Writer Officina
Autore: Tina Taliercio
Titolo: La leggenda di Nitrodi
Genere Narrativa Contemporanea
Lettori 4230 174 67
La leggenda di Nitrodi
La padrona di casa l'accolse con un sorriso timoroso. Cercò di metterla subito a suo agio, benché il disagio fosse evidente. Era combattuta, incerta sul da farsi. Tentò di rompere il ghiaccio chiedendole come si trovasse ad Ischia, cosa avesse visto fino a quel momento.
Dinanzi a una fumante tazza di caffè ed una crostata di mele fatta da Rosaria, Lisa raccontò la sua breve esperienza, collegandosi alla nonna. Le narrò del forte legame vissuto con lei, della mancanza provata da quando se n'era andata per sempre, dei racconti di sua madre che ora sapeva essere in parte alterati, o comunque parziali. Infine, provò a interrogarla direttamente:
- Che puoi dirmi di nonna, Rosaria? - , e quest'ultima capì l'ansia di Lisa. - Sapere che mi ha mentito mi fa soffrire - .
Rosaria abbassò per un attimo lo sguardo, passò le mani sul viso come a darsi attraverso una carezza il coraggio di esprimersi, poi fissò Lisa negli occhi.
- Non mentiva, Annarella. Era l'ultima di sette figli, aveva potuto a stento imparare a leggere e scrivere. Infanzia dura, padre severo, violento, e madre sottomessa. A sedici anni aveva conosciuto Francesco, un ragazzo di Napoli di cui s'era innamorata. Qualcuno, però, aveva detto al padre che la sua bambina s'intratteneva a parlare con quel fannullone e così giù botte, divieti, punizioni. Era durata un paio di mesi, complice sua madre... poi lui partì per il Canada e come tanti le disse che avrebbe fatto i soldi e sarebbe tornato a prenderla, alla faccia dei divieti del padre. Nel frattempo Annarella aveva scoperto d'esser incinta, e l'aveva detto solo alla madre. Lunga e secca com'era, tenne nascosta per un po' la gravidanza, finché lui tornò. Era al quinto mese. Saltarono su un traghetto per Napoli, poi via... di là dall'oceano. Tempo quattro mesi nasceva tua madre - .
Una storia di emigranti come tante, pensò tra sé Lisa, curiosa di conoscere il resto. Finora però non vedeva eventi da nascondere.
- Fecero una pratica complicata con le ambasciate, - continuò Rosaria, - e riuscirono a sposarsi. Poi nacquero gli zii, tutti sani e forti, che fecero studiare. Siamo sempre rimaste in contatto. Ci scrivevamo, ogni tanto una telefonata; c'erano mica i mezzi di oggi! Ci stava il telefono fisso e una intercontinentale costava un patrimonio. Meno male che le lettere ci tenevano vicine. È stato un grande dolore per me, quando l'abbiamo perduta - .
A Lisa era subentrata una leggera tachicardia. La vita di nonna la rapiva nella genuinità di una storia d'amore contrastata dalla violenza di un padre autoritario, del quale ignorava le consuetudini.
Perché essere così duri con una figlia? domandò a Rosaria con gli occhi, e quella, un'altra volta, capì.
- So a cosa stai pensando. A te pare che il nonno sia stato crudele... ah, scusa, io nonno lo chiamo. È che allora una figlia non poteva scegliere, e doveva sottostare alla volontà del padre. Mettici che Ischia è un'isola, vicina al continente ma comunque staccata, divisa... per cambiare c'è voluta la gente che, da tutto il mondo, è venuta ad abitare qui. Hanno portato una cultura diversa, un'altra mentalità - .
È dalle commistioni che nasce l'evoluzione, pensò Lisa, che qualcosa, per costituzione di famiglia, ne sapeva. Solo che lei sapeva per assunto, mentre i vecchi l'avevano appreso sulla pelle, e certamente a colpi di divieti e di ceffoni.
- Siamo diventati mondo - continuò Rosaria - per mano di altri - .
- Una cosa non capisco: - fece Lisa, come uscendo da un torpore temporaneo, - perché nascondere a noi una storia del genere? Poteva andarne fiera... - .
- La cosa è delicata - sospirò Rosaria. - Quella vita che a te pare arcaica e terribile, era comunque il suo mondo, il mondo che Annarella aveva scoperto giorno per giorno. Il padre era l'autorità, dominava: la forza di ribellarsi gliela aveva data l'amore, che è nemico di tutti gli ordini e di tutte le dittature. E ancora più forza le era scoppiata dentro appena aveva scoperto d'essere incinta. Sua madre le aveva detto d'abortire, ma lei non ci aveva pensato manco un istante! - .
