Writer Officina
Autore: Michele Scalini
Titolo: Ai margini della galassia
Genere Fantascienza
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Ai margini della galassia
La guerra era finita da un paio d'anni.
Venni congedato col grado di capitano e iniziai la mia vita da normale cittadino.
Otto anni trascorsi in guerra avevano cancellato ogni tipo di umanità in me e avevano cancellato anche il mio nome, visto che in tutto quello schifo un nome serviva a poco, servivano solo la forza e il coraggio di ricominciare a vivere la propria vita, come si faceva prima della guerra stessa.
Tutti mi chiamavano il Capitano.
Tutti si fa per dire, diciamo quei pochi rimasti in vita che mi conoscevano e che ancora avevano la cattiva abitudine di rivolgermi la parola.
Dopo la guerra la maggior parte dei soldati e dei civili sopravvissuti ritornarono nelle loro città di origine, dove armati di speranza, coraggio e grande forza di volontà unirono i propri sforzi per ricostruire quel vecchio pazzo mondo.
Altri rimasero nell'ambiente militare, poiché serviva qualcuno che tentasse, invano, di mantenere l'ordine nel caos che si creò dopo la guerra, soprattutto sui pianeti periferici.
Quindi, si unirono alle forze dell'Alleanza per portare e ristabilire la civiltà; altri invece divennero semplici sceriffi nei villaggi che stavano riemergendo pian piano dalle macerie e dalla polvere.
I meno fortunati, o forse erano proprio loro i più fortunati, rimasero negli ospedali, mutilati, feriti gravemente o con il cervello totalmente distrutto dalla pazzia e dalle atrocità viste e vissute in guerra.
E infine c'erano gli uomini come me, quelli che non riuscivano a trovare la loro giusta collocazione in quel nuovo mondo che stava nascendo, quelli che rimasero attaccati ad un ideale che non c'era più.
Quelli che cercavano di sopravvivere, nonostante avessero perso tutto.
Dopo aver girovagato per qualche tempo senza meta e senza scopo, decisi di tornare al mio villaggio, dove ero nato e dove avevo vissuto fino allo scoppio della guerra.
Quello era uno squallido e puzzolente villaggio di pescatori, pescivendoli e alcolizzati, situato lungo la costa sud; un giusto ritrovo per i falliti e chi volesse cancellare ogni traccia di sé.
La guerra mi aveva portato via tutto quello che avevo: la casa, la barca per andare a pesca, il lavoro, anche il criceto mi aveva abbandonato, lui e la sua stupida gabbietta con quella ruota che emetteva un fastidioso cigolio ad ogni rotazione; mi restavano quei vestiti che indossavo, una sacca con alcuni ricambi e oggetti personali.
Mia moglie mi lasciò quando decisi di arruolarmi nell'esercito, quando insieme ad altri migliaia di idioti partii per andare combattere per un ideale di libertà e di indipendenza che ormai neanche ricordavo più; da allora non ne avevo saputo più niente di lei ed io non l'avevo più cercata.
Quanto arrivai in quel posto dimenticato anche dai cartografi, incontrai un vecchio amico, l'unico che mi restava tra i civili, l'unico che mi restava in quel posto, l'unico che mi mise un tetto sopra la testa e mi diede un letto in cui dormire.
Mi ospitò nella soffitta della sua casa, in una stanza sporca, umida e con spifferi che passavano da ogni fessura.
Era così deprimente che anche un topo di fogna avrebbe provato ribrezzo nel vederla.
Ma a me andava più che bene.
Avevo un letto su cui dormire, un tetto sopra la testa e dall'alto della loro casa potevo vedere il mare.
Quel mare era una pozza d'acqua salata e puzzolente, che venne popolato di pesci in seguito ad un lungo processo di terra formazione, avvenuto diversi anni prima, piena di escrementi e con centinaia di cadaveri sui suoi fondali.
Ormai era più un cimitero che un mare in cui pescare.
In quel periodo avevo bisogno di riflettere e quello schifo, lontano da tutto e da tutti, mi sarebbe andato più che bene.
In fin dei conti era sempre meglio dei posti in cui avevo dormito durante la guerra, quando riuscivo a dormire tra un'esplosione e l'altra.
Il tizio era sposato da qualche anno con una donna non troppo alta, magrolina, coi capelli sempre sporchi e unti, la sigaretta spenta in bocca, un grembiule sporco e mal ridotto, e che aveva un alito così pesante da far dimenticare il puzzo di pesce marcio che c'era nell'aria.
Con lei avevo un buon rapporto.
Quella donna era sempre gentile e rispettosa nei miei confronti e mi accolse nella sua casa senza fare storie.
Al mio arrivo non disse niente, mostrò un'insolita timidezza nei miei confronti, ma dopo un paio di giorni iniziò a mostrare dell'interesse nei miei riguardi; aveva un modo molto femminile per salutarmi quando uscivo e quando entravo nella loro casa.
- Hey tesoro... cambia la serratura, il relitto sta uscendo - diceva a suo marito quando uscivo di casa.
