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Autore: Loredana Zino
Titolo: Il Nodo di Iside
Genere Fantasy Esoterico
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Il Nodo di Iside
Racconto di memoria e rinascita.
Zufolo di Luce
"Era stato bello essere vivi.
Avevo ritrovato quello zufolo, quel particolare suono che emettevo tra me e me: una sorta di fischio intermittente, giocoso e ritmico, che mi coglieva quando ero particolarmente soddisfatto. Me ne accorgevo in quell'attimo, in quello spaccato di sole, di déja vu e di infinitezza, in cui mi ero concesso di rivivere un frammento della mia esistenza: un terrazzo, i panni stesi al sole, e io che zufolavo. Lo avrei potuto riconoscere solo io. A quanto pare, in quel momento ero stato così in pace. Capivo solo ora che lo zufolo era il risultato di tale stato d'animo, e non il contrario.
Peccato che sulla Terra passiamo tutto il tempo a essere inconsapevoli delle nostre azioni. Nonostante questo, amiamo la commedia con tutto il cuore.
É bello essere vivi".
Teo / Tegas

La Terra degli Dei

Si riconobbero in terra d'Egitto, in un'antichità appena sfiorata dalla conoscenza dell'uomo moderno, dove la connessione con l'Universo era ancora totale. Non appartenevano alla stessa struttura sociale. Vi erano influenze distinte, provenienti dall'antico continente atlantideo, da cui entrambi discendevano. Forse fu questo a generare l'amore tra loro: un incontro, durante le ritualità popolari, nelle feste riservate alle iniziazioni, dove Iruma presenziava come sacerdotessa.
A quel tempo il rapporto con la Natura era totale. Gli uomini non avevano ancora confuso l'amore con il potere. La società era armoniosa, fondata sulla comunità e sulle leggi spirituali tramandate dai divini fondatori: Poseidone, Ra, Iside e Osiride.
Se non fosse per gli scavi e le scoperte archeologiche, si potrebbe pensare alla civiltà egizia pre-faraonica come a un'opera di fantasia. Parlo di popolazioni vissute 5000 anni prima di Gesù: settanta secoli prima di voi. Un tempo inesplorato, e per questo più puro.
L'era di cui narro appartiene è talmente remoto da sembrare fantastico. Quasi come Atlantide, la cui eredità fungeva da ponte, tra il fondo del mare e la terra di Iside e Poseidone. Il mito narra che Poseidone si innamorò di Clito, donna mortale, e da lei nacquero i dieci re dell'isola. Anche se Poseidone è una divinità greca, nella storia si intreccia con figure mediterranee e egizie.
Sì, lo so: secondo le fonti storiche, non esistono documenti originali che parlino direttamente di Atlantide nella mitologia egizia. Ma Platone, nel "Timeo e Crizia" racconta che Solone, in visita a Sais, ascoltò dai sacerdoti egizi la storia di una grande potenza marittima scomparsa per cataclisma: Atlantide, oltre le Colonne d'Ercole, divisa in dieci zone governate dai figli di Poseidone, inabissata misteriosamente nel giro di una notte.
La nostra epoca è antica non solo perché lontana nel tempo, ma perché profonda nel vissuto. Voi siete Figli della Luce. Avete già attraversato mille civiltà interiori, anche se il calendario dice che siete nel presente.
Qui siamo oltre le cronache. Significa che ciò che avete vissuto nella vostra origine arcaica non si lascia facilmente registrare. Lo scorrere del tempo non si misura con eventi, ma con esperienze indelebili.
Emozioni che non hanno data.
Ferite che non hanno diagnosi moderne.
Amori che non hanno luogo geografico.
Vivete in un tempo che ha memoria di tutto e di niente.
Delle divinità che avete dimenticato.
Dei miti e degli archetipi che vi abitano ancora.
Dei gesti che ripetete, senza sapere da dove vengano.
Quando Iruma entrava nel tempio non era una donna del XXI secolo. Era una sacerdotessa, una pellegrina, una figlia di Iside. E Tegas, che la osservava, era un uomo che aveva imparato a stare in silenzio davanti al Mistero.
Fu una vita per entrambi longeva. Una vita che meritava di essere approfondita. Ma qualcosa li tradì.