A Lisa sfuggì una lacrima, che asciugò fingendo di passare il fazzoletto sul viso per asciugare il sudore.
- Anche se era ancora una ragazzina, il suo cuore sapeva bene la strada - continuava Rosaria. - E così fu. Rischiò molto, soprattutto nel suo stato, ma qui c'è la questione... - .
- Il segreto? - .
- Chiamiamolo così. Io lo direi senso di colpa. Se riesci a immaginare com'erano allora i rapporti, avrai capito che sapeva di non rivedere più suo padre - .
Lisa tacque; la tachicardia faticava a placarsi, ma sentiva che condividere il gesto di nonna le avrebbe spento ogni inquietudine.
- Annarella - concluse Rosaria, - aveva scelto per sé e per altre due creature - .
- Avrei fatto lo stesso. Però... - titubò un momento Lisa, - capisco che bisogna passarci - .
- Esatto. Tieni gli occhi furbi, tu. Sei una psico... vabbuo', quella cosa lì, quindi sai che le situazioni sono facili solo se le vivi da fuori, se sono gli altri a starci dentro. Aggiungi che allora, per starne fuori dovevi scappare... - .
- La figura paterna - disse Lisa - è qualcosa di insostituibile - .
- Già. Pure con tutti i difetti - .
- È ai difetti che ci si affeziona; spesso legano più dei pregi, - constatò Lisa, - e non oso pensare cosa deve avere schiacciato dentro di sé la nonna - .
Era quello l'atteggiamento giusto, si disse: toccava a lei fare un passo avanti, tentare di porsi in una ottica che non fosse quella della nipote ingannata, ma di chi possiede gli strumenti per comprendere, per non giudicare né condannare.
Toccava a lei dimostrare d'essere una donna capace d'immedesimarsi, proiettando quei vissuti su di sé, chiedendosi cosa avrebbe provato nel “tradire” suo padre, nell'abbandonarlo di fatto.
Era un esercizio duro, impegnativo; doveva prima metabolizzare i frammenti di vita, i sentimenti, le scelte emotive, e doveva farlo da sola. Anche per focalizzare in nuova luce il rapporto vissuto con lei e quello con Vittoria, figlia voluta contro ogni imposizione e ostacolo, che a sua volta aveva rispettato il segreto. Il silenzio le avvolse per alcuni minuti: gli sguardi resi opachi dall'emozione, da timide lacrime che affioravano di tanto in tanto. Fu Rosaria a scuotersi. Si alzò lentamente, ed avvicinandosi a Lisa l'abbracciò con dolcezza. Poi aggiunse:
- Hai gli occhi di Annarella... limpidi e profondi. T'ha amata tantissimo, come l'hai amata tu. Cerca di comprenderla, condividi il suo dolore per avere dovuto rinunciare al padre... Violento o no, quello era - .
Lisa annuì, e le promise che avrebbe fatto di tutto per riuscirci. Proprio per la differenza di condizioni sociali le parve un gesto naturale, doveroso: il tributo più sincero al sangue di cui era sangue.
Rimase assorta per tutto il viaggio di ritorno verso il residence, quasi non si accorse del tempo che passava al punto che l'autista dovette ricordarle di essere davanti alla fermata in cui l'aveva vista salire poche ore prima. Quel fatto la convinse una volta di più ch'era impossibile sfuggire all'attenzione dei locali, e quell'attenzione non era per nulla molesta, o animata da una forma di pettegolezzo, di volontà di impicciarsi nei casi altrui; tutt'altro, era benevola, protettiva. In un'epoca di solitudine mascherata da fertilità dei rapporti, i legàmi autentici sono una salvezza, un patrimonio da coltivare e mantenere.
Salì in camera e rigirò un po' tra le mani le lettere che Rosaria le aveva passato, pregandola di conservarle con cura e fargliele riavere appena si fossero riviste. Non si avvicinò ai fornelli, e non cucinò niente di suo. Prese un paio di mele dal cestino che la titolare aveva portato ore prima, si mise alla scrivania ed aprì una per una le buste, cercando le tracce di un passato incancellabile, la scissione devastante e necessaria nella quale nonna s'era dibattuta e da cui non era stata in grado di affrancarsi.
