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Il viaggio dell'anima - l'arduo compito
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Nella torre del convento dei benedettini - 1159.
Rainaldo ha raggiunto l'età di dieci anni. Frate Bernardino, capo degli amanuensi benedettini di origine italiana, lo ha convocato nelle sue stanze. Nella convinzione di conoscere la strada fino alle celle dei monaci, il ragazzo percorre veloce il tortuoso corridoio, ma la realtà è ben diversa. Al termine del lungo passaggio, trova d'innanzi a se una parete buia affrescata con l'immagine di san Benedetto a grandezza naturale. Invoca al silenzio. Sulla destra, una luce fioca appena illumina i primi gradini di una stretta scala che Rainaldo dovrà salire. Il giovane conosce bene il convento, ma non era mai arrivato sin qui, in questa zona di clausura delimitata dal dipinto del santo, con l'indice della mano sinistra appoggiato al naso. Non sapeva neppure dell'esistenza di questa scala e, nel buio, inizia a salirla. Dopo aver completato il terzo giro sulla rampa elicoidale, senza incontrare alcuna porta, comprende che la stanza dell'incontro è alla sommità della torre. Sale l'ultimo gradino e giunge al minuscolo pianerottolo della cima illuminato da due torce all'interno di lampade di metallo appoggiate in terra, ai piedi dell'unica porta di legno, striminzita e malmessa. Una alla destra, l'altra alla sinistra dell'antica ogiva in pietra di riporto proveniente da qualche tempio pagano. L'atmosfera è tenebrosa, ma Rainaldo non indietreggia. Si avvicina alla porta e bussa. Il batacchio di metallo suona per tre volte sull'uscio di legno, generando un profondo e raccapricciante eco che risale dalle scale, come se qualcuno stesse venendo su per prenderlo alle spalle. La paura lo assale. Al quarto colpo, una voce rauca e stanca lo invita a entrare. - Vieni Rainaldo, accomodati. - Il braccio del giovane stenta ad aprire la porta, appesantita dall'antichità del legno diventato nero dai fumi delle torce. Dallo scorcio appena aperto, Rainaldo intravede una stanza minuscola, buia e umida. Ode chiaramente lo stillicidio delle gocce della pioggia, caduta copiosa nella giornata e infiltratasi dal tetto della torre. La porta è gonfia per l'umidità, si ferma nel mezzo dell'apertura, bloccata dal pavimento rialzato per lo stesso motivo. Sfruttando la sua esile corporatura da piccolo adolescente, riesce a entrare senza particolari difficoltà. Anche frate Bernardino è minuto e fragile, di piccola statura, curvato dalle tante ore passate chino sulle pergamene, intento a scrivere testi o a ricopiare le Sacre Scritture. È seduto a un minuscolo scrittoio di legno fiocamente illuminato da una candela priva di qualsiasi supporto, diventata tutt'uno col piano d'appoggio a causa della cera colata negli anni. Il tempo l'ha trasformata in una sorta di malridotta piramide. Il riverbero rischiara il crocifisso di legno sul muro alle spalle del frate e i due grossi occhi del teschio, anch'esso annerito dal fumo e posto di fianco all'unico punto di luce della stanza. È lì, per ricordare la fine che farà il nostro corpo materiale, al termine del breve percorso della vita terrena. La mano destra di fra Bernardino impugna una lunga piuma con un vecchio pennino sporco d'inchiostro. La punta verso Rainaldo e lo invita a entrare. Il giovane obbedisce, timoroso varca la piccola soglia. - Mi dispiace, non ho dove farti sedere. - Il frate prova a giustificare la scarsa accoglienza, non dovuta da maleducazione o scortesia, ma dalla limitazione materiale del minimalismo di questo luogo privo di ogni comodità. - Figlio mio, scusami se ti ho fatto venire qui. Come puoi vedere sono stanco, vecchio e ammalato. Non riesco più a riordinare la sala dello scriptorium. Impiego quindici minuti solo per salire queste benedette scale - dice con voce tremante dalla vecchiaia. In silenzio, nel buio della camera, Rainaldo scruta le nuove immagini che continuano ad aprirsi ai suoi occhi, ormai abituati all'oscurità. Nel mentre ascolta. - Ho già parlato con tua madre, ha approvato quanto sto per chiederti. - spiega tranquillizzando il ragazzo che sembra spaventato dall'ambientazione tetra e triste. - Vorrei che ti occupassi della preparazione degli attrezzi nella sala. I pennelli, i colori, le pergamene, i calamai e di tutte le piume d'oca dovranno essere pronti dopo i vespri. Non potrai spostare, né