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La rivincita della Liberty
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Lasciai la sala macchine per dirigermi verso il ponte di comando, dove trovai Frank e Sarah. La donna sedeva al posto del pilota, intenta a controllare la strumentazione, mentre Frank si era accomodato sulla poltrona del secondo pilota e stava lì senza fare niente di utile, come al solito. «Sarah! Hai trovato niente sul radar?» dissi appena entrato. «Non ancora, Mike» rispose la donna senza distogliere lo sguardo dalla strumentazione. «Potrei lanciare un impulso, ma non vorrei consumare troppa energia» aggiunse in seguito. «Non temere, abbiamo energia a sufficienza. Prova a lanciare un impulso e vediamo se appare qualcosa» le risposi. «Frank... hai trovato quei biscotti?» feci rivolgendomi a quell'uomo che era rimasto in silenzio tutto il tempo. «Impulso radar lanciato! E loro pensano ai biscotti» bisbigliò Sarah mentre agiva sui comandi del radar. «Erano nella dispensa... allora? Trovato niente con l'impulso?» fece Frank mentre, comodo sulla poltrona del secondo pilota, giocherellava con dei pupazzetti di gomma rappresentanti antichi animali che milioni di anni prima vivevano sulla Terra. «Frank... tu lo sai come funziona un impulso radar... vero, Frank?» rispose Sarah abbassando la testa. «Certo! Che ti pare?» rispose lui. «Lanci un impulso e se trova qualcosa torna indietro il segnale» spiegò senza distogliere lo sguardo dai suoi pupazzetti. «Frank... dalle tempo» gli dissi mentre lo osservavo incuriosito dal modo con cui giocava. Scrollai il capo, prima di distogliere lo sguardo da Frank e dai suoi giocattoli, e mi avvicinai a Sarah per osservare meglio i segnali del radar. Restammo con lo sguardo fisso sullo strumento, nella speranza che rilevasse qualcosa, pensando che anche un asteroide ci sarebbe stato d'aiuto, anche se non avrei saputo per cosa, ma sarebbe stato meglio di niente. Pochi istanti dopo, anche Ellen ci raggiunse sul ponte di comando. Udii i suoi passi avvicinarsi dietro le mie spalle e si fermò di fianco a me per mettersi a fissare il radar, speranzosa che trovasse qualcosa. «Laggiù! C'è qualcosa!» disse Frank durante quell'attesa interminabile. «Forse un relitto... una nave in avaria... un asteroide... qualcosa!» continuò per attirare la nostra attenzione. «Impossibile! Il radar non rileva niente» intervenne Sarah. Frank appoggiò i suoi pupazzetti sul vassoio portaoggetti della console che aveva di fronte e si alzò dalla poltrona. Si avvicinò al parabrezza e guardò fuori, nello spazio profondo che si espandeva di fronte a noi. Rimase ad osservare per diversi istanti là fuori, quando, d'un tratto, sollevò una mano per indicare qualcosa. «Se vuoi andare a caccia... usa gli occhi... diceva un tale» disse dal suo punto d'osservazione. «Laggiù! Guardate! Vedo qualcosa!» fece nuovamente. Ellen si avvicinò al parabrezza e si mise a guardare dove stava indicando Frank. Rimasero impalati con lo sguardo fisso nel vuoto dello spazio che si espandeva dinanzi a noi, senza dire né fare niente per diverso tempo. «Attiva gli infrarossi! Credo ci sia veramente qualcosa laggiù... ma non capisco bene cosa» disse Ellen riferendosi a Sarah. Lei azionò dei comandi sulla console e abbassò le luci del ponte, il che ci avrebbe permesso di vedere all'esterno con minori problemi. Nel frattempo, mi allontanai dalla donna per raggiungere gli altri due. «Aspettate un attimo! Sto rilevando qualcosa!» esclamò Sarah. «Credo sia una navetta... a corto raggio... strano trovarla in questa zona... ma il segnale degli infrarossi è disturbato... come se quella cosa avesse una copertura stealth» spiegò quanto rilevato dalle sue strumentazioni- «Non è molto distante! Potremmo avvicinarci, attraccare e fare una visita a bordo» disse Frank. «Non abbiamo spinta» intervenne Ellen. «Va bene, Ellen» rispose l'uomo che teneva gli occhi fissi sull'oggetto. «Se quella navetta è stata abbandonata... e credo che lo sia... possiamo prendere i pezzi che ci servono dalla sala macchine» continuò Frank. «Non abbiamo spinta» ripeté nuovamente Ellen. «Ho capito, Ellen!» rispose di nuovo. «Se guardi bene... siamo in rotta di collisione con quella dannata navetta. Se siamo fortunati, potremmo avvicinarci abbastanza per salire a bordo» spiegò per farci capire quella sua insistenza nel voler salire a bordo di quella navetta. «Va bene... mi arrendo» disse Ellen abbassando lo sguardo verso il pavimento e sollevando le mani in segno di resa. «Frank! Non abbiamo spinta... significa che, con i motori in avaria, non potremmo tentare di avvicinarci» intervenne Sarah. «E anche se fossimo in rotta di collisione con quella navetta... non potremmo rallentare, quindi ci