[...] L'incontro con la madre aveva sollevato Lisa dal patema di qualcosa d'irreale, trattenuto, che non le concedeva requie. Vittoria aveva ascoltato, capito e spiegato di suo, con la comprensione che solo le madri sanno tanto bene. Eppure avvertiva come una stagnazione, qualcosa in sospeso, a tratti greve, nel quale galleggiava dal proprio rientro.
Anche il saggio, fuori da ogni intenzione, sarebbe stato permeato di quell'alone nero pece di abusi sulla donna, di prevaricazioni inaccettabili subite a forza, della repressione delle aspirazioni e i talenti soffocati dalla violenza di genere. Quante non avevano avuto la gioia di scoprire l'amore, e grazie alla forza del sentimento di scegliere la strada della libertà!
Annarella, poi, aveva pagato un prezzo molto alto: la rinuncia a un padre, e nel contempo alla madre, perché l'intransigenza di uno è condanna per l'altro in ogni tempo dell'umanità.
I parametri distorti non erano ancora stati travalicati e corretti del tutto, e se Conrad scherzava sul fatto che la donna cerca la parità ma poi pretende tutto il piumone, le riflessioni sulla violenza psicologica che gli addetti ai lavori chiamano manipolazione affettiva le frullavano in mente senza sosta.
Depressioni e suicidi erano all'ordine del giorno in ogni angolo del pianeta, e la pretesa di un uomo o una donna – perché l'imposizione può essere, in alcuni casi, anche di natura femminile – di decidere quale fosse il bene della prole e attuarlo secondo parametri distorti, favoriva il fiorire dei traumi.
Il bisnonno, insomma, non aveva agito per crudeltà, ma nella convinzione di mettere in atto unicamente il suo dovere di padre, a qualunque prezzo.
Quel progresso non solo razionale ma emotivo a cui l'uomo era andato incontro nei decenni a venire le fornì gli strumenti di comprensione per vedere nell'avo l'incapacità di emanciparsi dal modello nel quale era cresciuto, accettato senza discussioni dalla società.
Sulle altre culture Lisa non sentì legittimo esprimere un parere, avendo pochissimi elementi di valutazione, ma le bastava focalizzare l'attenzione sul suo mondo per percepire che qualcosa di possente si muoveva nel profondo, nel DNA di una parte della popolazione maschile: qualcosa che, forse paradossalmente, era energizzato proprio dalle conquiste sociali e culturali del sesso femminile.
Durante la permanenza in Italia aveva letto e ascoltato molto riguardo alla drammatica sequenza di femminicidi che funestavano la cronaca, e ascoltato un'autrice parlare di vampirismo affettivo, ovvero l'estremizzazione di secoli di distorsioni, d'aggressività e chiusura mentale. Dall'intervento aveva tratto indicazioni valide per un ampio paragrafo del saggio, in cui analizzava l'aspetto psicologico e i forti contenuti psicotici degli autori di quei delitti, ancor più temibili perché spesso manifesti in individui che mai ne avevano mostrato inclinazioni.
Anche in Canada il fenomeno era presente, disse Lisa tra una riga e l'altra, mentre scriveva in modo febbrile. Anzi, le percentuali erano perfino più alte. Doveva riconoscere di non essere mai andata a fondo nelle indagini sulla tematica ed era giunto il momento di darsi da fare, forse anche grazie a una qualche commistione personale. Perché – tornò a pensare – sono sempre le vicende personali a dare l'impulso a una determinata azione, a una battaglia anche aspra, dura, ma che assume una importanza vitale proprio in quanto frammento di vita vissuta in prima persona.
La sua storia sulla vita delle donne a cavallo del periodo tra Ottocento e Novecento avrebbe dovuto comunque includere tutto ciò, tanto per ragioni storiche quanto sociali.
La scomoda sensazione di un presagio negativo, di una densa nuvolaglia che le si addensava intorno, proseguiva. Lisa tentò più volte di rasserenarsi ma il sentore tornava puntuale, così evitò ogni intervento e prese a occuparsi di Shine. Sapeva che i cani hanno un certo intuito per gli stati d'animo, a partire dal capobranco fino agli umani, e non ebbe a meravigliarsi che il cane cercasse carezze.
Tina Taliercio
Votazione per
WriterGoldOfficina
Biblioteca
Acquista
Preferenze
Recensione
Contatto
Home
Admin
Conc. Letterario
Magazine
Blog Autori
Biblioteca New
Biblioteca Gen.
Biblioteca Top
Autori

