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Un viaggio nel buio
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Scozia, luglio 2014.
La gita a Loch Ness si era rivelata una delusione. Forse a causa delle nuvole basse che avvolgevano il paesaggio come un mantello grigio, oppure per la compagnia. O per ambedue le cose. Non che si aspettassero di veder emergere il mostro dalle acque, quello no. Non erano bambini. Il piccolo Albert, magari; ma era improbabile, dato che era molto sveglio per la sua età. Tutti sapevano che si trattava di una trovata a scopo turistico che manteneva viva la leggenda. Da principio gli era sembrata una grande stupidaggine da parte di Baldus e Romy l'idea di portare in un viaggio tanto lungo un moccioso di sette anni, che non era neppure loro figlio e in quanto tale non erano costretti a condurre con sé. Lui e Aloisa erano stati più furbi; dato che Fritz era troppo piccolo per interessarsi al viaggio e si sarebbe annoiato guastando la vacanza, lo avevano lasciato ai nonni materni. Così avevano reso felici tutti quanti. Quando Romy gli aveva annunciato la presenza del bambino, garantendo che non avrebbe creato problemi da nessun punto di vista, si era trattenuto a fatica dall'esprimere il suo disappunto, limitandosi a lanciarle un'occhiata storta che l'amica non aveva percepito o finto di non percepire. In realtà si trattava di un'iniziativa personale di Romy e non di suo marito; la donna era gravemente afflitta dalla mancanza di prole e, trovandosi in sindrome carenziale, si era portata dietro l'amato nipote, figlio di sua sorella. Baldus, al contrario, sembrava stare benissimo così com'era e del tutto indifferente alla decisione della moglie. Ora, però, a distanza di parecchi giorni, Tobias doveva ammettere che il piccolo Albert non aveva mai creato alcun problema. Mai un capriccio, fatto notevole per la sua età. Camminava senza lamentarsi quando c'era da marciare e mangiava quello che passava il convento senza fare storie. Serio e silenzioso, annotava con scrupolo i dettagli del viaggio su un quadernetto; singolare per i suoi sette anni, ma forse non molto, visto che affermava di voler diventare uno scrittore. Quando era stanco, si addormentava in macchina, giusto come ora, e nessuno si accorgeva più della sua presenza. Non era lui il problema. Forse perché gli era rimasto sullo stomaco lo spuntino consumato sulla riva del fantomatico lago, avvolto da nuvole grevi che promettevano acqua imminente, Tobias era di pessimo umore. Maledisse una volta in più di aver organizzato il viaggio in Scozia con quella gente strampalata. L'errore era stato programmarlo senza conoscerla a fondo. Il suo solito difetto. Si lasciava trasportare dall'entusiasmo di nuove conoscenze e commetteva sempre i medesimi errori. “Bello, il castello del duca di Argyll.” La voce di Baldus, dalla caratteristica tonalità idiota, uscì da chissà dove, in quell'abitacolo di dormienti in cui si sentiva l'unico fesso alla guida. Trasalì. Credeva si fosse appisolato e per una volta se ne stesse tranquillo. Si riferiva alla visita al castello del giorno prima. “Già” commentò freddamente. “Sai cos'ha di strano? Sembra un castello francese trapiantato in Scozia. Somiglia tanto a quelli che ho visto sulla Loira, quando sono andato in viaggio di nozze con Romy, secoli fa” sogghignò. Cosa aveva da ridacchiare sempre come se ti stesse prendendo in giro? Forse era l'espressione naturale della faccia da cretino che si ritrovava, pensò, acido. Si rese conto di non sopportarlo più. Quei giorni insieme, le lunghe ore passate fianco a fianco in auto, al ristorante e durante le visite, lo avevano esasperato. Quel suo modo di sogghignare gli dava ai nervi, ma ancor di più certe battute di pessimo gusto sul suocero ormai defunto, che secondo lui si era preso delle libertà illecite con le figlie quando vivevano sotto il suo tetto. Ogni volta si aspettava da parte di Romy una reazione che non arrivava mai. Come poteva tollerare certe uscite da parte del marito, per giunta davanti a terzi? A meno che lo redarguisse in privato, ma lo reputava improbabile, visto che lui continuava imperterrito su quel tasto. “La sala delle armi e quella degli arazzi erano incredibili. Anche i giardini. Deve averne di soldi, quel duca di Argyll, che ci vive dentro con la famiglia. Beato lui.” Baldus Krause era un medico di base e gli era stato presentato da Felix, suo collega in ospedale. Da principio era nata una certa simpatia e si erano visti in occasione di alcune cene a casa dei Krause, che vivevano in una villetta alla periferia di Mainz. Avevano un giardino e un piccolo orto, di cui Romy si occupava con passione; infatti, portava in tavola deliziose verdure