Writer Officina
Autore: Tina Taliercio
Titolo: Nell'aria, stanotte
Genere Romanzo Psicologico
Lettori 3668 40 59
Nell'aria, stanotte
Un silenzio colmo di disagio si sparse nell'aria: Piero guardò verso l'ingresso incuriosito, Lisa, con la fronte corrugata lanciò uno sguardo sconcertato a Conrad, che invece quasi s'immobilizzò sull'uscio di casa. Fu lei la prima a riprendersi e, con la voce alterata dalla sorpresa, mormorò:
- Avresti almeno potuto bussare - .
L'attimo di gelo che seguì fu interrotto dal pianto di Mark. Forse avvertiva la tensione, come tutti i cuccioli. Lisa lo prese in braccio, cercando di capire se avesse qualche dolorino o volesse essere cambiato.
- Scusate il disturbo - esordì Conrad risentito.
Di fronte all'impassibilità di Piero, lui mosse alcuni passi verso il bambino, con cui pareva quasi timoroso d'entrare in contatto.
- Lui è Piero, un mio amico in vacanza qui per qualche giorno. Piero, ti presento Conrad - aggiunse lei, sperando di smorzare così l'imbarazzo. I due tornarono a guardarsi, poi Conrad gli strinse la mano distratto, continuando a fissare il piccolo.
- Posso prenderlo in braccio? - domandò di getto.
- Certo - , replicò Lisa - però sta' attento per favore, mi sembra un po' irrequieto. Non so perché pianga - .
Con movimenti un po' meccanici il padre lo prese tra le braccia, poi, una volta stabilito il contatto, i muscoli del viso cominciarono a distendersi, mentre il volto assumeva espressioni tra lo stupore, la meraviglia e lo sbigottimento. Mark sembrava essersi calmato, lo guardava fisso negli occhi cercando d'interpretare quello sguardo e capire se fosse il caso di sorridergli. Ne vennero fuori delicate smorfiette che strapparono un sorriso a Conrad.
- Sei bellissimo, piccolo - gli sussurrò. - Sei quanto di più bello abbia mai visto - .
La tensione parve affievolirsi, l'incanto di un bambino può idratare e addolcire i rami secchi di un cuore indurito, può far germogliare nuove gemme.
- Scusate l'intrusione - aggiunse con la voce arrochita dall'emozione. - È che credevo di trovarti sola col bambino, Lisa - .
- Ormai è fatta - rispose calma lei. - E poi stavamo per uscire. Vieni con noi? - .
- No, preferisco tornare a casa, sono appena rientrato, ho ancora le valigie in macchina. Ero solo passato un attimo per vedere finalmente Mark - .
Quel “finalmente” suonò alle orecchie di Lisa come una provocazione, che tuttavia scelse di non cogliere. Preferiva di gran lunga tenere un basso profilo verso di lui, mirando sempre e solo a un sufficiente equilibrio nella gestione del bambino.

