Writer Officina
Autore: Marialuisa Moro
Titolo: Bambole rotte
Genere Thriller Psicologico
Lettori 3
Bambole rotte
“Devo andare, ciao.”
Il tono ansioso di chi ha paura.
L'immagine sparì di colpo e con essa la voce della madre.
Karin chiuse il coperchio del laptop con le lacrime agli occhi.
Non era possibile. Poteva accettare, anche se a malincuore, che suo padre, da essere intrattabile qual era, non volesse avere più a che fare con lei, ma che sua madre la sentisse di nascosto e se la facesse addosso appena lui rientrava, era inammissibile. Era già successo altre volte. Quella donna era una vigliacca.
Che lei ricordasse, non aveva mai contraddetto il marito, ma, finché le cose filavano più o meno lisce, il fatto non era stato troppo disturbante. Solo perché Karin era sempre stata una figlia disciplinata, studiosa e brava a scuola, come la sua sorella minore Lotte; poche uscite, sempre con persone fidate e collaudate, orari fissi di rientro rispettati.
Questi, per il feroce procuratore della repubblica, erano i requisiti essenziali per andare d'accordo.
Nonostante le restrizioni, Karin era riuscita ad avere un paio di ragazzi. Relazioni durate poco, ma sufficienti a fare delle esperienze; a riprova che, usando un briciolo di astuzia, si riesce sempre a ingannare qualsiasi genitore.
In quanto a sua sorella, minore di cinque anni, aveva ripreso i contatti con lei dopo un lungo periodo di silenzio. Grazie a Lotte, Karin si sentiva meno sola.
Incrociò le braccia sul tavolo e vi appoggiò la testa, affranta e sfinita. Non nel fisico, ma nell'anima. Era successo davvero troppo in un breve lasso di tempo. Per alcune scelte si malediceva, ma non per tutte. Vivere in quel luogo la faceva sentire viva.
Le lacrime presero a scorrere rade e grosse, come le prime gocce di un acquazzone che si appresta a diventare violento, bagnandole le maniche del maglione. Poi divennero un torrente e il torrente portò con sé i ricordi, che presero a fluire con dolorosa violenza.

