Writer Officina
Autore: Christian Martinelli
Titolo: Melbor dei Draghi
Genere Fantasy
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Melbor dei Draghi
L'arma sacra.

La notte fuori era immobile, in attesa del sorgere del sole. La luna era al suo culmine e illuminava il selciato e le abitazioni silenziose colpendole con fredde frecce bianco latte. Da lontano proveniva ancora il baccano della festa, il vociare confuso degli abitanti della città che quella notte non dormivano, non riposavano. Melbor era già in groppa a Moon e scrutava attentamente la strada dinanzi a sé, senza badare ai suoi compagni che preparavano i loro cavalli. Una volta che furono in sella, senza dire una parola, lanciò Moon al galoppo. Dopo poche decine di minuti attraversarono le porte della città. Il sole mandava i suoi primi bagliori a est, colorando le nuvole di un rosa pallido; il giovane cavaliere non rallentò, né si voltò, mantenendo lo sguardo dritto di fronte a sé. L'aria frizzante del mattino gli accarezzava il viso, la ritrovata sensazione di libertà gli sollevava l'anima. Moon, sentendo nuovamente il fresco tocco dell'erba morbida sotto agli zoccoli, emise un nitrito gioioso mentre il paesaggio già gli scorreva rapidamente accanto e le bianche mura di Windfall diventavano sempre più piccole, sempre più lontane. Kantor e Ygrid rimasero affascinati dall'incantevole panorama che si apriva dinanzi ai loro occhi: il sole, che acquisiva sempre più forza a ogni minuto che passava, ora illuminava le cime delle lontane montagne a nord. A Ygrid erano sempre parse irraggiungibili, lo sfondo di una vita racchiusa tra le mura di una città, ma ora che il vento le scompigliava i capelli, ora che l'elegante potenza di un cavallo la portava lontano, si accendeva in lei una consapevolezza nuova, una forza latente, una voce che le diceva “ora sei libera, l'unico confine alle tue azioni è la tua stessa volontà”. In una manciata di giorni la sua vita era cambiata radicalmente e l'aveva resa una principessa in fuga dalle sue responsabilità. Ma questo, mentre i raggi riflessi dall'acqua agitata del mare le ballavano sul viso tingendolo di tutti i colori, non le importava. Le uniche cose che contavano erano i suoi compagni, il cavallo e la direzione da prendere; anche se erano molte le preoccupazioni che le ingombravano i pensieri, nonostante gli innumerevoli misteri di cui non era ancora venuta a capo, sebbene avrebbe voluto risolvere l'espressione cupa che continuava ad aleggiare sul viso di Melbor, in quel momento nulla importava, perché si trovava esattamente dove desiderava stare, esattamente con la persona con cui voleva essere.
Anche per Kantor la visione di quello spettacolo richiamò pensieri lontani, che nella sua lunga giovinezza aveva cercato di dimenticare. Da quella parte, in quello sconfinato pezzo di terra ricco di cocuzzoli e anfratti, neve e animali feroci, in quel luogo ancora selvaggio, inespugnato, in cui le tenebre erano più oscure e il sole coperto dalle alte vette, lui era nato. Quelle montagne nascondevano la verità che lui stesso aveva tentato di celarsi per tutta la vita, scappando dalle sue origini, dal mistero della sua nascita, dall'innaturale evento che lo aveva lasciato solo al mondo, pezzo di un puzzle già completo con i lati che non combaciavano. Un'umana e un orco si erano amati, questo era tutto ciò che sapeva, e da quell'amore era nato lui, né pane né burro, solo al mondo. Suo padre, probabilmente, viveva ancora tra quelle montagne, ma lui non aveva alcuna intenzione di verificarlo; gli orchi erano rinomati per la loro crudeltà. Non che questo gli facesse paura, ma temeva che conoscerlo sarebbe stato più doloroso di una vita senza origini, senza una storia. Si costrinse a guardare altrove, a Ovest, verso gli alti alberi della foresta, o dinanzi a lui, dove le colline si aprivano al loro passo rivelando la strada che li attendeva.
Solo dopo un paio d'ore Melbor rallentò il passo, attendendo che i suoi compagni lo raggiungessero. Dal suo viso era scomparsa l'espressione angosciata e Ygrid ne fu molto sollevata.
- Fermiamoci un attimo per mangiare e riposare - disse sorridendo. Kantor estrasse dalla bisaccia del suo cavallo tre delle porzioni consegnategli da Rector e le ripose sul prato. Ognuna conteneva un timballo di carne e della birra. Estrasse anche la borraccia d'acqua, considerando l'ora troppo mattutina per la bevanda alcolica. Il cavaliere diede da bere ai cavalli e poi li lasciò pascolare liberamente.
Finito di mangiare, il mezz'orco sistemò ciò che era rimasto nella sua bisaccia; la principessa, invece, prese il tomo della nonna e si sedette a gambe incrociate per leggere. Il giovane era vicino a lei, steso comodamente sul prato con un braccio posato sugli occhi per ripararli dal sole. Nonostante la notte di veglia nessuno di loro aveva sonno; Melbor e Ygrid avevano dormito per quasi tre giorni di fila mentre Kantor, essendo per metà orco, non aveva bisogno di dormire quanto gli umani; semplicemente riposarono, lasciandosi cullare dall'avvolgente tepore del sole mattutino. Una leggera brezza spirava da est portando con sé il salmastro odore del mare. I tre cavalli, ora che erano liberi dai propri cavalieri, poterono conoscersi da pari; a intervalli regolari emettevano nitriti gioiosi, giocando nell'erba alta.
Dopo poco, senza alcun preavviso, Ygrid iniziò a leggere un tratto dello scritto di Dana, e attraverso la sua voce la vecchia principessa riprese vita:

Dana, ancora ragazzina, percorreva i lunghi corridoi e le vaste stanze del castello seguendo Erbert; quei corridoi conosciuti, quelle sale che erano state la sua casa, erano divenute irriconoscibili ora che il buio e la paura le colmavano totalmente. Erano un labirinto intricato e oscuro, appena rischiarato dalla torcia della guardia che procedeva spedita dinanzi a lei, fermandosi solo alcuni attimi per assicurarsi che nessuno si nascondesse dietro agli angoli o alle svolte. Da lontano riecheggiava il rumore freddo dell'acciaio, le urla strozzate dei feriti, l'ira furiosa dei rivoltosi.
La testa di Dana girava forte e la giovane era costretta ad appoggiarsi ai muri e ai mobili intagliati a mano per reggersi e riuscire a seguire Erbert, l'unica sua ancora di salvezza in quel mare di oscurità. Un brivido potente l'attraversò ridestandola da quel torpore quando l'uomo si buttò su di lei con forza, sbattendola contro il muro senza troppe cerimonie e posandole una mano sulla bocca. Dana non vide e non sentì l'uomo che a pochi metri di distanza infilzava con la spada una delle guardie del suo contingente. Non vide e non sentì nulla; la paura le faceva tremare le gambe, le bagnava la pelle di sudore, le rattrappiva i sensi. L'uomo, fortunatamente, non li vide. La guardia tolse la mano sinistra dalla bocca di Dana, la destra dall'elsa della spada. Ripartì.
Quando giunsero fuori dal castello la principessa cadde in ginocchio sull'erba bagnata dalla rugiada; vomitò, pianse, gemette. Il soldato scrutava il buio, cercando di capire quale fosse la strada migliore per andarsene da lì. La città era invasa dai rivoltosi e dal rumore della battaglia, ma, fortunatamente, il suo grado era abbastanza alto da permettergli di conoscere il passaggio segreto che dall'armeria portava direttamente all'esterno della città. Si avvicinò a Dana cercando di farla rialzare, ma la ragazza non si mosse; fissò invece l'uomo con intensità, con quegli occhi che rilucevano anche al buio, solo bagnati dalle lacrime.
- Dov'è mio padre? - .
- Vi aspetta fuori dalle mura - rispose sbrigativamente la guardia.
- Voglio la verità! - La sua voce era un grido rotto dal pianto e dal fiato corto. Erbert la osservò attentamente per qualche secondo; le sue lacrime riflettevano la candida luce lunare, gli occhi brillavano di vita propria. Si scusò, ma la principessa non ne capì il motivo, dopodiché l'uomo alzò un braccio al cielo. Il colpo fu secco e violento, preciso, e la ragazza cadde a terra senza più parole. Il buio le attanagliò il cuore e la mente, i suoi occhi si spensero.