[...] si affrettò a collegare il telefono al caricabatterie, trovandovi diversi messaggi e chiamate perse, in buona parte di Conrad. Cominciò a leggerli, contenta che anche lui avesse avuto il desiderio di sentirla.
“Sono ore che cerco di contattarti, senza riuscirci. Sei sparita. Ti ho chiamato, ti ho scritto, e tu niente. Vorrei proprio sapere che fine hai fatto. E perché mi stai ignorando”.
Era, questo, l'ultimo messaggio in ordine di tempo. I precedenti erano andati dalla calma del primo a un crescente nervosismo dei seguenti, fino a sfociare in quello conclusivo, apertamente polemico. Si diede d'istinto della stupida per aver dimenticato il caricabatterie a casa, altrimenti avrebbe potuto scrivergli o chiamarlo appena giunta in istituto. Lì per lì, presa dal saperlo preoccupato e contrariato per la sua assenza, non si accorse di colpevolizzarsi oltremisura per una banalità come il cellulare scarico. Il suo unico pensiero fu di chiamarlo subito per scusarsi e spiegargli l'accaduto.
Stavolta fu lui a non essere raggiungibile; allora, con i sensi di colpa che aumentavano ancor più, prese a scrivergli dei messaggi. Esordiva col chiedergli scusa, era mortificata, non sarebbe più successo, ma si era trattato di una serie di sciocche dimenticanze, poi l'incontro col direttore s'era protratto, infine era andata a riprendere Mark ed era arrivata a casa che era quasi sera. Ma come poteva pensare che lei volesse ignorarlo? Mai e poi mai l'avrebbe fatto, ora che tra loro andava tutto a meraviglia, ora che erano davvero una famiglia. Sperava di sentirlo appena possibile, lo pregava di richiamarla, così da chiedergli scusa anche a voce. Era stata un'irresponsabile, avrebbe dovuto pensare che lui si sarebbe preoccupato, al-
meno poteva chiamarlo dal telefono fisso dell'istituto o dal cellulare del direttore per tranquillizzarlo e spiegargli.
Attese per ore le risposte di Conrad ai suoi messaggi, tentando di chiamarlo più volte, ma nulla. Il telefono era spento e i messaggi non li aveva neanche letti.
Dopo giorni e notti felici, si ritrovò quella sera inquieta e sommersa da sensi di colpa viscosi, avvilita per la stupidità del suo comportamento e per non essere ancora riuscita a parlare con lui. Dormì poco e male, lo stomaco contratto e la salivazione pressoché azzerata.
Il messaggio che trovò al mattino trasudava di freddezza e distanza punitiva:
“Bene. Finalmente ho saputo che stai bene e non è successo nulla a Mark. Ma ho saputo anche che sei diventata superficiale e irresponsabile, visto che te ne vai in giro senza pensare che qualcuno, il sottoscritto, possa cercarti e preoccuparsi di non riuscire a contattarti. Peraltro, non mi avevi detto di voler tornare a lavorare a breve, né del tuo appuntamento col direttore, che in pratica ti ha tenu- ta con lui tutto il giorno. Sono molto contrariato, Lisa. Oggi ho la sensazione di essere molto in basso nella tua classifica di priorità”.
No, non poteva pensarla davvero così. Chi era quello sconosciuto che le aveva scritto? Non era il suo Conrad, l'uomo solare, affettuoso e ironico che amava. Quest'uomo era gelido e mortificante, sapeva ferirla, non aveva fiducia in lei... Doveva parlare subito con lui, quell'orribile equivoco tra loro non poteva proseguire.
Stavolta le rispose.
- Conrad, amore, mi dispiace per quel che è successo. Perdonami, non volevo - esclamò lei con la testa che le scoppiava. Sperava nella sua clemenza.
- Non hai pensato a me per tutto il giorno. Sei stata egoista, mi dispiace, ma devi accettarlo. Te ne sei fregata che io potessi preoccuparmi. E questo non lo sopporto - sentenziò lui in tono cupo.
- Ti prego, non dire così. Non è stato volontario, ma solo casuale. Mi sto scusando da ieri, vorrei solo che mi credessi. Non avevo alcuna intenzione di crearti disagio, e non immaginavo che mi avresti cercata durante il viaggio. Sono perdonata? - .
- Bah. Ne parliamo al mio rientro. Ora sono impegnato - .
E mise giù. Un senso di vertigine le s'impose immediato, era come se si trovasse in un mondo parallelo o in un incubo. Percepiva l'esagerata reazione di lui, soprattutto il perseverare in quell'atteggiamento negativo, ostico, anche dopo avergli spiegato e chiesto scusa, ma non riusciva a scrollarsi di dosso i sensi di colpa e quell'intenso disagio. Si sentiva come quando in un brutto sogno ci si vuol muovere, ma si è paralizzati.
Attese il ritorno di lui con un misto di apprensione e desiderio. La prima gliel'aveva inoculata lui, anche se non se ne rendeva conto, presa com'era dall'espiare la sua grave colpa; il secondo era originato dal bisogno di parlargli da vicino, di sentirlo fisicamente per trasmettergli il suo dispiacere e la necessità di essere creduta, insieme al fermo proposito di non comportarsi più così in futuro. Nean- che la sfiorava che lei, invece, pur non essendo riuscita a contattarlo per ore, dopo il suo messaggio polemico, non avesse reagito in quella maniera. Era solo inondata dal rimorso per il suo agire irresponsabile. [...]

