Writer Officina
Autore: Andrea Bindella
Titolo: Terra 2486
Genere Fantascienza
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Terra 2486
La scoperta.

- Ora che ti ho spiegato il piano fin nei minimi particolari, dovrebbe arrivare la cavalleria a uccidermi e salvarti, proprio come nei film - . La donna si guardò intorno e tese le orecchie. - Non sento niente - . Sorrise. - Addio, tesoro. A non rivederci più - . Prese la mira e gli sparò alla testa.

* * *

- Deve essere lui - dichiarò l'umanoide con le corna. Si faceva chiamare Bafhetis.
- Sì, dobbiamo fare in fretta, rischiamo di perdere la sua essenza - replicò l'umanoide con la barba bianca lunga. Lo chiamavano Elhoynam.
- Dopo quasi cinquemilaseicento anni, ti fai prendere dall'ansia proprio ora? - sbottò Bafhetis.
- Se quel giorno non ti fossi messo in mezzo, con quella tua idea di salvarli a bordo di una strampalata nave di legno, ora non ci troveremmo in questa situazione! - .
- Bravo, sono solo cinquemila anni che me lo rinfacci, mi stavo giusto chiedendo quando lo avresti fatto anche oggi - .
- Che poi, non ti era bastata, la prima volta, con quella specie di zattera? Anche la seconda volta hai voluto fare il misericordioso; sistemi solari e pianeti diversi, stessa fine. Ma perché continuo a lavorare con te, mi chiedo. Voglio il trasferimento! - aggiunse Elhoynam.
- Bla, bla, bla... Sempre le stesse ciance. Che pazienza, povero me - .
- Bafhetis, metti il riattivatore sul petto di questo cadavere; ci vorranno anni per ridargli un corpo funzionante - .
- Perché, hai impegni? - .
- Allora avrai l'onore di spiegarlo a mia moglie - lo minacciò.
Bafhetis appoggiò il congegno elettronico, simile a un piatto di ceramica, sul petto del cadavere disteso a terra. Con le dita artigliate sfiorò alcuni pulsanti situati al centro del disco che iniziò a emettere uno strano ronzio, seguito da flash luminosi. Il cadavere venne scosso da convulsioni sempre più frequenti e forti, fino a quando il disco non smise di ronzare e l'intera struttura ripiombò nel silenzio più assoluto.
- L'essenza dell'umano è stata risucchiata nel disco, ottimo lavoro - osservò Elhoynam.
- Prendiamo questo corpo e portiamolo a bordo della nave. Non ha la minima idea di quello che lo aspetterà una volta riaperti gli occhi - .
Una risata sinistra riempì l'hangar spaziale.

