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Michael Connor
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Durante la guerra, quella che combattevo ogni giorno nel mio tempo, i pattugliatori di Globalnet riuscirono a catturarmi diverse volte, forse troppe per i miei gusti. In una di quelle occasioni, mi catturarono mentre mi trovavo insieme alla mia squadra, e mi condussero in una vecchia casa con le pareti in rovina a causa della guerra. Al suo interno trovai altri soldati che vennero catturati prima di noi e venni ammanettato ad una catena che spuntava dal pavimento. Ci tennero sdraiati sul pavimento per giorni interi, mentre, a turno, uno dei pattugliatori, che ci sorvegliava per tutto il tempo, ci conduceva all'interno di una stanza posta nel seminterrato. Per tutto il giorno sentivo della musica provenire da quel seminterrato e mi chiedevo cosa ci fosse là sotto, mentre me ne stavo sdraiato sul pavimento tutto il tempo in silenzio con gli altri che mi circondavano. Quando gli altri soldati, che erano stati condotti in quel seminterrato, venivano riportati al nostro pavimento, osservavo i loro volti sconvolti e terrorizzati, e con gli occhi persi nel nulla. Tornati da là sotto, quella gente riusciva a malapena a tenersi in piedi e venivano trasportati da un pattugliatore che la teneva per le braccia. Quando venne il mio turno, una di quelle macchine mi tolse le manette dai polsi per poi afferrarmi per un braccio e sollevarmi dal pavimento. Spaventato e incuriosito da quanto avrei dovuto sopportare in quella stanza, venni condotto anche io nel seminterrato da quel pattugliatore che stringeva con forza il mio braccio. Mi fece scendere quelle scale che conducevano in un luogo poco illuminato e umido fino a trovarmi dinnanzi ad una porta, dove mi fece fermare. Il pattugliatore aprì quella porta per poi spingermi all'interno di una stanza immersa nell'oscurità, dalla quale proveniva quella musica che sentivo quando mi trovavo di sopra. Quando mi riportarono indietro, non avevo alcuna memoria di quanto accaduto al suo interno, proprio come tutti gli altri che erano stati là dentro prima di me, e mi ritrovai sul pavimento con le manette ai polsi. ***** In un'altra di quelle occasioni, venni catturato dopo aver visto morire tutti i membri della mia squadra proprio sotto ai miei occhi, mentre ci trovavamo in ricognizione in un'area che, secondo il nostro comandante, doveva essere al di fuori del controllo dei pattugliatori. Eppure, quelle dannate macchine erano proprio lì, nascoste tra le macerie e i rottami del mondo di un tempo. Ci tesero un'imboscata proprio nel momento in cui avevamo commesso lo stupido errore, che non si dovrebbe commettere mai in guerra, di abbassare le nostre difese, ingannati dal fatto che non avevamo incontrato alcun ostile per tutto il tempo. Visti quei pattugliatori, cercammo di difenderci come meglio potevamo, ma senza riuscirci. Gli uomini che erano con me vennero tutti uccisi da quei pattugliatori, mentre io mi ritrovai con le spalle al muro e completamente circondato da quelle macchine che tenevano i loro occhi, e le loro armi, puntati su di me. Con quelle macchine che ostruivano ogni mia possibilità di fuga, mi resi conto che non sarei riuscito a scappare, né tantomeno ad affrontarli tutti da solo. Così, mi rassegnai alla sconfitta e gettai a terra l'arma che tenevo in mano, per poi arrendermi a loro. Quelle macchine, quei pattugliatori, vedendo che ero disarmato e con le braccia sollevate verso l'alto, rimasero immobili di fronte a me, coi loro sguardi minacciosi e le armi puntate contro. D'un tratto, un carro per il trasporto dei prigionieri apparve alle loro spalle, guidato da un pattugliatore che aveva il suo endoscheletro completamente scoperto dalla pelle sintetica. Abbandonai la vista di quei pattugliatori, che mi stavano tenendo sotto mira, per