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Chiuse le pagine del libro
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Dialoghi e racconti Queste pagine sono dedicate ancora a Pedro, protagonista di - Io ho sempre parlato. Vita di un cane unico con umani normali - . Non sono un seguito di quel romanzo, ma sono una sorta di libro nel libro, nato dalla promozione del libro. Chi si auto pubblica deve preoccuparsi e occuparsi di ogni aspetto del proprio lavoro, quindi anche della pubblicità, per aumentarne le vendite e il conseguente ricavato: un'impresa vera e propria, specie se non si è esperti. Diventa necessaria, dunque, una - operazione di marketing - , locuzione orribile e irritante che ho cercato di rendere più gradevole scrivendo ancora di Pedro: nel prologo che riprende l'epilogo del romanzo precedente e nella forma del dialogo tra i suoi co-protagonisti. Ho quindi immaginato che fossero proprio loro, Pedro e Giatt, ad occuparsi della promozione del libro, a fargli pubblicità per convincere alla lettura e indurre all'acquisto, dal loro punto di vista e con le loro priorità. In realtà, si racconta ciò che si è davvero verificato perché io stessa, in ogni invito all'acquisto, ho cercato di non stravolgere la mia natura e di mantenere l'attenzione focalizzata sullo scopo ultimo, raccogliere fondi per il Rifugio di Francesca Cognato a Palermo, e su loro due, Pedro e Giatt: simboli uno di cane nato e vissuto felice, l'altro di cane il cui destino, per fortuna, è cambiato. Ciascuno con caratteristiche, personalità e pregi propri. Difetti? I cani non ne possiedono. Ai dialoghi seguono i racconti brevi, dedicati ognuno a un amico di Pedro: esseri senzienti come lui che hanno fatto parte della sua vita. I temi trattati riguardano loro, la vita dei fortunati che trovano una famiglia amorevole e non dimenticano chi invece è rimasto solo oppure langue tra tanti, in un box, per quanto accudito. La lettura di Io ho sempre parlato, quindi, non è indispensabile per la comprensione di questa nuova storia, anomala appendice comunque dotata di vita propria, ma è suggerita, con uno spudorato invito all'acquisto di entrambi i libri per contribuire alla causa. La destinazione di tutto il ricavato anche di questa nuova opera è la stessa. Mentre i cani di cui si racconta sono tutti esistiti, ogni riferimento a persone e fatti accaduti è puramente casuale in quanto l'opera è frutto di immaginazione. Le foto di Pedro, Giatt e Stinky provengono dal mio archivio privato. Quelle di Sugar e Zara sono state donate dai rispettivi umani che ringrazio. Ultima avvertenza: nella narrazione successiva al prologo, le voci degli interventi umani sono molto limitate e allineate a destra. Pedro, invece, dialoga in corsivo e usa il carattere corrente nei racconti
Prologo in dialogo tra Pedro e l'autore
Lo stai leggendo, ancora? Un'altra volta? Sì. Cerco di non irritarmi per i refusi che mi sono sfuggiti e di concentrarmi sul senso generale. In che senso? Provo ad estraniarmi, per leggere come un lettore qualsiasi e capire se il significato, più ampio e meno immediato della storia in sé, arriva comunque. Ma proprio questa notte? Quale notte migliore di questo orribile anniversario del cosiddetto gesto di pietà. Almeno allevia il ricordo di quell'incubo: contare le ore, sentirti muovere, accudirti come sempre per fingere che fosse una notte normale. Vorrei consolarti. Lo fai, nel libro e con il libro. Spiegati. Immaginarti come il protagonista di quelle e di nuove pagine ti rende vivo. È un'illusione, una favola, ma non è inutile, almeno per me e per la causa a cui l'abbiamo legato. Dovresti dormire un poco, almeno provarci. Non ci riesco. Ti rivedo: quattro anni fa, come oggi. Era la fine. Ho resistito il più possibile. Mi resta il dubbio che tu l'avessi già compreso, ascoltandoci parlare in quei giorni, mentre peggioravi. E quella mattina: nel trambusto anomalo intorno a te, nel nostro strazio. Non volevo farti soffrire, ma non volevo doverti uccidere. È un dilemma senza soluzione, se non quella che hai preso. Poi ti ho sentito così