[...] Il lungo corridoio bianco l'avvolgeva con il suo silenzio. Una giovane donna piangeva sulla sedia di fronte a lei. Piangeva sommessamente, senza singhiozzi, le lacrime le rigavano copiose il volto, lo sguardo pareva allucinato. Vittoria aveva assistito al ricovero del compagno di lei, ferito in maniera seria a seguito di un incidente stradale. Provò pena per la ragazza, oltre che per se stessa.
Nel giro di ventiquattr'ore le condizioni di Jeremy erano precipitate: gli ultimi giorni l'avevano visto cadere in una nuova crisi depressiva, aggravata dalle frequenti amnesie. Infine, in uno stato di semi torpore, la sera precedente l'aveva scorto portarsi una mano sulla spalla e sul braccio. Il timore che potesse trattarsi di un infarto l'aveva spinta a chiamare subito l'ospedale e chiedere soccorso. Timore fondato: per fortuna il suo tempismo aveva evitato il peggio, e ora Jeremy era ricoverato in terapia intensiva cardiologica.
La lunga strada verso la fine si stava trasformando in un'estenuante lotta contro il tempo, un riavvolgere faticosamente la fune della vita che tuttavia, a un ritmo sempre più incalzante, tornava a sciogliersi e a dissipare gli sforzi profusi. Una parte di lei aveva gettato i remi in acqua, s'era arresa, aveva esaurito le energie. La combatteva con caparbietà, si aggrappava all'apporto del counselor, s'impegnava al massimo facendo tesoro delle sedute, ma le zavorre che continuava a gettare via, sperando di risalire o perlomeno di mantenersi in stabilità, stavano per terminare. Tra poco non avrebbe avuto più nulla da barattare per preservarsi dalla caduta.
Meglio se precipitosa? Meglio se istantanea?
Rabbrividì, malgrado il caldo asfissiante del reparto. E deglutì, la gola secca e chiusa. Cercò di bere: l'esofago era contratto, l'acqua quasi non riusciva a passare. Rammentò all'improvviso le volontà di Jeremy, depositate dal notaio e pronte a essere applicate nel momento in cui...
Non riusciva neanche a formulare il pensiero, si piegò in due, sentì la nausea montarle. Con uno sforzo si alzò, corse in bagno e lasciò che lo stomaco si svuotasse. Restò a lungo poggiata alla parete, stremata. Poi s'impose di tornare nel corridoio: i medici avrebbero potuto cercarla per aggiornarla, doveva farsi trovare.
La ragazza stava discutendo con un'infermiera, voleva entrare, vedere il suo compagno. L'altra le ripeteva che non era possibile, perché l'avrebbero portato in sala operatoria dopo pochi minuti. Infine, la giovane annuì, chinando il capo tra le lacrime e accasciandosi come un sacco vuoto sulla sedia.
Vittoria s'avvicinò con passi incerti all'infermiera, domandando notizie su Jeremy.
- Signora, l'abbiamo stabilizzato. Ora è sedato e sotto costante osservazione. Non può vederlo, mi spiace. Le consiglio di andare a casa a riposare, la vedo molto provata. Qui non può far nulla per lui. Cerchi di recuperare le forze e torni domani. Se il quadro generale sarà accettabile, potrà entrare per qualche minuto. E, mi creda, è un bene che lui oggi non possa vederla in questo stato - .
- Ma... - mormorò Vittoria confusa. Poi tacque per qualche istante: fu come riprendere contatto con la realtà. Rammentò il suo viso stravolto intravisto nello specchio del bagno pochi minuti prima e si rese conto che il consiglio dell'infermiera era fondato.
- Ha ragione. Farò come dice - aggiunse infine con un filo di voce.
Una volta a casa, sentì l'esigenza di parlare con Lisa. La rubrica già aperta, il nome già selezionato: doveva solo premere il tasto della chiamata, ma il dito si fermò a mezz'aria, incerto, tremante. “No, no” si disse “non puoi angosciare tua figlia a migliaia di chilometri da te. Si sentirebbe impotente e anche in colpa per non esserci. Lasciala stare”.
E chiamò Nicholas. [...]
Tina Taliercio
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Autori di Writer Officina