voltare lo sguardo verso quel carro che si stava avvicinando lentamente coi suoi cigoli che sbriciolavano tutto ciò che incontravano al loro passaggio. Sul retro di quel mezzo, vidi altri umani con indosso abiti usurati dal tempo e con gli sguardi colmi di terrore. Il carro si avvicinò lentamente per poi fermarsi alle spalle dei pattugliatori che rimanevano immobili con i loro sguardi fissi su di me. Quando il carro si fermò del tutto, lanciai un'occhiata al cassone in cui si trovavano quelle persone che si erano voltate verso di me, mentre uno dei pattugliatori si stava avvicinando per prendermi. Trovatosi di fronte a me, sollevai lo sguardo per guardarlo in volto, quando lui mi afferrò per un braccio e lo strinse con forza, per poi tirarmi a sé in modo da portarmi verso quel carro che mi stava aspettando. - Dove ci state portando? - chiesi a quella macchina che non accennava ad allentare la presa dal mio braccio. Naturalmente, quel pattugliatore non rispose alla mia domanda e mi portò sul retro del carro, per poi spingermi al suo interno andando ad urtare alcune di quelle persone che si trovavano lì. Mi scusai con quelle persone e mi misi in piedi sul lato del cassone in cui ci trovavamo. Intorno a quel cassone c'era una rete metallica per non permetterci di scappare. Così, la afferrai con la mano e mi aggrappai ad essa in modo da sorreggermi durante il viaggio che avrei fatto a bordo di quel cassone. Il carro partì poco dopo con al suo seguito quei pattugliatori che ci seguivano, mentre ci puntavano contro le loro armi e scrutavano l'ambiente che ci stava venendo contro. - Dove ci stanno portando? - chiesi ad un tizio che si trovava al mio fianco. - Credo in uno dei campi di lavoro di Globalnet - rispose dopo essersi voltato verso di me - Ma rimani in silenzio... altrimenti ti puniranno. - Ringraziai quel tizio per l'informazione che mi aveva dato e tornai con lo sguardo rivolto verso la direzione in cui si stava dirigendo quel carro che procedeva lentamente tra le macerie della città. Poche ore dopo giungemmo ad uno dei campi di lavoro di Globalnet, dove venivano portati i prigionieri umani per lavorare a quegli stessi sistemi robotici che li avevano catturati e che erano impegnati a sterminarli. Il carro si fermò a pochi metri da una gabbia dove altri umani si trovavano ammucchiati per poi venire condotti all'interno della fabbrica dove avrebbero trascorso il resto dei loro giorni. I pattugliatori, che ci avevano seguiti per tutto il tempo, ci fecero scendere dal carro per poi spingerci, minacciandoci con le loro armi, verso quelle gabbie, mentre torrette automatizzate ci controllavano dall'alto di alcune torri, puntandoci contro i loro micidiali cannoni. Venni spinto da quelle macchine fino a trovarmi all'interno della gabbia di contenimento dove altri umani aspettavano solo di venire condotti all'interno di quella struttura. Insieme alle altre persone che avevano viaggiato con me a bordo di quel carro, camminai all'interno di quella gabbia, mentre mi guardavo intorno per farmi un'idea di dove mi trovassi. Camminai guardandomi intorno, fino a trovarmi di fronte ad un pattugliatore che aveva la pelle sintetica rovinata in alcune parti del volto, permettendo di vedere il metallo lucente che componeva il suo teschio. Con una freddezza degna di quelle dannate macchine, mi afferrò il braccio sinistro per poi passare al di sopra un fascio rosso che incise un codice a barre sulla mia pelle. Quel fascio di luce che veniva passato sulla mia pelle, mi stava procurando un tremendo doloro, ma cercai di porre resistenza senza mostrare debolezza alcuna a quella macchina, mentre stringevo i denti e socchiudevo gli occhi. Quando la macchina lasciò andare il mio braccio, lo afferrai con l'altra mano proprio nel punto in cui aveva infierito con quel fascio di luce, per poi continuare a muovermi verso l'uscita