vicino a me; ho sentito il tuo peso, il tuo pelo, il tuo naso: mi leccavi. Eri morto, ma eri lì, con me. Un momento incredibile, forse frutto della mia dilatata immaginazione, ma inequivocabile e concreto. Dai, chiudi il libro, spegni quel televisore, che tanto è quasi muto e non lo guardi, e prova a dormire. Io resto qui. Li senti questi richiami? Sono forse rapaci notturni, appollaiati sugli alberi del bosco di fronte. A volte arrivano i cinghiali a grufolare sotto la recinzione del cortile, poi se ne vanno correndo nel greto del Ghiararo; si avverte il rumore degli zoccoli nell'acqua. Ricordi quelli che ci passavano davanti alla finestra, nella casa in Sardegna? Certo. Ricordo anche il tuo terrore che io li incontrassi in uno dei miei giri “fuori zona di sicurezza”. Morivo di paura, ogni volta. Senti anche tu un borbottio di tuoni in lontananza? C'è burrasca in mare. E Giatt? Lo vedi, come dorme? Pancia all'aria, zampe ripiegate, testa poggiata su una spalla; come te. Questo botolo di cane, spaventato e rassegnato, è un concentrato di dolcezza e bontà. Quando lo tocco, sento la differenza con il tuo pelo e mi dico che non ci sei più a dissipare i miei incubi; poi, però, affondo nella sua morbidezza e mi lascio stringere il cuore dalle sue manifestazioni d'amore e richieste di bene. Le parti si sono invertite: sono io, ora, a dover rassicurare lui. Giatt ti ha conquistato, ammettilo. È diverso: pensa e deduce, ma non come te, è più semplice; a volte però, l'eloquenza delle sue espressioni mi sconcerta, tanto è immediata ed esplicita nella reazione ai miei gesti o alle mie parole. È così terrorizzato dall'idea di un abbandono che, quando ne combina una delle sue, da pasticcione qual è, si mette in castigo da solo prima ancora che lo riprenda. E mi fa ridere. Tenero e inerme, nonostante la stazza. Non è un peso piuma. È tenerissimo, lo vedo. Oggi, se non sbaglio, è domenica. Non ci sono rumori a parte i cinguettii più mattinieri e il gorgoglio leggero del Ghiararo. Sta filtrando la luce dalle persiane. Se non provi a dormire ora... Se mi chiedessero cosa darei per poterti ancora toccare o vedere o anche solo sentire, non saprei trovare una quantità sufficiente di qualcosa, ma la darei. Dormi! Ma lo senti, come russa Giatt? Vorrei proprio essere vivo in questo momento per dirtelo con uno sbuffo: dormi!
Oh, finalmente! Si è addormentata, ma non è un sonno tranquillo. Potessi, sgombrerei il campo dei suoi assilli con un'abbaiata delle mie, rare ma determinanti. Forse, riesco a rasserenarla se mi accoccolo tra le sue braccia. Ecco. Ora respira più distesa.
Dai racconti: Dedicati A Sugar Non vi possiamo dire tutto
Annuso una femmina da molto lontano, tanto che la mia meravigliosa umana mi chiamava Dongiovanni per dire che non me ne lasciavo scappare una, ma non era conseguenza di una mia azione: erano loro a restare folgorate. Perché? Non lo so: se escludiamo la mia bellezza, sarà stata questione di fascino, sintonia, atteggiamento amicale. Ancora oggi, che sono etereo, esercito sulle femmine questa attrattiva. È così! Sono sempre andato molto d'accordo con loro e ho sempre avuto da questionare con i maschi, a parte uno, Pulcetto, ma quando l'ho conosciuto, ero già malmesso e anche un semplice bisticcio avrebbe prosciugato le poche forze che la malattia mi aveva lasciato; ero troppo saggio per sprecarne inutilmente, così malfermo sulle zampe come mi trovavo e poi, devo riconoscere, Pulcetto mi era simpatico. Non è di lui, in realtà, che volevo parlare. Anzi, la premessa è troppo lunga; come si sa, io, Pedro, sono morto. Nel libro che la mia meravigliosa umana ha scritto, e in quel che Giatt e io ci siamo detti fin qui, c'è la mia storia. Non so se credete o meno alle coincidenze, alle sensazioni, a quel che “vi sentite” e che voi umani non sapete bene come chiamare: telepatia, trasmissione del pensiero, sesto senso, percezione? Noi, cosiddetti animali, non la chiamiamo: la viviamo e basta, cioè sappiamo, qualche attimo prima che capiti qualcosa, che questo qualcosa capiterà. E non siamo indovini, non abbiamo la