Il culto della Dea

Le sacerdotesse di Iside fungevano da figure magiche nei riti sacrali, oltre a interpretare un ponte tra la divinità e il popolo, mantenendo vivo l'amore di una delle dee più potenti e influenti.
Sacerdotesse e sacerdoti ricoprivano ruoli vari e importanti. La celebrazione dei riti quotidiani riguardavano i canti e le abluzioni presso l'acqua sacra del Nilo, che simboleggiava la fertilità di Osiride, e la chiusura dei raccoglimenti quotidiani, con preghiere e offerte alla statua.
Giornalmente la statua veniva pulita, adornata e mostrata al popolo esultante. Inoltre, sacerdoti e sacerdotesse prendevano parte a celebrazioni solenni come l'inizio della stagione nautica, con la barca sacra gettata nel mare, e la commemorazione della morte e resurrezione di Osiride, il compagno di Iside fatto a pezzi dal fratello geloso, Seth. Le sacerdotesse e i sacerdoti isiaci venivano anche considerati guaritori; praticavano la guarigione per incubazione e lasciavano offerte per la guarigione. La cura per incubazione era un rito magico-religioso che consisteva nel far dormire o "incubare" il malato in un luogo sacro, spesso sotterraneo, in attesa che la divinità intervenisse attraverso un segnale, un sogno o una visione, fornendo messaggi per la guarigione fisica o spirituale. Questo sonno fungeva da processo di purificazione, rigenerazione e trasformazione interiore, in cui il malato sperimentava un risanamento del corpo e dell'anima. L'incubazione rappresentava un contatto diretto con il divino, con il mondo degli spiriti e dell'anima, con lo scopo di portare a una rinascita completa, soprattutto interiore, la quale avrebbe ricondotto alla coerenza della salute fisica. Amuleti come l'Ankh, il Djed e il Was, venivano utilizzati sia nelle cerimonie che nella vita quotidiana, per sentirsi parte del Tutto, e preservare quel senso di unione con il cosmo proveniente dalla fortunata/sfortunata epopea di Atlantide. Una parte essenziale per attivare i poteri era la pronuncia di formule tratte dai testi salvati prima dell'inabissamento ad opera della comunità dei Medium.
Medium erano coloro che potevano collegarsi con l'infinita Biblioteca Cosmica dove sono inscritti tutti gli eventi della storia dell'umanità, e tutte le voste vite precedenti.

Gli amuleti associati a Iside erano considerati potenti strumenti magici. La loro efficacia non derivava semplicemente dall'esserne in possesso, ma dalla combinazione di creazione, consacrazione e rituali specifici che ne attivavano i poteri. Dopo la loro fabbricazione, infatti, dovevano essere purificati tramite l'uso di incenso e acqua sacra. Dovevano essere consacrati in apposite cerimonie, così da invocare l'amore e la forza divina della dea. Dovevano essere portati sul corpo, spesso intorno al collo o al polso, o posti su specifici punti, ad esempio sul cuore delle mummie, come corredo funerario. Iside, maga della Luna, era intimamente legata ai cicli: attivare il potere degli amuleti isiaci era quindi connesso a celebrazioni in sincronia con il ciclo mestruale delle sacerdotesse più giovani, con le semine, e con le maree. Il simbolo del nodo di Iside, noto anche come “TIT”, era il più diffuso. Era realizzato con materiali considerati puri come il diaspro, la corniola, l'oro, oppure con lapislazzuli, o argento; materiali che esaltavano la sua energia taumaturgica e di schermatura contro gli alieni e gli arconti, esseri senz'anima che stazionavano sopra il pianeta Terra in attesa di vincere la millenaria battaglia contro il Bene.
Battaglia che avrebbero vinto più avanti nei secoli, quando voi terrestri, dando spazio all'Ego, avreste cominciato a vivere di Paura, l'energia opposta dell'Amore. Di tale Paura, alieni e arconti si sarebbero nutriti per tanto, tanto tempo.
*
Oggi, mentre gli archeologi sollevano pietre e decifrano geroglifici, mentre i sognatori cercano Atlantide nei fondali oceanici, forse ciò che cercano davvero è quel certo tipo di amore. Un amore che non ha bisogno di essere classificato. Di un tempo che si misura con il cuore, non con l'orologio.