Recensioni
Inser. Estratti
@ contatti
Policy Privacy
Autori di Writer Officina

Tina Taliercio
Sono nata e vivo a Ischia, dove lavoro da sempre come traduttrice e operatrice turistica. Ho studiato all'Università di Napoli Federico II e poi alla Scuola Superiore Interpreti e Traduttori. Sin da piccola ho provato un grande amore per le lingue straniere e, naturalmente, per la lettura, oltre che per la musica di qualità e la psicologia. Da giovane mi sono anche dilettata a condurre programmi radiofonici in radio locali e a fare la deejay. Nel corso degli anni ho messo su la mia agenzia di servizi linguistici, tuttora attiva, e nel contempo mi sono dedicata al lavoro nelle strutture ricettive dell'isola, attività che mi consente di vivere continuamente il rapporto, scritto e orale, con le lingue. Ho viaggiato molto ma non quanto avrei voluto e, da ogni esperienza in Italia e all'estero, ho imparato tanto in termini di culture alternative alla nostra e di visioni del mondo.
Mi sono anche dedicata con passione all'attività di pubblicista, concentrandomi su temi quali politica, cultura, turismo, tutela dell'ambiente, attualità, costume. A questo, ho affiancato la redazione di testi inediti per il web, a volte estesi a interi siti. Questo insieme di esperienze ha rappresentato le radici su cui è nataLa leggenda di Nitrodi, il mio esordio letterario pubblicato nel 2019 da Divergenze Edizioni. Faccio parte di una generazione che ha conosciuto la vita ben prima della rivoluzione digitale e ho potuto perciò esperire in toto gli enormi benefici che questa ha prodotto. Tradurre senza la Rete era un'impresa davvero ostica, mentre oggi si può attingere da un numero infinito di fonti. Ma naturalmente la rivoluzione non riguarda solo le traduzioni, bensì ogni ambito della vita: chi demonizza il mondo digitale mette semplicemente in atto le resistenze dell'essere umano verso tutto ciò che è nuovo, ma che dovrebbe essere prima conosciuto e poi valutato. Internet è uno strumento: sta a noi gestirlo e non farci gestire.

Writer Officina: Qual è stato il momento in cui ti sei accorta di aver sviluppato la passione per la letteratura?

