da abbassarti fino a questo punto!
- Fai tacere il tuo servo, - intimò l'amazzone, sbucando improvvisamente alle loro spalle - l'ho sentito sbavare senza prima aver chiesto il permesso di parola.
- Taglia tu stessa la sua lingua e non lo sentirai più fiatare, - rispose Nikra - lo sai che gli uomini della nostra razza non sono ancora condizionati dal Niasae!
- Dovreste farlo prima di condurli qui, se lo sentisse Madras darebbe le sue budella in pasto ai carnivori.

- Ti chiedo scusa per la sua impudenza, da questo momento non lo sentirai neppure respirare, e ti prego di accoglierci nella tua famiglia.
- Sai già che è Madras Kolise la guida di questa famiglia, io sono Klara e prenderò il comando solo dopo la sua morte. Ora seguitemi che vi condurrò da lei.
Abel Wakaam
Votazione per
WriterGoldOfficina
Biblioteca
Acquista
Preferenze
Recensione
Contatto
Home
Admin
Conc. Letterario
Magazine
Blog Autori
Biblioteca New
Biblioteca Gen.
Biblioteca Top
Autori

Recensioni
Inser. Estratti
@ contatti
Policy Privacy
Autori di Writer Officina

Abel Wakaam
Sono un raccontastorie. Gli scrittori veri sono diversi perché seguono le regole e i dogmi prefissati dalla casta. Un ribelle tutto questo non lo può accettare, se non a un prezzo troppo alto per riuscire a sopravvivere oltre le convenzioni. Mi piace pensare di non aver mai dovuto chinare la testa, se non di fronte alla bellezza interiore. Sorrido all'idea di non aver mai dovuto “chiedere” e mi cullo nella convinzione che non esistano confini, se non quelli che alziamo noi stessi per difenderci dagli altri. Sono impudente, a volte sfacciato, pragmatico, combattivo e mai domo. Amo la libertà, ma questo è il sogno di chiunque. Io però l'adoro al punto da andarla a cercare nei luoghi dove il nulla è sinonimo di meraviglia. Ma sono anche un “solitario pentito” che non disdegna la buona compagnia. La passione per la fotografia completa il quadro terreno della mia mancata spiritualità e mi conduce da sempre sul sentiero impervio che ha costellato la mia vita.

Nunzia Alemanno: Come ti è venuta l'idea di realizzare una piattaforma web come Writer Officina? È un progetto a cui stavi già lavorando da tempo oppure è stata una lampadina che si è accesa di recente?

Abel Wakaam: È un'idea che covavo da tempo e che ha preso corpo frequentando diversi Gruppi di letteratura su Facebook. Mi è parso di capire che gli Autori volessero insistentemente far conoscere i propri testi, ma che al tempo stesso fossero intimiditi da certe critiche che mi erano sembrate immotivate. Inoltre, mi sono reso conto di come la formattazione di Facebook non fosse adatta alla lettura di un testo abbastanza corposo da incuriosire i lettori, e quindi si rendeva necessaria una pagina WEB strutturata in modo da facilitare questo compito. Riguardo alle recensioni pubbliche, spesso tendono a incensare più chi le fa, ponendo lo scrittore in una sorta di colpevolezza immotivata. Questo è il motivo per cui ho preferito renderle strettamente private su Writer Officina. E poi sono arrivate le interviste a completare un processo di visibilità degli autori stessi. Ma non ci fermeremo qui.

Nunzia Alemanno: Si legge nella tua biografia che hai una grande passione per l'Africa, “un luogo dove ognuno percepisce la netta sensazione di esserci già stato”, da una tua citazione. Quanto, questa terra, ha contribuito alla tua scrittura? Ci sono dei testi in particolare che ricalcano le tue esperienze vissute in quei bellissimi luoghi?