- Bene! Per qualche ora non sentiremo la tua puzza - diceva nei giorni migliori, accompagnato da un - Torna nella tua fogna... è lì che devi stare. -
Anche quando rientravo in casa era solita accogliermi mostrando tutta la sua amicizia.
- Quel pidocchio è tornato... questa giornata di merda non è finita - diceva nel vedermi.
- Non pensavo che saresti rientrato così tardi... puoi mangiare gli avanzi della cena... peccato che non ce ne sono! -
- Cazzo... ma nessuno ti ha messo una pallottola in fronte per porre fine alla tua schifosa e inutile vita? -
Insomma, quella donna mi adorava.
Il marito non interveniva mai, la lasciava parlare.
In fondo era sempre stato un tipo di poche parole e quando avevo saputo che era sposato, pensai che una qualche sgualdrina, stanca del marciapiede, lo avesse incastrato solo perché non era più merce valida da tenere sul mercato.
Lui si limitava a salutarmi mentre sedeva su di una vecchia poltrona tutta malandata, con le mutande sporche e una canottiera di cui ormai restava solo un ricordo per i buchi che aveva.
Se ne stava lì la maggior parte del tempo a guardare fuori dalla finestra a bere birra, mentre la vita gli sfuggiva dalle mani.
Una mattina uscii da quel porcile che il sole era già alto da un pezzo.
Arrivato alla porta e pronto per uscire, spuntò fuori dal nulla la moglie del mio amico che si presentò per salutarmi con la sua solita gentilezza.
- Già che esci... buttati a mare e vedi di affogare! - mi salutò, facendomi capire che le sarei mancato durante la mia assenza.
Me ne andai in strada, dirigendomi verso il pontile.
Nell'aria c'era la solita puzza di pesce marcio che non voleva proprio abbandonare quel posto.
Per la strada delle donne entravano e uscivano da alcuni negozi.
Il mercato del pesce era in piena attività, mancavano solo i clienti; un tempo quel mercato riforniva le grandi città all'interno della costa, oggi riforniva solo il villaggio, in pochi venivano a prendere il pesce da quelle parti, c'erano zone migliori altrove.
La vita nel villaggio, comunque, si stava riprendendo giorno dopo giorno.
Mentre osservavo quello squallido scenario, udii dei colpi di pistola provenire dalla strada.
Di fronte al bar della piazza, due idioti avevano deciso di passare la giornata impegnandosi in una stupida sparatoria.
Uno dei due venne ferito alla gamba, perse l'equilibrio e cadde a terra; urlava per il dolore e teneva le mani sulla ferita che buttava sangue.
Il secondo idiota, dall'altra parte della strada, faceva gesti con le mani, sventolava la sua pistola in aria, sparando dei colpi mentre teneva il suo sguardo su di lui.
- Rialzati e fatti sotto... lurido verme! - gridava.
Incuriosito, mi avvicinai al tizio ferito; lo guardai mentre nuotava in quella pozza di sangue e si dimenava per il dolore; piangeva e urlava a terra, di fronte a me.
A pochi centimetri dai miei piedi, era caduta la sua pistola, una semiautomatica, con la canna color argento e l'impugnatura in gomma dura e nera, una di quelle che venivano date in dotazione ai soldati dell'indipendenza durante la guerra.
La fissai per alcuni istanti, quando decisi chinarmi sulla strada per raccoglierla.
Guardai quella pistola che tenevo nella mia mano destra, e stringendola forte mi venne in mente che erano anni che non ne impugnavo una; non ne prendevo una in mano dalla fine della guerra.
- Fantastico! Abbiamo un buon sammaritano. Vuoi tu forse salvare l'onore di quel pezzente e sfidarmi in un duello? - urlò mentre mi puntava la sua pistola contro.
Non avevo alcuna intenzione di fare stupidi duelli con la pistola.
Non ero lì per quello.
Ma l'idiota continuava a urlare e a sparare dietro di me.
Impiegai poco tempo a notare che aveva una pessima mira e che fu un colpo di fortuna a colpire il povero diavolo che stava a terra, o forse, cosa più probabile, un colpo di rimbalzo.
Michele Scalini
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Michele Scalini
Sono nato nel 1974 a Jesi, nella provincia di Ancona, dove vivo tutt'ora. Ho conseguito gli studi presso una scuola di formazione professionale ed ho lavorato per molti anni nel settore dell'automazione industriale come tecnico programmatore, svolgendo l'attività sia all'estero che su territorio nazionale. Un anno fa ho lasciato il lavoro per dedicarmi interamente alla scrittura e per investire su me stesso.
Amo la lettura, anche se ultimamente ho poco tempo da dedicarle. Sono cresciuto coi classici come “Papillon”, “L'isola del tesoro”, il mitico personaggio “Conan” tanto per citarne alcuni. In seguito mi sono dedicato a letture più specifiche riguardanti la mitologia, la storia antica e la geopolitica. Sono appassionato di film e serie televisive di fantascienza e provo un'innata curiosità rivolta verso scenari post-apocalittici, i quali hanno ispirati alcuni miei romanzi.