Tina Taliercio
Sono nata e vivo a Ischia, dove lavoro da sempre come traduttrice e operatrice turistica. Ho studiato all'Università di Napoli Federico II e poi alla Scuola Superiore Interpreti e Traduttori. Sin da piccola ho provato un grande amore per le lingue straniere e, naturalmente, per la lettura, oltre che per la musica di qualità e la psicologia. Da giovane mi sono anche dilettata a condurre programmi radiofonici in radio locali e a fare la deejay. Nel corso degli anni ho messo su la mia agenzia di servizi linguistici, tuttora attiva, e nel contempo mi sono dedicata al lavoro nelle strutture ricettive dell'isola, attività che mi consente di vivere continuamente il rapporto, scritto e orale, con le lingue. Ho viaggiato molto ma non quanto avrei voluto e, da ogni esperienza in Italia e all'estero, ho imparato tanto in termini di culture alternative alla nostra e di visioni del mondo.
Mi sono anche dedicata con passione all'attività di pubblicista, concentrandomi su temi quali politica, cultura, turismo, tutela dell'ambiente, attualità, costume. A questo, ho affiancato la redazione di testi inediti per il web, a volte estesi a interi siti. Questo insieme di esperienze ha rappresentato le radici su cui è nataLa leggenda di Nitrodi, il mio esordio letterario pubblicato nel 2019 da Divergenze Edizioni. Faccio parte di una generazione che ha conosciuto la vita ben prima della rivoluzione digitale e ho potuto perciò esperire in toto gli enormi benefici che questa ha prodotto. Tradurre senza la Rete era un'impresa davvero ostica, mentre oggi si può attingere da un numero infinito di fonti. Ma naturalmente la rivoluzione non riguarda solo le traduzioni, bensì ogni ambito della vita: chi demonizza il mondo digitale mette semplicemente in atto le resistenze dell'essere umano verso tutto ciò che è nuovo, ma che dovrebbe essere prima conosciuto e poi valutato. Internet è uno strumento: sta a noi gestirlo e non farci gestire.

Writer Officina: Qual è stato il momento in cui ti sei accorta di aver sviluppato la passione per la letteratura?

Tina Taliercio: Ricordo che già dai primi anni di scuola avvertivo la passione per lo studio e la lettura. In casa circolavano molti libri e dunque l'humus era quello giusto. Cominciai così a leggere la letteratura tipica di quell'epoca per i ragazzi, Piccole Donne, David Copperfield, I ragazzi della via Pál e così via, fino ad approcciare man mano letture che oggi definiremmo “young adult”. Verso la fine dell'adolescenza scoprii poi grandi autori come Primo Levi, Italo Calvino, Oscar Wilde, Franz Kafka, Alba de Céspedes, Charles Bukowski e molti altri. È stato allora che mi è sorto il desiderio di non limitarmi a scrivere il mio diario segreto, ma di dar vita ad un racconto. Si chiamava L'altra verità e oggi mi rendo conto che includeva alcuni temi che poi si sono riversati anche nei miei scritti più recenti. In quegli anni ho anche iniziato il mio cammino nella saggistica (soprattutto nell'ambito della psicologia e della linguistica), che resta tuttora un caposaldo nelle mie letture.

