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La Donna del Gioco
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Una cosa che gli dava maledettamente fastidio era dover cercare un parcheggio anche in vacanza. Lo faceva tutto l'anno quando doveva rincorrere mille impegni. Aveva già provato in un paio di punti, ma non era riuscito nell'impresa. Sembrava che quel giorno tutta la Valle Camonica si fosse data appuntamento a Vezza d'Oglio.
In preda allo sconforto, dette retta alla moglie e si diresse lentamente verso il Centro Eventi Adamello, ultima possibilità.
Anche questa volta, Piera aveva avuto ragione. La fortuna aveva assunto le sembianze di una famigliare di color grigio chiaro. L'auto stava uscendo e lasciava un parcheggio di dimensioni adeguate. Giancarlo Piazza attese pazientemente che l'auto finisse le manovre e finalmente poté parcheggiare la propria autovettura. Scese e con un sospiro di sollievo si liberò dell'ingombrante fardello. Ora erano finalmente liberi di godersi la giornata di festa.
Si diressero verso l'ampia struttura turistica. Un flusso consistente di persone stava seguendo lo stesso percorso. Una leggera brezza proveniente dalla valle aveva spazzato via ogni nuvola dal cielo. Un sole brillante di inizio pomeriggio d'estate stava dando ai colori una brillantezza particolare. Lo scenario alpino, anche se ormai lo conoscevano da anni, riusciva a stupirli con la sua smagliante bellezza.
L'aria di festa, il brulicare di persone e l'imminente inizio della manifestazione stavano creando in loro una certa euforia. Procedettero di buon passo, ormai erano in prossimità della struttura; personaggi vestiti con abiti variopinti e di fogge particolari stavano concentrandosi proprio lì. La Banda di Vezza, con le caratteristiche casacche rosse e lo stendardo, aveva già preso posizione in testa al corteo che stava per formarsi. La IX Rassegna Folkloristica Internazionale di canti e balli popolari denominata La Dòna del Züc stava per dare il via alla sua giornata conclusiva. Piazza ebbe l'impressione che qualcosa non quadrasse con il programma che avevano visto durante la mattinata sui manifesti. Chiese a un passante dove si sarebbe svolto lo spettacolo. L'uomo, non molto convinto, gli rispose che, visti i preparativi, era logico pensare che si sarebbe svolto su in piazza, nel centro storico. Ringraziò.
La moglie di Giancarlo avrebbe gradito seguire da vicino il corteo, queste cose la emozionavano sempre. Lui, invece, la convinse che, se volevano trovare un posto abbastanza comodo per vedere lo spettacolo, era meglio avviarsi subito e utilizzare una via alternativa. Presero una strada ripida che portava direttamente sul luogo dell'esibizione. Si resero presto conto che la via era veramente diretta, forse troppo! In effetti, in poche centinaia di metri, inerpicandosi tra le case di recente costruzione, superava un dislivello non trascurabile. Una forte accelerazione del battito cardiaco e una leggera mancanza di fiato fecero capire loro che avevano affrontato la salita con troppo impeto. Ormai era fatta... Giunti in centro, in una zona pianeggiante, rallentarono per normalizzare cuore e respiro. Percorsero ancora qualche stradina stretta piuttosto ombreggiata, finché una luce accecante li accolse all'ingresso della piazza davanti alla chiesa. Sbucarono proprio di fianco all'edificio. Anche lì ferveva un'intensa attività organizzativa. Le costruzioni circostanti, con la loro mole incombente e austera, parvero accoglierli in un ampio abbraccio affettuoso. Un bellissimo colpo d'occhio, emozionante e coinvolgente. In fondo, la piazza finiva con il ponte sul fiume e i suoi parapetti di pietra chiara.
Sul sagrato, alcuni ragazzi dell'organizzazione stavano finendo di disporre in modo regolare, messe sui lati lunghi, alcune file di sedie di plastica bianca. La macchia chiara spiccava nettissima contro le facciate color pastello degli edifici e creava un piacevole contrasto. I due coniugi, con una certa gratitudine guardarono le sedie e non disdegnarono la possibilità di utilizzarle. Si sistemarono davanti a un negozio di frutta e verdura, aperto per l'occasione, sul lato destro rispetto alla facciata della chiesa. Avevano scelto quella parte per non avere il sole negli occhi durante le esibizioni dei gruppi. Non avevano seguito la banda nel corteo e questo a Piera dispiaceva, ma aver trovato un posto a sedere poteva considerarsi una positiva consolazione. Si sedettero. In lontananza, portate dalla leggera brezza, giungevano le note gioiose dei brani musicali suonati dalla banda di Vezza. Una folla multicolore e vociante aveva invaso la piazza.