sfera di cristallo, né conosciamo antiche pratiche sciamaniche; abbiamo solo ben presenti quali sono le faccende davvero importanti che riguardano noi e voi, e voi con noi. Quindi, per tornare a ciò che vorrei dire, ero in allerta prima che lo fosse la mia meravigliosa umana. Poiché tra meravigliose umane ci si capisce e a volte ci si incontra – sarà il destino, saranno gli algoritmi dei social, sarà il caso – anche lei stava inconsapevolmente all'erta. Spiego: era parecchio presa con faccende di casa e di scrittura, non c'erano particolari segnali, però, qualcosa la spingeva a cercare notizie di un'altra meravigliosa umana, così, senza un motivo preciso. Loro due, infatti, non si sono mai sentite né viste, solo “parlate” tramite tastiera; in un primo tempo senza neppure conoscere il rispettivo nome di battesimo, si chiamavano con una specie di soprannome, un po' come capita quando noi cani abbiamo degli amici con cui ci troviamo spesso: alla fine gli umani stringono amicizia pure loro, ma si dimenticano le presentazioni e, per identificarsi, usano il nome del loro cane, cioè il nostro. Tornando a noi, la ricerca “a video” (mi pare si dica) non dava segnali particolari: soliti messaggi, saluti scambiati, notizie per lo più riguardanti i cani, specie quelli in attesa di trovare umani meravigliosi per loro. Ecco, questo non vi ho detto, ma è importante. Il punto nevralgico della sintonia tra le due umane in questione era ed è quel canile a cui vanno tutti i soldini spesi per leggere la mia storia. Perché proprio quello? E chi lo sa! Per simpatia, sintonia, istintiva fiducia. A dirla tutta, la mia meravigliosa umana aveva una motivazione ulteriore: contribuire cioè ad aiutare chi le sembrava fosse vessato proprio da quelle autorità che avrebbero dovuto aiutarlo. C'era stato un periodo piuttosto problematico; la mia meravigliosa umana aveva seguito le vicende, inalberandosi come le capita quando ci sono di mezzo esseri inermi incapaci di difendersi. Poi, per fortuna, tutto si era risolto, ma ormai la scintilla tra lei e il canile era scattata. Anche l'altra meravigliosa umana, aveva un legame con il rifugio perché da quel canile aveva adottato, una “nonnina”, battezzata. Sugar per la dolcezza infinita degli occhi, dell'atteggiamento, dell'attaccamento. Viveva lì da 13 anni: accudita, amata, coccolata, curata, ma sempre in un recinto, tranne per la quotidiana sgambata; finché 26 mesi fa la sua vita è diventata tale. Il numero dei mesi è una coincidenza da tener presente.
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Autori di Writer Officina
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Ho studiato e lavorato a Milano dove sono nata; dopo la laurea sono rimasta in università come “volontaria” e mi sono occupata di storia contemporanea con impegno e passione, ho pubblicato numerosi saggi e qualche libro mentre insegnavo lettere in una scuola media dell'hinterland milanese, con la serietà e il senso del dovere a cui sono stata educata, ma non posso dire che mi piacesse l'insegnamento. Ricerca, scuola e la mia famiglia d'origine sono stati i poli entro cui si è sviluppata la mia vita fino a quando il destino mi ha suggerito, non solo in senso metaforico, di ribaltare la cattedra e la mia esistenza. Ho lasciato Milano e la scuola, la storia è rimasta un interesse, e ora mi dedico finalmente a chi e a ciò che amo: mio marito, il mio cane, gli amici, il mio mare, la campagna, leggere e scrivere. Sono una persona fondamentalmente allegra e affettuosa, fiduciosa e leale. Se mi accorgo di un tradimento o di una disonestà, divento indifferente, chiudo senza tanti discorsi. Sono anche molto permalosa però non so cosa sia l'invidia, se non quella “buona”. Spesso sto meglio da sola, con il mio cane, i miei libri, la musica, i dvd di rappresentazioni teatrali o le puntate di vecchi sceneggiati Rai. Mi piace anche il silenzio. Ad oggi vivo per mia fortuna in un posto molto silenzioso, direi bucolico, come da bambina immaginavo: per questo ho parecchi grazie da rivolgere a chi lo ha reso possibile, e anche a me stessa.