schianteremmo e avremmo danni anche allo scafo» intervenni in soccorso alla donna nelle spiegazioni. «Cosa credete! Non sono così stupido!» disse voltandosi verso di noi. «Lo so che i motori sono andati, ma abbiamo ancora i razzi direzionali. Se togliamo energia alla stiva per dirigerla verso i compressori, avremo più potenza e potremmo usarli per puntare a quella cosa... non è difficile da capire... geni!» fece dimostrandosi piuttosto geniale. Sarah si alzò in piedi, incrociò le braccia sul petto e si mise a camminare avanti e indietro per la cabina, tenendo lo sguardo fisso verso il pavimento. Sicuramente Frank le aveva fatto scattare qualcosa e stava interpretando le informazioni ricevute per trovare quella soluzione che ci avrebbe permesso di avvicinarci a quella navetta. «Abbiamo circa sei ore per raggiungere quella navetta» disse dopo un lungo silenzio di riflessione. «Deviare l'energia della stiva verso i compressori non è molto complicato... però dovremo essere precisi quando manovreremo la Liberty verso quella navetta. Rischiamo di scaricare troppo le batterie e potremmo rimanere senza energia per il sistema di sopravvivenza» disse muovendo lo sguardo tra ciascuno di noi. «Fin qui niente di complicato» intervenne Ellen. «Ma come possiamo rallentare la Liberty? I retrorazzi non funzionano con i motori in avaria. Rischieremo di passarle accanto oppure di schiantarci» fece allargando le braccia dopo aver sollevato le spalle. Risolto, in parte, un problema, ecco che se ne presentava un altro, ma sentivo che eravamo nella direzione giusta. In tutto il tempo ero rimasto in silenzio ad ascoltare il loro piano. Secondo me poteva anche funzionare; Sarah era un ottimo pilota e poteva compiere le manovre richieste senza consumare troppa energia. Era delicata sui comandi, per questo l'avevo scelta come pilota, ma il problema era come fermare la nostra nave. «Non ci siete ancora arrivati... eppure la soluzione è semplice!» intervenne Frank mentre prendeva di nuovo i suoi giocattoli. «Con le tute spaziali!» aggiunse. «Ma certo!» esclamò Sarah, toccandosi la fronte con la mano. «Ma come ho fatto a non pensarci prima... con le tute... potremo ammorbidire l'impatto con le tute... Frank... per favore!» fece piuttosto turbata da quanto detto dal nostro amico. «I razzi delle tute!» esclamai. «Non siamo così veloci e l'assenza di gravità gioca a nostro favore. Io e Frank potremmo andare là fuori e rallentare la nave con i razzi delle tute spaziali... geniale! Mettiamoci a lavoro!» dissi dopo aver battuto le mani. «Direi che è un'idea folle» intervenne Ellen dall'arco della porta che conduceva verso il corridoio che portava alla sala macchine. «Ma di idee folli ne abbiamo avute in abbondanza, in passato. Secondo me, vale la pena tentare... viste le alternative» continuò sorridendo. Senza perderci in ulteriori discussioni, ci mettemmo subito al lavoro. Sarah tornò al posto di pilota e si mise ad azionare i comandi che le servivano per deviare l'energia verso i compressori. Ma fu più prudente del previsto e scollegò una batteria, convogliando la sua energia verso i sistemi di sopravvivenza, in modo tale da permetterci di sopravvivere qualche giorno in più nel caso in cui il nostro piano non avesse funzionato. Ellen corse nella sala compressori per controllarne l'efficienza. Io e Frank andammo nella camera di compensazione a preparare le tute. Per non correre rischi, decidemmo di prendere i razzi delle altre tute per installarli sulle nostre, in modo da avere più spinta per rallentare e fermare la Liberty. In teoria quello era un buon piano, forse uno dei migliori che avevamo mai congegnato; in pratica, era tutto da vedere, come ogni volta che escogitavamo un piano.
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Autori di Writer Officina
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Sono nato nel 1974 a Jesi, nella provincia di Ancona, dove vivo tutt'ora. Ho conseguito gli studi presso una scuola di formazione professionale ed ho lavorato per molti anni nel settore dell'automazione industriale come tecnico programmatore, svolgendo l'attività sia all'estero che su territorio nazionale. Un anno fa ho lasciato il lavoro per dedicarmi interamente alla scrittura e per investire su me stesso. Amo la lettura, anche se ultimamente ho poco tempo da dedicarle. Sono cresciuto coi classici come “Papillon”, “L'isola del tesoro”, il mitico personaggio “Conan” tanto per citarne alcuni. In seguito mi sono dedicato a letture più specifiche riguardanti la mitologia, la storia antica e la geopolitica. Sono appassionato di film e serie televisive di fantascienza e provo un'innata curiosità rivolta verso scenari post-apocalittici, i quali hanno ispirati alcuni miei romanzi.