appena raccolte di cui si era perso il sapore facendo la spesa al supermercato. Si parlava, si rideva, si facevano progetti e, discorrendo di vacanze, era saltato fuori un comune interesse per la Scozia, dove nessuno di loro aveva ancora messo piede. “Perché non ci andiamo quest'estate?” “Sarebbe una buona idea.” “In auto, però, così vediamo tutto il paesaggio strada facendo. Di gran lunga più interessante che prendere il solito aereo e atterrare in un posto preciso senza aver visto nulla di tutto ciò che si trova lungo il cammino.” “Ti do ragione. Da Mainz passiamo nel Belgio, poi in Francia fino a Calais, prendiamo il traghetto e risaliamo tutta l'isola britannica fino alla Scozia.” “Se prendessimo il tunnel sottomarino?” “No, per carità. Soffro di claustrofobia. Il pensiero di trovarmi al chiuso in un buco nero che corre sotto il mare mi fa impazzire.” “Ma sì, meglio il traghetto.” “Usiamo una macchina sola; è più pratico ed economico. La tua è grande e ci stiamo tutti comodamente, mi pare.” “Certo, Perché no?” Sentiva ancora quei discorsi. All'ultimo momento si era unita una coppia di amici loro, che viaggiava con auto propria e spesso faceva delle digressioni. Non era una compagnia obbligata e assillante come quella dei Krause. Infatti, ora i Neumann li avevano preceduti direttamente a Pitlochry, dove era previsto il pernottamento. Una cittadina di villeggiatura che, secondo la guida, era un vero gioiello. Baldus non si era mai offerto di dargli il cambio al volante e questo lo infastidiva non poco. Siccome gli seccava chiedere e non si fidava molto dell'abilità del collega nella guida a sinistra, aveva finito per guidare sempre lui ed era veramente stufo di fare l'autista per tutti a tempo pieno. Per non parlare del carburante, che avrebbero dovuto dividere in parti uguali, ma in virtù della sua promessa di “sistemare tutto dopo, al ritorno”, finora non aveva visto un soldo. Come se non bastasse, dava ordini e voleva andare dove diceva lui. Più di una volta avevano discusso sull'itinerario. Mai più. D'ora in avanti avrebbe viaggiato solo con Aloisa, sua moglie. Questo era sicuro. Il paesaggio aspro, silenzioso e selvaggio delle Highlands, che alternava austere montagne a brughiere di erica e laghi, offrendo scorci spettacolari, gli suscitava forti emozioni e lo compensava dei disagi della compagnia. Purtroppo, quel giorno, non era dato di vedere granché a causa del tempo orribile. Cominciò a piovere. Grosse gocce pesanti si abbatterono sul parabrezza con colpi secchi. Tobias azionò il tergicristallo sopprimendo un grugnito. Mainz, Germania
Ottobre 2019
Al pronto soccorso di Marienhaus Klinikum, il lavoro era sempre convulso. Nei momenti di stanchezza estrema Tobias aveva considerato l'idea di passare a un reparto più tranquillo, ma non si era mai deciso a farlo per una sola ragione: in nessun altro posto si sarebbe sentito così utile. Si rendeva conto che si trattava solo di una sua impressione personale; un medico è sempre utile se si impegna sul serio nel suo lavoro. Probabile che nel suo io ci fosse qualche carenza di autostima, pensava, per cui necessitava di continue conferme, anche a prezzo della sua salute fisica e mentale. Però era un dato di fatto: al pronto soccorso si sentiva un salvatore dell'umanità, un eroe. Una sensazione galvanizzante che non avrebbe provato da nessuna altra parte. Per fortuna non tutti erano pazienti gravi, ma lì arrivava gente in fin di vita reduce da incidenti, sparatorie, malori improvvisi e molto altro. Salvarli o perderli era questione di minuti, di secondi e di capacità. Quando ci riusciva, era una vittoria impagabile. Quella non era una mattina particolarmente convulsa e si era appena concesso un caffè. Lo stava sorseggiando quando sentì che era stato appena annunciato l'arrivo di un ragazzo in condizioni gravi, reduce da un incidente stradale. Prelevato dalla strada privo di conoscenza, non reagiva agli stimoli. Questo era quanto. La sala operatoria era sempre pronta e così le varie apparecchiature diagnostiche. Tobias sbirciò attraverso i vetri ancora bagnati dalla recente pioggia. Eccolo. L'ambulanza era entrata nel piazzale e si stava avvicinando a sirena spenta. I paramedici scesero dal mezzo e aprirono il portellone. Estrassero la barella e si avviarono velocemente verso l'interno del pronto soccorso. Tobias andò loro incontro. Sulle prime non distinse i tratti del paziente, coperto quasi totalmente da un telo. Poi vide i capelli rossi chiazzati di sangue, le lentiggini, il colore diafano della pelle. Quel colore aveva qualcosa di sinistro. Il colore e la rigidità del corpo. Tobias non esitò un attimo a riconoscerlo e nel medesimo momento si sentì morire lui stesso.
