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Il labirinto e altri racconti
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L'ordine naturale delle cose.
Diede a quella donna centocinquanta euro. Se li era meritati. Non solo per la prestazione in sé, sicuramente da non sottovalutare, ma soprattutto perché non passiva, non indifferente, non senza partecipazione. Al contrario, pur nella piena consapevolezza che il compito da svolgere fosse non spontaneo ma legato ad un contratto di fornitura, un do ut des, l'impegno c'era stato, senza lesinare in dolcezza, tempo e cura. Certo, si potrebbe dire che la motivazione di fondo non fosse affetto, desiderio o generosità, ma calcolo e forse investimento per il futuro, operazione orientata alla fidelizzazione, al lungo periodo, alla capitalizzazione piuttosto che al ritorno immediato, del tipo meglio un uovo oggi che una gallina domani. Ma almeno il dubbio poteva esserci, il dubbio che comunque un po' di spontaneità ci fosse, un po' di partecipazione, di affetto. Almeno lui pensava che queste componenti ci fossero state, era questa la sensazione che ne aveva ricavato, a torto o ragione. Magari aveva travisato il tutto e nella sua inesperienza, ingenuità ed eccitazione aveva creduto di essere oggetto di un trattamento particolare, privilegiato. Aveva apprezzato l'assenza assoluta di fretta, la calma, la disponibilità a dare tempo al tempo, senza forzare, incalzare, affrettare l'epilogo inevitabile, evitando nel contempo che un automatismo e una banale meccanizzazione della cosa rendesse vano il tentativo. Certo, difficile avere prove di queste sensazioni, ma bastava la sola eventualità che fosse possibile ipotizzare l'esistenza di questi atteggiamenti di partecipazione e comprensione a dare spazio alla riconoscenza e generosità. Naturalmente tutto è relativo. La sua valutazione era stata quella di ritenere eccezionale una somma tripla di quella richiesta. Ma era una giusta valutazione? In fondo per lui centocinquanta euro erano niente. Avrebbe sicuramente potuto darne trecento, cinquecento o anche mille senza minimamente intaccare le sue finanze, allora perché solo centocinquanta? Non certo per tirchieria. Il fatto è che in termini relativi il triplo di qualcosa era a suo giudizio tanto, seppur forse non in termini assoluti. E lei? Aveva ritenuto centocinquanta euro un grande regalo, una più che generosa retribuzione, tale da renderla appagata, soddisfatta, felice e forse riconoscente? O tra cinquanta e centocinquanta euro la differenza non era poi molta, comunque non determinante per garantire riconoscenza e ricordo? Decise che le domande erano troppe, almeno per il momento, quindi salutò e lasciò la casa, dopo aver ricevuto un bacio di saluto sulla guancia destra. Naturalmente era rimasto un ricordo particolare dell'esperienza, un piacevole ricordo. Per un paio di settimane ci pensò su più o meno continuamente, cercando però di resistere alla tentazione di rivederla. Poi cedette. Le telefonò. Lei rispose gioviale e ammiccante, come la prima volta, invitante, ma senza dar cenno di riconoscerlo. Naturale, pensò, non poteva certo ricordare la sua voce al telefono, né a lui era parso opportuno accennare ai centocinquanta euro. Dopo mezz'ora era sotto la sua casa. Ritelefonò, ma dovette aspettare, lei era impegnata. Quando venne il suo turno, appena entrato rimase deluso dal fatto di non essere stato riconosciuto. Allora si affrettò a fornirle particolari del loro precedente incontro, le disse della sua soddisfazione, emotiva oltre che fisica, le parlò dei centocinquanta euro. Parve ricordare, almeno affermò di riconoscerlo ora, anche se in lui un po' di dubbio restava. Anche quella seconda volta fu una cosa molto partecipata, con impegno, dolcezza, tempo e cura da parte di lei. Quasi con naturalezza, come tra due vecchi amanti o addirittura tra due innamorati. Ritenne che trecento euro fossero meritati e giusti, nonostante la richiesta fosse stata ancora di cinquanta. Dopo aver ricevuto ancora un bacio di saluto sulla guancia