Writer Officina
Autore: Antonio Petrucci
Titolo: Padel nostro un amore a fil di rete
Genere Narrativa sportiva
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Padel nostro un amore a fil di rete
Folgorazione.

L'idea mi venne l'estate del 2015.
Ero in Spagna, a Son Bou, un paesino nella zona sud di Minorca, in compagnia di un amico, single e spaesato più di me.
Da tempo senza lavoro, c'eravamo concessi una vacanza per staccare dalla ricerca perenne di un colloquio, infruttuosa e frustrante.
Alla millesima candidatura senza risposta, d'impulso ci decidemmo a scappare per qualche giorno, e la scelta di Minorca fu casuale: un last minute da un sito di offerte.
Una telefonata, un bonifico, e due giorni dopo eravamo in viaggio.
Non sapevo cosa mi aspettassi da quel viaggio, ma mi guardavo intorno, scrutavo la gente in spiaggia, i ragazzi nei locali. Non vedevo persone, solo attività commerciali, idee da copiare, sfide da raccogliere.
Il pomeriggio dell'ultimo giorno, una domenica, eravamo annoiati nella hall, quando ci si avvicinò una coppia di italiani.
Come sempre, all'estero ci riconosciamo subito. Non so, forse per via dell'odore, come animali.
O più probabilmente per le nostre facce “con gli occhi allegri da italiano in gita”, come cantava Conte.
- Ciao ragazzi, scusate, vi posso chiedere una cosa?- .
Lui era bello, vecchio più che giovane, sui quarant'anni, ma con uno sguardo ancora adolescente.
Non sono mai stato bravo a capire l'età delle persone, ma lui era proprio così: rughe profonde alle guance, come solchi scavati dal sole e dal troppo sport, occhi vivaci fuori contesto, e fisico asciutto da ragazzo.
- Vi va di fare una partita a padel?- .
Ammetto che all'epoca non sapevo neppure cosa fosse.
Ma la noia e la voglia di conoscere nuove persone, ebbero la meglio sulle mie perplessità.
Il mio amico Samuele sembrava più curioso di me. Da sempre appassionato di sport e di vita sociale, in quel periodo era davvero giù, e quella offerta parve riaccenderlo.
Fu così che mi avvicinai al padel, in un campo mal ridotto, coi vetri di fondo scheggiati, la rete troppo alta, delle palline che invocavano pietà e una padella mezza aperta.
Marco, così si chiamava quel tizio, ci spiegò brevemente di cosa si trattasse.
Le regole erano simili al tennis, anche il punteggio, ma qui si giocava solo in doppio, con un vetro alle spalle che teneva la palla in gioco, e al quale appoggiarsi nei momenti difficili.
Col tempo scoprii che lanciare la pallina nel campo avversario, sfruttando il rimbalzo del vetro, era fra i colpi più difficili e anche più divertenti.
Altra differenza era la griglia laterale: una pallina che rimbalzava su di essa diventava pazza, ed era poi quasi ingiocabile.
Non so chi avesse inventato quello sport, ma era davvero molto aggregante.
Un po' di infarinatura di tennis o squash non guastavano, certo, ma anche per un novizio non era così difficile praticarlo.
La compagna del giovane-vecchio, era una bionda tutta pepe.
Anche lei sui quaranta, mostrava un corpo che di rado aveva saltato lezioni di zumba. La sua prestazione fu una sfilata di moda, una pallina raccolta con eleganza, un salto aggraziato, una ricerca di sguardi.
Devo dire che anche stavolta, non vedevo persone ma opportunità, tranne quando la milfona scattava su una palla corta, facendo rimbalzare in me e Samuele pensieri piccanti.
Mi appassionai subito, giocammo due ore, e sul volo di ritorno ero già in fissa su come aprire un campo in Italia, e quanto poterci guadagnare.
Samuele invece archiviò la partita come un diversivo, e la tipa come la classica milf a caccia di prede.
Per lui, in realtà, erano tutte delle predatrici. Era così preso dalla propria avvenenza e dalla sicurezza di sé, che se l'avesse usata nei rari colloqui che gli capitavano, adesso un lavoro lo avrebbe avuto di certo.
Ma questa era un'altra storia.
Parlargli di quella mia idea mi sembrò affrettato. Volevo svilupparla, proporgliela nel migliore dei modi. Un socio mi avrebbe fatto comodo, e poi in due sarebbe anche stato più divertente. Ma lui era un tipo pigro, lo conoscevo bene, e se non l'avessi entusiasmato nel presentargliela, di sicuro non mi avrebbe seguito.