* * *

CIRCA TRE MESI PRIMA
- Qui colonia Adras, ci ricevete? Siamo stati attaccati. Vi prego, aiutateci! Mi sentite? Come funziona questo maledetto aggeggio? Rispondete, per favore! Mandateci dei soccorsi, aiutateci, vi prego! - .
Le suppliche dell'uomo non trovarono risposta.
- John, sei tu? Dai, smettila di fare l'idiota! Rispondi, sei tu? - .
L'interfono emise un flebile ronzio.
- Dai, John, che cazzo fai? Rispondi! - .
Si udì un rumore di lamiere accartocciate.
- Oh, cazzo! - .
Dei colpi d'arma da fuoco fecero crepitare l'interfono.
- Nooo! Nooo! - .
Seguirono altri colpi d'arma da fuoco, un urlo straziante e poi, ancora, silenzio.
La registrazione si interruppe.
- Questa è l'ultima comunicazione ricevuta. Come tutti sapete, è una delle nostre colonie più remote. Abbiamo subito inviato una squadra di marines. Eravamo convinti che fosse stato un attacco dei Syntik, ma, purtroppo, ci sbagliavamo. I nostri uomini, appena atterrati sul pianeta che ospita Adras, sono stati subito attaccati e annientati. Per fortuna, sono riusciti a inviarci delle immagini video - . Il decano Miller bevve un sorso d'acqua. - Avviate il filmato, per favore - .
Miller era un uomo sulla sessantina dal fisico asciutto, non molto alto per la sua razza, arrivando a stento a sfiorare i due metri e sessanta. Aveva dei bei lineamenti orientali, esaltati dalla carnagione olivastra, dai profondi occhi scuri e dai capelli brizzolati.
Le immagini vennero trasmesse su uno schermo piuttosto grande, attraverso un videoproiettore attaccato al soffitto della stanza.
- Come potete vedere, sono stati loro: i Mokus sono tornati - sospirò l'uomo. - Ora che sappiamo con chi abbiamo a che fare, agiremo di conseguenza - .
- Non li avevano sterminati più di centocinquant'anni fa? - chiese, perplesso, uno dei decani seduti intorno al tavolo della sala riunioni.
- Così sembrava. Rimedieremo ora. Preparate una squadra d'assalto, la migliore mai creata prima. Generale Russel, a lei il comando dell'operazione. Ha quarantotto ore per prepararsi e partire - .
Il decano Miller fissò per un attimo il generale negli occhi: - Non mi deluda - .
- Agli ordini, signore. Grazie per la fiducia, non la deluderò! - esclamò Russel.
Il generale, che era alto quasi tre metri, aveva circa quarant'anni, un fisico ancora possente, con spalle larghe e muscolose, e grandi occhi verdi che risaltavano sul viso ambrato, incorniciato dai corti capelli neri.
Russel aveva solo sentito parlare di quelle creature; per sua fortuna, non era neanche nato quando i suoi avi le avevano combattute per l'ultima volta. Prima di preparare una squadra d'assalto, decise che sarebbe stato meglio rendersi conto di persona di quale genere di creature avrebbe dovuto affrontare.
Finita la riunione con i decani, il generale si precipitò nella sala virtuale più vicina: era una stanza abbastanza piccola, di circa cento metri quadrati, dalle pareti bianche, come il soffitto e il pavimento. Delle linee blu percorrevano orizzontalmente e verticalmente tutti i lati del cubo, formando dei quadrati di un metro per un metro: erano i condotti per l'energia. Il funzionamento era relativamente semplice: un sofisticato gioco di specchi e teletrasporti dava l'illusione che la stanza fosse senza confini, mentre in realtà non ci si spostava mai dal centro di essa. All'interno della sala era possibile ricreare un qualunque oggetto e percepirlo come reale con tutti i sensi.
Prima di entrare nella sala virtuale, Russel attivò il computer e caricò la simulazione dello scontro finale, la battaglia avvenuta circa centocinquant'anni prima in cui pensavano di aver sterminato quegli alieni immondi. Entrato nella stanza, si ritrovò vestito da soldato semplice, dotato soltanto di un'arma d'assalto e dell'equipaggiamento pesante da guerra. Quelle armi erano così vecchie che le aveva studiate all'accademia militare. Fortunatamente, ricordava ancora come si usassero.
Nella sala, insieme al generale, vi era un gruppo di soldati impegnati in uno scontro per il predominio di un collegamento vitale tra la colonia Alpha-5 e la Beta-18. Il corridoio in cui si trovavano era ricoperto dal sangue dei suoi compagni, uccisi per difendere quel posto. Le luci d'emergenza erano in funzione, a differenza dell'impianto d'aerazione. L'aria era umida e calda, quasi irrespirabile, pregna di un odore nauseabondo.