Quando si svegliò il sole era già alto nel cielo. Da principio non riuscì a ricordare cosa fosse accaduto, ma man mano che il suo cervello usciva dal labirinto in cui s'era perso, gli avvenimenti della sera precedente riaffioravano come bolle d'aria sott'acqua. La testa le doleva come non aveva mai fatto e una strana sensazione le provocava la nausea; le sembrava di dondolare ritmicamente, come se si trovasse su un'altalena. Aprì gli occhi, ma il sole la accecò oscurandole la vista.
Riusciva a intravedere soltanto un'ombra scura dinanzi a sé. Attese che i secondi divenissero minuti, che gli occhi si abituassero alla luce, che i ricordi terminassero di riaffiorare. Attimo dopo attimo capì che quell'ondeggiare ritmico era il passo di un cavallo sul quale era stata stesa e che l'ombra che vedeva dinanzi a sé in realtà era Erbert, che guidava l'animale tenendolo per le briglie. Con lentezza si mise a sedere sul cavallo; ora che i suoi occhi erano aperti e non più accecati dal potente sole di un mezzogiorno torrido, si accorse che il paesaggio che le si presentava davanti era tutt'altro che familiare. Colline in ogni direzione, verdi e tondeggianti. Tutto ciò che rimaneva di Windfall e della sua vita non era altro che un minuscolo pallino bianco in riva all'immenso mare, così lontano da essere indistinguibile.
- Finalmente vi siete svegliata, principessa - . L'uomo si voltò e la osservò.
- Dove mi state portando? - . Dana era spaventata. Erbert era l'uomo che le era stato più vicino di tutti a corte, persino più vicino di suo padre e di tutti i ragazzi della città alta ed era stato per lei un amico e un confidente, ma ora che l'aveva colpita, ora che l'aveva portata via dalla sua casa, lontano dalla sua vita, ora che si trovavano soli dinanzi alla vastità del mondo, sentiva di aver paura di lui. Nonostante la giovane età sapeva bene che l'animo umano è facilmente corruttibile e adattabile alle situazioni; eppure l'uomo le diede una risposta così semplice da essere inaspettata, da lasciarla spiazzata, una risposta capace di spezzare le sue paure.
- Al sicuro, principessa - . Per alcuni secondi tacquero entrambi, poi fu lui stesso a riprendere la parola.
- Mi dispiace di avervi colpito, ma non mi avreste mai seguito altrimenti e rischiavamo di essere catturati - .
- Mio padre è morto quindi - . Le parole le uscirono con una semplicità spiazzante, come se avesse già digerito la notizia.
- Il re è morto. - rispose mestamente Erbert. Aveva fermato il cavallo e s'era voltato verso la ragazza per guardarla dritto negli occhi, ma non trovò l'espressione che si aspettava. La principessa scrutò l'orizzonte dinanzi a sé. Non disse alcuna parola, ma si rese conto che non le importava; non le importava perché il padre era morto diversi anni prima, quando sua madre l'aveva abbandonato e da allora era divenuto soltanto l'ombra di sé stesso, nulla più che un pezzo di carne in attesa di marcire.

Ygrid smise di leggere. Alcune lacrime avevano rigato il suo viso.
- Una storia molto triste - disse Kantor, cercando di ridestare la principessa dai pensieri infelici. Ella lo osservò con occhi languidi, ancora bagnati dall'acqua salmastra della tristezza. Si asciugò con la manica della veste e sorrise. Melbor osservò la scena, ormai tranquillo, consapevole che ciò che aveva vissuto era stato soltanto un sogno a cui dare l'importanza, appunto, di un sogno.
- È ora di andare! - Il cavaliere si alzò allegramente dal prato. La ragazza chiuse il tomo e si alzò andando verso il suo cavallo, ora più tranquilla; il mezz'orco fece lo stesso. Prima di ripartire Melbor aiutò la principessa a riposizionare la pesante sella sul suo destriero; le mani dei due si sfiorarono più volte e loro si sorrisero a ogni tocco. Kantor osservò la scena da lontano, ridendo silenziosamente dei loro buffi comportamenti. Poi, una volta che furono tutti in sella, ripartirono con un'andatura più tranquilla, in direzione nord-ovest, verso la capitale.
Christian Martinelli
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Christian Martinelli
Mi chiamo Christian, ho 27 anni e abito in un grande appartamento con mia moglie e il nostro piccolo Orex, anche se “piccolo” è solo un eufemismo visto che si tratta di un meticcio di Alano. Sono nato in un paesino rinchiuso tra le vette delle alpi, tristemente famoso per quanto accaduto alla diga del Vajont; è inoltre conosciuto per aver dato i natali a uno scrittore naturalista, oltre che irriverente personaggio della tv. Non avevo ancora un anno quando i miei genitori si sono trasferiti più a valle, in un complesso di case ancora più piccolo, una frazione di una modesta cittadina. Lì sono cresciuto, protetto dal mondo frenetico e deludente che prendeva vita oltre agli sconfinati campi coltivati che mi circondavano. Dopodiché ho frequentato il corso di Laurea in Biotecnologie e sono dovuto venire a patti con la mia età ormai adulta. A Parma ho conosciuto un mondo completamente differente da quello in cui avevo vissuto fino a quel momento e da esso sono rimasto folgorato: per lunghi anni ho creduto d'aver trovato il mio posto, ammaliato dalle infinite opportunità e comodità della vita cittadina, finché non mi sono reso conto che ciò che mi mancava veramente, ciò di cui avevo davvero bisogno, era l'ombra delle montagne e i visi amichevoli a cui ero abituato. Per questo motivo ho fatto le valige e sono tornato nella mia terra dove vivo ora serenamente.
Sono senza ombra di dubbio una persona molto introversa e il miglior modo per esprimermi che ho trovato è attraverso la scrittura. In essa riesco a creare un mondo tutto mio in cui poter svolgere un ampio lavoro di introspezione, ma non solo: avere la possibilità di creare universi paralleli in cui accadono le cose più incredibili, di narrare le gesta di eroi e cattivi, di dar vita a qualcosa che non esiste, ma che da quel momento è reale quanto tutto ciò che vi circonda perché capace di entrarvi nel cuore e di farvi affezionare, di creare emozioni e sentimenti, per me non ha prezzo. Ricordate sempre che in un mondo senza più magia non ci resta che la fantasia!