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Autori di Writer Officina
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Sono di Milano. Avida lettrice fin da bambina, ho fatto il mio primo esperimento di scrittura a undici anni. Laureata in lingue e letterature straniere, ho lavorato nel settore scolastico e in quello editoriale, come lettrice di testi stranieri. Ho cominciato a scrivere intorno al duemila e ho prodotto 28 libri. Dopo i primi due romanzi di narrativa contemporanea, ho scoperto la mia vena noir. Il settore cremazione del cimitero mi ha ispirato “Storia di follia” e ho continuato su quella strada, lanciandomi in seguito nel thriller. Amo studiare l'animo umano nelle sue molteplici sfaccettature e sono convinta che ciascuno di noi possieda, in parti diverse, una dose di follia pronta ad esplodere in determinate circostanze. La scrittura è per me indispensabile per evadere dalla realtà. Leggo moltissimo, amo la musica classica, i viaggi e i cani. Adoro i paesi nordici e il freddo, infatti ho scritto parecchi thriller ambientati in quei luoghi.
Writer Officina: Qual è stato il momento in cui ti sei accorta di aver sviluppato la passione per la letteratura?
Marialuisa Moro: La passione l'ho sempre avuta, ma è esplosa intorno al duemila.
Writer OfficinaWriter Officina: C'è un libro che, dopo averlo letto, ti ha lasciato addosso la voglia di seguire questa strada?
Marialuisa Moro: I thriller scandinavi. Ne ho letti moltissimi, dalla trilogia di Stieg Larsson a Mankell, Jo Nesbo e tanti altri. Mi sono formata, si può dire, su quei libri, e mi è venuta voglia di seguire la strada che sto percorrendo.
Writer Officina: Dopo aver scritto il tuo primo libro, lo hai proposto a un Editore? E con quali risultati?
Marialuisa Moro: L'ho mandato a grandi case editrici, con esito negativo. Ero inesperta e ho fatto l'errore di rivolgermi a una casa editrice a pagamento, comprando un grande numero di copie per non avere in cambio nulla, in quanto il loro scopo era già raggiunto e non hanno fatto nessuna promozione. Esperienza molto negativa.
Writer Officina: Ritieni che pubblicare su Amazon KDP possa essere una buona opportunità per uno scrittore emergente?
Marialuisa Moro: Da quando ho scoperto il self publishing, non sono più andata a cercare CE. Trovo sia una buona opportunità, benché sia duro fare tutto da soli, compresa la promozione.
Writer Officina: A quale dei tuoi libri sei più affezionata? Puoi raccontarci di cosa tratta?
Marialuisa Moro: . Non ce n'è uno, ma alcuni. Tra quelli recenti, amo “Dark America”, una raccolta di 10 racconti tra il thriller e il paranormale, ispirati dai miei viaggi in Usa, e “Il professore”, un noir che riguarda il rapporto malato tra un maturo docente universitario e una sua allieva, che degenera in pura follia. Amo anche “Il pozzo di Alesund”, una storia di esasperata vendetta, e l'ultimo: “Occhio per occhio”, che definirei scandalistico; un vero trionfo della perversione umana.
Writer Officina: Quale tecnica usi per scrivere? Prepari uno schema iniziale, prendi appunti, oppure scrivi d'istinto?
Marialuisa Moro: Quando mi germoglia un'idea nella mente, la covo e la elaboro per alcuni giorni, poi scrivo uno schema della storia, che quasi sempre viene modificato strada facendo, perché i personaggi spesso prendono la mano. Mi capita spesso di prendere appunti anche in fase di stesura, mano a mano che mi vengono nuove idee e nuovi spunti. Scelgo con cura e non a caso i nomi dei personaggi, che devono suonarmi adatti al loro carattere, e costruisco nella mente la loro fisionomia per potermene impadronire del tutto.
Writer Officina: In questo periodo stai scrivendo un nuovo libro? È dello stesso genere di quello che hai già pubblicato, oppure un'idea completamente diversa?
Marialuisa Moro: Ho pubblicato l'ultimo una settimana fa e per il momento sono in pausa. Non ho idea dell'argomento del prossimo. Aspetto che si affacci l'ispirazione.
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