- C'è puzza di corpi putrefatti! - esclamò Russel, disgustato. - Chissà da quanto tempo stanno combattendo - . Alzò lo sguardo verso il soffitto, senza riuscire a scorgerlo, a causa di una fitta nebbiolina celeste. Non la riconobbe subito, poi l'orrore dilaniò la sua mente: si trattava di una delle ultime armi chimiche create oltre due secoli prima, l'acido ZX6, capace di volatilizzarsi senza mescolarsi all'aria, rimanendo immobile sul soffitto e corrodendo qualsiasi essere vivente lo attraversasse; indispensabile, per non essere attaccati dall'alto. Alcuni di quei mostri, infatti, erano in grado di camminare su qualsiasi superficie.
Il capo squadriglia si mosse, ma Russel era troppo lontano per sentire cosa stesse dicendo. Dalla sua espressione, comunque, intuì che gli alieni fossero molto vicini.
Era giunto il momento di combattere. Il generale tolse la sicura e caricò l'arma, imitando i compagni.
Un'orda di creature invase il corridoio: erano orribili.
Sotto i colpi dei soldati ne cadevano a decine, ma quelle strane creature, invece di diminuire, aumentavano a vista d'occhio, avanzando sempre più. Dopo una decina di minuti di fuoco ininterrotto, Russel si accorse che le sue scorte di munizioni cominciavano a scarseggiare. Quasi non ci sperava più, quando, a un tratto, gli alieni cessarono di attaccarli.
Nel corridoio non c'era più niente che si muovesse.
- Molto strano - pensò.
Un rumore metallico, proveniente dall'alto, attirò la sua attenzione. L'acido ZX6 salì per una fenditura appena creatasi nel soffitto e, in breve tempo, scomparve. Improvvisamente, un lampo di paura attraversò gli occhi dei suoi compagni. Con orrore, si resero immediatamente conto che la loro fine era vicina: migliaia di creature si riversavano da ogni parte nel corridoio. Uno dopo l'altro, i soldati cominciarono a cadere. Russel sentì un altro strano rumore provenire dal soffitto, mentre del liquido viscoso, simile a saliva, gli gocciolava sulla spalla e sul braccio. Alzò gli occhi e vide qualcosa di terribile.
- Computer, ferma tutto! - urlò, inorridito.
La bocca di quell'essere non era a più di cinque centimetri di distanza dal suo cranio. Una delle creature più terrificanti dello spazio aveva appena capito come funzionava lo ZX6 e se ne era sbarazzata.
- È incredibile! - esclamò Russel che, però, voleva una conferma: - Computer, classifica questa creatura - .
- L'alieno appartiene alla specie chiamata Irmont, classe Beta. Devo elencare le sue caratteristiche? - chiese la voce femminile, piatta e pacata, della macchina.
- Procedi - .
Il computer iniziò a elencare quanto aveva in memoria: - Capacità cranica maschio adulto: trecento centimetri cubici; altezza: tre metri e cinquanta centimetri; peso stimato: trecento chilogrammi; lunghezza denti: dieci centimetri; sistema linfatico: liquido; è stato appurato che il liquido linfatico diventa corrosivo a contatto con l'ossigeno; dimostra un'alta intelligenza; la pelle è camaleontica; specie estinta - .
- A quanto pare no - aggiunse, spazientito.
- Prego, specificare comando - chiese, pacatamente.
- Non parlavo con te. Ci sono altri alieni, oltre questo? - .
- Sì - .
- Elencare - .
- Gli alieni attualmente conosciuti sono novecentoquarantaseimilaottocentotrentacinque. I loro nomi sono... - .
- Maledetta ferraglia, intendevo in questo scenario! - urlò, furioso, imprecando come non aveva mai fatto prima: - Sono anni che dicono di voler aggiornare questo maledetto software. Mi chiedo quando lo faranno! - .
Il computer, che per fortuna era privo di sentimenti, si scusò per l'errore commesso e con lo stesso tono di voce, piatto e pacato, iniziò a fornire le informazioni richieste.
- Gli alieni presenti in questo scenario sono: Hungh, Kemmyrs, Dectston, Embotan. Procedo con l'elenco delle loro caratteristiche? - .
- Sì, per favore - rispose, spazientito.
- Alieno denominato Hungh; classe: Alfa; capacità cranica maschio adulto: duecentocinquanta centimetri cubici; altezza: tre metri e trenta centimetri; peso stimato: trecentotrenta chilogrammi; conoscenza armi bianche e da fuoco; equipaggiato con visore a infrarossi, ultravioletti, raggi X e raggi gamma; arma laser su avambraccio sinistro; artiglio di settanta centimetri su avambraccio destro; gli artigli e le armi da taglio sono costruiti con una lega di titanio e duranio.
Alieno denominato Kemmyrs; classe: Alfa; capacità cranica maschio adulto: trecentocinquanta centimetri cubici; altezza: tre metri e trenta centimetri; peso stimato: duecentocinquanta chilogrammi; conoscenza armi bianche; equipaggiato con asce, sciabole e spade da guerra; le armi da taglio sono costruite con una lega di diritio impoverito e tritanio espanso.