Writer Officina: La tua passione per la scrittura come e quando nasce?

Michele Scalini: La mia passione per la scrittura è nata per caso, onestamente neanche sapevo che sarei stato in grado di scrivere un libro di fantasia. Accadde circa otto anni fa, mentre stavo affrontando un periodo difficile a causa della perdita del lavoro. Una mattina mi sveglio e vado al computer con l'idea di cercare qualcosa che mi avrebbe permesso di distrarmi da quel periodo difficile e che mi avesse aiutato a trovare nuovi stimoli, a reinventarmi per farla breve. Dopo una ricerca, mi sono imbattuto in un blog dove trovai una lista di attività da valutare. Consultai con attenzione quella lista cercando di capire quale attività fosse stata più adatta a me, fino a quando trovo scritto “scrivi un libro”. Leggo quel testo diverse volte, fino a quando esulto dicendo “ok, scriviamo un libro”. Da quel giorno non mi sono più fermato. Al momento ho scritto circa venticinque libri e la produzione maggiore l'ho avuta negli ultimi tre anni.

Writer Officina: Dopo aver scritto il tuo primo libro, lo hai proposto a un Editore? E con quali risultati?

Michele Scalini: Inizialmente tentai con il self publishing, poi pensai di inviare il manoscritto ad alcune case editrici. La prima che rispose mi chiese quasi due mila euro per la pubblicazione, offerta che rifiutai naturalmente. In seguito rispose una piccola casa editrice dicendo che era interessata al libro. Così, le affidai il libro e lo trovai pubblicato su diversi store online. Fu una vera soddisfazione per me, poiché mi fece pensare che il mio lavoro aveva del potenziale.

Writer Officina: Ritieni che pubblicare su Amazon KDP possa essere una buona opportunità per uno scrittore emergente?

Michele Scalini: Onestamente gli ultimi libri li ho pubblicati con kdp e così farò con i prossimi. Intanto kdp permette di pubblicare un libro in pochi e semplici passaggi, le royalty sono più alte rispetto a quelle pagate dalle case editrici e poi hai la possibilità di organizzare delle promozioni gratuite per l'e-book per alcuni giorni, questa cosa aiuta per avere maggiore visibilità. Ritengo che distribuire il libro con kdp sia un'ottima opportunità per uno scrittore emergente, visto che può gestire il tutto in completa autonomia e indipendenza.

Writer Officina: A quale dei tuoi libri sei più affezionato? Puoi raccontarci di cosa tratta?

Michele Scalini: Direi che sia “L'uomo che visse nello spazio”. Parla di un uomo che, durante una normale giornata di lavoro, si ritrova catapultato a bordo di un'astronave persa nella galassia abitata da alcune creature aliene. Inizialmente il personaggio è intimorito da quelle creature e dalla situazione che sta vivendo. Non riesce a trovare una spiegazione a quanto gli è accaduto e vuole tornare a casa al più presto. Ma dopo che viene accolto come un amico, vince le sue paure e si ritrova a viaggiare insieme a quegli alieni attraverso la galassia in cerca di un modo per tornare sulla Terra tra difficoltà varie e mondi sconosciuti che si presentano ai suoi occhi.

Writer Officina: Quale tecnica usi per scrivere? Prepari uno schema iniziale, prendi appunti, oppure scrivi d'istinto?

Michele Scalini: Premetto che tutti i miei libri sono scritti in prima persona; quindi, è il personaggio che racconta quanto avviene e il lettore può vivere quell'avventura con i propri occhi. Comunque, parto da una piccola idea iniziale e il resto viene d'istinto, appoggio le mani alla tastiera e il testo viene da sé. Ad essere onesti, in alcune occasioni mi sorpreso da quanto scritto mentre rileggevo il testo per correggerlo.

Writer Officina: In questo periodo stai scrivendo un nuovo libro? È dello stesso genere di quello che hai già pubblicato, oppure un'idea completamente diversa?

Michele Scalini: Rispondo dicendo che ho sempre un libro in “cantiere”, difficilmente mi prendo periodi di riposo. Ormai mi definisco una specie di catena di montaggio del libro. Comunque, sì, sto scrivendo un nuovo libro dal titolo “Le urla del silenzio”. Generalmente scrivo avventure di fantascienza, ma con questo libro voglio tentare il genere thriller horror per mettermi alla prova e per provare qualcosa di diverso. Il personaggio è una donna e, ironia della sorte, è anche una scrittrice. Durante un viaggio di lavoro, in cui presenta al pubblico il suo ultimo libro, si imbatte in fenomeni inquietanti che la turbano. Così inizia ed è ancora in fase di scrittura.
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