Writer Officina: Qual è stato il momento in cui ti sei accorto di aver sviluppato la passione per la letteratura?

Christian Martinelli: Una domanda assai complicata poiché la risposta s'intreccia al periodo più brutto della mia vita. Sin da quando ero bambino mi sono adoperato per leggere qualche libro, ma lo consideravo più un passatempo per sfuggire alla noia pomeridiana che una questione importante. Fu diversi anni dopo, quando vidi ogni granello della mia esistenza crollarmi addosso, che divenni completamente dipendente dai libri: essi, fosse anche soltanto per dieci minuti al giorno, erano in grado di farmi viaggiare, di sollevarmi dalla poltrona su cui ero solito commiserare la mia vita per portarmi in un mondo lontano dove i miei problemi sembrano essere insignificanti. Da allora non ho più smesso.

Writer Officina: C'è un libro che, dopo averlo letto, ti ha lasciato addosso la voglia di seguire questa strada?

Christian Martinelli: Sinceramente no! Non c'è un libro che mi abbia, più o meno di altri, spinto verso la scrittura. Anche questa passione, infatti, è nata come una necessità, il bisogno di tracciare su di un pezzo di carta i miei pensieri. Dopodiché, con estrema naturalezza, sono arrivati Alex, Chiara, Nicolas, Sofia e una marea di altri personaggi attorno ai quali si è costruita una storia.
Dico spesso che, come accade per lo scultore, l'opera d'arte è già dentro la pietra, e a lui non resta che togliere ciò che è superfluo; la mia storia, o le mie storie, sono qualcosa che già esiste in un qualche piano confinato e nascosto di una realtà parallela, e l'unico compito dello scrittore è quello di estrarle e metterle nero su bianco.

Writer Officina: A quale dei tuoi libri sei più affezionato? Puoi raccontarci di cosa tratta?

Christian Martinelli: Al momento posso vantare un solo libro pubblicato, nonostante altri siano in fase di pubblicazione o stesura. In ogni caso, considerandoli tutti in egual modo, non posso che rispondere: “il primo!”. Nephilim il risveglio è stato amore e odio, gioia e lotta, divertimento e difficoltà. Mi sono seduto davanti a un pc e ho semplicemente iniziato a scrivere, senza sapere dove io stesso volessi andare a parare. La storia non era ancora ben formata nella mia testa, ma man mano che proseguivo, pagina dopo pagina, nascevano personaggi, amori, difficoltà ed emozioni.
Quando lo ho terminato e ho fatto una prima revisione il mio lavoro era veramente molto grezzo: mancavano diversi spezzoni di storia e lo stile non era dei migliori. Per questo motivo ho quindi dovuto impegnarmi ancora, aggiungere altro sangue e sudore, fino allo sfinimento, ma ho raggiunto infine ciò che desideravo.
Più volte mi sono detto che, se ricominciassi da capo, sarei in grado, grazie all'esperienza ora accumulata, di migliorarlo ulteriormente, ma mi sono reso conto che la sua bellezza sta proprio in quelle frasi talvolta grezze, in quel ritmo a volte troppo rapido, in quelle piccole sbavature che lo caratterizzano. L'ultima volta che lo ho riletto, infatti, mi è tornata in mente un'opera a fumetti molto nota: nel primo volume c'erano illustrazioni assai poco definite e, anzi, se vogliamo usare la parola corretta, direi proprio brutte; andando avanti, tuttavia, l'autore è migliorato, sempre di più, fino a raggiungere le vette più alte, e ora è bello poter vedere da dove è partito. Ciò che è perfetto fin da subito non potrà mai possedere lo stesso fascino che ci dà ciò che vediamo crescere, proprio come un figlio.

