Writer Officina
Autore: Giovanni Nocella
Titolo: Codice d'onore
Genere Thriller Storico
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Codice d'onore
Lorenzo Guerra e la Congiura di d'Avalos (Intrighi e delitti nel '600 Napoletano).

Lorenzo.

Domenica, 15 novembre 1648 – Golfo di Napoli.

Anche quando il cielo è sereno e il mare tranquillo, non si può mai sapere cosa stia per accadere.
Lorenzo, seduto sul fondo della feluca di Filuccio, spalle appoggiate al fianco della barca, si sforzò di cacciare via questo pensiero. Il suo futuro era lì, accanto a lui.
Menuccia dormiva stesa su un giaciglio improvvisato, sul fondo della barca, il capo poggiato sulle sue gambe, i capelli neri che le incorniciavano il viso. Le accarezzò la testa, ma la sfiorò appena, per non svegliarla. Il freddo, anche se non eccessivo in quella prima metà di novembre, pungeva, in mezzo al Golfo. Lorenzo le rimboccò la coperta nella quale si era avvolta e tirò più su anche la sua.
«Finalmente s'è addormentata.» Sussurrò a Filuccio.
L'amico, con una mano sulla barra del timone e gli occhi a badare alla vela, si era seduto anche lui sui paioli, di fronte a loro, al riparo da quella leggera brezza di ponente che li sospingeva da un paio d'ore verso Napoli. Il suo berretto rosso da marinaio spuntava dal telo cerato che si stringeva addosso.
Accucciato un po' più in là Michele, l'inseparabile mozzo di Filuccio, quasi infilato sotto il cassero di prua, li osservava in silenzio, gambe e piedi nudi, anche lui infreddolito e avvolto in un ferraiuolo che chissà dove aveva recuperato.
Il mare era increspato e la barca, spinta dal vento, scivolava sulle onde, leggermente inclinata a tribordo.
Lorenzo mosse lo sguardo in giro, scrutando a pelo d'acqua, in cerca di chissà quale segnale di pericolo. Nonostante quella quiete, non riusciva a sentirsi tranquillo. «Ho avuto l'impressione poco fa di intravedere un'altra barca dietro di noi, o sbaglio?»
Filuccio indicò con la testa verso un punto dietro di loro, verso ponente. «Credevo non l'avessi notata.»
«L'ho vista anche io.» Il solitamente taciturno Michele, allungò il braccio con il dito teso verso lo stesso punto. «Stava ferma là, con la vela ammainata, contro luce. Come se ci stesse aspettando.»
Lorenzo trattenne un sospiro. Il timore che quell'incidente accaduto a lui appena una settimana prima non fosse stato un episodio isolato non lo lasciava. Aveva sperato di sbagliarsi, ma la preoccupazione restava.
Rimasero tutti e tre a scrutare nel buio, in silenzio, per scorgere il chiarore di qualche tela o il bagliore di una luce, ma non si vedeva null'altro se non qualche leggera increspatura delle onde vicino la barca, alla luce delle lampade. Il resto si perdeva nell'oscurità, senza distinzione tra cielo e mare.
Filuccio scosse la testa. «Comunque non si vede più nulla ormai.»
Lorenzo fece una smorfia. «Infatti, è questo il problema. Mah, pazienza.»
Filuccio annuì. «Già, di questa stagione il sole cala presto e così adesso è quasi buio.» Lorenzo percepì un velo di preoccupazione anche nella sua voce.
Entrambi volsero la testa verso il leggero chiarore che ancora si intravedeva all'orizzonte, verso Ischia, i volti appena illumiati dalla luce delle due lampade di posizione, a poppa e sull'albero della vela.
Lorenzo spostò una ciocca dalla fronte di sua moglie per osservare meglio la sua espressione serena. «È stata una giornata pesante per lei. La partenza l'avevamo prevista al massimo per la tarda mattinata, ma alla fine è passata anche l'ora di pranzo. I saluti si sono prolungati più del previsto. Nessuno avrebbe mai potuto impedire a sua madre e alle altre di seguirla fin giù alla Marina per salutarla e non mi sarei certo azzardato a farlo io!» Lorenzo alzò le mani.