Era in gran forma quella mattina e aveva tutta l'intenzione di godersi la giornata di sole sugli sci. Aveva già seminato le sue amiche, piuttosto scarse in quello sport, e non aveva nessuna voglia di essere generosa, fermandosi ogni pochi minuti per aspettarle. Se erano impacciate, affari loro.
Si trovava davanti un'intera settimana da sfruttare appieno.
In via eccezionale, suo padre le aveva regalato quella vacanza come premio per gli ottimi risultati scolastici: il completamento del primo ciclo di laurea in letteratura con i massimi voti.
Il tempo sembrava favorevole: abbondante neve sulle piste e tanto sole previsto per tutta la settimana. Vicino a Vienna non c'erano stazioni sciistiche degne di nota e, dopo tanto discutere, insieme alle due amiche di vecchia data che frequentava dai tempi della scuola materna, aveva scelto Ischgl, in Tirolo. Il comprensorio sciistico che collegava Ischgl con Samnaun, nella confinante Svizzera, offriva ben oltre duecento chilometri di piste di ogni livello; ce n'erano per tutti i gusti.
Sfogato il suo iniziale entusiasmo in una discesa veloce a serpentina, le guance rosse e i polmoni pieni di aria pura, fu colta da un improvviso senso di colpa e decise di fermarsi ad aspettare Isolde e Marie.
Rallentò. Ma, prima di avere il tempo di spostarsi sul bordo della pista per fermarsi del tutto, fu travolta da una massa che sul momento non seppe distinguere.
Si trovò avviluppata in un groviglio inestricabile di braccia, gambe e sci che la trascinò verso valle in quella che le sembrò una discesa rovinosa senza fine; una serie di pittoresche giravolte ora con la testa a monte, ora a valle, a causa del ghiaccio presente in quel tratto situato in piena ombra, che rendeva la pista un vero e proprio scivolo.
Quando la spaventosa danza finì, si sentì stordita come se fosse appena uscita da un frullatore.
Dopo qualche attimo di smarrimento, sollevò il capo da terra ed ebbe una visione che la folgorò. Per una frazione di secondo, pensò di aver varcato il confine del mondo vivente.
Un bellissimo ragazzo dagli occhi blu, intensi come il cielo lavato dal temporale, la fissava con aria desolata e l'espressione da cucciolo colpevole non faceva che aumentarne il fascino. Come se ce ne fosse stato bisogno.
Sentì una scossa elettrica percorrerle il corpo.
“Sorry, sorry. I'm so sorry.” (Scusa, scusa. Mi dispiace tanto.)
Quell'accento...
Karin si sollevò ancora un poco dalla neve, che le era entrata anche dentro gli occhiali da sci, ma non abbastanza da impedirle di vedere quegli occhi che la abbagliavano.
“Are you okay?” (Stai bene?)
Continuò il cucciolone.
“Yes... I think so.” (Sì... Credo di sì.)
Il ragazzo slacciò l'unico sci che gli era rimasto attaccato allo scarpone, dato che l'altro era finito a valle, e si alzò in piedi. Forse perché era sulla parte più alta del pendio, le parve altissimo.
Le tese la mano, ma Karin aveva gli sci incrociati uno sull'altro ed era immobilizzata. Strano, fino a quel momento non aveva neppure avvertito il dolore dovuto alla posizione innaturale.
Lui glieli staccò con pazienza e le liberò le gambe. Li posò a terra in senso orizzontale alla discesa in modo che non scivolassero via e la aiutò ad alzarsi.
“Sure you are okay?” (Sei sicura di star bene?)
Lei annuì con la testa. Era indolenzita ovunque e aveva preso una gran botta sul sedere, ma niente fratture o distorsioni. Era andata bene.
“My name is Glen.”(Mi chiamo Glen)
“Karin.”
Per un attimo dimenticò il fascino del ragazzo e le montò una gran rabbia. Quegli attacchi non funzionavano a dovere. In una circostanza simile avrebbero dovuto sganciarsi da soli. Aveva rischiato di rompersi le gambe. Si propose di protestare col noleggiatore e di pretendere un cambio. Di certo le aveva rifilato un paio di sci vecchi; in ogni caso, gli attacchi non erano ben tenuti e lubrificati. Ma tanto, avevano sempre ragione loro.
“Cosa ti è successo, Karin?”
La voce di Isolde esplose dietro le sue spalle. Le sue amiche l'avevano finalmente raggiunta.
“Niente di grave. Lui mi è venuto addosso e siamo scivolati in giù per parecchi metri.”
Dopo le presentazioni, le ragazze scesero con gli sci ai piedi fino all'arrivo, mentre Glen, messo in spalla l'unico rimastogli, fece il percorso a piedi.
Recuperato lo sci finito a valle, si fermarono a bere una cioccolata calda al punto di ristoro.
Glen era scozzese e si trovava in vacanza in Austria per la prima volta. Alloggiava in una modesta pensione con alcuni amici e faceva l'agente di polizia a Aberdeen.
Karin notò con un certo risentimento che Isolde e Marie se lo mangiavano con gli occhi, ma con suo grande sollievo l'attenzione di Glen era rivolta solo a lei.
Si dettero appuntamento per la sera seguente davanti all'albergo dove alloggiavano le ragazze per andare da qualche parte. All'ultimo momento, con immenso piacere di Karin, le sue amiche dichiararono che sarebbero rimaste in albergo, perché erano stanche e faceva troppo freddo. Dai loro sguardi complici capì che era una scusa e fu loro grata di questo.
Fuori il clima era davvero rigido, ma Karin, riscaldata dalla presenza di Glen, non lo sentiva. Entrarono in un locale e bevvero un bicchiere di Glühwein, un vino caldo speziato che accendeva il fuoco nelle vene. Sedettero in una nicchia, uno accanto all'altra, e Karin percepì il calore del suo corpo attraverso i pantaloni. Le sembrava un fuoco ardente. Sempre più vicini, come se una forza magnetica volesse unirli.
Si voltò verso di lui per dirgli qualcosa e, senza rendersene conto, sentì delle labbra calde sulle sue. La lingua di lui gliele schiuse dolcemente, entrando a perlustrare la sua bocca.
Fu un bacio catastrofico. Si rese conto di non essere più padrona di se stessa. Lo voleva. Lo voleva come non aveva mai voluto nessuno. Glen le afferrò la nuca e la baciò di nuovo. Karin si fuse completamente in lui.
Si alzarono e uscirono dal locale, che si era fatto troppo affollato; si sentivano osservati. Camminando per le vie gelide del paese, Glen la condusse alla sua pensione. Senza dirsi nulla, salirono le scale fino all'ultimo piano.
“Sono l'unico ad avere la camera singola” sorrise.
Non fecero in tempo a varcare la porta, che furono avvinghiati. I vestiti furono gettati in ogni direzione e finirono sul letto in un groviglio di corpi.
Quando Karin guardò l'orologio, molte ore dopo, erano le sei del mattino.
Alle sette e trenta tornò al suo albergo; nella camera a tre letti, le sue amiche dormivano ancora. Fece una doccia, si vestì e scese a colazione.
“Sì, lo so, non sono rientrata stanotte” chiarì subito alle due ragazze non appena le vide.
“Beata te!” Fu il commento.
“Non mi era mai capitata una cosa simile. Ho perso letteralmente la testa.”
“L'importante è divertirsi. Siamo venute qui apposta, no?”
“Glen oggi vi presenterà i suoi amici. Abbiamo appuntamento alla funivia fra un'ora. Chissà se ne trovate uno di vostro gradimento.”
“Non illuderci.”
“Scierete insieme.”
“Noi siamo delle schiappe.”
“Anche loro, se è per questo.”
Karin non fece commenti, ma sapeva di essere la più carina del trio. Isolde aveva un bel viso, ma era un po' sovrappeso, e Marie, al contrario, era una spilungona senza forme. Lei, col suo corpo slanciato e ben fatto, i capelli lunghi biondo scuro raccolti a coda di cavallo e i grandi occhi castano verdi, non temeva la loro concorrenza.

