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Dark World
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Dovrebbero essere le sei del mattino. Non lo dico perché sono già sveglio o perché ho visto l'ora sull'orologio. Lo dico perché quella dannata sveglia ha iniziato a suonare da qualche minuto, con quell'orrendo cicalino che echeggia per tutto il monolocale in cui vivo. È ora di svegliarsi, secondo lei, ma per me è solo l'ora di tornare ad odiare il mondo in cui vivo, riprendendo da dove avevo interrotto la sera prima. Vorrei prendere quella dannata sveglia, scaraventarla contro il muro e tornarmene a dormire. Ma non posso farlo, passerei dei guai e preferirei evitare. Mi copro con le coperte e mi giro dall'altra parte. Ma non serve a niente, quell'aggeggio infernale continua a suonare. Vuole costringermi ad abbandonare il mondo dei sogni per immergermi in quello reale, che a volte non è così diverso dal peggiore degli incubi. - Vai al diavolo!!! - le urlo mentre premo il pulsante per spegnere quella dannata sirena. Mi alzo e mi siedo sul bordo del letto, con i piedi a terra. Ancora assonnato, mi guardo intorno, per la stanza, mentre con la mano mi gratto la testa. Dò un'occhiata fuori dalla finestra e vedo che è ancora buio. Si intravedono solo le luci a intermittenza di quelle fastidiose insegne pubblicitarie, che mostrano continuamente inutili prodotti con stupidi slogan per attirare la nostra attenzione. - Buongiorno cittadino - sento dire alle mie spalle. Come al solito, al controllore non sfugge mai niente. Ha visto che mi sono svegliato ed è già pronto a salutarmi con quel fastidioso modo di chiamarmi, cittadino. Sono un umano, non un cittadino, vorrei gridargli. Abbi rispetto per ciò che sono, non per ciò che pensi che sia. Mi volto verso quella dannata videocamera e la fisso turbato dalla sua presenza. - Non è un buongiorno - le dico quelle parole a denti stretti e sottovoce per non farmi sentire, poi con aria disturbata le rispondo come si deve - Buongiorno controllore. - - Oggi è martedì, venti febbraio due mila cinquantasette. Ci sono otto gradi all'esterno ed è prevista pioggia tutto il giorno - quella voce dal suono metallico, proveniente dal controllore, dà anche le informazioni meteo, come ogni mattina. Prevista pioggia, sai che novità. Sta piovendo da settimane, da mesi, anzi a volte ho come l'impressione che non abbia mai smesso e che non abbia mai iniziato. Con molta fatica, mi alzo in piedi e vado in bagno. Entro in quello stanzino due metri per due, e mi fermo di fronte allo specchio appeso al muro, sopra al lavandino. Osservo l'immagine di quel tizio riflessa su quello specchio. Capelli rasati, barba incolta, occhio spento e triste. - Chi sei? Cosa vuoi? Cosa ci fai qui? - domando a quell'immagine. Attendo alcuni istanti per avere una risposta che so di non poter ricevere. Prendo lo spazzolino da denti e il dentifricio, ancora incartati nella loro deliziosa confezione, e cerco di dare un'immagine presentabile, secondo i loro standard, a quell'essere che viene riflesso dallo specchio. Finito di radermi, lavo il viso con l'acqua fredda, sperando che possa togliere quel senso di disagio che vivo ogni mattina. Finito il solito rituale igienico mattutino, torno nel reparto notte del mio piccolo monolocale, concesso gentilmente dal governo, al quale devo anche pagare l'affitto mensile. Vado a prendere i vestiti che mi stanno aspettando sopra una sedia che tengo vicina al letto. Infilo pantaloni e camicia, mentre sento lo sguardo vigile del controllore su di me. Quella dannata macchina, con il suo occhio elettronico che segue ogni nostro passo, ogni istante della nostra miserabile vita. Ci controllano ovunque, anche in casa. E poi ci dicono che finalmente siamo liberi, ma liberi da cosa? Siamo trattati come prigionieri, chiusi in una vasta prigione senza sbarre e senza recinzioni, che dobbiamo chiamare città. Ed hanno anche il coraggio di dirci che siamo liberi. Assurdo. Sorvolo su quei dettagli, altrimenti rischio di arrabbiarmi e fare qualcosa di cui potrei pentirmi, e, finito di vestirmi, vado nel reparto giorno. Un tavolo con un paio di sedie, un fornello e un frigorifero semi vuoto compongono la mia cucina. Dal frigo prendo una confezione in plastica, contenente la colazione dei campioni. In quella confezione trovo un bicchiere, in plastica, con del succo d'arancia, una tazza di caffè istantaneo, ovviamente in plastica, un toast avvolto nella sua confezione, in plastica, e poi la pasticca del pax, da prendere ogni mattina dopo i pasti; inutile dire che c'è l'obbligo da parte del governo di prendere quella pasticca, anch'essa avvolta in una deliziosa confezione in plastica bianca. Il pax è un medicinale, considerato rivoluzionario, che ci obbligano a prendere dopo aver compiuto i cinque anni di età, per il resto della nostra inutile vita. Ogni giorno dobbiamo prenderla. Serve