Writer Officina
Autore: Marialuisa Moro
Titolo: Vacanze di Natale
Genere Thriller
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Vacanze di Natale
La casa di pietra grigia si ergeva come una massa scura nel candore circostante.
A prima vista faceva l'effetto di un elemento estraneo e stonato, quasi disturbante, come un volgare sasso grigio in una manciata di brillanti.
Ma ora le tre punte della facciata svettanti verso l'alto, alte e aguzze come guglie di una cattedrale, erano adorne di luci colorate che ne delimitavano i contorni, scendendo lungo i muri fino a toccare terra. Un disegno luminoso e pulsante di colori.
Avvolta dal buio della notte, nel bosco coperto di neve che rifletteva pallidi e flebili raggi lunari, la casa scura così addobbata assumeva l'aspetto di una stella cometa. Un punto di riferimento, l'unico segno di vita nel silenzio spettrale di un luogo dimenticato.
Vetri infranti. Un suono irrispettoso frantumò d'un tratto la quiete solenne della montagna, ne spezzò l'incanto con la sua volgarità. Seguirono tonfi, colpi e grida smorzate.
Fu questione di minuti. Il rumore assordante del silenzio tornò a regnare indisturbato.

1. Beate Heck

24 dicembre 2018, pomeriggio

Nevicava forte e i fiocchi piccoli e compatti come frammenti di ghiaccio vorticavano davanti al parabrezza. La precaria visuale era peggiorata dalla foschia che avvolgeva l'auto come un involucro di bambagia.
Beate avvertiva l'ansia comprimere il petto con forza crescente.
Si conosceva bene ed era conscia dei suoi limiti. La guida in condizioni avverse la metteva in crisi; secondo le norme del codice della strada, aveva le catene a bordo, ma non era in grado di montarle e sperava con tutto il cuore che le quattro ruote motrici fossero sufficienti a tenere la strada.
Aveva comprato quell'auto da poco e, non avendola ancora usata in situazioni avverse, non sapeva quanto fossero affidabili le sue tanto decantate prestazioni.
Mancavano pochi chilometri alla meta, forse solo una quindicina; ma i ripidi tornanti e le pessime condizioni meteorologiche stavano rendendo quel viaggio eterno.
Se si fosse impantanata nella neve fresca, chi sarebbe venuto a soccorrerla? Aveva l'atroce dubbio che non ci fosse campo in quella zona.
Perché mai quel matto di Gus si era cacciato in un posto così isolato?
Okay, ognuno può cacciarsi dove vuole. Ma io, perché ho risposto all'invito? Che idiota sono stata!
Potevo rimanere a Vienna, nel confortevole tepore del mio appartamento, con un buon libro e una cioccolata calda. Sola. E allora? Meglio soli che in sgradevole compagnia.
Vari uomini si erano succeduti nella sua vita e di tutti, per motivi vari, si era stancata. Non perché fossero peggiori della media, ma le venivano a noia. Ecco tutto. Col tempo, anche i migliori rivelavano dei difetti dapprima irrisori, che, una volta spentasi la passione, diventavano fastidiosi. Di più. Intollerabili.
Forse non sono fatta per la vita di coppia. C'è chi è nato per sposarsi e mettere su famiglia e chi no.
Vivere sola non le pesava affatto. Il lavoro occupava un notevole spazio nella sua vita e le dava molte soddisfazioni. Non conosceva un attimo di noia.
Nel poco tempo libero, aveva dei buoni conoscenti con cui divertirsi, se ne aveva voglia. Non amici. Per lei, l'amicizia vera tanto decantata era solo un sogno, un'utopia. Era convinta che i rapporti umani si basassero sempre su una questione di interesse di qualsiasi tipo: economico, sessuale, o altro.
Spesso si cerca solo un palliativo alla propria solitudine: avere qualcuno accanto con cui vomitare i propri pensieri a ruota libera, parlando molto senza ascoltare mai.
Ci sono persone incapaci di stare da sole; hanno sempre bisogno degli altri, altrimenti si deprimono.
Beate non si sentiva parte della categoria e ne andava orgogliosa.
Una vecchiaia solitaria? A volte le si prospettavano davanti stralci di un futuro poco rassicurante, ma si consolava constatando ciò che capitava nella gran parte dei casi: anche chi si era prodigato per la famiglia, da anziano si ritrovava solo. I figli avevano la loro vita da vivere e non era certo accanto ai vecchi genitori, che frequentavano per ricavarne qualche vantaggio oppure ignoravano del tutto. Quindi, dov'era la differenza?