toccare le punte di piombo, sono delicatissime e potresti ferirti... - Per ogni singola parola pronunciata dal frate, gli occhi di Rainaldo si spalancano dalla felicità. È stato rapito dagli odori degli inchiostri e delle colle della rilegatura sin dal primo istante. I banchetti degli amanuensi hanno sempre acceso in lui tanta curiosità. Non avrebbe mai pensato di prendersi cura di tutto ciò. Una vera gioia è entrata nel suo triste cuore. - Accetto! Quando devo iniziare? - risponde d'impeto, senza lasciar terminare la frase. Fra Bernardino non proferisce risposta, prende un piccolo moccolo infilato in un rozzo lume di terracotta, l'avvicina allo stoppino della candela accesa e incrementa di poco la luce nella stanza. Con difficoltà, si alza. Trascinando la gamba destra, quasi del tutto paralizzata da una poliomielite, muove tre passi verso la parete con il crocifisso. Il moccolo acceso rivela un minuscolo lettuccio di paglia, utilizzato dal frate come suo giaciglio notturno. Di fianco, appoggiato su una malconcia seduta di legno di quercia, si intravede un piccolo cofanetto di legno grezzo con due fibbie di metallo, chiuse senza il catenaccio. Il frate lo apre e tira fuori un grande chiavistello in ferro battuto, così grosso che nell'asola entra l'intera mano di un adulto. - Ecco la chiave dello scriptorium. Inizi domani. Ci vediamo lì alle 18 in punto, comincia con il pulire il pavimento, ma aspettami prima di toccare gli attrezzi - dice tendendo la mano con la grossa chiave verso il giovane. Quest'ultimo, tremolante, si avvicina per ritirarla. Al tatto è fredda, grossa e pesante non solo per il peso in sé, ma per l'enorme responsabilità che comporta il suo uso. - Fra Bernardino, grazie. Questa chiave è davvero enorme. Dovrò chiedere a mamma di cucire una grossa tasca sulla giacca per custodirla. - con un pizzico di ilarità, il ragazzo accetta il peso della grande responsabilità ricevuta. Gira e rigira la chiave nelle sue mani ed esterna un dubbio al frate: - Scusatemi, a cosa servono queste punte di piombo che non posso toccare? - Strizzando gli occhi, il tono della voce acerba si accende di curiosità. - Domani sera te li mostro. Sono dei pesi di piombo che terminano con una punta acuminata, servono per le squadrature dei fogli di pergamena. - Nel tentativo di spiegare al meglio il loro uso, la mano del frate traccia una immaginaria linea perpendicolare al piano di lavoro. - Vedrai, il loro utilizzo è indispensabile per dare la precisione e la corretta impostazione alla scrittura. - - Credo di aver capito. Grazie per i vostri insegnamenti. - Rainaldo sembra saltellare, impaziente di uscire, correre dalla madre e raccontargli di questo incarico così delicato che ha ricevuto. Fra Bernardino comprende questo suo desiderio, con un semplice cenno del capo, lo saluta e gli indica la via di uscita attraverso il piccolo uscio da cui era entrato. Rainaldo ricambia con un lapidario - Santa notte - si precipita alla soglia ed esce sul pianerottolo esterno alla camera, perdendosi il sorriso divertito del piccolo frate. Spinge la pesante porta di legno e la chiude. Come una luce sonora nell'oscurità della torre, un fragoroso tonfo sordo rimbomba lungo le scale che dovrà scendere, indicandogli la via di casa. Sono trascorsi circa tre anni da quella visita nella buia e striminzita camera di fra Bernardino. L'ha voluta lì, in cima alla torre del convento, per sentirsi più vicino a Dio come gli uccelli che adornano i pavimenti decorati nelle absidi delle chiese paleocristiane. In questi anni, Rainaldo non ha mai fatto mancare la sua collaborazione nel sistemare tutto l'occorrente necessario allo sfoggio della maestria degli amanuensi. È diventato un esperto di tutte le attrezzature e di tutti gli ammennicoli, resta sempre più affascinato dai colori degli inchiostri usati nello scriptorium. Subiscono diversi processi alchemici delegati a un artigiano esterno all'abbazia, un vero maestro nel mischiare i colori col ferro e con particolari infusi tratti dalla corteccia degli alberi. Il giovane vive di fatto da monaco, partecipando a tutte le preghiere rituali dei benedettini, ancora oggi raccolte nella Thesaurus liturgiae horarum monasticae . Rainaldo è davvero rapito da questa sua nuova vita, ne è davvero soddisfatto, ma sente dentro di se la mancanza di suo padre di cui ha un solo ricordo: in groppa a un cavallo, armato di tutto punto.