per inibire gli istinti violenti e l'aggressività presenti nell'uomo. Inutile dire che se un giorno non venisse presa, ti ritrovi gli agenti delle forze dell'ordine in casa e puoi rischiare anche l'arresto. Il tutto offerto dalla Breakfast Plus, azienda leader nell'alimentazione. Viene gestita dal governo, come tutte le altre aziende del mio mondo, ed ha il monopolio assoluto sulle colazioni di tutta la città, anche nei bar o nei centri commerciali trovi i loro prodotti. Offerto, si fa per dire. Tre volte al mese, in ogni casa, passa il fattorino dell'azienda. Si presenta alla porta con il suo sorriso da ebete e ci lascia dieci confezioni di colazione, e si fa anche pagare bene l'azienda, senza escludere la mancia per il fattorino. Finita la colazione, getto tutta quella plastica rimasta nello scarico automatizzato dei rifiuti. Vado a prendere la giacca e poi mi avvicino alla porta. Come il rituale richiede, resto immobile di fronte alla porta, con la mano sulla maniglia e lo sguardo rivolto verso il nulla. Come ogni mattina, cerco un valido motivo per uscire dal mio rifugio sicuro, per immergermi in quel mondo che mi sta aspettando, dietro quella porta. Come ogni mattina, mi chiedo quale sia il senso di quella vita che conduco da anni senza alcuna soddisfazione personale. - Cittadino!!! Il lavoro ti aspetta!!! - è la voce del controllore a riportarmi alla realtà. Mi volto verso quella macchina appesa alla mia parete e, senza dire niente, apro la porta per uscire dal mio appartamento di fretta, chiudendola dietro di me con rabbia. - Buongiorno cittadino... hai provato il nuovo dentifricio Dentix Mint? L'unico che ti assicura un sorriso bianchissimo. - Hanno appeso una di quelle dannate insegne pubblicitarie proprio di fronte alla porta di casa mia, neanche ne fossi felice e lo abbia chiesto di persona. Vengono definite insegne intelligenti. In base alla fascia oraria, trasmettono il tipo di prodotto più adatto. Visto che adesso è mattina, ti mostrano il miglior prodotto per l'igiene orale. Se fosse stato mezzogiorno, ti avrebbero consigliato un pasto o un ristorante. Ma non si basano solo sulle fasce orarie, controllano anche le tue azioni. Stai guardando l'orologio? E tac, ti mostrano un nuovo orologio. Ti stai allacciando le scarpe? E tac, ti mostrano un nuovo paio di scarpe. Ti stai aggiustando la giacca? E tac, ti mostrano un nuovo modello di giacca alla moda. E via dicendo, non ti danno tregua per farla breve. Mostrando indifferenza e disgusto verso quelle stupide insegne pubblicitarie, mi incammino verso la strada sotto casa per dirigermi al lavoro, come faccio ogni mattina. Come annunciato dal controllore, sta piovendo e c'è anche una leggera nebbiolina per la strada, che è già invasa da altri cittadini che stanno andando al lavoro, anziani che vanno a fare la spesa e dai più giovani che vanno negli istituti educativi, per essere formati ed educati dal governo stesso. Ormai neanche mi soffermo più su quella gente, anzi, fingo che non esistano. Mi incammino per la strada dirigendomi alla fermata dell'autobus. Come ogni mattina, mi guardo intorno con il mio solito disgusto. Telecamere di videosorveglianza ovunque, in ogni edificio e in ogni angolo, che ci controllano garantendo la nostra sicurezza, almeno questo è ciò che ci dicono. Ma quello non è abbastanza per garantire la sicurezza. Negli ultimi anni, si sono attrezzati anche di droni aerei. Sistemi automatizzati che controllano le strade dall'alto; volano sopra le nostre teste, con le loro eliche silenziose, muniti di videocamere e mitragliatrici, ben nascoste, si intende. Infine, tanto per gradire, ci sono gli agenti delle forze dell'ordine, vestiti con le loro divise nere con giubbotto antiproiettile, la pistola in un fianco e un manganello nell'altro, e, a completare la divisa del buon soldato, in testa indossano il casco antisommossa.
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Autori di Writer Officina
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Sono nato nel 1974 a Jesi, nella provincia di Ancona, dove vivo tutt'ora. Ho conseguito gli studi presso una scuola di formazione professionale ed ho lavorato per molti anni nel settore dell'automazione industriale come tecnico programmatore, svolgendo l'attività sia all'estero che su territorio nazionale. Un anno fa ho lasciato il lavoro per dedicarmi interamente alla scrittura e per investire su me stesso. Amo la lettura, anche se ultimamente ho poco tempo da dedicarle. Sono cresciuto coi classici come “Papillon”, “L'isola del tesoro”, il mitico personaggio “Conan” tanto per citarne alcuni. In seguito mi sono dedicato a letture più specifiche riguardanti la mitologia, la storia antica e la geopolitica. Sono appassionato di film e serie televisive di fantascienza e provo un'innata curiosità rivolta verso scenari post-apocalittici, i quali hanno ispirati alcuni miei romanzi.