Abel Wakaam: L'Africa è una parte di noi rimasta altrove, una forma arcaica di memoria che è stata marchiata a fuoco nel nostro DNA. Arriviamo da lì, da quella terra sconfinata che ci ha visto scendere dagli alberi per camminare eretti, e non possiamo cancellare le nostri origini semplicemente assumendo le vesti dell'Omo Tecnologicus! Nei mie testi, l'Africa è presente come “parte istintiva di un'azione incondizionata”. In alcuni la si percepisce “sotto pelle” mentre in altri è una “forma ribelle” che si rifiuta di seguire le regole. A volte credo che l'Africa sia la nostra parte più umana che cerca di emergere in questa società che diventa sempre più disumana.

Daniele Missiroli: Sei un esploratore e un bravissimo programmatore. Come fai a conciliare due attività così diverse?

Abel Wakaam: Sono principalmente un uomo curioso e non mi accontento di ammirare “le cose degli altri”. Voglio guardarci dentro, voglio scoprire come sono costruite come quando ero bambino, e poi cercare di farle meglio. Non importa se si tratta di un sito WEB, di un'immagine fotografica, un'escursione in alta montagna o nel mezzo del cratere di Empakai sulla via dei vulcani nell'Africa nera, il mio primo istinto è quello di farlo a “modo mio”. E allora credo sia normale evitare ogni replica perché pretendo che la mia vita, e tutto ciò che faccio, sia prima di tutto originale. E poi sono multitasking e quindi programmo mentre scrivo e nel frattempo preparo le interviste.

Daniele Missiroli : Per scrivere usi un sistema che hai messo a punto con l'esperienza, oppure prendi delle note e poi le rielabori con calma?

Abel Wakaam: Per scrivere uso, prima di tutto, un sistema proprietario. Non utilizzo un editor di testo se non per impaginare il romanzo alla fine. Scrivo online usando un'interfaccia che mi fa accedere direttamente al server. In questo modo posso scrivere ovunque mi trovo senza bisogno di un programma dedicato. Alcuni beta lettori hanno accesso al file nel momento stesso in cui viene aggiornato. Ovviamente non prendo nota di nulla, non memorizzo appunti, non seguo schemi, non utilizzo tracce, se non per quantificare la lunghezza di un capitolo. Tutti i miei libri ne contano dieci di varie lunghezze a seconda del genere.

Daniele Possanzini: Il Ghostwriter è un ruolo importante nello scenario editoriale mondiale. Adeguatamente informato di un tuo sogno letterario, potrebbe accadere che un giorno tu decidessi di utilizzarlo?

Abel Wakaam: Per gli stessi motivi che ho elencato prima, credo sia più facile il contrario. Non accetto neppure che un editor modifichi i miei pensieri scritti, figuriamoci l'idea di affidare ad altri il frutto della mia fantasia!

Daniele Possanzini: È evidente che sei autore di differenti generi letterari. Hai una personalità così composita, oppure riesci a scrivere in “terza persona” e comunque mantenere l'empatia con i tuoi personaggi?

Abel Wakaam: I personaggi che si vengono a creare sono la parte incondizionata del mio modus operandi. Non li controllo se non per il tempo necessario a essere risucchiati dentro la trama, poi fanno quello che vogliono e mi stupisco di quanto siano indipendenti, pur mantenendo uno stretto rapporto con me stesso. Insomma, sono un burattinaio sconfessato dai fatti, abbandonato nel mezzo del teatrino dell'impossibile dopo averne eretto le parti essenziali. A volte mi accorgo che c'è il mio ego dentro qualche personaggio e quindi l'empatia si tramuta in battaglia per evitare un plagio letterario in cui non voglio cadere.

Rosaria M. Notarsanto: La ricerca e lo studio sono parte fondamentale per realizzare una storia credibile e coerente, ma molti autori dichiarano sempre che a un certo punto della stesura dei loro manoscritti alcuni personaggi prendono il sopravvento, come se fossero entità vive, obbligando l'autore a cambiare le carte in tavola. A te è mai capitato questo? Eventualmente potresti parlarci dei personaggi che hanno rivoluzionato i tuoi progetti iniziali?

