Writer Officina
Autore: Michele Scalini
Titolo: L'ascesa della prescelta
Genere Fantascienza
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L'ascesa della prescelta
L'astronave solcava indisturbata le profondità del cosmo, diretta verso la nostra destinazione: un piccolo pianeta situato nella fascia abitabile della stella Mintaka, parte della costellazione di Orione, noto come Mintaka-A.
Alcuni anni prima, sonde esplorative erano state inviate a studiare quel sistema solare, alla ricerca di giacimenti minerari o possibili forme di vita.
Dopo aver sorvolato i pochi pianeti intrappolati nel campo gravitazionale della stella, che li teneva in orbita, le sonde rilevarono diverse anomalie sulla superficie di uno di essi, quello con condizioni più simili alla Terra.
Le informazioni inviate al controllo missione fecero immediatamente scattare gli allarmi: gli scienziati compresero subito l'importanza di quei dati.
Gli scienziati si misero a studiare a fondo quelle anomalie, scoprendo che si trattava di strutture di natura apparentemente artificiale.
Questa rivelazione li portò a ipotizzare che, in un passato remoto, una civiltà avesse abitato quel pianeta lontano.
La compagnia per cui avevo iniziato a lavorare, dopo aver lasciato l'aviazione militare, colse al volo l'opportunità e decise di organizzare una spedizione scientifica per studiare da vicino quelle anomalie.
Sebbene fosse principalmente dedicata alla ricerca mineraria, il Consiglio di amministrazione intuì il potenziale economico della scoperta: il ritrovamento di una civiltà aliena avrebbe potuto fruttare miliardi di crediti.
Inoltre, la scoperta avrebbe accresciuto enormemente la notorietà della compagnia, attirando più fondi e nuovi contratti esplorativi, senza contare la fama che una rivelazione di tale portata avrebbe garantito.
Senza perdere tempo, la compagnia iniziò a selezionare un comandante in grado di guidare la spedizione verso quel luogo inesplorato, insieme al personale che lo avrebbe affiancato.
Tra i numerosi candidati convocati c'ero anch'io e, secondo il selezionatore, risultai il più idoneo a guidare la missione, grazie soprattutto alla mia esperienza militare.
Dopo un lungo confronto con i responsabili, accettai l'incarico, ma non prima di averne discusso con mia moglie Sonya, che, oltre a essere il mio secondo pilota, condivideva con me ogni scelta importante.
Stranamente, lei non accolse con entusiasmo la notizia, nonostante la missione fosse stata stimata durare poco meno di dieci mesi, almeno secondo i calcoli della compagnia.
Alla fine, la convinsi: il compenso era straordinario, e le promisi che, una volta tornati sulla Terra, avremmo lasciato il lavoro e ci saremmo goduti quei soldi, abbandonando per sempre i viaggi interplanetari.
Dopo una lunga discussione, e averle esposto le ragioni per cui unirci a quella spedizione era la scelta giusta, mia moglie accettò il nuovo incarico, a patto che le promettessi di ritirarci per sempre dai viaggi spaziali una volta tornati.
Naturalmente, avevo tutta l'intenzione di mantenere quella promessa, a qualunque costo.
Dopotutto, con il milione di crediti che avremmo guadagnato grazie alla missione, avremmo potuto andare in pensione a quarant'anni.
Chi non avrebbe rispettato una promessa simile?
Tornati sulla Terra, avrei comprato una casa in riva al mare, su una di quelle isole tropicali che avevo sempre sognato, e avrei trascorso il resto della mia vita lì, insieme a lei, mia moglie.
Sarebbe stato tutto perfetto, e non avrei rinunciato a quel sogno per niente al mondo!
Ci trovavamo in viaggio da quattro settimane e, secondo i calcoli, avremmo raggiunto la nostra destinazione entro altre quattro.
Una volta atterrati sulla superficie del pianeta, avremmo guidato una squadra di scienziati ingaggiati dalla compagnia, tra cui archeologi e geologi, fino al sito in cui sorgevano le anomalie che avrebbero dovuto studiare.
Mentre gli scienziati si sarebbero dedicati all'analisi delle scoperte, il mio compito e quello del mio equipaggio sarebbe stato garantire la loro sicurezza.
Fortunatamente, le sonde non avevano rilevato tracce di forme di vita animale, a eccezion fatta per una rigogliosa vegetazione, responsabile di un'atmosfera sorprendentemente simile a quella terrestre.
Non prevedendo intoppi una volta scesi sulla superficie, anzi, consideravo quella missione una sorta di vacanza per il mio equipaggio, seppur decisamente ben pagata.