Writer Officina: C'è un libro che, dopo averlo letto, ti ha lasciato addosso la voglia di seguire questa strada?

Tina Taliercio: Ce ne sono tanti. Forse il primo in ordine di tempo è stato Quaderno proibito di Alba de Céspedes: la tematica femminile, lo stile intimista e la storia in sé mi coinvolsero profondamente. In quello stesso periodo ricordo di essere stata colpita anche da Eutanasia di un amore di Giorgio Saviane, che stimolò parecchio la mia esigenza di esprimermi attraverso la scrittura. Tra i molti libri “ispiratori” che si sono succeduti negli anni successivi, cito Se una notte d'inverno un viaggiatore di Italo Calvino: rimasi folgorata dalla struttura totalmente inedita di quel libro, una sorta di sliding doors attraverso cui ci si ritrovava ogni volta in una storia diversa, che poi non si concludeva mai, perché lasciava il posto a un'altra... Una sensazione di sospensione, di attesa, di curiosità, di scommessa che la sesta, la settima o l'ottava storia si sarebbe conclusa. E invece no, il bello era proprio che le sliding doors continuassero a girare. “Questo libro è un colpo di genio”, pensai, sin dalla prima pagina con quell'incipit che mi aveva fatta letteralmente saltare dalla sedia!

Writer Officina: Dopo aver scritto il tuo primo libro, lo hai proposto a un Editore? E con quali risultati?

Tina Taliercio: La genesi del mio primo libro, che non è La leggenda di Nitrodi è molto particolare. Avevo scritto un romanzo molto lungo, tratto da una mia esperienza di vita; dopo i nove mesi (come fosse la gestazione di un figlio) di scrittura e revisione, inviai il manoscritto a molte case editrici. Non avevo alcuna esperienza diretta nel mondo editoriale e dunque lo proposi a tutte quelle che riuscii a scovare su Internet. Dopo alcune settimane cominciai a ricevere diverse proposte di pubblicazione, che, naturalmente, mi riempirono di gioia. Poi, leggendo i contratti, arrivò la doccia fredda: si trattava di CE a pagamento. Rimasi allibita, mi sembrava un vero controsenso che l'autore dovesse pagare per essere pubblicato, visto che consideravano il mio romanzo valido. Indagai sul web e scoprii quanto fosse diffusa l'amara piaga dell'editoria a pagamento (che in realtà di dovrebbe definire “stamperia a pagamento”). Arrivarono a chiedermi 4.800 € di contributo! Per fortuna decisi di non cadere nella trappola. Dopo un paio di mesi iniziai a ricevere valutazioni da CE serie, che mi confermavano l'apprezzamento del mio romanzo, ma la cui lunghezza le bloccava dal pubblicarlo, giacché il prezzo di copertina sarebbe stato fuori mercato. Mi chiedevano di abbreviarlo, e ci pensai anche, ma mi resi conto che ne avrei svilito il senso e impoverito i contenuti. Continuavo a inviare il manoscritto, sperando che qualcosa potesse cambiare, finché non mi contattò la mia attuale casa editrice, Divergenze, il cui titolare mi ha fatto sì lo stesso discorso del costo di copertina eccessivo, ma poi ebbe un'idea brillante, proponendomi di pensare ad un'altra storia, più agile e immediata, a cui offrire la mia scrittura, da lui definita “emotiva, efficace, avvolgente, mai inutilmente complicata, di getto”. Ero frastornata, al limite dello sbigottimento, anche perché non immaginavo di poter concepire un'altra storia in quel momento. Tra l'altro, mi prese il panico che potesse trattarsi di un'ennesima CE a pagamento, ma fu l'editore stesso ad affrontare spontaneamente l'argomento, dicendo che pagare un autore per pubblicarlo era eticamente inconcepibile e che equivaleva al lavoro di una tipografia. Così non volli deludere le sue aspettative così alte nei miei confronti e promisi di pensare a una nuova storia. La straordinaria alchimia che s'era creata tra noi non tardò a manifestarsi: nel giro di tre giorni concepii la sinossi, gliela inviai e il giorno dopo mi comunicò che gli piaceva molto. E così nacque La leggenda di Nitrodi!
Pubblicata da diversi mesi, ricevetti poi la proposta di pubblicazione del mio romanzo precedente, per il quale la soluzione rispetto alla lunghezza proibitiva e al conseguente costo di copertina improponibile mi si palesò nella sua semplicità: l'ebook. L'editore che me lo propose era specializzato nell'editoria digitale e tra l'altro mi disse che il mio romanzo non necessitava neanche di editing, ma andava semplicemente impaginato per il formato elettronico. Nell'arco di un paio di mesi fu pubblicato su tutte le piattaforme digitali; per mia scelta, lo firmai con uno pseudonimo, visto che narrava una mia esperienza personale. In pratica, i due romanzi sono usciti nell'arco dello stesso anno, il 2019, e devo dire che è stata una vera gioia, un'emozione che non si dimentica.

