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Autore: Renato Delfiol
Titolo: Hanno preso il mio bambino!
Genere Giallo Storico
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Hanno preso il mio bambino!
Nuovo caso per Lamberto da Castano.

Una domenica di metà febbraio era stata caratterizzata da una bella mattinata invernale ma dopo il mezzogiorno il cielo si era chiuso e aveva cominciato a cadere qualche fiocco di neve. Noi eravamo comunque seduti a tavola e poco ci importava dell'esterno: nel grande camino bruciavano allegramente dei bei ceppi e al calore del fuoco si sovrapponeva quello degli allegri conversari e dell'ottimo vino che alcuni cittadini ci avevano offerto in omaggio. Lorenzo Amigoni stava raccontando una divertente vicenda occorsa a dei cittadini trevigiani, quando sentimmo bussare forte al portone. Era un fatto inaspettato e devo dire che io, memore dei fatti di due anni prima, mi sentii invadere da un certo timore: chi sarebbe venuto a disturbarci se non fosse accaduto qualcosa di grave? Ed esclamai: «Oddio, che succede?»
Il Blumi, da osservatore accorto qual era, cercò di calmare il mio allarme dicendo: «Oh, forse qualche amico ci viene a visitare.»
Però mi alzai, non c'era Nena quel giorno, e andai dapprima alla finestra per vedere chi era. Vidi dabbasso Viano, la guardia. Mi sporsi e con un cenno lo indussi a parlare.
«Perdonate assai, messere, ma è successo un fatto grave. Penso che dobbiate...»
«Aspettami Viano, vengo e andiamo all'ufficio.»
Precipitosamente, senza neanche afferrare il mantello, scesi rapidamente le scale e aprii a Viano, poi lo condussi al portone dell'ufficio e intanto: «Dimmi Viano.»
«Messere, è scomparso un bambino... ma così, senza mantello, vi prenderete un'infreddatura...»
Concitato gli chiesi: «Ma che bambino?»
«Il bambino di Cia, moglie di Baldo di Ciano, il calzolaio... ha due o tre mesi; sentite, lei era uscita per andare a casa di una parente ad allattare il bambino di quella... soleva far così per non dover far spostare il neonato in questi giorni freddi. Tanto in casa c'era Baldo... pare che questi si fosse steso sul letto perché si sentiva stanco e un poco febbricitante. Il figlio dormiva. Una situazione tranquilla.
«Baldo poi ha detto che ha sentito nel dormiveglia un po' di tramestio in casa, ma pensava che la moglie fosse ritornata magari a prendere qualcosa... il figlio dormiva in una stanza del piano terreno perché lì c'è vicino il camino e l'ambiente è caldo...»
Non sapevo che fare, ma mi venne un'idea. «Viano, poi mi dirai tutto ma per prima cosa corri dal parroco e fai suonare le campane per dare l'allarme, sveglialo se dorme, che suonino a martello a lungo. Se qualcuno l'ha rapito, sentendosi scoperto, forse desisterà. Io prendo il mantello e corro da Baldo e m'informo per bene.»
Risalii rapido in casa, presi il mantello e una berretta e dissi a Rinieri di venirmi dietro vestendosi bene perché fuori era freddo e certo era accaldato. Tutti furono stupiti dalla mia fretta e mi domandarono il motivo e lo dissi in due parole. Gemma ne fu impressionata al massimo.
«Oddio, Lamberto, terribile!»
Filomena esclamò: «Oh, e la mia bimba? L'ho lasciata a Selvapudia con la moglie di un servitore... mi viene l'angoscia, se può succedere una cosa simile.»
Rinieri l'abbracciò: «Ma dài, che c'entra ora la nostra piccola Irene? Dammi un bacio piuttosto.»
Lorenzo si era alzato in piedi: «Serve aiuto?»
Dissi che se fosse servito lo avrei fatto chiamare. Lasciammo tutti in preda all'angoscia. Nonostante che fossimo un po' appesantiti dal pranzo cercammo di muoverci più svelti che potevamo. Davanti alla casa di Baldo si era già formato un piccolo capannello di vicini. Cia si strappava i capelli piangendo. Baldo era sulla porta vestito e tossiva disperandosi e accusandosi mentre qualcuno cercava di riportarlo dentro.
In quel momento cominciò a suonare la campana e molti si affacciarono alle finestre e alcuni poco dopo uscivano dalle case, nonostante che avesse preso a nevicare piuttosto fitto.