Dalla strada che costeggia la chiesa, arrivarono tre uomini vestiti in modo formale, salirono i gradini e parlottarono con i tecnici del suono. Probabilmente, si trattava di qualche autorità. Sorridenti, padroni della situazione, si muovevano con disinvoltura tra la strumentazione sul palco, che era il sagrato della chiesa. Confabularono ancora un attimo, poi uno dei tre si avvicinò al microfono. Due leggeri colpetti per saggiare il livello del suono. Parve soddisfatto del risultato. Il pubblico, richiamato dal rumore, si zittì. L'uomo sul palco, con uno sguardo ai suoi vicini, chiese conferma sulla possibilità di iniziare. Un misurato cenno del capo gli diede il via libera.
- Signore e signori buongiorno - . La sua voce esplose nel silenzio sospeso. - A nome della Pro-loco di Vezza d'Oglio e del consiglio comunale, sono lieto di dare a tutti i presenti un cordiale benvenuto. È con estremo orgoglio e soddisfazione che sto per dare inizio alla giornata conclusiva della nona edizione della rassegna folkloristica internazionale denominata La Dòna del Züc - .
L'uomo continuò con una litania di ringraziamenti a vari soggetti e ripercorse per sommi capi la storia della manifestazione. Una sorta di autocelebrazione che evidentemente riteneva doverosa, anche se interessava a pochi. Terminata l'introduzione e cambiato il tono, animò il pubblico anticipando cosa avrebbe contenuto quell'ultima giornata di festa.
- Prima di cominciare - aggiunse, - abbiamo ancora qualche minuto. Il corteo, mi dicono, si è leggermente attardato. Vorrei ricordare da dove prende il nome la nostra manifestazione. Per chi è della zona, ovviamente non ci sono problemi, per gli altri forse potrà apparire una denominazione curiosa. La Dòna del Züc è un personaggio che affonda le radici nella nostra storia e nella cultura della nostra valle. La scelta del nome coincide col desiderio di ribadire e ricordare le nostre origini, di affermare nel tempo la nostra identità di popolo di ieri, di oggi ma soprattutto di domani... A questo punto, prima dell'arrivo del corteo dei gruppi folkloristici, i nostri giovani ricreeranno il clima di festosa baraonda, di rumore, che una volta nella nostra valle si faceva, una specie di Halloween nel periodo più cupo dell'anno... Verso novembre, per intenderci. Questi rumori, queste grida avrebbero dovuto tenere lontane le streghe che in quel periodo passavano dirette verso il Passo del Tonale, per i loro riti. La gente temeva che nel passaggio potessero rapire i bambini, quindi più rumore si faceva tanto più ci si sentiva tranquilli. Ecco i nostri ragazzi... Accogliamoli con grande applauso - .
Mentre il pubblico tributava il doveroso applauso, dalla viuzza laterale si percepirono rumori di tromba, campanacci e strani oggetti di legno. Sbucarono due ragazzi, abbigliati con indumenti arcaici, che trascinavano un carretto su cui era steso un loro compagno vestito da donna. Dietro di loro seguivano altri ragazzi e ragazze che facevano un gran baccano.
Il pubblico applaudiva e rideva coinvolto da questa buffa apparizione. Anche Piazza e la moglie seguivano divertiti quanto stava succedendo. All'improvviso una folata di vento gelido, imprevedibile in una giornata come quella, fermò tutto come in un'istantanea. Gli sguardi si mescolarono l'uno all'altro, incerti, sorpresi, smarriti. Come spuntati dal nulla, due corvi gracchiarono spezzando il silenzio surreale. Si percepì un'ancestrale paura nel respiro delle persone ammutolite. I corvi attraversarono velocemente l'aria e andarono ad appollaiarsi sui due bracci del lampione di foggia classica. Restarono in attesa.