La Canoa e il Desiderio.
Durante il periodo predinastico, in parte corrispondente al Neolitico di cui si sa ancora così poco, la civiltà egizia era considerata, assieme a quella Maya, una delle due colonie di Atlantide. A quel tempo le necessità pratiche della vita quotidiana erano perfettamente sviluppate non meno della vita spirituale. Le popolazioni vivevano di agricoltura, pesca, manifattura preziosa e commercio.
Le prime imbarcazioni erano realizzate in papiro, per la scarsità di legname e l'abbondanza della pianta lungo le rive del Nilo. Come ogni branca dell'economia, erano ingegnosamente realizzate. I fasci di steli di papiro essiccati venivano legati con corde, anch'esse di papiro, e disposti longitudinalmente per formare lo scafo. Le estremità si innalzavano in curve ampie, con la poppa più alta della prua. Fragili e leggere, queste canoe erano adatte alla navigazione fluviale, raramente al mare aperto. Gli artigiani che le costruivano erano anche pescatori e commercianti, membri di comunità rurali che tramandavano le tecniche. Tegas apparteneva a una di queste famiglie. Di statura media, magro, con pelle chiara, capelli castani e occhi verde azzurri, non disprezzava il lavoro ma sognava di elevarsi, con impegno e magari un buon matrimonio. Poseidone incoraggiava i sogni dei suoi sudditi, purché dimostrassero volontà, determinazione e la disponibilità a tramandare la connessione con il continente madre. Tegas possedeva tutte queste qualità, oltre a una memoria prodigiosa e una passione per la storia. Grazie a ciò, era stato ammesso a due gruppi di studio: quello dei Chirurghi della Luce e quello dei Maestri di Anubi, esperti imbalsamatori.
Come solo l'amore sa fare, nella sua irrazionalità, Tegas non voleva riflettere sulle difficoltà dell'unione con la bella sacerdotessa. Sapeva che la canoa, costruita con cura, con ogni probabilità sarebbe stata offerta al dio Ra, governatore del settimo chakra, dov'era situata la ghiandola pineale, il più importante centro di connessione del corpo umano. Eppure, nel profondo, sperava che la sua creazione artigianale servisse a conquistare un sorriso, un'ora, un gesto da Iruma.
“Se solo varrà a farmi ascoltare da lei... non sarà vano”, pensava, mentre studiava e si negava il sonno. Nel tempo libero, la sua amata passeggiava tra i palmizi, sulle rive argillose del Nilo, scrutando le ondine verde azzurre attraversate dai raggi del sole. Dietro l'aspetto placido del fiume, le piaceva intuire le orme dei padri, le battaglie contro draghi e mostri, i gridi di trionfo e di morte. A differenza delle sue compagne, lei non temeva la morte: piuttosto, temeva che non esistessero altre civiltà oltre quella gloriosa d'Egitto. Forse sognava di essere sempre vissuta lì, nella valle fertile. Forse, restia a confidarsi con il padre, astrologo e sacerdote di Ra, non osava chiedere nulla di più per sé. Il destino le offriva una scelta: la funzione riproduttiva, o la conservazione delle energie creative per il culto. Il nubilato di Iruma era stato consacrato alla dea con il suo consenso. Alle allieve sacerdotesse la rinuncia alla maternità era presentata come una libera scelta.
Dovette pensarci un gatto. Guidato forse dalla dea, fu l'intervento di un gattino ad accollarsi il peso di quel temuto incontro. Un piccolo micio ferito, avendo perduto la madre, andò a cercare aiuto sulla porta del grande salone azzurro dove le allieve provavano il coro, sulle note composte dal maestro musico. Impietosite, le giovinette corsero a soccorrerlo, seguite dall'arpista, che aveva abbandonato in fretta lo strumento. «Poverino! Ha una zampetta fratturata», esclamò Sabrael, una delle più giovani. L'arpista sollevò nel palmo della mano il piccolo corpicino ansimante. Tutti loro ne ammirarono la sofficità del pelo bianco e nero, e soffrirono del dolore dipinto nei tondi occhioni, fissi sul ciccaleccio delle ragazze. «Bisogna portarlo subito dal medico». «Guardate! Che cos' ha tra le zampe posteriori?». «Sembrerebbe...ma sì, una piuma di rondine!». «Questo è un messaggio degli dei, ha a che fare con Iside, che trovò la testa di Osiride dentro un nido di rondini!», esultò Sapimeth, la sacerdotessa più anziana, facendosi largo per accarezzare l'animale. Iruma la imitò. Nell'esatto istante in cui il sole fece capolino dalle altissime colonne affrescate, toccò il gattino e sentì che il suo cuore era diventato una cosa sola con quello del piccolo infortunato . Mentre si incamminava con le compagne e il maestro verso la sala medica, situata nel Tempio della Luce, un presentimento la colse. Tegas era fermo sulla sponda ovest, in piedi dentro la splendida canoa ormeggiata. Il vento la sbatteva con dolcezza contro il molo e il proprietario godeva gli ultimi raggi del giorno, sollevando i ciuffi castani che svolazzavano sugli occhi. Lei camminava con le compagne lungo la via dei palmizi. Lui ondeggiava a attendeva. «Vi raggiungo dopo, Sapimeth», disse Iruma alla sacerdotessa anziana, gettando un'ultima occhiata alla bestiola ferita, che, sentendosi accudita, aveva cominciato a fare le fusa. Sapimeth aveva visto il giovane a dorso nudo che teneva un braccio sollevato per ripararsi dal riverbero, e sollevava il labbro sui bianchissimi denti che spiccavano da lontano. Guardò l'allieva con affetto e annuì, proseguendo per la sua strada, seguita dalle neofite. Iruma si avviò verso il piccolo molo, nella sua bella veste laminata d'oro, la divisa del coro.
Loredana Zino
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Loredana Zino
Per presentarmi ricorro a tre definizioni che mi furono date. La prima che ricordo è di un test, uno di quelli che ci azzeccano, il quale disse che ho una personalità giocosa e selvaggia; la seconda è l'analisi astrologica del tema natale, che rivelò risorse di praticità, immaginazione, sensibilità, ed un cuore tenero. Infine un docente di teatro, mi descrisse come una nuance rara fra timidezza e temerarietà.