Tina Taliercio: Ricordo che già dai primi anni di scuola avvertivo la passione per lo studio e la lettura. In casa circolavano molti libri e dunque l'humus era quello giusto. Cominciai così a leggere la letteratura tipica di quell'epoca per i ragazzi, Piccole Donne, David Copperfield, I ragazzi della via Pál e così via, fino ad approcciare man mano letture che oggi definiremmo “young adult”. Verso la fine dell'adolescenza scoprii poi grandi autori come Primo Levi, Italo Calvino, Oscar Wilde, Franz Kafka, Alba de Céspedes, Charles Bukowski e molti altri. È stato allora che mi è sorto il desiderio di non limitarmi a scrivere il mio diario segreto, ma di dar vita ad un racconto. Si chiamava L'altra verità e oggi mi rendo conto che includeva alcuni temi che poi si sono riversati anche nei miei scritti più recenti. In quegli anni ho anche iniziato il mio cammino nella saggistica (soprattutto nell'ambito della psicologia e della linguistica), che resta tuttora un caposaldo nelle mie letture.

Writer Officina: C'è un libro che, dopo averlo letto, ti ha lasciato addosso la voglia di seguire questa strada?

Tina Taliercio: Ce ne sono tanti. Forse il primo in ordine di tempo è stato Quaderno proibito di Alba de Céspedes: la tematica femminile, lo stile intimista e la storia in sé mi coinvolsero profondamente. In quello stesso periodo ricordo di essere stata colpita anche da Eutanasia di un amore di Giorgio Saviane, che stimolò parecchio la mia esigenza di esprimermi attraverso la scrittura. Tra i molti libri “ispiratori” che si sono succeduti negli anni successivi, cito Se una notte d'inverno un viaggiatore di Italo Calvino: rimasi folgorata dalla struttura totalmente inedita di quel libro, una sorta di sliding doors attraverso cui ci si ritrovava ogni volta in una storia diversa, che poi non si concludeva mai, perché lasciava il posto a un'altra... Una sensazione di sospensione, di attesa, di curiosità, di scommessa che la sesta, la settima o l'ottava storia si sarebbe conclusa. E invece no, il bello era proprio che le sliding doors continuassero a girare. “Questo libro è un colpo di genio”, pensai, sin dalla prima pagina con quell'incipit che mi aveva fatta letteralmente saltare dalla sedia!

Writer Officina: Dopo aver scritto il tuo primo libro, lo hai proposto a un Editore? E con quali risultati?

Tina Taliercio: La genesi del mio primo libro, che non è La leggenda di Nitrodi è molto particolare. Avevo scritto un romanzo molto lungo, tratto da una mia esperienza di vita; dopo i nove mesi (come fosse la gestazione di un figlio) di scrittura e revisione, inviai il manoscritto a molte case editrici. Non avevo alcuna esperienza diretta nel mondo editoriale e dunque lo proposi a tutte quelle che riuscii a scovare su Internet. Dopo alcune settimane cominciai a ricevere diverse proposte di pubblicazione, che, naturalmente, mi riempirono di gioia. Poi, leggendo i contratti, arrivò la doccia fredda: si trattava di CE a pagamento. Rimasi allibita, mi sembrava un vero controsenso che l'autore dovesse pagare per essere pubblicato, visto che consideravano il mio romanzo valido. Indagai sul web e scoprii quanto fosse diffusa l'amara piaga dell'editoria a pagamento (che in realtà di dovrebbe definire “stamperia a pagamento”). Arrivarono a chiedermi 4.800 € di contributo! Per fortuna decisi di non cadere nella trappola. Dopo un paio di mesi iniziai a ricevere valutazioni da CE serie, che mi confermavano l'apprezzamento del mio romanzo, ma la cui lunghezza le bloccava dal pubblicarlo, giacché il prezzo di copertina sarebbe stato fuori mercato. Mi chiedevano di abbreviarlo, e ci pensai anche, ma mi resi conto che ne avrei svilito il senso e impoverito i contenuti. Continuavo a inviare il manoscritto, sperando che qualcosa potesse cambiare, finché non mi contattò la mia attuale casa editrice, Divergenze, il cui titolare mi ha fatto sì lo stesso discorso del costo di copertina eccessivo, ma poi ebbe un'idea brillante, proponendomi di pensare ad un'altra storia, più agile e immediata, a cui offrire la mia scrittura, da lui definita “emotiva, efficace, avvolgente, mai inutilmente complicata, di getto”. Ero frastornata, al limite dello sbigottimento, anche perché non immaginavo di poter concepire un'altra storia in quel momento. Tra l'altro, mi prese il panico che potesse trattarsi di un'ennesima CE a pagamento, ma fu l'editore stesso ad affrontare spontaneamente l'argomento, dicendo che pagare un autore per pubblicarlo era eticamente inconcepibile e che equivaleva al lavoro di una tipografia. Così non volli deludere le sue aspettative così alte nei miei confronti e promisi di pensare a una nuova storia. La straordinaria alchimia che s'era creata tra noi non tardò a manifestarsi: nel giro di tre giorni concepii la sinossi, gliela inviai e il giorno dopo mi comunicò che gli piaceva molto. E così nacque La leggenda di Nitrodi!
Pubblicata da diversi mesi, ricevetti poi la proposta di pubblicazione del mio romanzo precedente, per il quale la soluzione rispetto alla lunghezza proibitiva e al conseguente costo di copertina improponibile mi si palesò nella sua semplicità: l'ebook. L'editore che me lo propose era specializzato nell'editoria digitale e tra l'altro mi disse che il mio romanzo non necessitava neanche di editing, ma andava semplicemente impaginato per il formato elettronico. Nell'arco di un paio di mesi fu pubblicato su tutte le piattaforme digitali; per mia scelta, lo firmai con uno pseudonimo, visto che narrava una mia esperienza personale. In pratica, i due romanzi sono usciti nell'arco dello stesso anno, il 2019, e devo dire che è stata una vera gioia, un'emozione che non si dimentica.