destra, chissà perché era la preferita, salutò e uscì dalla casa. Nei giorni seguenti gli venne voglia di sapere qualcosa di più su di lei. Mise il suo nome nella barra di ricerca di Google e vennero fuori molteplici link a siti vari, alcuni analoghi a quello nel quale aveva per la prima volta trovato il suo nome e la sua foto. Ne trovò però due che offrivano un servizio aggiuntivo, la possibilità di recensire, allo stesso modo come su Amazon e Tripadvisor per acquisti e hotel. La curiosità fu più forte della discrezione. Lesse alcune recensioni che riguardavano proprio lei. Quanto riportato era in linea con le caratteristiche che aveva rilevato anche lui, anche con la precisazione della tariffa richiesta, cinquanta euro, dai più ritenuta eccezionale in termini di rapporto prezzo/prestazioni. Rimase a riflettere. Era perplesso. Pensava di essere stato oggetto di una attenzione particolare, di aver meritato una attenzione particolare con la sua generosità, di aver suscitato almeno riconoscenza, se non devozione. Scopriva invece che altri, col minimo impegno economico, il minimo richiesto, avevano ricevuto analoghe attenzioni, medesimo impegno e tempo. Ma come, cinquanta euro, centocinquanta o trecento erano la stessa cosa per lei? Non facevano differenza? Gli venne in mente De André “C'è chi l'amore lo fa per noia / Chi se lo sceglie per professione / Bocca di rosa né l'uno né l'altro / Lei lo faceva per passione.” Aveva bisogno di ulteriori prove. Tornò da lei dopo circa tre settimane, trattenuto da impegni di lavoro, ma macerandosi in elucubrazioni sui nessi tra prezzi e relative prestazioni, sul valore relativo dei soldi da individuo a individuo, specialmente tra uomo e donna, col desiderio crescente di stare ancora con lei. Come la prima e la seconda volta, anche questa terza volta tutto fu perfetto, lei si comportò ancora come una amante affettuosa e prodiga. Il suo regalo fu di cinquecento euro. Dovette constatare però l'assenza di reazioni entusiaste, di particolare apprezzamento. Non ci furono grida di giubilo e salti di gioia, ma ricevette solo un grazie cortese, seguito dal solito bacio sulla guancia destra. Se ne andò, certo di aver fatto la mossa giusta, aveva giocato le sue carte. Ormai mancava solo la prova del nove. Resistette alla tentazione di ritornare da lei per due settimane, combattuto tra il piacere di rivederla e il timore che l'esito del nuovo incontro potesse confermare le sue previsioni. Poi ritornò. Fu riconosciuto e accolto con piacere, ma sicuramente non come la manna salvifica caduta dal cielo. La replica fu ancora calorosa, di qualità eccelsa come al solito. Lasciò solo cinquanta euro di regalo, bene in vista, affinché non ci fossero equivoci. Ricevette il solito bacio affettuoso, accompagnato da un sorriso. La guardò negli occhi. Le strinse intorno al collo la collana di anelli di acciaio dalla quale era inseparabile, anche nuda, anche durante i loro rapporti. Lei realizzò che le mancava l'aria. Cercò di liberarsi dalla stretta tirando calci e afferrando la collana tra le sue mani, ma la collana era robusta e la stretta di lui forte. I suoi occhi parevano uscire dalle orbite, mentre grida strozzate uscivano dalla sua bocca. Poi le forze l'abbandonarono e cadde a terra esanime appena lui lasciò la presa. Non dovevi farmi questo, disse lui. Meritavo più dei clienti da cinquanta euro o, per meglio dire, loro meritavano molto meno rispetto a me. Non che si possa comprare l'amore, la qualità di un rapporto, d'accordo, ma dieci deve pur essere diverso da uno, altrimenti tutto salta, viene meno l'ordine delle cose, i conti non tornano, trionfa l'arbitrio, è tutto appiattito. Era comunque commosso. Sapeva però che sarebbe stato difficile risalire a lui, uno dei cento clienti, ammesso che qualcuno avesse preso seriamente a cuore la ricerca del colpevole dell'omicidio di una prostituta. Uscì dall'appartamento richiudendo piano la porta dietro di sé. Si mise in macchina e girò a vuoto per oltre un'ora. Si fermò poi ad un bar, si sedette e ordinò una spremuta di