Il vento si intensificò e delle nuvole scure accorsero veloci. In pochi secondi, il cielo si tinse di buio minaccioso. La pioggia sembrava volersi abbattere con la forza di una tempesta. Un certo nervosismo aleggiava tra il pubblico. Gli organizzatori temettero il peggio, la pioggia imminente era un pericolo per tutta la strumentazione e la festa.
La banda aveva proseguito il suo cammino e ora preannunciava il corteo riempiendo di suoni l'aria. Le camicie rosse formarono una macchia vivida nel clima grigio che si era impadronito di tutto.
Erano trascorsi pochi minuti quando apparve un altro corvo. Si posizionò qualche metro sopra il lampione e rimase completamente immobile nel vento per alcuni interminabili secondi. Giancarlo lo osservò con curiosità, era la prima volta che vedeva una cosa del genere. Il volatile immobile sembrava sospeso nel vuoto. Poi, come colpito da una fucilata, precipitò su una composizione di fiori che stava sotto i bracci del lampione. Si raddrizzò e lì rimase immoto.
Grosse gocce di pioggia cominciarono a cadere. I gruppi folkloristici, uno dopo l'altro, si riversarono nello spazio lasciato libero tra le due file di sedie per il pubblico. Accompagnata da folate di vento freddo, la pioggia crebbe di intensità. Un trambusto scomposto accompagnò lo spostamento della gente verso ripari improvvisati.
Alcuni spettatori se ne andarono, gli altri sembravano aver trovato una sistemazione soddisfacente. Il presentatore, nonostante la pioggia, continuò a parlare, descrivendo i gruppi e annunciando un sostanziale rispetto del programma. Tra gli spettatori serpeggiava una leggera delusione, ma molti restarono sperando in un miglioramento del tempo. Anche Giancarlo Piazza e sua moglie non erano disposti ad andarsene così in fretta. Le prime gocce di pioggia le avevano subite con una certa disinvoltura, quando poi si erano fatte più fitte, si alzarono per trovare un riparo. Si accostarono al muro vicino all'ingresso del negozio alle loro spalle. Per evitare un bambino che stava correndo verso la madre, Giancarlo si spostò sulla destra colpendo leggermente un vicino con il gomito. Si girò e si rivolse all'uomo:
- Mi scusi, spero di non averle fatto male... - si bloccò sorpreso, - ma, ma noi... Tenente Perillo? Anzi, Vice Commissario Perillo. Si ricorda di me? - .
Lo aveva riconosciuto subito nonostante fosse passato un po' di tempo da quando si erano incontrati per una brutta storia riguardante una truffa alla sua banca e la tragica scomparsa di un collaboratore.
- Dottor Piazza, ma certo che mi ricordo di lei, come potrei averla dimenticata! Mi fa veramente piacere vederla. Come sta? Che cosa fa da queste parti? - . |
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Parlare di se stessi, penso, sia una delle cose più difficili. Si corre, sempre, il rischio di cadere in una serie di banalità e luoghi comuni oppure di eccedere in autocelebrazioni. Io non vorrei fare nè una cosa nè l'altra. In una vita normale, tra Varese e Milano, con una famiglia normale, moglie e due figli, con una attività professionale normale, nel mondo bancario, il mio hobby preferito è sempre stato la lettura. Rubando un pò di tempo qua e là, i libri sono sempre stati i miei fedeli compagni, spaziando dai classici ai moderni. Tra tutti però un posto speciale lo riservo a Edgar Allen Poe, Luigi Pirendello e Emile Zola, anche se Aleksandra Marinina, nel mondo dei gialli, occupa un posto particolare. Poi, una decina di anni fa, quasi per caso, ho cominciato a scrivere. Da allora non ho perso il vizio.
Writer Officina: Qual è stato il momento in cui ti sei accorto di aver sviluppato la passione per la letteratura?
Giampaolo Creazza: Onestamente non ricordo il momento preciso ma, dal momento in cui ho imparato a leggere, non ho mai smesso.
Writer Officina: C'è un libro che, dopo averlo letto, ti ha lasciato addosso la voglia di seguire questa strada?
Giampaolo Creazza: Sì, lo ricordo perfettamente. Dopo aver letto questo libro pubblicato da una importante casa editrice, di cui non faccio il nome, mi sono detto che un romanzo così poteva scriverlo chiunque, forse anche io. Detto ciò, per dimostrarlo, ho cominciato a scrivere.