Writer Officina: Ritieni che il ruolo dell'autore risieda nell'impegnarsi a creare la sua opera e che poi la promozione spetti alla casa editrice?

Tina Taliercio: No, sarebbe un errore e anche un peccato di vanità, se così si può dire. Una volta completata la stesura e la revisione dell'opera, l'autore deve occuparsi dell'editing in tandem con l'editore (che assegna uno o più editor a ogni progetto), all'elaborazione della copertina e dell'eventuale esergo e all'invio della propria biografia. È compito dell'autore collaborare con il suo editor per valutare insieme tutte le modifiche proposte, che potrà accettare o rifiutare (in quest'ultimo caso fornendo motivazioni valide). Al termine dell'editing, sarà l'autore a dare il Visto si Stampi, nel momento in cui riterrà che l'opera ha raggiunto la sua forma migliore e definitiva.
Dopodiché, in seguito alla pubblicazione del volume, riprenderà il tandem tra autore e editore per la promozione. L'editore invierà i comunicati-stampa a testate giornalistiche e radio-televisive, critici, blog, biblioteche e quant'altro; promuoverà e metterà in vendita il libro sul proprio sito e sulle proprie pagine social e invierà la scheda di presentazione a tutte le librerie presso cui è presente la sua casa editrice nonché a tutti i bookstore online. Dal canto suo l'autore si occuperà di promuovere l'opera on e offline, nel senso che creerà dei post ad hoc sulle proprie pagine social, diffonderà la notizia nella sua rete di conoscenze e amicizie e organizzerà delle presentazioni nelle biblioteche, nei centri culturali, nelle librerie e in tutte le sedi che riterrà idonee, oltre a rendersi disponibile per interviste on e offline.
In particolare, se il suo libro non è attinente a fatti di stretta attualità, il tempo non costituirà un limite, poiché un testo che esula da aspetti contingenti potrà essere promosso anche sul medio e lungo termine.
Solo attraverso una stretta cooperazione tra autore e editore sarà possibile dare all'opera il giusto risalto, giovandosi delle infinite possibilità di comunicazione oggi disponibili per tutti.