Writer Officina: Ritieni che il ruolo dell'autore risieda nell'impegnarsi a creare la sua opera e che poi la promozione spetti alla casa editrice?

Tina Taliercio: No, sarebbe un errore e anche un peccato di vanità, se così si può dire. Una volta completata la stesura e la revisione dell'opera, l'autore deve occuparsi dell'editing in tandem con l'editore (che assegna uno o più editor a ogni progetto), all'elaborazione della copertina e dell'eventuale esergo e all'invio della propria biografia. È compito dell'autore collaborare con il suo editor per valutare insieme tutte le modifiche proposte, che potrà accettare o rifiutare (in quest'ultimo caso fornendo motivazioni valide). Al termine dell'editing, sarà l'autore a dare il Visto si Stampi, nel momento in cui riterrà che l'opera ha raggiunto la sua forma migliore e definitiva.
Dopodiché, in seguito alla pubblicazione del volume, riprenderà il tandem tra autore e editore per la promozione. L'editore invierà i comunicati-stampa a testate giornalistiche e radio-televisive, critici, blog, biblioteche e quant'altro; promuoverà e metterà in vendita il libro sul proprio sito e sulle proprie pagine social e invierà la scheda di presentazione a tutte le librerie presso cui è presente la sua casa editrice nonché a tutti i bookstore online. Dal canto suo l'autore si occuperà di promuovere l'opera on e offline, nel senso che creerà dei post ad hoc sulle proprie pagine social, diffonderà la notizia nella sua rete di conoscenze e amicizie e organizzerà delle presentazioni nelle biblioteche, nei centri culturali, nelle librerie e in tutte le sedi che riterrà idonee, oltre a rendersi disponibile per interviste on e offline.
In particolare, se il suo libro non è attinente a fatti di stretta attualità, il tempo non costituirà un limite, poiché un testo che esula da aspetti contingenti potrà essere promosso anche sul medio e lungo termine.
Solo attraverso una stretta cooperazione tra autore e editore sarà possibile dare all'opera il giusto risalto, giovandosi delle infinite possibilità di comunicazione oggi disponibili per tutti.