Entrammo nella casa di Baldo e con noi altri.
Dissi: «Entri chi può raccontarmi come è andata, chi ha capito. Portate dentro anche Cia.»
Cencio, fratello di Baldo. mi raccontò quello che aveva compreso lui: aveva sentito le urla di Cia, che era uscita in strada, e aveva raccolto le sue prime parole. Cia, rientrata dopo un'oretta, era andata subito nella camera del figlio e non lo aveva più trovato. Allora era salita nella camera nuziale pensando di trovarlo lì, che Baldo, sentendolo piangere, l'avesse preso e portato su e invece non c'era e Baldo, che dormiva, si era riscosso chiedendole che mai fosse successo. Alle parole di lei era sceso anche lui e insieme avevano un po' scioccamente rovistato la casa, il neonato non poteva certo muoversi da solo!
Allora Cia era corsa in strada e aveva cominciato a gridare, chi si era preso suo figlio, dove era, chi era stato e così il fratello, avendo sentito, era uscito e aveva appreso la notizia un po' da lei e un po' da Baldo. Quando ero presente, però, Cia non era in grado di aggiungere altro, non mi ascoltava, solo andava ripetendo tra i singhiozzi: «Il mio bambino, oh, hanno preso il mio bambino!»
Dissi a Rinieri di percorrere le vie adiacenti per vedere se c'era qualcosa di sospetto, non sapevo cosa, possibili indizi sul rapimento. Quando tornò Viano glielo mandai dietro perché lo accompagnasse.
Mentre facevo un sopralluogo nella casa arrivò messer Alberto, il parroco, che, vedendo lo stato di Cia, la prese in disparte e cominciò a cercare di calmarla dicendole di avere fiducia. Io ero piuttosto agitato, mai avrei pensato ad un maleficio simile; tuttavia cercando di mantenermi vigile, osservavo le varie stanze della casa.
Al piano terreno c'era un'ampio vano d'ingresso con un camino nel quale il fuoco era ben acceso, non sole le braci, come se fosse stato riattizzato da poco. Chiesi a Baldo se lo aveva fatto lui, ma egli negò. Forse però lo aveva fatto senza intenzione. Da una parte della stanza, sotto una finestra, stava un deschetto da calzolaio su cui notai un martello, delle forme, dei pezzi di cuoio e un sacchetto in cui si intravedevano dei chiodi.
Su quel vano si apriva una piccola stanza, che aveva una parete in comune col fianco del camino, dove si trovava la culla del neonato. La stanza era calda, forse più dell'ingresso, nonostante che la porta fosse rimasta aperta. Non c'era alcun disordine. La culla era vuota, non vidi alcuna coperta e pensai che l'avessero usata per rinvoltarvi il bambino quando lo avevano preso. Su una mensola varie fasce pulite disposte in ordine . Tra due vi era uno spazio, forse avevano tolto quella che stava nel mezzo, chissà. Nella piccola stanza era un armadio che aprii: vi erano appese due tuniche da donna. C'era poi una sedia davanti a un piccolo tavolino.
Volli salire al piano superiore: una stanza più grande con il letto coniugale, in disordine; evidentemente Baldo si era alzato di botto alle urla della moglie: la coperta stava in parte sul pavimento; appesi a un piolo una camicia e qualche altro indumento. C'era poi una stanza più piccola dove su uno scaffale erano altri oggetti da calzolaio: pezzi di pelle e cuoio, suole di scarpe, zoccoli, stringhe.
Al piano terreno cercai di osservare se vi fossero impronte particolari, perché fuori c'era un po' di fanghiglia e forse potevano essere state lasciate delle tracce; ma ormai erano entrate diverse persone e tutto era confuso. Come indizi, dunque, poco o niente: solo la fascia mancante, che poi chissà se mancava davvero. Mi stavo facendo prendere dallo scoramento e sospiravo. Sentii una mano sulla spalla, mi voltai, era Blumi.
«Messer Castano, non disperate. Vedete, è come quando un medico si trova davanti a dei sintomi strani, che non ha mai osservato. Guai a lasciarsi scoraggiare. Bisogna invece considerare le varie cose, pensare, raccordarle con la mente e poi si comincia a capirci qualcosa.»
Mi venne da sorridere: il Blumi non era solo un medico del corpo, sapeva leggere l'animo.