Writer Officina: La tua esperienza può essere utile a chi intenda scrivere un romanzo perché ha una storia da raccontare, ma ha bisogno degli strumenti, parliamone

Tina Taliercio: Devo dire che l'esperienza sin qui maturata mi dà la misura di quanto all'inizio fossi “naïf”, non tanto nella scrittura in sé quanto nel lungo e complesso processo che porta alla pubblicazione. Avere una storia da raccontare è ovviamente fondamentale, ma non basta. Intanto è indispensabile amare la lettura quanto la scrittura: leggere è un presupposto vitale, perché solo immergendosi in tanti autori, anche di epoche diverse, e possibilmente in altre culture, si può davvero entrare in contatto con la scrittura. Detto questo, accanto a un'ottima conoscenza della propria lingua, occorre sviluppare il proprio stile, assumere un'attitudine critica verso sé stessi, essere disponibili ad ascoltare critiche costruttive, e dotarsi di una grande pazienza (prima verso di sé e poi verso gli editori contattati). Aver fretta è quanto di più deleterio possa esserci. Intanto, potrebbe essere utile (per alcuni, non per tutti) seguire un corso di scrittura creativa, a condizione che i presupposti essenziali siano tutti presenti: una buona cultura generale, che deriva anche ma non solo dal leggere molto e una dote naturale di scrittura e di flessibilità mentale. Perché in tali corsi non si insegna a scrivere bensì a utilizzare le tecniche di scrittura e acquisire l'occhio critico sui propri testi. Occorre dunque che ci sia una solida base, senza la quale sarebbe come aggiungere condimento ad un piatto... inesistente.
Nel mio caso, non ho frequentato corsi di scrittura creativa, poiché la mia formazione di traduttrice, accanto alle esperienze di pubblicista e di redattrice di testi inediti, conteneva già in sé l'acquisizione di una buona confidenza con il narrare, ed era unita all'imprescindibile esigenza di leggere tanto, sia narrativa che saggistica.

Writer Officina: Quale tecnica usi per scrivere? Prepari uno schema iniziale, prendi appunti, oppure scrivi d'istinto?

Tina Taliercio: L'istinto è fondamentale, tanto che non è possibile “imporsi” di scrivere, mentre è indispensabile sentire dentro una spinta, un'esigenza, una forza che chiede di esprimersi. A questo proposito mi sovviene la straordinaria poesia di Bukowski dal titolo E così vorresti fare lo scrittore? Descrive con precisione quasi chirurgica il bisogno, la necessità impellente, l'insopprimibile fuoco che arde in chi davvero sente di non poter fare altrimenti e, per converso, gli infiniti motivi per i quali non vale la pena, anzi non è giusto, pensare di fare lo scrittore. Lascia anche riflettere su quali dovrebbero essere gli obiettivi della scrittura, che di certo non riguardano il desiderio di mere gratificazioni, la fama o il denaro. Leggere questa mirabile poesia significa provare su di sé una “scossa” efficace, un mezzo attraverso cui guardarsi dentro.
Per mia indole, appena mi sento ispirata, scelgo di elaborare prima mentalmente l'idea iniziale; quando questa ha preso forma e sostanza nei miei pensieri, redigo la sinossi, che considero un presupposto essenziale per la scrittura, un primo faccia a faccia con il romanzo. Con la sinossi si progetta la storia nel suo insieme, i passaggi principali e l'epilogo. Rivederla a fondo significa poi comprenderne l'intreccio, analizzarne la congruenza, valutarne i giusti ritmi e l'attrattività che potrebbe esercitare sul lettore. Dopodiché inizio la stesura. Naturalmente, in corso d'opera la storia si arricchisce – tanto di eventi quanto di personaggi – fino ad assumere la forma definitiva, che non è detto giunga durante la prima stesura, anzi. Mi capita abbastanza spesso che, in fase di rilettura un passaggio non mi convinca, oppure ci sia un qualcosa che sento mancante, oppure ancora che mi nasca improvvisamente una nuova idea da integrare... In tutti questi casi, modifico, aggiungo, correggo e poi, una volta finita la revisione completa, lascio il manoscritto “decantare” per diversi giorni, in modo tale che, quando lo riprendo in mano, si sia creata la giusta distanza tra me e il testo e io possa leggerlo quasi come fosse la prima volta o addirittura come se non l'avessi scritto io.
È giusto e bello che si rimanga sempre aperti ai cambiamenti e non si consideri mai un proprio scritto come “intoccabile”, però è vero che la sinossi rappresenta l'ossatura da cui partire, una sorta di navigatore satellitare che mi conduce tra le strade del romanzo; poi sta a me, all'ispirazione del momento e alla mia creatività seguire il percorso che mi indica o deviare in cerca di soluzioni inedite.