Un singhiozzo le si strozzò in gola. Che cosa era rimasto di quella ragazza entusiasta e bruciante di passione? Erano passati appena tre anni, ma si sentiva invecchiata come se ne fossero trascorsi venti.
Si alzò e decise di andare a fare una passeggiata, visto che quel giorno non aveva lezione. Pensare e ricordare faceva male. Uscì sperando di non incontrare di nuovo quel piccolo nel passeggino.
Marialuisa Moro
Votazione per
WriterGoldOfficina
Biblioteca
Acquista
Preferenze
Recensione
Contatto
Home
Admin
Conc. Letterario
Magazine
Blog Autori
Biblioteca New
Biblioteca Gen.
Biblioteca Top
Autori

Recensioni
Inser. Estratti
@ contatti
Policy Privacy
Autori di Writer Officina

Marialuisa Moro
Sono di Milano. Avida lettrice fin da bambina, ho fatto il mio primo esperimento di scrittura a undici anni. Laureata in lingue e letterature straniere, ho lavorato nel settore scolastico e in quello editoriale, come lettrice di testi stranieri. Ho cominciato a scrivere intorno al duemila e ho prodotto 28 libri. Dopo i primi due romanzi di narrativa contemporanea, ho scoperto la mia vena noir. Il settore cremazione del cimitero mi ha ispirato “Storia di follia” e ho continuato su quella strada, lanciandomi in seguito nel thriller. Amo studiare l'animo umano nelle sue molteplici sfaccettature e sono convinta che ciascuno di noi possieda, in parti diverse, una dose di follia pronta ad esplodere in determinate circostanze. La scrittura è per me indispensabile per evadere dalla realtà. Leggo moltissimo, amo la musica classica, i viaggi e i cani. Adoro i paesi nordici e il freddo, infatti ho scritto parecchi thriller ambientati in quei luoghi.

Writer Officina: Qual è stato il momento in cui ti sei accorta di aver sviluppato la passione per la letteratura?

Marialuisa Moro: La passione l'ho sempre avuta, ma è esplosa intorno al duemila.

Writer OfficinaWriter Officina: C'è un libro che, dopo averlo letto, ti ha lasciato addosso la voglia di seguire questa strada?

Marialuisa Moro: I thriller scandinavi. Ne ho letti moltissimi, dalla trilogia di Stieg Larsson a Mankell, Jo Nesbo e tanti altri. Mi sono formata, si può dire, su quei libri, e mi è venuta voglia di seguire la strada che sto percorrendo.

Writer Officina: Dopo aver scritto il tuo primo libro, lo hai proposto a un Editore? E con quali risultati?

Marialuisa Moro: L'ho mandato a grandi case editrici, con esito negativo. Ero inesperta e ho fatto l'errore di rivolgermi a una casa editrice a pagamento, comprando un grande numero di copie per non avere in cambio nulla, in quanto il loro scopo era già raggiunto e non hanno fatto nessuna promozione. Esperienza molto negativa.

Writer Officina: Ritieni che pubblicare su Amazon KDP possa essere una buona opportunità per uno scrittore emergente?

Marialuisa Moro: Da quando ho scoperto il self publishing, non sono più andata a cercare CE. Trovo sia una buona opportunità, benché sia duro fare tutto da soli, compresa la promozione.

Writer Officina: A quale dei tuoi libri sei più affezionata? Puoi raccontarci di cosa tratta?

Marialuisa Moro: . Non ce n'è uno, ma alcuni. Tra quelli recenti, amo “Dark America”, una raccolta di 10 racconti tra il thriller e il paranormale, ispirati dai miei viaggi in Usa, e “Il professore”, un noir che riguarda il rapporto malato tra un maturo docente universitario e una sua allieva, che degenera in pura follia. Amo anche “Il pozzo di Alesund”, una storia di esasperata vendetta, e l'ultimo: “Occhio per occhio”, che definirei scandalistico; un vero trionfo della perversione umana.

Writer Officina: Quale tecnica usi per scrivere? Prepari uno schema iniziale, prendi appunti, oppure scrivi d'istinto?

Marialuisa Moro: Quando mi germoglia un'idea nella mente, la covo e la elaboro per alcuni giorni, poi scrivo uno schema della storia, che quasi sempre viene modificato strada facendo, perché i personaggi spesso prendono la mano. Mi capita spesso di prendere appunti anche in fase di stesura, mano a mano che mi vengono nuove idee e nuovi spunti. Scelgo con cura e non a caso i nomi dei personaggi, che devono suonarmi adatti al loro carattere, e costruisco nella mente la loro fisionomia per potermene impadronire del tutto.

Writer Officina: In questo periodo stai scrivendo un nuovo libro? È dello stesso genere di quello che hai già pubblicato, oppure un'idea completamente diversa?

Marialuisa Moro: Ho pubblicato l'ultimo una settimana fa e per il momento sono in pausa. Non ho idea dell'argomento del prossimo. Aspetto che si affacci l'ispirazione.
Tutti i miei Libri
Profilo Facebook
Contatto
 
2135 visualizzazioni