Alieno denominato Dectston; classe: Beta; capacità cranica maschio adulto: trecento centimetri cubici; altezza: tre metri e cinquanta centimetri; peso stimato: trecentocinquanta chilogrammi; conoscenza armi da fuoco; non ha equipaggiamento, usa le armi delle prede uccise; possiede artigli retrattili; lunghezza artigli: cinquanta centimetri; adoratore di Kreedal - .
- Ci mancava anche il religioso devoto al male! - .
- Prego, specificare comando - .
- Riprendi da dove ti ho interrotta - si limitò a rispondere. Non aveva tempo per discutere con quella stupida macchina.
- Alieno denominato Embotan; classe: Omega; capacità cranica: indefinita, poiché assorbe le sue vittime facendole diventare parte vivente del suo organismo; altezza: indefinita, dipende da quante creature ha inglobato; peso: indefinito, dipende da quante creature ha inglobato; non ha nessun equipaggiamento, ingloba; tutte le specie sopra elencate sono estinte - .
- Computer, hai delle immagini tridimensionali di questi esseri? - .
- Affermativo - .
- Mostrale - .
L'immagine della battaglia interrotta poco prima si dileguò e al suo posto, davanti al generale, comparvero delle figure abominevoli. L'uomo si avvicinò alla prima ricostruzione: era enorme.
- Computer, a quale razza appartiene questo alieno? - .
- Irmont - .
A prima vista, nonostante la mole, sembrava gracile e non particolarmente letale. L'uomo era alto per la sua razza, ma l'alieno lo era molto di più; alzando il braccio, riusciva a toccargli la fronte. La creatura era di colore rosso scarlatto, bipede, con artigli alle mani e ai piedi. Aveva una lunga coda con delle scaglie. La testa allungata assomigliava a un'anguria, tranne per il fatto che il cocomero sarebbe stato grande solo un sesto di quel cranio alieno.
Si avvicinò al secondo, era quasi identico al primo. Non aveva sangue che a contatto con l'ossigeno diventasse corrosivo e neanche la pelle che cambiasse colore, però, per il resto, era identico; sembravano parenti. Sul corpo, nero come la pece, aveva dei tatuaggi dorati raffiguranti stelle a cinque punte, rune, caratteri alieni e teste con corna molto lunghe, simili a demoni. Un'altra differenza erano gli artigli delle mani, molto lunghi e in grado di dividere un uomo a metà con un colpo solo. Il computer affermò che apparteneva alla categoria Dectston.
- Questo deve essere quello religioso - mormorò Russel.
- Prego, specificare il comando - .
Russel ignorò la richiesta e si avvicinò al terzo, l'Hungh. Aveva una striscia di metallo curvo e lucente impiantato davanti agli occhi. Era proprio quel congegno che gli permetteva di vedere in molti modi. Il generale lo guardò con attenzione: dopotutto, era di classe Alfa, cioè intelligente quanto un essere umano, se non di più. Era poco più alto di lui, ma dotato di una corporatura massiccia, quasi impossibile da battere in un corpo a corpo. Si soffermò a guardare la testa: era il peggior muso che avesse mai visto. Davvero disgustoso, a dir poco raccapricciante.
L'altro alieno di classe Alfa era il Kemmyrs, simile all'Irmont, ma senza la coda, un po' più basso, con il cranio meno allungato, di un colorito giallastro. Non sembrava particolarmente forte.
- Anche questo è intelligente quanto noi - bisbigliò.
- Prego, specificare il comando - .
- Disattiva audio! - .
Si avvicinò all'ultimo alieno, quello meno intelligente, l'Embotan. A prima vista, non si capiva bene cosa fosse. Faceva solo ribrezzo, era una specie di budino di carne con molte facce inglobate. All'estremità di ognuna di esse, c'erano dei tentacoli, forniti di dentatura, che sembravano potersi allungare all'infinito, se solo l'avessero voluto. Semplicemente ripugnante.
- Chissà come ha fatto a nascere un abominio del genere - rifletté Russel. - Computer, salvare il programma - .
L'uomo uscì dalla sala virtuale. - Estinte, un corno! - fu la prima cosa che pensò. - Bene, bene, bene. Proprio dei begli alieni. Due razze di classe Alfa e altrettante di classe Beta. In aggiunta, l'unico alieno stupido è in grado di inglobare le sue vittime. Mi serve un equipaggiamento fuori dell'ordinario. Sono proprio sorpreso che centocinquant'anni fa abbiamo vinto la guerra. Forse li sto sopravvalutando... Beh, speriamo. Non ho proprio voglia di fare testamento - .