Abel Wakaam: Come ho appena spiegato, i miei personaggi sono talmente ribelli che fanno spesso quello che vogliono e mi conducono esattamente dove non avrei mai voluto o saputo andare. Ma in questo modo apprendo da loro una visione caratteriale che va oltre le mie capacità narrative. In fondo io sono soltanto un “mezzo” per cui possono esistere e quindi svincolano dal “dio supremo” di cui prendo le parti per decidere in ogni istante delle loro vite. È impossibile scegliere a chi di loro sono più affezionato perché dovrei rispondere che si tratta dell'ultimo in ordine cronologico.

Cenzie Loparco: Hai pubblicato diversi romanzi a distanza di pochi giorni l'uno dall'altro. Come mai hai preso questa decisione? C'è un filo conduttore tra le diverse storie che hai raccontato?

Abel Wakaam: Questo accade perché nel mezzo di una storia mi assale un'idea nuova che non può coesistere con la trama che sto già architettando. E allora parto con un progetto diverso e lo conduco fino al punto in cui mi affascina. In questo modo, mi trovo spesso a portare alla fine diverse storie in contemporanea, che viaggiano parallele tra loro senza mai sfiorarsi. Mi viene quindi naturale pubblicarle entrambe a pochi giorni di distanza.

Cenzie Loparco: La trama di Timeline, i viaggiatori del tempo, è molto intrigante. Da dove ti è venuta l'idea dell'enigmatica fotografia di un uomo seduto su una panchina in una cittadina di Lopar praticamente identica a un'altra immagine scattata a New York oltre un secolo prima?

Abel Wakaam: La storia di Timeline si svolge quasi interamente a Rab, in Croazia, l'antica Felix Arbe dei Romani. È un'isola che conosco come le mie tasche perché vi ho passato molto tempo della mia vita. Uno dei luoghi in cui ho scritto diversi romanzi è il parco Komrcar che si trova oltre le mura della città vecchia e la sovrasta. Lì è normale incontrare gli abitanti che leggono all'ombra dei pini secolari e più di una volta li ho immortalati con un potente teleobiettivo. L'idea della somiglianza con un'identica fotografia scattata a New York mi è servita per coinvolgere gli Americani in una vicenda molto intricata che risale a tanti anni prima. Ma di più non posso raccontare per timore di svelare l'arcano.

Franco Filiberto: Viaggiare, conoscere posti nuovi e nuove persone arricchisce senza dubbio ognuno di noi, ma per uno scrittore sono anche una fonte preziosa di spunti per trame e personaggi. C'è qualcuno o qualcosa che è passato, anche se solo in parte, da un tuo viaggio a un tuo libro?

Abel Wakaam: Per semplicità, dovrei rispondere che ogni cosa che ha nutrito i miei occhi si è fatta parola attraverso le mie dita. Viaggiare è una ghiotta esca per la mente, perché è in grado di trascinarla con una lunga lenza oltre i confini della logica, per plasmare le idee che poi si tramutano in trama. Di ogni luogo che ho visitato mi resta almeno un ricordo più potente degli altri e lo rinnovo periodicamente riguardando le fotografie che hanno immortalato ogni istante di quei giorni. Senza di esse, molti frammenti sarebbero andati perduti e per questo credo che scrittura, viaggio e fotografia siano tre elementi inscindibili nella società moderna.

Franco Filiberto: Cosa pensi dell'editoria italiana e delle piattaforme di self publishing?

Abel Wakaam: A mio parere, l'Editoria italiana è morta e sepolta. Con tutto il rispetto che posso avere per i professionisti del settore, non vedo un futuro plausibile che possa contrastare la spinta liberista che è emersa in questi ultimi anni. Per farti un esempio, se oggi scrivo la parola fine su un romanzo, domani posso effettuare l'upload su Amazon KDP e due giorni dopo mi arriva a casa stampato e rilegato, pronto per essere letto. Con un click può essere acquistato e consegnato in tutto il mondo a tempo di record. Quale CE può fare altrettanto?

Chiara Cipolla: Il mondo del self publishing sta esplodendo; secondo te le Case Editrici si stanno adeguando al cambiamento di stile, di genere, di marketing, di lettori ecc. oppure sono come cattedrali nel deserto, immobili e attaccate ai vecchi schemi?