Writer Officina: Cosa hai voluto dire con la tua storia?

Tina Taliercio: Nella scrittura della mia storia ho percepito diversi elementi mirati a ciò che desideravo trasmettere: in primo luogo, ho voluto focalizzarmi su una tematica che mi sta molto a cuore, la violenza di genere. Oggi se ne parla più di prima, ma, forse proprio come reazione negativa, si verificano ancora un numero spaventoso di casi di sopraffazione, abuso e degenerazione dei rapporti. Ciò che emerge a livello di cronaca sono solo i casi più estremi, quelli che portano al femminicidio, ma in realtà ci sono moltissime altre situazioni di violenza psicologica e fisica che restano nell'ombra. E sono quelli su cui lavorare di più, per evitare che si giunga a conseguenze senza ritorno. Un'altra ragione è stata quella di rendere omaggio alla mia terra, la Campania, con cui ho vissuto un rapporto molto conflittuale per buona parte della mia vita. Mi ci sono voluti molti anni per imparare ad apprezzarne i tanti aspetti positivi e a scoprire il profondo rapporto che mi lega a lei.
Inoltre, a posteriori mi rendo conto che nel mio libro c'è molto di me: la sensibilità verso la condizione femminile, la passione per la psicologia e il già citato amore per la mia terra.

Writer Officina: In questo periodo stai scrivendo un nuovo libro? È dello stesso genere di quello che hai già pubblicato, oppure un'idea completamente diversa?

Tina Taliercio: Attualmente mi sto dedicando a due nuovi progetti in contemporanea: da un lato sto preparando la pubblicazione del secondo volume de La leggenda di Nitrodi e dall'altro sto scrivendo un nuovo romanzo.
Il primo volume ha ottenuto un buon apprezzamento ed è stato anche ristampato in edizione speciale nel novembre 2020. Tuttavia già prima della ristampa, i miei personaggi avevano bussato alla mia porta con delicatezza e decisione nel contempo, chiedendomi a gran voce di non lasciarli andare, di continuare a narrarli con l'amore che avevo messo nel primo libro. Non potevo eludere il loro desiderio, che si è espresso senza preamboli, insomma in media res, dentro di me. La sinossi è stato un atto immediato e spontaneo, la storia era già tutta sviluppata, anche se poi, come al solito, strada facendo s'è ulteriormente arricchita: nuovi personaggi si sono affiancati ai precedenti, nuove tematiche hanno reso la vicenda più drammatica e si sono focalizzate su questioni e quesiti di portata etica e filosofica di estrema attualità. Con molta probabilità questo secondo volume vedrà la luce entro quest'anno.
Il nuovo romanzo a cui sto lavorando ha peraltro dei punti di contatto con i precedenti, ma nello stesso tempo gode di un'ambientazione del tutto diversa, accanto a un intreccio per me inedito. Uno degli obiettivi che sento ineludibili nella mia scrittura è quello di affrontare aspetti importanti della condizione femminile, con la speranza che possano essere fonte di riflessione e magari di maturazione di una nuova consapevolezza per il lettore. Su questo tema c'è ancora tantissimo da fare, a qualsiasi latitudine, malgrado gli indiscutibili progressi degli ultimi decenni. Questo è senz'altro il fil rouge di tutte le mie storie, a cui tento però di dare di volta in volta un'identità a sé, cercando in tutti i modi di non cadere nel tranello della ripetitività e prevedibilità. Penso di concludere il mio nuovo romanzo entro l'anno, con l'obiettivo di pubblicarlo nel 2022.
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