«Grazie, messer Blumi. Senza di voi mi sarei perso e mi sarei dato per sconfitto, quindi fornitemi anche il vostro parere. Qua non ci sono indizi se non forse una fascia e probabilmente una coperta sparite.»
«È già qualcosa messer Castano. La madre o forse il padre vi descriveranno la coperta. È quella che cercheremo, anche. Avete preso già qualche iniziativa?»
«Ho mandato mio fratello e Viano per le vie per osservare se notano qualcosa.»
«Avete fatto bene. Con le campane a martello e gente che spia per le strade chi ha preso il neonato si sentirà con l'acqua alla gola e potrebbe commettere un passo falso, o anche abbandonarlo.»
Sorrisi: «Voi siete un vero investigatore. Quando Rinieri diventerà podestà vi prenderà come aiutante.»
«No, no. Io devo fare il medico, ma queste indagini servono da affinamento del pensiero. Ma voi non pensate, vero, che ci sia qualche potenza diabolica in questa sparizione? Alcuni qui fuori dicono così.»
Negai recisamente: «Ma no, messer Blumi, qua c'è un diavolo in carne ed ossa, in tunica o gonnella. Ma ditemi, perché vedo che voi conoscete l'animo umano non meno che il corpo, per che motivo ci si può impossessare di un neonato? Per la vostra professione avete sentito, o letto, di qualche caso simile?»
Blumi annuiva: «Ci sono due possibili motivi, uno migliore e uno peggiore, ma raro. Quello migliore è che si tratti di una donna che ha perso un figlio e magari per l'età o altro non può averne ancora, o magari può, ma impossessarsi di uno è più immediato per sanare la sua angoscia. Dico che è la situazione migliore perché lo vede come figlio proprio, lo tratta bene, non gli fa mancare niente e prima o poi capisce che ha fatto una sciocchezza e lo restituisce; se anche lo riporta dopo un anno per il bambino non sarà un gran danno. Peggio è per la madre vera. Quando la colpevole verrà scoperta non vorrei che fosse punita gravemente, è una povera donna, che va compatita e sostenuta.»
«E il peggiore, messer Blumi?»
Sospirò: «Il peggiore, cui non voglio nemmeno pensare, è il delitto. Qualcuno odiava la sua famiglia e voleva ucciderlo per colpirla. Magari c'è uno che ha commissionato il rapimento, se no lo ammazzavano subito, in culla. Uno che non voleva farsi scoprire e allora manda avanti un disgraziato che se lo prendono magari non sa dire niente, se non che ha preso dei soldi da uno incappucciato. Più o meno come nel vostro caso di omicidio di due anni fa. Oppure, nel caso migliore, uno che lo fa per soldi, per farsi dare dei soldi.»
«Messer Blumi, vi pare una casa ricca, da chiedere un riscatto? Baldo è un povero calzolaio, mica come lo Scarpa .»
«Sì, è un'ipotesi un po' ridicola. Magari voleva un riscatto in natura, andare a letto con la moglie, per esempio... l'animo umano può albergare tante bassezze, ne avete ben fatto esperienza. C'è poi l'ipotesi remota, che ci sia qualcuno che fa riti strani che prevedono il sacrificio di bambini.
Renato Delfiol
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Renato Delfiol
Sono nato a Vicenza e risiedo dall'infanzia a Firenze. A parte lavoretti da studente, sono stato per tre anni addetto a una biblioteca e per altri 37 funzionario archivista, pubblicando diversi articoli o libri professionali e insegnando la mia materia in molti corsi. Sulla mia attività ho scritto una autobiografia professionale, Archivi d'impresa un archivista militante. Ora che sono in pensione ho conservato l'incarico di Ispettore onorario ed eseguo alcune attività di controllo sul patrimonio archivistico di enti o privati. In passato ho frequentato un istituto di formazione psicoterapeutica, senza però passare oltre. Passo il mio tempo libero dalle incombenze familiari leggendo, scrivendo, vedendo amici. Amo molto coltivare la terra in un piccolo appezzamento, cosa che farò finché potrò. Mi interessano la storia, ma anche la scienza e gli argomenti di attualità, soprattutto la lotta delle donne per acquisire quella parità che è ancora assai negata.