Oltre a mia moglie, viaggiavano con noi altre sei persone, da me personalmente selezionate per formare il resto dell'equipaggio.
Li avevo scelti con cura: alcuni avevano un addestramento militare, come il sottoscritto, un elemento che ritenevo utile nel caso qualcosa fosse andato storto.
Gli altri erano esperti di viaggi spaziali e sapevano come prendersi cura della nostra astronave, la Cristoforo.
Tra loro c'erano due ex militari: Jackson Moore, a cui assegnai la gestione delle armi, e Frank Prosinski, esperto nell'affrontare ambienti ostili come boscaglie o terreni difficili.
Sul ponte di comando, insieme a me e a Sonya, c'era Claire Brown, una testa calda con cui avevo volato durante il mio periodo trascorso nell'aeronautica militare.
Nonostante il suo carattere impetuoso, possedeva una conoscenza impeccabile della strumentazione di bordo della Cristoforo.
In sala macchine, invece, lavoravano Sarah Spencer e Jonathan Stewart, due meccanici di prim'ordine.
Li avevo scelti non solo per l'eccellente posizione nella graduatoria stilata dalla compagnia, ma anche perché erano letteralmente nati e cresciuti su astronavi simili a quella che pilotavo.
La Cristoforo era il fiore all'occhiello della compagnia, un'astronave che qualsiasi capitano avrebbe considerato un onore comandare.
Progettata con le tecnologie più avanzate, era in grado di affrontare le immense distanze cosmiche viaggiando a velocità superiori a quella della luce, mentre il suo scafo, straordinariamente resistente, era costruito per sopportare l'impatto di qualsiasi detrito spaziale.
Inoltre, a prua era stato montato uno schermo laser di ultima generazione, progettato per proteggere il resto dello scafo da eventuali detriti che avremmo potuto incontrare durante il viaggio.
Qualsiasi comandante avrebbe desiderato comandare una nave simile, e io mi sentivo onorato di ricoprire quel ruolo.
A completare l'equipaggio, avevamo con noi Fred O'Brien, un botanico incaricato della gestione dei sistemi di sopravvivenza della nave.
Lavorava nella serra, situata al livello superiore della nave, dove venivano coltivate le piante destinate a rifornire di ossigeno l'intera astronave.
Con il passare degli anni, le principali compagnie aerospaziali avevano scelto di eliminare i grandi serbatoi di ossigeno, sostituendoli con vegetazione in grado di garantire scorte illimitate in modo da affrontare viaggi sempre più lunghi.
Infine, c'erano gli scienziati che trascorrevano il tempo nella stiva, allestita in modo da consentire loro di condurre i propri studi, con al comando un'archeologa, Laura Parker.
Avevo parlato più volte con quella donna, e sembrava una persona che sapeva esattamente ciò che stava facendo.
In ognuna di quelle occasioni, non aveva mai nascosto il suo entusiasmo di fronte a quella scoperta che, a quanto diceva, avrebbe fornito una risposta definitiva alla domanda che aveva assillato l'umanità per secoli: siamo soli nell'universo?
Da parte mia, nutrivo la speranza che avesse effettivamente trovato qualcosa su quel pianeta, soprattutto per premiare l'entusiasmo che mostrava continuamente.
Anche se non le dissi mai che, durante le numerose spedizioni minerarie svolte attraverso la galassia, non avevo mai incontrato alcuna forma di vita intelligente, né tantomeno trovato resti che potessero suggerire il suo passaggio.
Certo, mi ero imbattuto in animali dalle forme più strane, alcuni anche micidiali, o in vegetazione dai colori incredibili.
Ma civiltà intelligenti, o tracce del loro passaggio, non ne avevo mai viste.
Comunque, quella donna, insieme agli altri scienziati ingaggiati dalla compagnia, rimase tutto il tempo nella stiva ad analizzare le informazioni inviate dalle sonde.
La potevamo incontrare solo durante i pasti, ma raramente conversava con noi, membri dell'equipaggio, poiché preferiva sistemarsi in disparte con il resto della sua squadra per discutere di ciò che stavano studiando.
Avevo da poco finito di cenare e mi trovavo sul ponte di comando, pronto a iniziare il mio turno alla guida della nave.
Mi sistemai sulla mia poltrona e mi godetti il silenzio che regnava intorno a me, mentre le luci della plancia, che avevo davanti, segnalavano lo stato positivo della nave.
Naturalmente, essendo nello spazio aperto, la navigazione era sotto il controllo del computer di bordo, che avrebbe seguito la rotta fino a raggiungere una stella distante circa una settimana di viaggio, dove avrei preso i comandi.
Michele Scalini
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Autori di Writer Officina