A me invece era rimasto in mente lo sguardo acceso di Marco, il suo divertirsi ma anche il suo impegno per vincere la partita.
Davvero si diventa competitivi, ma nel modo giusto. E anche se era ovviamente il più forte in campo, non se ne vantava e si impegnava sempre, e questo mi piaceva molto.
- Come lo hai scoperto 'sto padel?- chiesi incuriosito, mentre bevevamo una coca a fine partita.-
- Devo dire che è stato per caso. Succede sempre così, no? Ero a Roma per lavoro, e il mio capo mi ha portato in un centro sportivo di cui era socio. Un posto figo, dove entrai come ospite. Io la tessera lì non potrei mai permettermela. Solo che non c'erano campi liberi per giocare a tennis, e noi eravamo andati per quello.-
- Anch'io gioco a tennis- lo interruppi. Un po' meglio che a padel.-
- Ah, beh, allora altissimo livello- scherzò Marco.-
- Comunque, Paolo, si vede che giochi, e questo è quasi un handicap perché qui si deve colpire la pallina in maniera diversa.: scordati il 'top-spin', sugli 'smash' vai incontro all'avversario, devi giocare per forza in coppia. Insomma, è un macello. Ma è bello per questo.-
Nel parlarmene era davvero gasato. Sembrava dovesse vendermi una enciclopedia sul padel. Invece era un appassionato, come poi ne avrei incontrati altri. E in comune avevano tutti una sincera voglia di diffondere lo sport il più possibile, quasi avvertendo un'ingiustizia sociale. Era troppo divertente per non provarlo, e creava troppa assuefazione per non continuare. In pratica, mi ero appena imbattuto in uno degli esaltati del padel, ex tennisti che ripiegano su un campo più piccolo, dividono finalmente le colpe con un compagno di squadra, e si divertono molto di più quando una pallina li scavalca, dopo un improbabile attacco.
Non vedevo l'ora di iniziare a cercare su internet i termini tecnici e i nomi dei colpi più spettacolari, per poi provarli sul campo con risultati sicuramente patetici.
- Insomma, per fartela breve- riprese Marco-, stavamo andando via, presi malissimo, quando il ragazzo in reception ci propose di provare il padel.
C'erano altri due soci che non avevano trovato un campo, e così accontentò tutti, perché ci divertimmo un casino. C'era un istruttore che ci spiegò gratis un po' di fondamentali. Penso che lo facessero per avviare la cosa.
Se di sabato pomeriggio non avevano prenotazioni, voleva dire che le cose non stavano andando bene.-
Fu un racconto che confermò la mia idea, e mi diede anche più certezze.
Se loro quattro, e anche io e il mio amico, c'eravamo divertiti a giocare, non poteva essere un caso. E la ragazza di Marco c'aveva detto che a lei lo sport non piaceva, ma il padel sì. Quindi eravamo a cavallo. Non era una grande ricerca di mercato, ma per cominciare non era male per nulla.
Samuele intanto dormiva, l'aereo lo soffriva sempre, e se prendeva sonno, almeno non mi comunicava ansia.
Ero impaziente di arrivare, per potermi connettere e cominciare a cercare tutto sul padel. In mente mi proponevo di non fermarmi ai primi ostacoli, come al mio solito, ma di studiare davvero bene il progetto, lavorarci seriamente.
E trovare il modo di crearmi un lavoro, visto che cercarlo era fatica sprecata.
Con Marco avevo scambiato il numero, e mi aveva dato tutta la sua disponibilità per dubbi o domande.
Inoltre viveva a Monza come me, per cui avremmo potuto organizzare facilmente qualche partita.
Lui era brianzolo doc, mentre io ci vivevo da una quindicina d'anni, emigrato da Napoli in cerca, come tanti, di un lavoro e di dignità.
Ma nemmeno al Nord era andata benissimo, ed eccomi allora alla ricerca di un'idea.
Marco mi aveva detto del problema dei campi in Lombardia.
Per trovarne occorreva fare molta strada, prenotare con largo anticipo, e comunque erano spesso tenuti male.
Ne conosceva un paio a Milano, ma erano in zone non ben servite dai mezzi pubblici, e fare tanta strada ogni volta, a lungo andare diventava pesante.
Per questo, pensai che potesse essere un'idea vincente, ma lì per lì non gli dissi nulla.
Non volevo che magari qualche obiezione sensata mi smontasse.