Writer Officina: La tua esperienza può essere utile a chi intenda scrivere un romanzo perché ha una storia da raccontare, ma ha bisogno degli strumenti, parliamone

Tina Taliercio: Devo dire che l'esperienza sin qui maturata mi dà la misura di quanto all'inizio fossi “naïf”, non tanto nella scrittura in sé quanto nel lungo e complesso processo che porta alla pubblicazione. Avere una storia da raccontare è ovviamente fondamentale, ma non basta. Intanto è indispensabile amare la lettura quanto la scrittura: leggere è un presupposto vitale, perché solo immergendosi in tanti autori, anche di epoche diverse, e possibilmente in altre culture, si può davvero entrare in contatto con la scrittura. Detto questo, accanto a un'ottima conoscenza della propria lingua, occorre sviluppare il proprio stile, assumere un'attitudine critica verso sé stessi, essere disponibili ad ascoltare critiche costruttive, e dotarsi di una grande pazienza (prima verso di sé e poi verso gli editori contattati). Aver fretta è quanto di più deleterio possa esserci. Intanto, potrebbe essere utile (per alcuni, non per tutti) seguire un corso di scrittura creativa, a condizione che i presupposti essenziali siano tutti presenti: una buona cultura generale, che deriva anche ma non solo dal leggere molto e una dote naturale di scrittura e di flessibilità mentale. Perché in tali corsi non si insegna a scrivere bensì a utilizzare le tecniche di scrittura e acquisire l'occhio critico sui propri testi. Occorre dunque che ci sia una solida base, senza la quale sarebbe come aggiungere condimento ad un piatto... inesistente.
Nel mio caso, non ho frequentato corsi di scrittura creativa, poiché la mia formazione di traduttrice, accanto alle esperienze di pubblicista e di redattrice di testi inediti, conteneva già in sé l'acquisizione di una buona confidenza con il narrare, ed era unita all'imprescindibile esigenza di leggere tanto, sia narrativa che saggistica.

Writer Officina: Quale tecnica usi per scrivere? Prepari uno schema iniziale, prendi appunti, oppure scrivi d'istinto?

Tina Taliercio: L'istinto è fondamentale, tanto che non è possibile “imporsi” di scrivere, mentre è indispensabile sentire dentro una spinta, un'esigenza, una forza che chiede di esprimersi. A questo proposito mi sovviene la straordinaria poesia di Bukowski dal titolo E così vorresti fare lo scrittore? Descrive con precisione quasi chirurgica il bisogno, la necessità impellente, l'insopprimibile fuoco che arde in chi davvero sente di non poter fare altrimenti e, per converso, gli infiniti motivi per i quali non vale la pena, anzi non è giusto, pensare di fare lo scrittore. Lascia anche riflettere su quali dovrebbero essere gli obiettivi della scrittura, che di certo non riguardano il desiderio di mere gratificazioni, la fama o il denaro. Leggere questa mirabile poesia significa provare su di sé una “scossa” efficace, un mezzo attraverso cui guardarsi dentro.
Per mia indole, appena mi sento ispirata, scelgo di elaborare prima mentalmente l'idea iniziale; quando questa ha preso forma e sostanza nei miei pensieri, redigo la sinossi, che considero un presupposto essenziale per la scrittura, un primo faccia a faccia con il romanzo. Con la sinossi si progetta la storia nel suo insieme, i passaggi principali e l'epilogo. Rivederla a fondo significa poi comprenderne l'intreccio, analizzarne la congruenza, valutarne i giusti ritmi e l'attrattività che potrebbe esercitare sul lettore. Dopodiché inizio la stesura. Naturalmente, in corso d'opera la storia si arricchisce – tanto di eventi quanto di personaggi – fino ad assumere la forma definitiva, che non è detto giunga durante la prima stesura, anzi. Mi capita abbastanza spesso che, in fase di rilettura un passaggio non mi convinca, oppure ci sia un qualcosa che sento mancante, oppure ancora che mi nasca improvvisamente una nuova idea da integrare... In tutti questi casi, modifico, aggiungo, correggo e poi, una volta finita la revisione completa, lascio il manoscritto “decantare” per diversi giorni, in modo tale che, quando lo riprendo in mano, si sia creata la giusta distanza tra me e il testo e io possa leggerlo quasi come fosse la prima volta o addirittura come se non l'avessi scritto io.
È giusto e bello che si rimanga sempre aperti ai cambiamenti e non si consideri mai un proprio scritto come “intoccabile”, però è vero che la sinossi rappresenta l'ossatura da cui partire, una sorta di navigatore satellitare che mi conduce tra le strade del romanzo; poi sta a me, all'ispirazione del momento e alla mia creatività seguire il percorso che mi indica o deviare in cerca di soluzioni inedite.