Writer Officina: Qual è stato il momento in cui ti sei accorta di aver sviluppato la passione per la letteratura?
Amelia Belloni Sonzogni: Non saprei dirlo con precisione perché fin da piccolissima ho sempre avuto libri e storie tra le mani. Direi che è cresciuta con me, anche se i miei studi sono andati in un'altra direzione. La mia formazione dipende molto da mio padre: mi ha regalato i primi libri, ha guidato le mie letture, poi ha scelto tra le sue quali suggerirmi, lasciandomi sempre più libertà di decisione; mi mostrava la libreria e mi diceva - Cerca - . Oggi che quella libreria cresciuta nel tempo è diventata mia, provo talvolta un senso di smarrimento quando la guardo, per tutto quello che mi manca ancora da leggere.
Writer Officina: C'è un libro che, dopo averlo letto, ti ha lasciato addosso la voglia di seguire questa strada?
Amelia Belloni Sonzogni: Uno solo? Al liceo mi sono innamorata di Balzac: lo leggevo in modo compulsivo; poi ho amato i russi, Cechov, Turgenev, Dostoevskij, Tolstoj; l'incontro con Antonio Fogazzaro, di cui ho studiato la vita e letto quasi tutto, è stato molto importante. Piccolo mondo antico si è rivelato come un colpo di fulmine. Lo stesso amore fulminante ho provato per Argo il cieco di Gesualdo Bufalino, ma ce ne sono altri: sono i libri che periodicamente rileggo di autori amati: Joseph Roth, Rigoni Stern, Rosetta Loy...
Writer Officina: Dopo aver scritto il tuo primo libro, lo hai proposto a un Editore? E con quali risultati?
Amelia Belloni Sonzogni: Per rispondere devo distinguere tra i libri che ho scritto come storico e il romanzo, finora unico, che ho pubblicato qualche mese fa. I primi erano sostanzialmente libri su commissione, quindi la scelta della casa editrice non è stata mia, tranne l'ultimo; ho pubblicato tra gli altri con Vita e Pensiero, Morcelliana, Franco Angeli fino a UniService, che ho scelto per il mio lavoro sul Prix Italia, la storia pressoché unica di questo concorso internazionale per radio tv e web, ideato dalla Rai nel 1948 che si svolge da allora ogni anno a settembre. Per il romanzo invece ho subito valutato il self-publishing: desideravo un riscontro immediato e non avevo intenzione di aspettare per mesi una risposta che avrebbe anche potuto non arrivare mai; qualche amico/collega mi aveva inoltre manifestato la propria delusione per gli impegni disattesi da parte delle case editrici al momento della promozione. Ho deciso quindi di investire su me stessa: pagare per pagare, meglio farlo in proprio e conservare ogni diritto sull'opera.
Writer Officina: Ritieni che pubblicare su Amazon KDP possa essere una buona opportunità per uno scrittore emergente?
Amelia Belloni Sonzogni: Penso di sì, data la platea. In tutta sincerità io non amo molto muovermi in queste strutture enormi delle quali può sempre sfuggirmi un dettaglio determinante; ho la sensazione di poter essere fagocitata. Inoltre, non ho purtroppo grande dimestichezza con tutte le funzionalità informatiche. Per quel che mi riguarda, considerato anche che questo romanzo può essere ritenuto di nicchia, ho preferito una realtà italiana, più piccola e a misura d'uomo, ma intraprendente e collaborativa, con un numero di telefono al quale rispondono persone, che ci sono quando serve. Sono giovani e motivati. Piccola/media impresa, per me è una scelta etica. Ciò non toglie che, acquisita un po' di pratica e valutati i risultati, possa riconsiderare anche Amazon KDP a fronte degli indubbi vantaggi economici, importanti per la finalità benefica di quanto ho scritto e scriverò. Certo, una volta pubblicato il libro, tutta la promozione compete all'autore e non è semplice muoversi. Nei confronti di chi si autopubblica (e si sottrae quindi al giudizio selettivo autorevole, spesso presunto tale) c'è un diffuso pregiudizio: ci sono gruppi o siti in cui gli autori che si auto promuovono in quanto auto pubblicati sono catalogati come spam; come se le case editrici non pubblicassero anche a pagamento, o per raccomandazione, opere di scarsa qualità. La piattaforma che ho scelto offre un'informazione di base su molteplici aspetti della realizzazione di un libro, considerato come prodotto. E comunque in rete si trova di tutto. Certo resta il discrimine della qualità, ma c'è modo per pubblicare qualcosa di valido, dal punto di vista artistico e culturale: autocritica, buon gusto, eventuale aiuto esterno di un editor, ma anche qui dipende.