Writer Officina: Qual è stato il momento in cui ti sei accorto di aver sviluppato la passione per la letteratura?

Renato Delfiol: Ho sempre amato scrivere, fin da ragazzo. Leggere mi sollecitava la fantasia. Per molti anni ho scritto poco, racconti parzialmente autobiografici, poesie, cose perse o rimaste nei cassetti. Da quando ho lasciato il lavoro, e soprattutto durante il Lockdown, ho cominciato a scrivere creativamente con un certo impegno

Writer Officina: C'è un libro che, dopo averlo letto, ti ha lasciato addosso la voglia di seguire questa strada?

Renato Delfiol: Non direi, o non lo ricordo.

Writer Officina: Dopo aver scritto il tuo primo libro, lo hai proposto a un Editore? E con quali risultati?

Renato Delfiol: No, inizialmente ho pensato di pubblicare con Il Mio Libro, dove pubblicava negli ultimi tempi lo psicoanalista Giordano Fossi (in un lontano passato mio analista) che mi aveva chiamato a collaborare nella creazione di una nuova scuola di psicanalisi evoluzionista.

Writer Officina: Ritieni che pubblicare su Amazon KDP possa essere una buona opportunità per uno scrittore emergente?

Renato Delfiol: Ritengo di sì, anche se non l'ho mai praticato e ci sto solo pensando. Ho due tipi di perplessità: che l'ISBN fornito non sia quello riconosciuto in Italia e che è necessario avere competenze informatiche (che ho minimamente) ai fini della promozione. So che molti editori ne fanno poca, ma qualcosa sì.

Writer Officina: A quale dei tuoi libri sei più affezionato? Puoi raccontarci di cosa tratta?

Renato Delfiol: Sono molto affezionato ad un romanzo non ancora pubblicato, che deriva da un mio progetto antico. Si svolge nel XII secolo e vede il passaggio di una famiglia dallo status di vassalli a quello di cittadini dopo le lotte tra il comune di Milano e Federico Barbarossa. Tra gli editi il mio ultimo L'uomo con il mantello nero.

Writer Officina: Quale tecnica usi per scrivere? Prepari uno schema iniziale, prendi appunti, oppure scrivi d'istinto?

Renato Delfiol: No, scrivo d'istinto, seguendo una falsariga che ho in mente e che cambio, o perfeziono, nel corso della stesura. Magari all'inizio mi faccio un breve schema dei principali personaggi.

Writer Officina: In questo periodo stai scrivendo un nuovo libro? È dello stesso genere di quello che hai già pubblicato, oppure un'idea completamente diversa?

Renato Delfiol: Sto rivedendo un altro giallo, come Il Mantello, però di epoca attuale. Però non sono un giallista, mi interessa di più l'ambientazione che la storia. Poi ho cominciato un'altra cosa, ispirata ad una vicenda vera.

Writer Officina: Hai in corso di pubblicazione qualche altro libro?

Renato Delfiol Sì, l'editore Transeuropa sta pubblicando il romanzo storico Aldruda Frangipane una donna contro il Barbarossa.

Writer Officina: Come hai trovato i tuoi editori?

Renato Delfiol De Il Mio libro ho già parlato; ho pubblicato anche con Youcanprint che mi è sembrato un po' più economico. Il libro però l'ho tolto dal commercio per ragioni lunghe da spiegare. Per Il Mantello nero, ho partecipato al concorso Un giallox1000 di 0111 Edizioni, risultando finalista. Di Transeuropa ho sentito parlare in un gruppo Facebook. Ci sono diversi gruppi Facebook che possono interessare un autore esordiente, alcuni anche simpatici.

Writer Officina: Scrivendo di periodi passati, ti sei documentato, p.e. sui luoghi?

Renato Delfiol Sì, scrivendo un romanzo storico occorre essere molto accurati nelle ricerche. Quello che è difficile non è il singolo fatto o data, ma l'ambientazione: vestiti, cibi, modi di vivere, misure del tempo e dello spazio, tutte cose che sono naturali per i personaggi che vivono in un certo momento del passato. Questo riguarda anche il presente: sto scrivendo un racconto ambientato parzialmente durante il Lockdown e la memoria su quei momenti che tanto ci hanno angustiato è rimasta flebile e lacunosa, anche sul web.
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