arancia. Naturalmente non era pentito. Questo era fuori discussione. Era stato costretto a fare quello che aveva fatto dalla totale irrazionalità della donna, dalla completa incongruenza dei suoi comportamenti. La rabbia invece c'era tutta, per la delusione, il rimpianto e l'ingiustizia subita. Sentiva il bisogno di trovare conferma che al molto debba corrispondere il molto e al poco il poco. Non che lui ne dubitasse, ma gli sarebbe piaciuto a questo punto riceverne evidenza e conforto, al di fuori di sé stesso. Come fare? Prese la decisione. Cercò sul cellulare alcuni siti di incontri e fece qualche telefonata a donne che ricevevano nei dintorni, di buona avvenenza. Scelse infine quella la cui voce le era sembrata più interessante. Si recò all'indirizzo ricevuto, parcheggiò e richiamò. Nessuna risposta. Evidentemente era con qualche cliente. Attese una buona mezz'ora e telefonò di nuovo. Al secondo squillo rispose. Cinque minuti dopo suonava alla porta del suo appartamento. Era bella, più che nella foto che aveva vista, giovane, sorridente e spigliata. Chiese quale fosse la somma da lei richiesta. Dipende, rispose lei. Da cosa? Chiese lui. Da quello che chiedi, dal servizio che desideri. Quello normale, direi, rispose ancora lui, una specie di servizio standard. Lei disse allora che prendeva cinquanta euro, una cifra onesta, precisò. Capisco, osservò lui. E se io invece te ne dessi centocinquanta, chiese? Potresti allora accedere ad un servizio fuori standard, di classe superiore, rispose lei. No, disse lui, lo standard va bene, ma per centocinquanta euro avrei qualcosa in più? La donna ora lo guardava perplessa, forse incuriosita. Certo, potremmo fare le cose più con molta calma, passeremmo più tempo insieme, parleremmo. E se te ne dessi trecento invece, riprese lui? La donna non aveva certo tempo da perdere, ma volle ancora stare al gioco. Allora avresti più passione e dolcezza, ti farei impazzire, rispose. Lui sorrise, anche se solo con la bocca. E con cinquecento invece? Tesoro, disse lei, potresti restare qui tutto il pomeriggio, sarei la tua devota amante, ti coccolerei meglio di tua moglie, ti sembrerebbe di stare con la donna dei tuoi sogni. Ottimo, disse quindi lui, è una eccellente prospettiva per il futuro. Per adesso però mi basta questo, mi sono ricordato di avere un impegno, scusami. Ci vedremo presto di nuovo, concluse, mentre le metteva in mano cento euro, che ritenne adeguati per il tempo impiegato nella conversazione e per le risposte ricevute. La donna rimase sorpresa e pensierosa, ma considerò i cento euro un buon motivo per non farsi problemi inutili, quindi lo ringraziò e lo salutò. Lui uscì soddisfatto dal palazzo. Aveva avuto la conferma di cui sentiva il bisogno. Era sereno. Ora tutto era rientrato nella norma, i conti tornavano di nuovo, l'arbitrio era scongiurato e le opportune differenze confermate. Tornò a casa e si distese sul letto, cedendo quasi subito al sonno. Era ormai buio quando si svegliò di soprassalto al suono incessante del campanello della porta. Aprite, polizia, disse una voce.
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Autori di Writer Officina
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Sono nato nel 1958 in Molise, ma vivo a Roma fin dai tempi dell'università. Laureato in ingegneria nucleare, ho lavorato per quasi 30 anni nel settore informatica e telecomunicazioni, ricoprendo incarichi manageriali in aziende internazionali. Dal 2015 al 2021 sono stato docente liceale di Fisica. Da settembre 2021 sono in pensione. Ho sempre coniugato la formazione scientifica con interessi umanistici, convinto assertore di una visione interdisciplinare del sapere. Nel 2018, ho scritto il mio primo libro, “Un diverso punto di vista” BookSprint Edizioni, una serie di racconti. Ho successivamente pubblicato su Amazon KDP altre due raccolte di racconti, “Ibridizzazioni” (2019) e “Il labirinto e altri racconti” (2020), e il romanzo “Un'ombra che cammina” (2021).
Writer Officina: La tua passione per la scrittura come e quando nasce?