- Merda! Guarda che traffico! Spostati, imbecille! Forse avrei fatto meglio a prendere una macchina del servizio d'ordine, almeno avrebbe avuto le sirene - sbottò il generale Russel, mentre sfrecciava sulla Route 92 a tutto gas verso il Decagono. La sua auto era una bellissima fuoriserie. Del resto, quasi tutti i militari possedevano una macchina sportiva. La sua era l'ultima uscita dalla casa automobilistica più prestigiosa del pianeta. Ne esistevano solo cento modelli, valeva una fortuna. Peccato che la sua ex moglie non la pensasse così.
- Cazzo quanto è tardi! - esclamò Russel, schiacciando l'acceleratore fino a toccare i cinquecento chilometri orari. - Devo fare in fretta! Mi rimangono solo trentotto ore e devo ancora assemblare la mia squadra d'assalto, armarla, addestrarla e trovare una nave da guerra in grado di trasportarci - .
Andrea Bindella
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Autori di Writer Officina

Andrea Bindella
Mi chiamo Andrea, sono nato a Perugia e vivo ad Assisi. A dodici anni ho iniziato a scrivere la mia prima “opera”, un libro di fantascienza intitolato Il Ritorno delle Furie, “pubblicato” su un quaderno a quadretti, di quelli che si usavano alle medie. Pur coltivando la scrittura come passione, dopo aver conseguito il diploma all'Istituto Tecnico per Geometri, ho iniziato gli studi in Ingegneria Civile. Proprio in quegli anni - in Umbria - si stava avviando la ricostruzione post terremoto del '97, così ho deciso di lasciare l'università per dedicarmi alla libera professione e aiutare la mia regione a rialzarsi dopo quei tragici eventi.
Dopo il "capolavoro" d'esordio delle medie, ho continuato a scrivere altre storie, tenendole, però, tutte ben nascoste in un cassetto, convinto che il livello qualitativo dei miei testi non fosse sufficiente per essere proposto a un pubblico più vasto della mia famiglia.
Quando la crisi finanziaria ed economica del 2008 ha travolto il mio settore professionale e tutto sembrava perduto, ho trovato la forza e il sostegno per andare avanti proprio nella scrittura: ho capito che non serviva piangersi addosso e che occorreva rimboccarsi le maniche. Scrivere mi spinge a una continua riscoperta e crescita interiore; attraverso le parole condivido riflessioni e tematiche riguardanti la vita di ogni giorno, cercando sempre il confronto per ampliare la mia apertura mentale e soddisfare la mia insaziabile curiosità.Oltre alla scrittura, amo cucinare, ascoltare musica rock, pop e jazz e fare lunghe passeggiate immerso nel rumore della risacca del mare d'inverno.

Writer Officina: La tua passione per la scrittura come e quando nasce?

Andrea Bindella: Il ricordo migliore che ho, risale a quando avevo circa dieci anni. Mio cugino e io – i nostri genitori, in realtà – comprammo rispettivamente questi giochi da tavolo: Hero Quest e Star Quest. Dopo qualche settimana, avevamo già terminato tutte le missioni presenti nel librettino allegato ai giochi, così iniziai a scrivere delle nuove missioni sia fantasy che di fantascienza. Ovviamente, erano storie scritte da un bambino, però immaginare nuovi mondi tutti da scoprire fu un esercizio divertente.