La camiceria, creata con la sua parte di capitale ereditato dai genitori, andava a gonfie vele e presto avrebbe dovuto assumere altro personale per soddisfare le richieste della clientela crescente. Un sogno realizzato. Qualcosa di suo, che gestiva con passione.
Le era sempre piaciuto il settore dell'abbigliamento. Anni prima, era diventata la giovanissima direttrice di un rinomato negozio del centro grazie alle sue brillanti iniziative, finché non aveva deciso di compiere il grande passo: mettersi in proprio. Aveva affittato dei locali nel seminterrato di un vecchio palazzo perché erano quelli che costavano meno; non era sicura che la sua idea funzionasse e voleva limitare le perdite. Ma non era andata così.
Se pensava che all'inizio aveva solo due dipendenti! Due sartine che lavoravano a tempo parziale e si accontentavano di poco. Ora erano otto a tempo pieno e non bastavano.
I prezzi competitivi e il materiale di ottima qualità che sceglieva con cura lei stessa da fornitori di fiducia, oltre all'accurata confezione, che sorvegliava personalmente, avevano fatto decollare la sua piccola impresa. Tramite il passa parola, la gente aveva scoperto che le camicie su misura con un ottimo rapporto qualità prezzo erano preferibili a quelle già confezionate, spesso care, scadenti e mai perfette sul corpo come i capi della camiceria.
Se solo fossi partita ieri! Il cielo era sereno e avrei fatto un ottimo viaggio. Invece no. Mi sono fatta condizionare dal lavoro, come sempre. C'erano delle consegne particolari a clienti a cui tenevo molto e preferivo essere presente. Siamo sotto Natale, non è un periodo qualsiasi.
E adesso mi godo la tormenta. Colpa mia.
Era scossa dai brividi e alzò la temperatura nell'abitacolo. Eppure continuava a tremare. La colse il dubbio che si trattasse di stress piuttosto che di freddo.
Fifa nera.
La curiosità è femmina, dicono. Avrei dovuto ignorare la lettera di mio fratello. Dopo tanti anni di silenzio totale, in cui nessuno di noi sapeva se fosse vivo o morto, scrive e mi invita a passare le vacanze di Natale nel suo chalet in montagna. Ed eccomi su questa strada infernale solo per la curiosità di vedere che fine ha fatto quello storpio.
Fece una smorfia di disapprovazione.
Sono cattiva a chiamarlo così. In effetti, col senno di poi, devo ammettere che noi fratelli non siamo stati carini con lui. Anzi, eravamo degli stronzi, diciamo la verità. Da bambini lo prendevamo in giro perché non poteva correre e saltare come noi, con quella gamba zoppa che si ritrovava. Lo escludevamo dai nostri giochi, benché fosse il maggiore; in teoria avrebbe dovuto essere lui il capo.
Mia madre aveva partorito tre figli sani e uno storpio. Proprio il primo. Qualcosa era andato storto durante il parto. Non so, non me ne intendo di ostetricia e non mi è mai interessato saperlo. Gus, invece, si affannava a sostenere che la sua zoppia era la conseguenza di una caduta sulle scale da piccolo.
La mamma ci faceva l'occhiolino e, quando lui non era presente, diceva che dovevamo compatirlo e non credere alle sue parole, perché era un bugiardo nato. Quindi nessuno di noi lo prendeva sul serio.
A furia di essere escluso, ha finito per isolarsi lui stesso, anche se a noi non poteva interessare di meno. Non aveva tutti i torti, poveraccio.
Infine ognuno è andato per la sua strada e lui è sparito. Anzi, se ricordo bene, ha fatto bagaglio prima di noi. Appena raggiunta la maggiore età. Ci siamo rivisti anni dopo per le pratiche di successione relative alla morte dei nostri genitori. Tra l'altro, a lui è toccato il minimo di legge, giusto perché mio padre non è riuscito a diseredarlo.
Il suo cuore si strinse pensando al tragico incidente.
Poveretti, una fine prematura.
Ora, dopo ben dieci anni di completo silenzio, arriva la letterina mielata. “Basta rancori, è passato tanto tempo. Voglio ritrovare la mia famiglia.” Mah! Molto romantico e natalizio. Gatta ci cova. Magari vuole chiederci dei soldi. Nessuno fa niente per niente e non credo nel suo affetto tardivo. Non ha ragione di esistere.
Scosse il capo.
Cosa diavolo ci faccio qui??
I ricordi furono troncati bruscamente.
Marialuisa Moro
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Autori di Writer Officina