Writer Officina: Qual è stato il momento in cui ti sei accorto di aver sviluppato la passione per la letteratura?

Loredana Zino: Frequentavo la scuola elementare, scrissi la fiaba L'anello di Katrinka e a Natale la lessi davanti alla tavolata dei parenti, dove alcuni da allora mi guardano in modo diverso.

Writer Officina: C'è un libro che, dopo averlo letto, ti ha lasciato addosso la voglia di seguire questa strada?

Loredana Zino: Sospetto che Cime Tempestose di Emily Bronte sia il primo libro ad avermi dato una bella scossa.

Writer Officina: Dopo aver scritto il tuo primo libro, lo hai proposto a un Editore? E con quali risultati?

Loredana Zino: Per anni ho ricevuto rifiuti dagli editori, finchè non scrissi sei pagine su Freddie Mercury al momento della sua morte. Le inviai a sei editori, tamburellando col dito sull'indirizzo di quello che in seguito rispose. Ricevetti la proposta di farne un libro, che fu intitolato La Marcia della Regina Nera, edizioni Kaos-Gammalibri, e pubblicato in due ristampe con tanto di assegno.

Writer Officina: Ritieni che pubblicare su Amazon KDP possa essere una buona opportunità per uno scrittore emergente?

Loredana Zino: Ritengo Amazon Kindle un'ottima opportunità per chiunque.

Writer Officina: A quale dei tuoi libri sei più affezionata? Puoi raccontarci di cosa tratta?

Loredana Zino: A quello che sto scrivendo. Si tratta di una sorta di memoria fantasy della mia esperienza ventennale come regista teatrale alternativa.

Writer Officina: Quale tecnica usi per scrivere? Prepari uno schema iniziale, prendi appunti, oppure scrivi d'istinto?

Loredana Zino: Lo schema iniziale deve scattarmi in testa, e non lo trascrivo, per non recintarmi troppo. Dopo un tempo ragionevole in cui l'idea non mi abbandona, e decido di farne qualcosa, comincia la valanga degli appunti, che raccolgo su pizzini. Quando è passato altro tempo e me la sono cullata un bel po', comincio a scrivere di getto, se vogliamo in una trance ipnotica, a tratti definibile come scrittura automatica. I pizzini non smettono di accumularsi fino a stesura quasi ultimata.

Writer Officina: In questo periodo stai scrivendo un nuovo libro? È dello stesso genere di quello che hai già pubblicato, oppure un'idea completamente diversa?