Writer Officina: Dopo aver scritto il tuo primo libro, lo hai proposto a un Editore? E con quali risultati?
Giampaolo Creazza: Il primo romanzo, “Un Tramonto sul Verbano”, l'ho presentato a un concorso della Perrone Editore, si è classificato tra i tre finalisti. Poi l'ho pubblicato con un'altra casa editrice ma l'esperienza non è stata positiva. Ho cambiato editore e ho pubblicato i due romanzi successivi. Poi, a causa del cambio del progetto editoriale (si occupavano solo di letteratura sportiva) i nostri rapporti si sono interrotti. Da allora ho fatto solo autopubblicazione, ero stanco di perdere tempo inseguendo deludenti case editrici.
Writer Officina: Ritieni che pubblicare su Amazon KDP possa essere una buona opportunità per uno scrittore emergente?
Giampaolo Creazza: Sì, penso possa essere una valida possibilità.
Writer Officina: I tuoi romanzi sono in qualche modo collegati o ogni libro tratta un argomento diverso?
Giampaolo Creazza: Fino a questo momento ho scritto sei romanzi. Sono tutte storie scollegate anche se tre sono ambientate nel mondo della banca. Non amo, comunque, creare sequel, ogni storia comincia e finisce.
Writer Officina: C'è qualcosa di comune in tutti i tuoi romanzi?
Giampaolo Creazza: Sì, direi di sì. Il finale... Normalmente è un finale imprevedibile, spiazzante. Quasi mai è quello che il lettore si aspetta, non sempre il bene trionfa.
Writer Officina: Hai mai cambiato il finale di un libro?
Giampaolo Creazza: No, ogni romanzo nasce con un finale e quello deve essere. Solo una volta, ne “Un bancario modello”, un amico mi ha detto che il finale faceva troppo “incazzare”, allora ho aggiunto un capitolo per mitigare un pò l'effetto.
Writer Officina: Le storie che racconti e i personaggi sono reali o pura immaginazione?
Giampaolo Creazza: Sono un mix tra realtà e immaginazione. Tutte le storie comunque hanno uno spunto tratto dalla realtà. Di solito il primo capitolo descrive situazioni reali.
Writer Officina: A quale dei tuoi libri sei più affezionato? Puoi raccontarci di cosa tratta?
Giampaolo Creazza: Probabilmente il primo, “Un tramonto sul Verbano”. E' un romanzo sofferto, scritto con il sangue mio e dei miei colleghi, in cui racconto il declino e la caduta di una banca locale, il titolo allude in parte a questo. Le vicende, per lo più vere, sono adattate alla necessità di essere un giallo ambientato nel mondo della finanza. Mi piace molto anche l'ultimo nato “Ego Alter - Nella vita di una altro”. Molti di noi sognano di vivere la vita di un altro, più appagante, di successo... e, pur di farlo, sarebbero disposti a tutto. Questa voglia di essere un altro, a volte, può riservare grosse sorprese.
Writer Officina: Quale tecnica usi per scrivere? Prepari uno schema iniziale, prendi appunti, oppure scrivi d'istinto? Perchè la scelta di scrivere romanzi gialli/ thriller?
Giampaolo Creazza: La storia prende forma prima di tutto nella testa e deve avere una sua struttura logica e completa. Per non perderne degli elementi importanti mi tengo una scaletta degli avvenimenti da narrare, nella stesura ci possono essere delle evoluzioni e delle digressioni ma l'impostazione iniziale non può variare. Perchè libri gialli? Perchè mi obbligano a una gestione assolutamente logica degli avvenimenti e dei dettagli è un pò come un esercizio di matematica in cui nulla è casuale.
Writer Officina: In questo periodo stai scrivendo un nuovo libro? È dello stesso genere di quello che hai già pubblicato, oppure un'idea completamente diversa?
Giampaolo Creazza: Sì, sto lavorando a un'idea nuova, ovviamente di genere thriller. Si tratta di una una indagine atipica di due pseudogiornalisti alle prese con un “cold case”. Personaggi nuovi, con tanta buona volontà, poco esperti ma con un pizzico di fortuna. Spero risulti una storia piacevole. |
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