Luigi Arcari: Sono sempre stato un buon lettore e ho spesso nel passato provato a scrivere qualcosa, ma non sono mai riuscito ad andare oltre un buon incipit. Nel 2018, forse per il maggior tempo a disposizione o per una improvvisa vena creativa, i racconti raccolti nel mio primo libro sono scaturiti in maniera quasi naturale.
Writer Officina: Hai degli autori di riferimento?
Luigi Arcari: Troppi sarebbero gli autori, classici e moderni, da citare come parte della formazione di una vita. Dovendo dare dei nomi, citerei almeno Kafka, Dostoevskij, Bulgakov, Salinger, Sciascia e Calvino, ma anche Eco, Camilleri, Carofiglio, Ammaniti e Baricco, e poi Le Goff, Braudel e Pais.
Writer Officina: Molti racconti e un romanzo. Come vedi il rapporto tra i due generi?
Luigi Arcari: Scrivere racconti ha una sua peculiarità. Che credo il racconto consenta di focalizzare con efficacia un tema, un problema, un frammento di mondo, quindi più racconti permettano di scrutare un ampio spettro di situazioni e di emozioni. Il romanzo è invece più diluito, dilaga a macchia d'olio su un tema, lo sviscera magari nelle sue molteplici sfaccettature, ma limita la molteplicità della narrazione. Vedo il racconto come un lago piccolo e molto profondo, il romanzo come un mare esteso.
Writer Officina: Hai pubblicato i tuoi libri soprattutto su Amazon KDP. Ritieni che possa essere una buona opportunità per uno scrittore emergente?
Luigi Arcari: Ormai probabilmente la pubblicazione del libro è la parte più difficile della scrittura. Dopo aver proposto i miei libri a case editrici piccole e grandi, col risultato di essere ignorato o ricevere proposte di pubblicazione a pagamento, ho deciso per una auto-pubblicazione su piattaforma Amazon KDP. Credo che l'auto-pubblicazione sia una soluzione importante per uno scrittore emergente.
Writer Officina: Hai detto che la tua formazione scientifica è molto integrata con i tuoi interessi umanistici. Sei riuscito a trasmettere nei tuoi libri tale connubio?
Luigi Arcari: Sono contaminazioni che fanno parte della mia cultura e della mia visione del sapere. Più esplicitamente, per esempio, il mio primo libro “Un diverso punto di vista” è nato proprio dall'idea di fare scienza e letteratura insieme, realizzare un percorso letterario e un gioco narrativo che esplorasse un universo fatto di microcosmi matematici e fisici, affrontati in maniera entusiastica ed accattivante. Dentro il libro c'è un po' di fisica, di matematica, di letteratura, di storia, di filosofia, arte, religione e anche musica. Ma anche nel romanzo “Un'ombra che cammina”, incentrato sull'organizzazione e la messa in scena di una rappresentazione teatrale in una classe liceale, come esperienza di stimolo per abilità relazionali e comunicative, c'è spazio per una riflessione sul metodo scientifico.
Writer Officina: Il tuo romanzo è ambientato in una scuola. È solo un'opera di fantasia oppure ha a che fare con la tua esperienza di docente liceale?
Luigi Arcari: Naturalmente l'esperienza quotidiana a scuola per circa sei anni ha contribuito all'ideazione del contesto narrativo. E accanto alla scuola, i protagonisti del romanzo sono i giovani, gli studenti. In fondo è un romanzo di formazione, di crescita e di maturazione.
Writer Officina: Puoi dire qualcosa della tua tecnica di scrittura? Prepari uno schema iniziale, prendi appunti, oppure scrivi d'istinto? Luigi Arcari: Direi che spesso c'è un'idea iniziale di partenza, ma a volte è anche il piacere di un incipit particolare o di una struttura narrativa specifica. Poi quasi sempre è una scrittura d'istinto, in cui le storie crescono per stratificazioni successive di idee e di percorsi, dove è raro che sia noto a priori dove si andrà a finire, quale sarà l'epilogo.
Writer Officina: In questo periodo stai scrivendo qualcosa di nuovo?
Luigi Arcari: Ho un mio sito web www.luigiarcari.com dove presento periodicamente racconti e riflessioni, che confluiscono poi nei libri di racconti. Sto anche lavorando ad un nuovo romanzo, la storia di un inganno, di un'amicizia e di una caccia all'uomo, più esattamente ad una donna.
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