Writer Officina: C'è un libro che, dopo averlo letto, ti ha lasciato addosso la voglia di seguire questa strada?

Andrea Bindella: Non c'è un libro in particolare, piuttosto una serie di romanzi sia fantasy che di fantascienza che ho amato e che mi hanno fatto poi immaginare nuove avventure da vivere con i miei personaggi preferiti.
Il primo su tutti è stato “Lupo Solitario”. A seguire, la serie di romanzi ambientati nel mondo di “Dragonlance” e la collana ambientata nell'universo di “Star Trek”.
Queste storie hanno alimentato la mia immaginazione per anni e mi sono divertito molto a creare nuove avventure.

Writer Officina: Ritieni che pubblicare su Amazon KDP possa essere una buona opportunità per uno scrittore emergente?

Andrea Bindella: Credo che Amazon KDP, come le altre piattaforme per l'autopubblicazione, siano un'ottima opportunità per tutti. Sono però anche convinto che se il prodotto che si va ad offrire non è professionale, quest'opportunità possa ritorcersi contro lo scrittore.
Autopubblicarsi non significa sfornare opere mediocri per poi sperare di diventare “famosi”. Piuttosto, vuol dire diventare editori di se stessi: bisogna, quindi, prima studiare, informarsi e poi pubblicarsi come farebbe un editore classico.

Writer Officina: Quali sono le difficoltà che hai incontrato?

Andrea Bindella: La difficoltà più grande è stata individuare la giusta fonte di informazioni. Nel web ci sono migliaia di persone che ti promettono di tutto, affermando che loro sono i migliori e che sanno come farti diventare famoso. La realtà è molto diversa. Se queste persone sapessero davvero come far decollare un libro, probabilmente sarebbero già stati assunti da qualche casa editrice per vendere milioni di copie.
Ogni libro è una storia a sé, bisogna studiare molto per capire cos'è il marketing e come scrivere un buon libro. Non basta mettere insieme i propri pensieri e poi sperare per il meglio.

Writer Officina: A quale dei tuoi libri sei più affezionato? Puoi raccontarci di cosa tratta?

Andrea Bindella: Ogni libro che scrivo diventa il mio preferito, almeno fino a quando non scrivo il successivo. Mi affeziono ai miei personaggi; quando scrivo la loro storia, ho una sorta di “infatuazione” che dura fino all'incontro con il personaggio del nuovo romanzo.
In questo momento mi piace molto “Turok, l'eroe di Anion”. È il protagonista di una serie di romanzi fantasy, un guerriero un po' spaccone e donnaiolo che tenta di vendicare il brutale omicidio della propria famiglia. È un eroe, ma è anche un uomo preda delle proprie passioni e pulsioni che non sempre fa la cosa giusta; un tipo enorme che, quando perde il controllo, spacca tutto.

Writer Officina: Quale tecnica usi per scrivere? Prepari uno schema iniziale, prendi appunti, oppure scrivi d'istinto?

Andrea Bindella: Dipende da quello che devo scrivere. Se la storia è molto intricata e ci sono parecchi personaggi, cerco di scrivere la trama o almeno quello che vorrei accadesse. Compilo anche schede approfondite per ogni personaggio.
Se invece devo scrivere qualcosa di breve, magari contenente solo un paio di personaggi, allora vado d'istinto.

Writer Officina: Stai lavorando a un nuovo progetto? Ce ne vuoi parlare?

Andrea Bindella: Da qualche settimana ho ripreso tra le mani il mio primo romanzo, “Un Nuovo Nemico”, un thriller fantasy ambientato a Perugia che ha per protagonisti dei vampiri. Molti lettori mi hanno chiesto di scrivere il secondo volume, così ho iniziato a farlo. Rispetto al primo romanzo ha un'ambientazione più dark e sanguinaria. Non ho ancora le idee ben chiare su quella che sarà la trama, ma penso che tra non molto riuscirò a definirla. Sarà comunque principalmente ambientato in Umbria.
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