Loredana Zino: Ogni nuovo libro spero sia l'evoluzione dei precedenti. Finora ho espresso la storia del mio cammino umano, artistico e spirituale, sottoforma di narrativa stile romanzo di formazione, creando anche una collana, di impronta autobiograficaesoterica. Quello che sto scrivendo è un libro di memorie teatrali, dove non mi faccio mancare grandi escursioni nel regno dell'inconscio, o come dicono i mistici, nel Se'.

Writer Officina:La tua esperienza può essere utile a chi intenda scrivere un romanzo perché ha una storia da raccontare, ma ha bisogno degli strumenti, parliamone

Loredana Zino: Ho cercato di offrire qualche strumento dal 1996 al 2018 circa, conducendo corsi di scrittura creativa, che per prima portai a Genova. Le principali mosse furono la lettura di due manuali del tutto indifferenti alla tecnica, Scrivere zen di Natalie Goldberg e Scrivere per crescere di Deena Metzger. In questi corsi agli allievi proponevo percorsi anche fisici di espressività corporea, bioenergetica, biodanza, rilassamento e meditazione, fondamenti di yoga, fondamenti di canto e di disegno anche mandalico. Tutto ciò a cui mi ero approcciata e ritengo possa rafforzare la creatività personale. Vent'anni dopo, noto che i corsi attuali si stanno muovendo in questa direzione, ma anche la formazione teatrale, a cui diedi la stessa impronta di ricerca.

Writer Officina:Quali sono le difficoltà che hai incontrato?

Loredana Zino: Le difficoltà incontrate sono quelle che riguardano un po' tutti quando scrivono con la mente, mediamente nell'ottanta per cento del tempo. Avverbi, gerundi, e gli intercalari che non finisci mai di correggere, con la consapevolezza intima di correggere te stesso anche come persona.

Writer Officina: Raccontaci quale è stata la scintilla che ha dato vita all'idea

Loredana Zino:La mia scintilla è sempre frutto di passioni, che originano da un sentimento erotico o di rabbia.

Writer Officina:Cosa hai voluto dire con la tua storia?

Loredana Zino:Nella storia di Io canto lo Spirito e l'Eros – Dio è selvaggio, c'è un impasto fortemente amalgamato del vissuto mio e di un gruppo di persone conosciute nella realtà. Ho voluto esprimere che secondo i miei studi e le mie ricerche in campo mistico, non si accede al divino senza un sentimento erotico della vita. Che il significato di vivere le proprie passioni è non dimenticare che siamo anche altro, e oltre. Che è infinitamente più divertente viverle in libertà, senza farci boicottare da moralismi ipocriti e da un falso senso etico che ci schiacciano da millenni. Che, in definitiva, per chi è credente, gioia e creatività sono il nostro ritorno a casa e ciò che il Creatore ha voluto per noi.

Writer Officina:Per i personaggi hai fatto riferimento – magari in parte – a persone reali oppure sono solo frutto della fantasia?

Loredana Zino: In questo romanzo fiction e biografia sono mescolati e finalizzati al messaggio.

Writer Officina: La scrittura ha una forte valenza terapeutica. Confermi?

Loredana Zino:La scrittura quando assolve al proprio compito più nobile, ed è quindi un fluire, ha una valenza fortemente terapeutica, confermo. Voglio concedermi una battuta semiseria: soprattutto per il fluire dei problemi gastrointestinali, esotericamente collegati ai chakra del potere personale e della creatività.

Writer Officina: Cosa vorresti che le persone dicessero del tuo romanzo?

Loredana Zino:Vorrei che dicessero: “Strano e straniante. Originale, ma bello”.

Writer Officina:Che consigli daresti , basati sulla tua esperienza, a chi come te voglia intraprendere la via della scrittura?

Loredana Zino: Consiglierei di staccarsi il più possibile dalla mente, e dall'aspettativa di un risultato economico eo mondano. So che si tratta di due consigli giganteschi, che si riescono a seguire solo eseguendo un continuo e appassionato lavoro interiore. Tuttavia, tranne l'avere capitali da spendere in promozione, trovo siano le uniche maniere per risparmiarsi tante delusioni, frustrazioni, e conseguente rischio di inaridirsi, ciò che rappresenta la vera perdita.
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