Writer Officina
Autore: Michele Scalini
Titolo: Ricordi dell'invasione
Genere Fantascienza
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Ricordi dell'invasione
- La guerra è finita! Non ce ne sarà un'altra! - inevitabilmente, quando finiva una guerra, qualcuno se ne usciva sempre con quel grido di gioia.
Quanta gioia e quanta speranza in un futuro migliore erano nascosti in quelle parole. Riassaggiare la pace, vedere nuovamente il cielo azzurro senza bombardieri in volo, non essere circondati da esplosioni o colpi di fucile, poter vivere la vita senza paura. A volte mi chiedevo quante volte fossero state pronunciate quelle parole durante la lunga storia dell'umanità. E mi chiedevo quante volte ancora sarebbero state pronunciate. Mi chiedevo quante volte ancora, la speranza sarebbe finita di fronte ad una nuova guerra che avrebbe coperto con un velo di paura il volto dell'intera umanità.
Certe volte, il più delle volte, dovremmo essere onesti con noi stessi accettando l'idea che la guerra è la vera colonna portante dell'umanità. Un'umanità che tentava di vivere in pace con i propri simili, ma che ritornava troppo spesso sui propri passi, commettendo di nuovo quegli errori che la portavano ad una nuova guerra.
Ironia della sorte, l'umanità si trovò nuovamente ad affrontare una guerra. Ma questa volta non era un nemico come quelli incontrati nella sua storia. Era qualcosa di più. Quello che provocò questa nuova guerra era il nemico più potente e meglio armato di sempre. Il peggiore che l'umanità avesse mai affrontato. Quel nemico era riuscito in poche ore a mettere in ginocchio l'intero pianeta. Il suo attacco fu devastante per tutti noi. Ed ancora oggi era qui in mezzo a noi che continuava a sterminare o a catturare quel poco che rimaneva dell'umanità.
*****
Sopravvivere in questo mondo non era affatto facile. Passavo le giornate a scappare dalle pattuglie aliene e, in alcuni casi, anche dai miei simili. Non potevo fidarmi di niente e di nessuno. A volte dovevo anche rimettere in discussione certe mie decisioni e ritornare sui miei passi. Non sapevo da quanto tempo fossi in fuga tendando di sopravvivere a quel mondo ostile, ma ci stavo riuscendo. Cercavo di non commettere troppi errori e mi attenevo a quelle semplici regole che mi insegnò un tale poco dopo l'attacco.
Poco dopo il primo attacco mi imbattei in quel tale. Si chiamava Jack e mi ospitò in un bunker che aveva allestito quando gli alieni apparvero la prima volta, mentre tutti gli altri lo prendevano in giro dicendo che fosse solo un pazzo. Ma Jack ebbe l'occhio lungo. Mi trovò privo di sensi all'interno della mia automobile. Avevo subito un incidente mentre tentavo di fuggire dalla città. Finii fuori strada, persi i sensi e rimasi ferito ad una gamba.
Jack mi trovò mentre andava a caccia e mi portò al suo rifugio. Curò le mie ferite, sistemò meglio che poteva la mia gamba e mi accolse per alcune settimane con se. Una sera, mentre eravamo a tavola per la cena, mi raccontò di come gli venne in mente di costruire quel bunker. Diceva che, nonostante l'euforia iniziale che provò l'umanità di fronte quel primo contatto alieno, lui non si fidò per niente. Diceva che i loro occhi nascondevano qualcosa di terribile.
Quella sera, condivise con me quelle sue regole. Erano piuttosto semplici ma, a detta sua, erano fondamentali per sopravvivere fuori dal bunker. La prima regola era non mangiare animali che si trovavano morti per la strada o nelle campagne, serviva per evitare di nutrirsi con cibo infetto o avvelenato. La seconda, non avere relazioni con altri umani. Vista la situazione era preferibile restarsene da soli, piuttosto che rischiare di venire pugnalati alle spalle o sgozzati durante il sonno. La terza, imparare ad usare le armi da fuoco. Non era difficile trovare armi in giro, molte furono abbandonate dai soldati che si stavano ritirando. L'unico problema era trovare le munizioni.
La quarta, avere sempre con se un kit per il pronto soccorso. La quinta, restare a debita distanza dalle grandi città. Tra le macerie delle case era possibile cadere in una imboscata e non sapevi mai chi avresti incontrato voltato l'angolo. La sesta, forse la più importante, restare sempre in movimento. Non ci si doveva mai fermare nello stesso posto più di un giorno, o al massimo due, per poi spostarsi di almeno una decina di chilometri ogni volta. La settima, quella che ti avrebbe salvato la vita, era quella di avere sempre una possibile via di fuga.
Se ci si fermava in qualche punto per la notte o per qualsiasi altro motivo, era cosa buona ispezionare bene il posto per assicurarsi che fosse sicuro e che avesse una buona vista sull'ambiente circostante per vedere qualsiasi tipo di minaccia. Nonostante affinassi quelle regole ogni volta, avrei potuto dire che stavano dando i loro frutti. Mi stavano tenendo in vita e in quel mondo era abbastanza.