Abel Wakaam: La Case Editrici tradizionali hanno reagito all'esplosione del self publishing nello stesso modo in cui gli antichi Romani hanno provato a contrastare il cristianesimo. Prima l'hanno deriso e poi trascinato al macero, in nome di una qualità e di un'appartenenza alla Casta degli Scrittori Professionisti. Poi, senza rendersene conto, si sono ritrovate nella stessa Arena e hanno utilizzato le medesime piattaforme online per vendere i propri libri. Con questo grave errore, hanno posto sullo stesso piano entrambi i prodotti, esponendoli uno accanto all'altro in un'unica grande vetrina. È stata l'apoteosi della loro sconfitta.

Barbara Repetto: Cosa pensi delle tecniche di scrittura? Le utilizzi?

Abel Wakaam: Una tecnica riconosciuta, applicata a ogni elemento strutturale, permette di replicare all'infinito un progetto corretto, basandosi sull'esperienza già acquisita. Ma l'arte è un'esplosione di creatività, non è una trave portante su cui far leva per sollevare il mondo. È un velo impalpabile che lo avvolge e che prende forme diverse a seconda della prospettiva con cui lo si guarda. Per evitare di produrre dei cloni, non ci resta allora che evolvere questa tecnica, tralasciando le basi sicure per sperimentare l'impossibile. Io credo che la creatività di un autore debba prendere in considerazione il rischio di abbandonare le strade già conosciute per inerpicarsi laddove nessuno è già arrivato prima.

Barbara Repetto: Cosa ne pensi delle EAP?

Abel Wakaam: Pagare per essere pubblicati è una forma di prostituzione intellettuale a cui ci si rivolge esclusivamente per appagare il proprio ego. Allo stesso modo considero l'assoggettarsi allo sfruttamento di quelle piccole case editrici che, pur non essendo a pagamento, non ripagheranno mai l'autore per il frutto del suo lavoro.

Barbara Repetto: A un autore emergente che spera di realizzare il suo sogno nel cassetto consiglieresti le piccole/medie CE, oppure il mondo del self?

Abel Wakaam: Non amo dare consigli a nessuno perché ogni individuo deve sperimentare sulla propria pelle il risultato dei mille errori che lo porteranno a crescere ed evolversi in continuazione. Personalmente considero principalmente solo due figure legate alla letteratura: l'autore e il lettore. Tutto ciò che si intrufola tra loro deve soltanto essere considerato un mezzo e, come tale, essere al servizio dei protagonisti basilari.

Barbara Repetto: Quale ingrediente fondamentale non deve mai mancare in un buon romanzo?

Abel Wakaam: Per rispondere a questa domanda servirebbero decine di discussioni e ci ritroveremmo alla fine senza riuscire a ricordarci il capo del groviglio da cui siamo partiti. Siccome odio evitare le domande, ti rispondo con l'unica parola che davvero mi appare insostituibile: l'originalità.

Marialuisa Moro: Da dove trai ispirazione per le tue storie e per i tuoi personaggi?

Abel Wakaam: Ho provato a riflettere molte volte su questo enigma e sinceramente non ho trovato una risposta. Di certo l'ispirazione non mi si presenta come un'apparizione divina e nemmeno come una missione da compiere per esaudire i miei sogni. L'ispirazione non concede preavvisi perché altro non è che un impulso riconducibile a fattori irrazionali e fortuiti, spesso privilegiati da una forma di intuizione geniale. Come già detto, i miei personaggi non sono burattini obbedienti che assecondano ogni trama precostituita. Potrei risponderti che tutto avviene per caso... nel caos che precede un ordine precostituito. Ma credo che anche il caos sia frutto di un ordine pregresso, dove ogni concetto si aggrega ai propri simili per poi abbandonarli senza una ragione plausibile. Credo quindi che l'ispirazione possa essere equiparata a uno sguardo furtivo tra due sconosciuti... una mera questione di feeling che non concede scampo a entrambi.
Tutti i miei Libri
Profilo Facebook
Contatto
 
6935 visualizzazioni