Michele Scalini
Sono nato nel 1974 a Jesi, nella provincia di Ancona, dove vivo tutt'ora. Ho conseguito gli studi presso una scuola di formazione professionale ed ho lavorato per molti anni nel settore dell'automazione industriale come tecnico programmatore, svolgendo l'attività sia all'estero che su territorio nazionale. Un anno fa ho lasciato il lavoro per dedicarmi interamente alla scrittura e per investire su me stesso.
Amo la lettura, anche se ultimamente ho poco tempo da dedicarle. Sono cresciuto coi classici come “Papillon”, “L'isola del tesoro”, il mitico personaggio “Conan” tanto per citarne alcuni. In seguito mi sono dedicato a letture più specifiche riguardanti la mitologia, la storia antica e la geopolitica. Sono appassionato di film e serie televisive di fantascienza e provo un'innata curiosità rivolta verso scenari post-apocalittici, i quali hanno ispirati alcuni miei romanzi.

Writer Officina: La tua passione per la scrittura come e quando nasce?

Michele Scalini: La mia passione per la scrittura è nata per caso, onestamente neanche sapevo che sarei stato in grado di scrivere un libro di fantasia. Accadde circa otto anni fa, mentre stavo affrontando un periodo difficile a causa della perdita del lavoro. Una mattina mi sveglio e vado al computer con l'idea di cercare qualcosa che mi avrebbe permesso di distrarmi da quel periodo difficile e che mi avesse aiutato a trovare nuovi stimoli, a reinventarmi per farla breve. Dopo una ricerca, mi sono imbattuto in un blog dove trovai una lista di attività da valutare. Consultai con attenzione quella lista cercando di capire quale attività fosse stata più adatta a me, fino a quando trovo scritto “scrivi un libro”. Leggo quel testo diverse volte, fino a quando esulto dicendo “ok, scriviamo un libro”. Da quel giorno non mi sono più fermato. Al momento ho scritto circa venticinque libri e la produzione maggiore l'ho avuta negli ultimi tre anni.

Writer Officina: Dopo aver scritto il tuo primo libro, lo hai proposto a un Editore? E con quali risultati?

Michele Scalini: Inizialmente tentai con il self publishing, poi pensai di inviare il manoscritto ad alcune case editrici. La prima che rispose mi chiese quasi due mila euro per la pubblicazione, offerta che rifiutai naturalmente. In seguito rispose una piccola casa editrice dicendo che era interessata al libro. Così, le affidai il libro e lo trovai pubblicato su diversi store online. Fu una vera soddisfazione per me, poiché mi fece pensare che il mio lavoro aveva del potenziale.

Writer Officina: Ritieni che pubblicare su Amazon KDP possa essere una buona opportunità per uno scrittore emergente?

Michele Scalini: Onestamente gli ultimi libri li ho pubblicati con kdp e così farò con i prossimi. Intanto kdp permette di pubblicare un libro in pochi e semplici passaggi, le royalty sono più alte rispetto a quelle pagate dalle case editrici e poi hai la possibilità di organizzare delle promozioni gratuite per l'e-book per alcuni giorni, questa cosa aiuta per avere maggiore visibilità. Ritengo che distribuire il libro con kdp sia un'ottima opportunità per uno scrittore emergente, visto che può gestire il tutto in completa autonomia e indipendenza.

Writer Officina: A quale dei tuoi libri sei più affezionato? Puoi raccontarci di cosa tratta?

Michele Scalini: Direi che sia “L'uomo che visse nello spazio”. Parla di un uomo che, durante una normale giornata di lavoro, si ritrova catapultato a bordo di un'astronave persa nella galassia abitata da alcune creature aliene. Inizialmente il personaggio è intimorito da quelle creature e dalla situazione che sta vivendo. Non riesce a trovare una spiegazione a quanto gli è accaduto e vuole tornare a casa al più presto. Ma dopo che viene accolto come un amico, vince le sue paure e si ritrova a viaggiare insieme a quegli alieni attraverso la galassia in cerca di un modo per tornare sulla Terra tra difficoltà varie e mondi sconosciuti che si presentano ai suoi occhi.

Writer Officina: Quale tecnica usi per scrivere? Prepari uno schema iniziale, prendi appunti, oppure scrivi d'istinto?

Michele Scalini: Premetto che tutti i miei libri sono scritti in prima persona; quindi, è il personaggio che racconta quanto avviene e il lettore può vivere quell'avventura con i propri occhi. Comunque, parto da una piccola idea iniziale e il resto viene d'istinto, appoggio le mani alla tastiera e il testo viene da sé. Ad essere onesti, in alcune occasioni mi sorpreso da quanto scritto mentre rileggevo il testo per correggerlo.

Writer Officina: In questo periodo stai scrivendo un nuovo libro? È dello stesso genere di quello che hai già pubblicato, oppure un'idea completamente diversa?

Michele Scalini: Rispondo dicendo che ho sempre un libro in “cantiere”, difficilmente mi prendo periodi di riposo. Ormai mi definisco una specie di catena di montaggio del libro. Comunque, sì, sto scrivendo un nuovo libro dal titolo “Le urla del silenzio”. Generalmente scrivo avventure di fantascienza, ma con questo libro voglio tentare il genere thriller horror per mettermi alla prova e per provare qualcosa di diverso. Il personaggio è una donna e, ironia della sorte, è anche una scrittrice. Durante un viaggio di lavoro, in cui presenta al pubblico il suo ultimo libro, si imbatte in fenomeni inquietanti che la turbano. Così inizia ed è ancora in fase di scrittura.
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