*****
Certo una volta la vita era più semplice, o comunque meno complicata di oggi, sotto certi aspetti. Un tempo le mie principali preoccupazioni erano andare a lavorare, impegnare in modo produttivo il poco tempo libero che avevo a disposizione, passando il tempo ai videogiochi o di fronte a qualche bel film. Andavo in giro con la mia bella macchina, un telefono cellulare in mano e una comoda carta di credito nel portafogli, sempre pronta per ogni evenienza. Invece oggi, era tutto diverso.
Me ne andavo in giro con una pistola legata alla coscia destra, un fucile automatico a tracolla, uno zaino dove tenevo il cibo che trovavo e un paio di borracce d'acqua, e vagavo per il mondo in cerca di qualcosa che non avrei mai trovato. In effetti, mi chiedevo spesso il motivo per cui vagavo così tanto, forse sarebbe stato meglio arrendersi alle circostanze e farla finita. Mi rispondevo che lo facevo per sopravvivere. Ma sopravvivere, a quale scopo?
Con quella domanda concludevo le mie brevi riflessioni senza trovare risposte valide. Ciò che mancava era lo scopo per sopravvivere, anche se la sopravvivenza fosse il fine ultimo per lo stile di vita che avevo dovuto intraprendere. Lo chiamavo stile di vita, perché non avevo un termine migliore per definire la mia condizione. Vagavo per il mondo solo e senza meta, guardandomi le spalle e cercando del cibo nei posti più impensabili.
Non incontrai grossi problemi ad adattarmi a quel nuovo modo di vivere. Avevo sempre condotto una vita piuttosto solitaria. Avevo degli amici che incontravo nel tempo libero o quando ne avevo voglia, ma in tutta onestà preferivo passare il tempo con me stesso per dedicarmi alle mie passioni senza troppe scocciature. Comunque, la vita consisteva principalmente nel vagare per quelle terre desolate e lacerate da quella guerra interplanetaria, tenendosi lontani dalle pattuglie aliene o dai campi di concentramento. Non so se quello fosse stato un termine corretto, guerra interplanetaria, ma presumevo che anche loro provenissero da un altro pianeta simile al nostro, almeno da quanto dicevano, quindi potevo considerarlo corretto.
Trovare l'acqua non era così difficile. Ogni qual volta mi avvicinavo ad un ruscello o ad un fiume, mi preoccupavo di fare scorta, riempiendo le mie borracce. Quando riuscii a scappare dal bunker di quel pazzo di Jack, che forse tanto pazzo non lo era, avevo preso, per non dire rubato, un kit per l'analisi dell'acqua e anche un contatore geiger.
Il primo strumento mi era molto utile, ma anche il secondo, visto che quei geni dei militari, ebbero la brillante idea di usare armi nucleari per tentare di abbattere il nemico. Peccato che non avessero valutato, magari non lo sapevano proprio, che quelle dannate astronavi erano circondate da uno scudo invisibile agli occhi umani, che le proteggeva da qualsiasi attacco. Risultato fu che alcune zone del pianeta erano ormai troppo radioattive per essere attraversate, quindi avevo sistemato il contatore geiger alla mia cintura, per averlo sempre pronto.
La parte veramente difficile era trovare del cibo commestibile. A volte andavo a caccia di conigli o cervi, in base a dove mi trovavo, ma il problema era conservare quel cibo, non avevo un frigorifero con me e dopo un paio di giorni dovevo buttare quella carne. Altre volte facevo razzia nei vecchi centri commerciali che trovavo lungo il mio tragitto. Preferivo quelli costruiti fuori dai centri urbani, erano più sicuri, anche se spesso erano abitati da umani poco socievoli. Ma in un modo o nell'altro riuscivo sempre a prendere qualcosa.
Michele Scalini
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Michele Scalini
Sono nato nel 1974 a Jesi, nella provincia di Ancona, dove vivo tutt'ora. Ho conseguito gli studi presso una scuola di formazione professionale ed ho lavorato per molti anni nel settore dell'automazione industriale come tecnico programmatore, svolgendo l'attività sia all'estero che su territorio nazionale. Un anno fa ho lasciato il lavoro per dedicarmi interamente alla scrittura e per investire su me stesso.
Amo la lettura, anche se ultimamente ho poco tempo da dedicarle. Sono cresciuto coi classici come “Papillon”, “L'isola del tesoro”, il mitico personaggio “Conan” tanto per citarne alcuni. In seguito mi sono dedicato a letture più specifiche riguardanti la mitologia, la storia antica e la geopolitica. Sono appassionato di film e serie televisive di fantascienza e provo un'innata curiosità rivolta verso scenari post-apocalittici, i quali hanno ispirati alcuni miei romanzi.