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Sono Francesco Galardo nato a Napoli nel settembre del 1967. Economista da sempre, ho iniziato la professione a soli 17 anni presso lo studio del mio professore delle scuole superiori in materie economico giuridiche. L'attività professionale mi ha portato in giro per tutta la penisola, ma sono molto felice di vivere nella mia città natale. Mi occupo di consulenza globale alle aziende e di docenze nei corsi privati in materie economiche. I miei spostamenti di lavoro, in treno e aereo, sono sempre accompagnati da due amici insostituibili: un buon libro e la Moleskine per gli appunti, rigorosamente a fogli nudi. Prediligo i romanzi storici e i legal thriller alla Grisham, ma non disdegno altri generi. Nel passato, ho scritto diversi articoli economici, ma ho sempre nutrito una forte volontà di cimentarmi in qualcosa di più narrativo. Il cammino religioso cavalleresco, intrapreso una dozzina di anni fa, mi ha profondamente stimolato sino a una notte del dicembre 2020, quando tutto è iniziato. Ho fuso le mie due passioni, fede e medioevo, e mi sono cimentato nel primo romanzo, un viaggio introspettivo tra gli intrighi dell'economia, la spiritualità e il passato.
Writer Officina: Qual è stato il momento in cui ti sei accorto di aver sviluppato la passione per la letteratura?
Francesco Galardo: Sarà stato verso la fine degli anni '80. Ero a Milano per lavoro e dovevo rientrare a Napoli. All'epoca, l'aereo era decisamente più veloce del treno, ma c'era uno sciopero e ripiegai sulla strada ferrata. Prima di partire, entrai in libreria e acquistai “l'avvocato di strada” di Grisham. Finito in una sera, spettacolare. Un libro che, in un certo senso, fonde la mia vita tra attività professionale e servizio di volontariato quotidiano, mi sono rivisto molto in quel personaggio. Da allora, malgrado gli impegni di lavoro, non ho più smesso di leggere.
Writer Officina: C'è un libro che, dopo averlo letto, ti ha lasciato addosso la voglia di seguire questa strada?
Francesco Galardo: La risposta è complessa. Sono davvero numerosi e farei torto ai tanti autori classici e contemporanei che mi hanno ispirato. Ripiego sul semplice e confermo il primo amore: “l'avvocato di strada”
Writer Officina: Dopo aver scritto il tuo primo libro, lo hai proposto a un Editore? E con quali risultati?
Francesco Galardo: Si, ho inviato il manoscritto a diversi Editori. Una vera giungla districarsi tra sistemi classici, preordine, a pagamento. Devo dire che la mia esperienza non è stata del tutto negativa, ho ricevuto una dozzina di proposte di pubblicazione, la stragrande maggioranza a pagamento, ma almeno tre concrete. Purtroppo, sono arrivate dopo diversi mesi e avevo già iniziato il percorso di auto pubblicazione. Ho fatto la scelta di proseguire con il self, almeno per questo primo romanzo che, intimamente, parla tanto di me.
Writer Officina: Ritieni che pubblicare su Amazon KDP possa essere una buona opportunità per uno scrittore emergente?