Marialuisa Moro
Sono di Milano. Avida lettrice fin da bambina, ho fatto il mio primo esperimento di scrittura a undici anni. Laureata in lingue e letterature straniere, ho lavorato nel settore scolastico e in quello editoriale, come lettrice di testi stranieri. Ho cominciato a scrivere intorno al duemila e ho prodotto 28 libri. Dopo i primi due romanzi di narrativa contemporanea, ho scoperto la mia vena noir. Il settore cremazione del cimitero mi ha ispirato “Storia di follia” e ho continuato su quella strada, lanciandomi in seguito nel thriller. Amo studiare l'animo umano nelle sue molteplici sfaccettature e sono convinta che ciascuno di noi possieda, in parti diverse, una dose di follia pronta ad esplodere in determinate circostanze. La scrittura è per me indispensabile per evadere dalla realtà. Leggo moltissimo, amo la musica classica, i viaggi e i cani. Adoro i paesi nordici e il freddo, infatti ho scritto parecchi thriller ambientati in quei luoghi.

Writer Officina: Qual è stato il momento in cui ti sei accorta di aver sviluppato la passione per la letteratura?

Marialuisa Moro: La passione l'ho sempre avuta, ma è esplosa intorno al duemila.

Writer OfficinaWriter Officina: C'è un libro che, dopo averlo letto, ti ha lasciato addosso la voglia di seguire questa strada?

Marialuisa Moro: I thriller scandinavi. Ne ho letti moltissimi, dalla trilogia di Stieg Larsson a Mankell, Jo Nesbo e tanti altri. Mi sono formata, si può dire, su quei libri, e mi è venuta voglia di seguire la strada che sto percorrendo.

Writer Officina: Dopo aver scritto il tuo primo libro, lo hai proposto a un Editore? E con quali risultati?

Marialuisa Moro: L'ho mandato a grandi case editrici, con esito negativo. Ero inesperta e ho fatto l'errore di rivolgermi a una casa editrice a pagamento, comprando un grande numero di copie per non avere in cambio nulla, in quanto il loro scopo era già raggiunto e non hanno fatto nessuna promozione. Esperienza molto negativa.

Writer Officina: Ritieni che pubblicare su Amazon KDP possa essere una buona opportunità per uno scrittore emergente?

Marialuisa Moro: Da quando ho scoperto il self publishing, non sono più andata a cercare CE. Trovo sia una buona opportunità, benché sia duro fare tutto da soli, compresa la promozione.

Writer Officina: A quale dei tuoi libri sei più affezionata? Puoi raccontarci di cosa tratta?

Marialuisa Moro: . Non ce n'è uno, ma alcuni. Tra quelli recenti, amo “Dark America”, una raccolta di 10 racconti tra il thriller e il paranormale, ispirati dai miei viaggi in Usa, e “Il professore”, un noir che riguarda il rapporto malato tra un maturo docente universitario e una sua allieva, che degenera in pura follia. Amo anche “Il pozzo di Alesund”, una storia di esasperata vendetta, e l'ultimo: “Occhio per occhio”, che definirei scandalistico; un vero trionfo della perversione umana.

Writer Officina: Quale tecnica usi per scrivere? Prepari uno schema iniziale, prendi appunti, oppure scrivi d'istinto?

Marialuisa Moro: Quando mi germoglia un'idea nella mente, la covo e la elaboro per alcuni giorni, poi scrivo uno schema della storia, che quasi sempre viene modificato strada facendo, perché i personaggi spesso prendono la mano. Mi capita spesso di prendere appunti anche in fase di stesura, mano a mano che mi vengono nuove idee e nuovi spunti. Scelgo con cura e non a caso i nomi dei personaggi, che devono suonarmi adatti al loro carattere, e costruisco nella mente la loro fisionomia per potermene impadronire del tutto.

Writer Officina: In questo periodo stai scrivendo un nuovo libro? È dello stesso genere di quello che hai già pubblicato, oppure un'idea completamente diversa?

Marialuisa Moro: Ho pubblicato l'ultimo una settimana fa e per il momento sono in pausa. Non ho idea dell'argomento del prossimo. Aspetto che si affacci l'ispirazione.
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