Christian Martinelli: Quale tecnica usi per scrivere? Prepari uno schema iniziale, prendi appunti, oppure scrivi d'istinto?

Il tuo nome cognome: Come detto, per il mio primo libro Nephilim il risveglio, tutto ciò che ho fatto è stato sedermi davanti a un pc e iniziare a scrivere. Ci è voluta l'esperienza per capire che una storia ha bisogno di una struttura e di un finale ancora prima che sia scritto l'incipit. Per questo motivo ora mi prendo un bel po' di tempo per pensare alla storia, dal suo inizio alla sua fine e, soprattutto, a ciò che accade nel mezzo. Dopodiché suddivido ciò che ho immaginato in parti più piccole e le approfondisco una a una, aggiungendo dettagli e consequenzialità. Ritengo tuttavia importante che questa struttura, stilata precedentemente alla fase di scrittura, non impedisca di inserire modifiche o di aggiungere o eliminare delle sue parti in corso d'opera.

Writer Officina: Ritieni che la verosimiglianza sia importante oppure no visto che si tratta comunque di fiction?

Christian Martinelli: Assolutamente si, almeno per quanto riguarda gli scrittori del mio stesso genere. Il fantastico ha un'ampiezza sconfinata ed è quindi impossibile parlare per tutti, ma per il ramo della fantascienza la verosimiglianza è obbligatoria. Per quanto si tratti di fiction questo genere si basa su fondamenta concrete, ovvero quelle della scienza, e da esse bisogna partire.
Ho inserito nel mio libro, per esempio, un personaggio fatto completamente di pietra, cosa che nella realtà non sarebbe possibile, almeno nell'universo che conosciamo. Tuttavia, come molti già sapranno, la vita conosciuta si basa su un elemento chimico chiamato Carbonio grazie ad alcune sue particolari proprietà. Se prendete una tavola periodica e guardate cosa c'è sotto il Carbonio, troverete il Silicio (il maggior componente delle rocce), imparentato al punto con il suo vicino di sopra che molti scienziati hanno ipotizzato l'esistenza di esseri viventi a base di Silicio.
Per questo motivo, se vuoi scrivere di fantascienza, per prima cosa devi conoscere la scienza. Pensiamo ai grandi maestri del calibro di Asimov e immaginiamo che avessero scritto i loro libri senza informarsi prima sull'universo o sulla robotica; non credo, in quel caso, che sarebbero ancora definiti “grandi maestri”.

Writer Officina: Cosa hai voluto dire con la tua storia?

Christian Martinelli: Dare un significato alle nostre storie è la cosa più importante e, allo stesso tempo, più difficile di tutte. Ammesso e non concesso che uno scrittore, semplicemente in quanto tale, abbia le conoscenze o le capacità per insegnare qualcosa a qualcuno, questo non è ancora sufficiente. Perciò, il significato che ho cercati di inserire nel mio libro, è sicuramente quello dell'amore per il pianeta che è la nostra casa e di lotta contro coloro che vogliono strapparci dalle mani la nostra casa. Tuttavia, Nephilim il risveglio, è solo il primo di una trilogia, e ci sono ancora tanti significati nascosti nella continuazione della storia.

Writer Officina: In questo periodo stai scrivendo un nuovo libro? È dello stesso genere di quello che hai già pubblicato, oppure un'idea completamente diversa?

Christian Martinelli: Oltre ad aver terminato il sequel di Nephilm il risveglio, che con tutta probabilità prenderà il titolo di Nephilim la chimera, ho avviato un secondo progetto molto particolare. Il genere di appartenenza è quello dell'epic fantasy, ma non temete: niente scopiazzature tolkieniane. La particolarità sta nel tipo di pubblicazione: vorrei infatti serializzarlo, ovvero pubblicarlo tramite una serie di volumi della lunghezza di circa cento pagine e a un prezzo accessibile a tutti. Dopo lunga attesa una casa editrice ha accolto la mia proposta e potrete quindi trovare presto in libreria il primo volume del mio nuovo titolo.
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