Writer Officina: La tua passione per la scrittura come e quando nasce?

Michele Scalini: La mia passione per la scrittura è nata per caso, onestamente neanche sapevo che sarei stato in grado di scrivere un libro di fantasia. Accadde circa otto anni fa, mentre stavo affrontando un periodo difficile a causa della perdita del lavoro. Una mattina mi sveglio e vado al computer con l'idea di cercare qualcosa che mi avrebbe permesso di distrarmi da quel periodo difficile e che mi avesse aiutato a trovare nuovi stimoli, a reinventarmi per farla breve. Dopo una ricerca, mi sono imbattuto in un blog dove trovai una lista di attività da valutare. Consultai con attenzione quella lista cercando di capire quale attività fosse stata più adatta a me, fino a quando trovo scritto “scrivi un libro”. Leggo quel testo diverse volte, fino a quando esulto dicendo “ok, scriviamo un libro”. Da quel giorno non mi sono più fermato. Al momento ho scritto circa venticinque libri e la produzione maggiore l'ho avuta negli ultimi tre anni.

Writer Officina: Dopo aver scritto il tuo primo libro, lo hai proposto a un Editore? E con quali risultati?

Michele Scalini: Inizialmente tentai con il self publishing, poi pensai di inviare il manoscritto ad alcune case editrici. La prima che rispose mi chiese quasi due mila euro per la pubblicazione, offerta che rifiutai naturalmente. In seguito rispose una piccola casa editrice dicendo che era interessata al libro. Così, le affidai il libro e lo trovai pubblicato su diversi store online. Fu una vera soddisfazione per me, poiché mi fece pensare che il mio lavoro aveva del potenziale.

Writer Officina: Ritieni che pubblicare su Amazon KDP possa essere una buona opportunità per uno scrittore emergente?

Michele Scalini: Onestamente gli ultimi libri li ho pubblicati con kdp e così farò con i prossimi. Intanto kdp permette di pubblicare un libro in pochi e semplici passaggi, le royalty sono più alte rispetto a quelle pagate dalle case editrici e poi hai la possibilità di organizzare delle promozioni gratuite per l'e-book per alcuni giorni, questa cosa aiuta per avere maggiore visibilità. Ritengo che distribuire il libro con kdp sia un'ottima opportunità per uno scrittore emergente, visto che può gestire il tutto in completa autonomia e indipendenza.

Writer Officina: A quale dei tuoi libri sei più affezionato? Puoi raccontarci di cosa tratta?

Michele Scalini: Direi che sia “L'uomo che visse nello spazio”. Parla di un uomo che, durante una normale giornata di lavoro, si ritrova catapultato a bordo di un'astronave persa nella galassia abitata da alcune creature aliene. Inizialmente il personaggio è intimorito da quelle creature e dalla situazione che sta vivendo. Non riesce a trovare una spiegazione a quanto gli è accaduto e vuole tornare a casa al più presto. Ma dopo che viene accolto come un amico, vince le sue paure e si ritrova a viaggiare insieme a quegli alieni attraverso la galassia in cerca di un modo per tornare sulla Terra tra difficoltà varie e mondi sconosciuti che si presentano ai suoi occhi.

Writer Officina: Quale tecnica usi per scrivere? Prepari uno schema iniziale, prendi appunti, oppure scrivi d'istinto?

Michele Scalini: Premetto che tutti i miei libri sono scritti in prima persona; quindi, è il personaggio che racconta quanto avviene e il lettore può vivere quell'avventura con i propri occhi. Comunque, parto da una piccola idea iniziale e il resto viene d'istinto, appoggio le mani alla tastiera e il testo viene da sé. Ad essere onesti, in alcune occasioni mi sorpreso da quanto scritto mentre rileggevo il testo per correggerlo.

Writer Officina: In questo periodo stai scrivendo un nuovo libro? È dello stesso genere di quello che hai già pubblicato, oppure un'idea completamente diversa?

Michele Scalini: Rispondo dicendo che ho sempre un libro in “cantiere”, difficilmente mi prendo periodi di riposo. Ormai mi definisco una specie di catena di montaggio del libro. Comunque, sì, sto scrivendo un nuovo libro dal titolo “Le urla del silenzio”. Generalmente scrivo avventure di fantascienza, ma con questo libro voglio tentare il genere thriller horror per mettermi alla prova e per provare qualcosa di diverso. Il personaggio è una donna e, ironia della sorte, è anche una scrittrice. Durante un viaggio di lavoro, in cui presenta al pubblico il suo ultimo libro, si imbatte in fenomeni inquietanti che la turbano. Così inizia ed è ancora in fase di scrittura.
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