Writer Officina: La tua passione per la scrittura come e quando nasce?
Michele Scalini: La mia passione per la scrittura è nata per caso, onestamente neanche sapevo che sarei stato in grado di scrivere un libro di fantasia. Accadde circa otto anni fa, mentre stavo affrontando un periodo difficile a causa della perdita del lavoro. Una mattina mi sveglio e vado al computer con l'idea di cercare qualcosa che mi avrebbe permesso di distrarmi da quel periodo difficile e che mi avesse aiutato a trovare nuovi stimoli, a reinventarmi per farla breve. Dopo una ricerca, mi sono imbattuto in un blog dove trovai una lista di attività da valutare. Consultai con attenzione quella lista cercando di capire quale attività fosse stata più adatta a me, fino a quando trovo scritto “scrivi un libro”. Leggo quel testo diverse volte, fino a quando esulto dicendo “ok, scriviamo un libro”. Da quel giorno non mi sono più fermato. Al momento ho scritto circa venticinque libri e la produzione maggiore l'ho avuta negli ultimi tre anni.
Writer Officina: Dopo aver scritto il tuo primo libro, lo hai proposto a un Editore? E con quali risultati?
Michele Scalini: Inizialmente tentai con il self publishing, poi pensai di inviare il manoscritto ad alcune case editrici. La prima che rispose mi chiese quasi due mila euro per la pubblicazione, offerta che rifiutai naturalmente. In seguito rispose una piccola casa editrice dicendo che era interessata al libro. Così, le affidai il libro e lo trovai pubblicato su diversi store online. Fu una vera soddisfazione per me, poiché mi fece pensare che il mio lavoro aveva del potenziale.
Writer Officina: Ritieni che pubblicare su Amazon KDP possa essere una buona opportunità per uno scrittore emergente?
Michele Scalini: Onestamente gli ultimi libri li ho pubblicati con kdp e così farò con i prossimi. Intanto kdp permette di pubblicare un libro in pochi e semplici passaggi, le royalty sono più alte rispetto a quelle pagate dalle case editrici e poi hai la possibilità di organizzare delle promozioni gratuite per l'e-book per alcuni giorni, questa cosa aiuta per avere maggiore visibilità. Ritengo che distribuire il libro con kdp sia un'ottima opportunità per uno scrittore emergente, visto che può gestire il tutto in completa autonomia e indipendenza.
Writer Officina: A quale dei tuoi libri sei più affezionato? Puoi raccontarci di cosa tratta?
Michele Scalini: Direi che sia “L'uomo che visse nello spazio”. Parla di un uomo che, durante una normale giornata di lavoro, si ritrova catapultato a bordo di un'astronave persa nella galassia abitata da alcune creature aliene. Inizialmente il personaggio è intimorito da quelle creature e dalla situazione che sta vivendo. Non riesce a trovare una spiegazione a quanto gli è accaduto e vuole tornare a casa al più presto. Ma dopo che viene accolto come un amico, vince le sue paure e si ritrova a viaggiare insieme a quegli alieni attraverso la galassia in cerca di un modo per tornare sulla Terra tra difficoltà varie e mondi sconosciuti che si presentano ai suoi occhi.
Writer Officina: Quale tecnica usi per scrivere? Prepari uno schema iniziale, prendi appunti, oppure scrivi d'istinto?
Michele Scalini: Premetto che tutti i miei libri sono scritti in prima persona; quindi, è il personaggio che racconta quanto avviene e il lettore può vivere quell'avventura con i propri occhi. Comunque, parto da una piccola idea iniziale e il resto viene d'istinto, appoggio le mani alla tastiera e il testo viene da sé. Ad essere onesti, in alcune occasioni mi sorpreso da quanto scritto mentre rileggevo il testo per correggerlo.
Writer Officina: In questo periodo stai scrivendo un nuovo libro? È dello stesso genere di quello che hai già pubblicato, oppure un'idea completamente diversa?
Michele Scalini: Rispondo dicendo che ho sempre un libro in “cantiere”, difficilmente mi prendo periodi di riposo. Ormai mi definisco una specie di catena di montaggio del libro. Comunque, sì, sto scrivendo un nuovo libro dal titolo “Le urla del silenzio”. Generalmente scrivo avventure di fantascienza, ma con questo libro voglio tentare il genere thriller horror per mettermi alla prova e per provare qualcosa di diverso. Il personaggio è una donna e, ironia della sorte, è anche una scrittrice. Durante un viaggio di lavoro, in cui presenta al pubblico il suo ultimo libro, si imbatte in fenomeni inquietanti che la turbano. Così inizia ed è ancora in fase di scrittura.
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