di quella gabbia in acciaio in cui mi trovavo. Camminai lentamente dietro altri umani che si trovavano con me in quella gabbia, fino ad arrivare in fondo, dove ebbi l'occasione di guardarmi intorno per osservare quanto mi stava aspettando. Sulla mia destra si trovavano altre gabbie con all'interno diversi umani che si trovavano sdraiati sul terreno con dei pattugliatori che li tenevano d'occhio, mentre sulla mia sinistra trovai altre gabbie con altrettanti umani al loro interno, sorvegliati a loro volta da altre macchine. Di fronte a me, invece, trovai le linee di produzione dei pattugliatori che venivano trasportati sopra un nastro attraverso le varie postazioni di lavoro. A quella vista mi chiesi il motivo per cui Globalnet aveva bisogno di così tanti cyborg, visto che dell'umanità rimaneva sempre meno e che stava vincendo quella dannata guerra. Continuai ad osservare quelle linee di produzione, dove trovai diversi umani impegnati nell'assemblaggio di quei cyborg e altre macchine robotizzate che si muovevano tra alcuni cassoni e gli endoscheletri in lavorazione. Intorno a quelle linee di produzione, si muovevano diversi pattugliatori che controllavano i lavoratori, mentre in alto volavano i droni armati di mitragliatrici. Tutto intorno al luogo in cui mi trovavo, erano piazzate quelle torrette armate di cannoni che avevo trovato fuori dalla fabbrica al mio arrivo e che monitoravano costantemente l'ambiente sottostante. - Non sarà facile scappare - borbottai mentre ammiravo quella fabbrica di pattugliatori. - Da quello che so io... nessuno ci è mai riuscito - fece un uomo di fianco a me - Rassegnati... soldato. - - Nessuno ci è mai riuscito... finora - risposi a quell'uomo mentre mi guardavo intorno per memorizzare al meglio tutti quei sistemi di sorveglianza che si trovavano in quel posto.
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Autori di Writer Officina
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Sono nato nel 1974 a Jesi, nella provincia di Ancona, dove vivo tutt'ora. Ho conseguito gli studi presso una scuola di formazione professionale ed ho lavorato per molti anni nel settore dell'automazione industriale come tecnico programmatore, svolgendo l'attività sia all'estero che su territorio nazionale. Un anno fa ho lasciato il lavoro per dedicarmi interamente alla scrittura e per investire su me stesso. Amo la lettura, anche se ultimamente ho poco tempo da dedicarle. Sono cresciuto coi classici come “Papillon”, “L'isola del tesoro”, il mitico personaggio “Conan” tanto per citarne alcuni. In seguito mi sono dedicato a letture più specifiche riguardanti la mitologia, la storia antica e la geopolitica. Sono appassionato di film e serie televisive di fantascienza e provo un'innata curiosità rivolta verso scenari post-apocalittici, i quali hanno ispirati alcuni miei romanzi.
Writer Officina: La tua passione per la scrittura come e quando nasce?
Michele Scalini: La mia passione per la scrittura è nata per caso, onestamente neanche sapevo che sarei stato in grado di scrivere un libro di fantasia. Accadde circa otto anni fa, mentre stavo affrontando un periodo difficile a causa della perdita del lavoro. Una mattina mi sveglio e vado al computer con l'idea di cercare qualcosa che mi avrebbe permesso di distrarmi da quel periodo difficile e che mi avesse aiutato a trovare nuovi stimoli, a reinventarmi per farla breve. Dopo una ricerca, mi sono imbattuto in un blog dove trovai una lista di attività da valutare. Consultai con attenzione quella lista cercando di capire quale attività fosse stata più adatta a me, fino a quando trovo scritto “scrivi un libro”. Leggo quel testo diverse volte, fino a quando esulto dicendo “ok, scriviamo un libro”. Da quel giorno non mi sono più fermato. Al momento ho scritto circa venticinque libri e la produzione maggiore l'ho avuta negli ultimi tre anni.