Writer Officina: La tua passione per la scrittura come e quando nasce?
Michele Scalini: La mia passione per la scrittura è nata per caso, onestamente neanche sapevo che sarei stato in grado di scrivere un libro di fantasia. Accadde circa otto anni fa, mentre stavo affrontando un periodo difficile a causa della perdita del lavoro. Una mattina mi sveglio e vado al computer con l'idea di cercare qualcosa che mi avrebbe permesso di distrarmi da quel periodo difficile e che mi avesse aiutato a trovare nuovi stimoli, a reinventarmi per farla breve. Dopo una ricerca, mi sono imbattuto in un blog dove trovai una lista di attività da valutare. Consultai con attenzione quella lista cercando di capire quale attività fosse stata più adatta a me, fino a quando trovo scritto “scrivi un libro”. Leggo quel testo diverse volte, fino a quando esulto dicendo “ok, scriviamo un libro”. Da quel giorno non mi sono più fermato. Al momento ho scritto circa venticinque libri e la produzione maggiore l'ho avuta negli ultimi tre anni.
Writer Officina: Dopo aver scritto il tuo primo libro, lo hai proposto a un Editore? E con quali risultati?
Michele Scalini: Inizialmente tentai con il self publishing, poi pensai di inviare il manoscritto ad alcune case editrici. La prima che rispose mi chiese quasi due mila euro per la pubblicazione, offerta che rifiutai naturalmente. In seguito rispose una piccola casa editrice dicendo che era interessata al libro. Così, le affidai il libro e lo trovai pubblicato su diversi store online. Fu una vera soddisfazione per me, poiché mi fece pensare che il mio lavoro aveva del potenziale.
Writer Officina: Ritieni che pubblicare su Amazon KDP possa essere una buona opportunità per uno scrittore emergente?
Michele Scalini: Onestamente gli ultimi libri li ho pubblicati con kdp e così farò con i prossimi. Intanto kdp permette di pubblicare un libro in pochi e semplici passaggi, le royalty sono più alte rispetto a quelle pagate dalle case editrici e poi hai la possibilità di organizzare delle promozioni gratuite per l'e-book per alcuni giorni, questa cosa aiuta per avere maggiore visibilità. Ritengo che distribuire il libro con kdp sia un'ottima opportunità per uno scrittore emergente, visto che può gestire il tutto in completa autonomia e indipendenza.
Writer Officina: A quale dei tuoi libri sei più affezionato? Puoi raccontarci di cosa tratta?
Michele Scalini: Direi che sia “L'uomo che visse nello spazio”. Parla di un uomo che, durante una normale giornata di lavoro, si ritrova catapultato a bordo di un'astronave persa nella galassia abitata da alcune creature aliene. Inizialmente il personaggio è intimorito da quelle creature e dalla situazione che sta vivendo. Non riesce a trovare una spiegazione a quanto gli è accaduto e vuole tornare a casa al più presto. Ma dopo che viene accolto come un amico, vince le sue paure e si ritrova a viaggiare insieme a quegli alieni attraverso la galassia in cerca di un modo per tornare sulla Terra tra difficoltà varie e mondi sconosciuti che si presentano ai suoi occhi.
Writer Officina: Quale tecnica usi per scrivere? Prepari uno schema iniziale, prendi appunti, oppure scrivi d'istinto?
Michele Scalini: Premetto che tutti i miei libri sono scritti in prima persona; quindi, è il personaggio che racconta quanto avviene e il lettore può vivere quell'avventura con i propri occhi. Comunque, parto da una piccola idea iniziale e il resto viene d'istinto, appoggio le mani alla tastiera e il testo viene da sé. Ad essere onesti, in alcune occasioni mi sorpreso da quanto scritto mentre rileggevo il testo per correggerlo.
Writer Officina: In questo periodo stai scrivendo un nuovo libro? È dello stesso genere di quello che hai già pubblicato, oppure un'idea completamente diversa?
Michele Scalini: Rispondo dicendo che ho sempre un libro in “cantiere”, difficilmente mi prendo periodi di riposo. Ormai mi definisco una specie di catena di montaggio del libro. Comunque, sì, sto scrivendo un nuovo libro dal titolo “Le urla del silenzio”. Generalmente scrivo avventure di fantascienza, ma con questo libro voglio tentare il genere thriller horror per mettermi alla prova e per provare qualcosa di diverso. Il personaggio è una donna e, ironia della sorte, è anche una scrittrice. Durante un viaggio di lavoro, in cui presenta al pubblico il suo ultimo libro, si imbatte in fenomeni inquietanti che la turbano. Così inizia ed è ancora in fase di scrittura.
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