Primi intoppi

Tornato a Monza, passai alcuni giorni a cercare in rete aziende che costruissero campi, e non ne trovai.
Non esistevano molte strutture in regione, ma qualcuna sì, e quindi andai a vederle.
Antonio Petrucci
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Autori di Writer Officina

Antonio Petrucci
Sono un giornalista originario di Salerno, ma da 15 anni vivo a Milano. Attualmente collaboro con blog e riviste, e questo è il mio primo libro, scritto durante il lockdown. La passione per la scrittura l'ho sempre avuta, ma non avevo mai scritto prima un racconto. Probabilmente il periodo di lockdown ha inciso su questo mia prima opera, permettendomi di mettere sul foglio un'idea che avevo da tempo, ma che non riuscivo mai a concretizzare. Spero che ai lettori arrivi l'impegno e la serietà con la quale ho affrontato questa sfida, cercando di essere il più possibile diretto e sincero, anche nel trattare alcune tematiche delicate. Ho lavorato per anni nella televisione, ma so che al di là delle apparenze, l'unica cosa che conta davvero per avere successo è l'impegno e l'attenzione quotidiana che si mette nel lavoro. Quel dietro le quinte troppo spesso sottovalutato, e che invece fa una grande differenza in ogni attività lavorativa.

Writer Officina: Qual è stato il momento in cui ti sei accorto di aver sviluppato la passione per la letteratura?

Petrucci: Già alle elementari adoravo leggere e scrivere, e mi piaceva molto conoscere la vita degli autori che leggevo. Ancora oggi è così, ancora oggi quando mi innamoro di un libro, poi cerco di leggere tutto ciò che l'autrice o l'autore hanno prodotto. Mi pare l'unico modo per sentire davvero vicino l'artista che mi ha emozionato con le sue parole.

Writer OfficinaWriter Officina: C'è un libro che, dopo averlo letto, ti ha lasciato addosso la voglia di seguire questa strada?

Petrucci: Probabilmente “I racconti di Nick Adams”, l'opera di Hemingway forse più apprezzata dai critici. Ai lettori piacciono sempre di più i suoi romanzi, ma è nei racconti che riesce secondo me a lasciare di sasso il lettore, emozionando e rendendolo partecipe di incredibili avventure. Poche parole che nascondono dietro ore ed ore di lavoro, di riscrittura, di fedele e totale dedizione alla scrittura intesa come forma d'arte, e non solo come intrattenimento.

Writer Officina: Dopo aver scritto il tuo primo libro, lo hai proposto a un Editore? E con quali risultati?

Petrucci: No, ho preferito stamparlo da me, con Amazon, senza quindi dovermi sottomettere a logiche quali l'acquisto di copie, i tagli scelti da un eventuale editor, il prezzo di copertina imposto, ed altre cose che pure sono all'ordine del giorno quando si ha a che fare con una casa editrice.

Writer Officina: Ritieni che pubblicare su Amazon KDP possa essere una buona opportunità per uno scrittore emergente?

Petrucci: Io penso di sì, anche perché la promozione sarebbe comunque quasi del tutto a carico dell'autore, allora tanto vale avere le mani libere ed investire su di sé.

Writer Officina: A quale dei tuoi libri sei più affezionato? Puoi raccontarci di cosa tratta?

Petrucci: Per ora ovviamente solo a 'Padel nostro', ma sto lavorando ad un altro racconto, e spero di potervene parlare in futuro.

Writer Officina: Quale tecnica usi per scrivere? Prepari uno schema iniziale, prendi appunti, oppure scrivi d'istinto?

Petrucci: Butto giù una bozza per suddividere in capitoli il racconto, e cerco di fermarmi sempre in un buon momento di scrittura, quando è fluida, quando sento che le parole vengono da sé. Così facendo evito di impantanarmi su di un punto, così da poter riprendere l'indomani dando sempre un buon ritmo alla scrittura.

Writer Officina: In questo periodo stai scrivendo un nuovo libro? È dello stesso genere di quello che hai già pubblicato, oppure un'idea completamente diversa?

Petrucci: E' un testo completamente diverso, in cui affronto il tema dell'emarginazione sociale e del razzismo, inteso non solo verso una razza diversa ma anche verso una differente identità religiosa. Spero che possa in qualche modo dare conforto e forza a chi si trova a vivere ogni giorno situazioni di tale ignoranza ed inciviltà.
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