Writer Officina: Dopo aver scritto il tuo primo libro, lo hai proposto a un Editore? E con quali risultati?
Michele Scalini: Inizialmente tentai con il self publishing, poi pensai di inviare il manoscritto ad alcune case editrici. La prima che rispose mi chiese quasi due mila euro per la pubblicazione, offerta che rifiutai naturalmente. In seguito rispose una piccola casa editrice dicendo che era interessata al libro. Così, le affidai il libro e lo trovai pubblicato su diversi store online. Fu una vera soddisfazione per me, poiché mi fece pensare che il mio lavoro aveva del potenziale.
Writer Officina: Ritieni che pubblicare su Amazon KDP possa essere una buona opportunità per uno scrittore emergente?
Michele Scalini: Onestamente gli ultimi libri li ho pubblicati con kdp e così farò con i prossimi. Intanto kdp permette di pubblicare un libro in pochi e semplici passaggi, le royalty sono più alte rispetto a quelle pagate dalle case editrici e poi hai la possibilità di organizzare delle promozioni gratuite per l'e-book per alcuni giorni, questa cosa aiuta per avere maggiore visibilità. Ritengo che distribuire il libro con kdp sia un'ottima opportunità per uno scrittore emergente, visto che può gestire il tutto in completa autonomia e indipendenza.
Writer Officina: A quale dei tuoi libri sei più affezionato? Puoi raccontarci di cosa tratta?
Michele Scalini: Direi che sia “L'uomo che visse nello spazio”. Parla di un uomo che, durante una normale giornata di lavoro, si ritrova catapultato a bordo di un'astronave persa nella galassia abitata da alcune creature aliene. Inizialmente il personaggio è intimorito da quelle creature e dalla situazione che sta vivendo. Non riesce a trovare una spiegazione a quanto gli è accaduto e vuole tornare a casa al più presto. Ma dopo che viene accolto come un amico, vince le sue paure e si ritrova a viaggiare insieme a quegli alieni attraverso la galassia in cerca di un modo per tornare sulla Terra tra difficoltà varie e mondi sconosciuti che si presentano ai suoi occhi.
Writer Officina: Quale tecnica usi per scrivere? Prepari uno schema iniziale, prendi appunti, oppure scrivi d'istinto?
Michele Scalini: Premetto che tutti i miei libri sono scritti in prima persona; quindi, è il personaggio che racconta quanto avviene e il lettore può vivere quell'avventura con i propri occhi. Comunque, parto da una piccola idea iniziale e il resto viene d'istinto, appoggio le mani alla tastiera e il testo viene da sé. Ad essere onesti, in alcune occasioni mi sorpreso da quanto scritto mentre rileggevo il testo per correggerlo.
Writer Officina: In questo periodo stai scrivendo un nuovo libro? È dello stesso genere di quello che hai già pubblicato, oppure un'idea completamente diversa?
Michele Scalini: Rispondo dicendo che ho sempre un libro in “cantiere”, difficilmente mi prendo periodi di riposo. Ormai mi definisco una specie di catena di montaggio del libro. Comunque, sì, sto scrivendo un nuovo libro dal titolo “Le urla del silenzio”. Generalmente scrivo avventure di fantascienza, ma con questo libro voglio tentare il genere thriller horror per mettermi alla prova e per provare qualcosa di diverso. Il personaggio è una donna e, ironia della sorte, è anche una scrittrice. Durante un viaggio di lavoro, in cui presenta al pubblico il suo ultimo libro, si imbatte in fenomeni inquietanti che la turbano. Così inizia ed è ancora in fase di scrittura.
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