Francesco Galardo: Decisamente si. Uno scrittore giovane di penna è visto male nella giungla editoriale e il sistema KDP è un sentiero da seguire. Parimenti, ritengo che la pubblicazione debba essere sempre anticipata da un serio lavoro di editing, grafica e impaginazione. È una questione di rispetto per i lettori.
Writer Officina: A quale dei tuoi libri sei più affezionato? Puoi raccontarci di cosa tratta?
Francesco Galardo: Per adesso posso rispondere solo sul “figlio” unico: Il viaggio dell'anima – l'arduo compito”. E' un avventuroso viaggio introspettivo tra la dimensione terrena, la dimensione spirituale e la dimensione cavalleresca. Il percorso è duro e impervio, ma il nostro personaggio contemporaneo è guidato da un cavaliere del passato che si rivelerà non essere così lontano. Narra di due anime lontane nel tempo, ma unite dalla stessa essenza, due uomini vissuti in epoche lontane, legati dall'onore. Si interseca nei rivoli della quotidiana battaglia tra il bene e il male vissuta tra gli intrighi dell'economia moderna e le spade del Medioevo. Un viaggio nel mondo, tra i pericoli, gli ostacoli, i luoghi di ritrovo e quelli di ristoro. Un arduo compito, appunto.
Writer Officina: Per i personaggi hai fatto riferimento – magari in parte – a persone reali oppure sono solo frutto della fantasia?
Francesco Galardo: Il romanzo narra della storia di un cavaliere medioevale in connessione con un personaggio moderno che, di fatto, sono io. Quindi uno dei protagonisti è reale. Il cavaliere non so se sia mai esistito con le caratteristiche che ho scritto sotto sua ispirazione, come un sussurro all'orecchio, un soffio, ma so per certo che molte cose appuntate durante i nostri misteriosi incontri e poi scritte sul romanzo, si sono rivelate essere reali negli aspetti storici che ho studiato. Di riflesso, tutti i personaggi incontrati nel Medioevo hanno questa caratteristica di “co-esistere” nella fantasia del racconto e nella realtà del contesto storico. Mi riferisco alla descrizione dei luoghi, alle battaglie, all'abbigliamento, agli avvenimenti storici dell'epoca, ma anche a indicazioni specifiche come le “Bibbie in Vulgato”, ma questo è parte della storia che non voglio spoilerare – come si usa dire oggigiorno -.
Writer Officina: Quale tecnica usi per scrivere? Prepari uno schema iniziale, prendi appunti, oppure scrivi d'istinto?
Francesco Galardo: Quando ho scritto di economia, ho seguito schemi mentali, grafici, organigrammi precisi secondo una mia metodologia studiata con la mente, il cervello. Per il primo romanzo sono andato molto d'istinto, di cuore. Peraltro, chi lo leggerà si renderà conto che gran parte della storia è ispirata, quasi raccontata da un personaggio venuto dal Medioevo. Durante il 2021, ho raccolto poco più di mille pagine di appunti da integrare con la meticolosa ricerca storica medioevale che sto portando avanti dalla scorsa estate. Da tutto ciò, dovrei tirare fuori cinque romanzi.
Writer Officina: In questo periodo stai scrivendo un nuovo libro? È dello stesso genere di quello che hai già pubblicato, oppure un'idea completamente diversa?
Francesco Galardo: Sono in lavorazione i primi due spin-off. Di fatto il primo è pronto, ma devo attendere degli eventi personali prima di procedere all'eventuale pubblicazione o decidere di tenerlo nel cassetto. Una cosa è certa: ho compreso di amare la scrittura e a breve un altro romanzo uscirà, magari non ambientato nel Medioevo, ma contemporaneo. Una sorta di thriller ambientato nel losco mondo dell'economia.
Writer Officina: Hai fatto dei corsi?
Francesco Galardo: Consapevole di aver fatto studi tecnici e non classici, sto seguendo dei corsi di scrittura creativa e di editing. Un mondo davvero fantastico.
Ringrazio la redazione di Writer Officina per questa opportunità che dona a tutti gli autori e lettori. Detta alla Sir Quagliart: “siete un'oasi nelle roventi sabbie del deserto.”
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