Writer Officina: Cosa hai voluto dire con la tua storia?

Tina Taliercio: Nella scrittura della mia storia ho percepito diversi elementi mirati a ciò che desideravo trasmettere: in primo luogo, ho voluto focalizzarmi su una tematica che mi sta molto a cuore, la violenza di genere. Oggi se ne parla più di prima, ma, forse proprio come reazione negativa, si verificano ancora un numero spaventoso di casi di sopraffazione, abuso e degenerazione dei rapporti. Ciò che emerge a livello di cronaca sono solo i casi più estremi, quelli che portano al femminicidio, ma in realtà ci sono moltissime altre situazioni di violenza psicologica e fisica che restano nell'ombra. E sono quelli su cui lavorare di più, per evitare che si giunga a conseguenze senza ritorno. Un'altra ragione è stata quella di rendere omaggio alla mia terra, la Campania, con cui ho vissuto un rapporto molto conflittuale per buona parte della mia vita. Mi ci sono voluti molti anni per imparare ad apprezzarne i tanti aspetti positivi e a scoprire il profondo rapporto che mi lega a lei.
Inoltre, a posteriori mi rendo conto che nel mio libro c'è molto di me: la sensibilità verso la condizione femminile, la passione per la psicologia e il già citato amore per la mia terra.

Writer Officina: In questo periodo stai scrivendo un nuovo libro? È dello stesso genere di quello che hai già pubblicato, oppure un'idea completamente diversa?

Tina Taliercio: Attualmente mi sto dedicando a due nuovi progetti in contemporanea: da un lato sto preparando la pubblicazione del secondo volume de La leggenda di Nitrodi e dall'altro sto scrivendo un nuovo romanzo.
Il primo volume ha ottenuto un buon apprezzamento ed è stato anche ristampato in edizione speciale nel novembre 2020. Tuttavia già prima della ristampa, i miei personaggi avevano bussato alla mia porta con delicatezza e decisione nel contempo, chiedendomi a gran voce di non lasciarli andare, di continuare a narrarli con l'amore che avevo messo nel primo libro. Non potevo eludere il loro desiderio, che si è espresso senza preamboli, insomma in media res, dentro di me. La sinossi è stato un atto immediato e spontaneo, la storia era già tutta sviluppata, anche se poi, come al solito, strada facendo s'è ulteriormente arricchita: nuovi personaggi si sono affiancati ai precedenti, nuove tematiche hanno reso la vicenda più drammatica e si sono focalizzate su questioni e quesiti di portata etica e filosofica di estrema attualità. Con molta probabilità questo secondo volume vedrà la luce entro quest'anno.
Il nuovo romanzo a cui sto lavorando ha peraltro dei punti di contatto con i precedenti, ma nello stesso tempo gode di un'ambientazione del tutto diversa, accanto a un intreccio per me inedito. Uno degli obiettivi che sento ineludibili nella mia scrittura è quello di affrontare aspetti importanti della condizione femminile, con la speranza che possano essere fonte di riflessione e magari di maturazione di una nuova consapevolezza per il lettore. Su questo tema c'è ancora tantissimo da fare, a qualsiasi latitudine, malgrado gli indiscutibili progressi degli ultimi decenni. Questo è senz'altro il fil rouge di tutte le mie storie, a cui tento però di dare di volta in volta un'identità a sé, cercando in tutti i modi di non cadere nel tranello della ripetitività e prevedibilità. Penso di concludere il mio nuovo romanzo entro l'anno, con l'obiettivo di pubblicarlo nel 2022.
Tutti i miei Libri
Profilo Facebook
Contatto
 
2271 visualizzazioni