Writer Officina: Cosa intendi dire a proposito dell'editor?
Amelia Belloni Sonzogni: Dipende da chi incontri. Deve capitare qualcuno in sintonia perfetta, il che è difficile. La mia unica esperienza in questo settore è stata negativa, con rilievi che a mio parere esulavano totalmente dal contesto e soprattutto dal ruolo. Penso che la sensibilità di ognuno sia impossibile da omologare in strutture o schemi come spesso capita di sentirsi suggerire. Penso ai corsi di scrittura ormai innumerevoli ma tutti molto simili, se non uguali, a parte rare eccezioni; qualcuno di stampo truffaldino.
Writer Officina: La scrittura ha una forte valenza terapeutica. Confermi?
Amelia Belloni Sonzogni: Confermo. Nel mio caso l'ha avuta. Lo scrittore a cui mi sono rivolta per avere la sua opinione sul mio lavoro, mi ha aiutata con molto afflato a riflettere sul lasciarsi trapassare dalla scrittura. È ciò che ho cercato di realizzare nel mio romanzo. I riscontri che ho ricevuto finora sono stati tutti positivi, e alcuni anche lusinghieri.
Writer Officina: A quale dei tuoi libri sei più affezionata? Puoi raccontarci di cosa tratta?
Amelia Belloni Sonzogni: Voglio molto bene ai miei libri storici. Mi è piaciuto scriverli, mi sono affezionata ai personaggi di cui ho ricostruito la biografia, anche quello corale sul Rotary di Milano. Lì dentro c'è tanto lavoro: ricerca, documenti, bibliografia. Ma l'amore vero è per l'unico romanzo che ho scritto finora. Io ho sempre parlato. Vita di un cane unico con umani normali è in parte autobiografico per quanto riguarda gli umani, ma è totalmente vero per quanto riguarda Pedro, il protagonista ritratto in copertina a cui il romanzo è dedicato. Racconta di come si prova a convivere con il dolore lacerante per la perdita di un individuo speciale, che ha accompagnato una parte importantissima dell'esistenza e di come l'accogliere un essere “altro” sia di aiuto e sia una scelta, ancora una volta etica perché tolto da un canile. L'intenzione era anche quella di portare un contributo, nel mio piccolo, alla causa degli animali. A parte l'aver deciso di destinare tutto il ricavato delle vendite a un canile (Un rifugio da salvare – Sos Primo Soccorso Cani e Gatti di Palermo, creato da Francesca Cognato, gestito da privati) spero che la storia induca a riflettere, a modificare atteggiamenti umano centrici e posizioni che provocano sofferenza negli animali, cani nel caso specifico: maltrattamenti, abbandoni, mancanza di cure... Sono esseri senzienti. Ognuno di loro ha diritto di essere amato e accudito.
Writer Officina: Quale tecnica usi per scrivere? Prepari uno schema iniziale, prendi appunti, oppure scrivi d'istinto?
Amelia Belloni Sonzogni: Prendo appunti quando leggo qualcosa di significativo, quando mi si accende una lampadina; anni fa tenevo a mente tutto, ora i capelli sono bianchi... Lo schema iniziale è sempre stato il mio metodo di lavoro. Nella ricerca storica si accumulano documenti che si riordinano, per poi intrecciarli con bibliografia e interpretazione propria. E il metodo è rimasto, una sorta di imprinting o deformazione professionale. Prima di scrivere mi documento sempre, leggendo altro in argomento. Tuttavia, scrivendo non si può prescindere secondo me dall'istinto. Spesso scrivo di getto, poi riprendo, integro, modifico. E tolgo.
Writer Officina: In questo periodo stai scrivendo un nuovo libro? È dello stesso genere di quello che hai già pubblicato, oppure un'idea completamente diversa?
Amelia Belloni Sonzogni: Sto scrivendo dei racconti intorno a un argomento mosso dagli stessi intendimenti del romanzo che ho pubblicato, ma non ci sono animali parlanti. E sto lavorando alla ricerca dell'originalità, perché maturi e prenda forma il mio progetto più ambito, quello di scrivere un romanzo storico.
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