«Sì, le ho viste, mentre noi armeggiavamo per finire di preparare la barca. Baci e abbracci sembrava non finissero mai!» Filuccio fece un cenno con la testa.
«C'è scappata pure qualche lacrima.» Lorenzo sorrise e si lisciò baffi e pizzo. «Caterina era la più disperata. Felicissima per sua figlia, per carità, ma sono certo che non riusciva ancora a credere che stesse lasciando Capri. E così s'è fatto tardi.»
Filuccio si sporse verso di lui. «Scusa Loré, volevo chiederti una cosa. Quella ragazza che stava con Angelina e Irene giù alla Marina a salutare..., chi è?»
«L'ha presa Menuccia a lavorare al telaio, si chiama Elena. È ancora inesperta, ma è una brava ragazza, piena di buona volontà, così potrà dare una mano a Caterina per portare avanti la lavorazione del lino.» Ma tu guarda! «Perché?»
«No, niente, l'ho notata insieme alle altre. Bella piccerella!»
Lorenzo piegò la bocca da un lato, in un leggero ghigno, e ammiccò verso Michele. «Hai capito, il signorino? L'ha notata! Questo sembra che...»
Un lampo improvviso squarciò il buio intorno a loro, verso levante, seguito da uno scoppio e qualcosa lacerò il telo della vela.
Menuccia si svegliò di soprassalto e tirò su la testa. «Che sta succedendo?» Aveva la voce assonnata.
Altri due, tre spari si susseguirono a breve distanza. Un colpo finì in acqua sul fianco della barca, uno si perse nella notte e il terzo si conficcò nell'albero della vela.
«Ce l'hanno proprio con noi!» Gridò Filuccio.
Lorenzo afferrò la spada che aveva posato da un lato.
Filuccio balzò in piedi. «Ci fai poco con quella per ora. Dobbiamo evitare che ci raggiungano. Miché, prendi le armi e tira fuori il fiocco.» Con un salto si aggrappò all'albero, svolse una cima dal suo fermo, tirò giù la lampada e la spense. «Lorenzo, spegni pure l'altra.»
Mannaggia il diavolo fetente! Pure in mezzo al mare! Lorenzo eseguì senza fiatare.
Menuccia si tirò su a sedere. «Lorenzo! Madonna mia, ma che succede? Così non vediamo più niente.»
«Neanche loro. Stai giù.» Le mormorò Lorenzo.
Qualcosa gli toccò il braccio. Era l'archibugio che Michele gli stava allungando, seguito da una pistola. Li aveva tirati fuori dal cassero di prua.
«Sono già carichi.» Bisbigliò il ragazzo, poi si allontanò di nuovo verso prua e altrettanti ne allungò a Filuccio, che intanto armeggiava con la vela.
L'amico strinse con decisione una cima. «Se sparano di nuovo gli scarichiamo le armi addosso. Non credo se lo aspettino.»
«Madonna, ma siete impazziti? Che vi mettete a fare?» La voce accorata di Menuccia arrivò dal fondo della barca. «Lorè stai attento. Ma chi sono?»
«Forse pirati. Nella migliore delle ipotesi.» Borbottò Filuccio.
Già, per essere lì di notte in mezzo al mare, quelli dovevano essere anche peggio.
Grazie al fiocco che Michele issò rapidamente a prua, la barca ebbe uno slancio in avanti e proprio in quel momento il buio fu squarciato di nuovo da quattro lampi, in rapida successione.
Un colpo raggiunse il timone, il resto per fortuna andò a vuoto.
«Ora, spariamo!» Incitò Lorenzo, ripresosi dalla sorpresa iniziale.
Tutti e tre scaricarono le loro armi verso il punto in cui avevano visto i bagliori di quelle avversarie. Gli fecero eco alcuni grugniti e imprecazioni.
Menuccia si tirò su, in piedi, le mani sulle orecchie. «Oddio!»
Filuccio e Michele si precipitarono sulle cime che tenevano la vela. Con manovre conosciute a memoria cominciarono a slegare, tirare e rilegare di nuovo le cime e orientarono la vela per imbrigliare meglio il vento.
La barca virò bruscamente a dritta. Lorenzo si afferrò al bordo per non cadere e si girò verso sua moglie. La barra del timone, che in quel momento nessuno governava, schizzò da un lato e colpì con forza Menuccia che cercava di mantenere l'equilibrio. «Menuccia!» Urlò.
Sua moglie colpita di sorpresa al ventre, cadde con violenza sul fondo della barca, con un piccolo grido.
Lorenzo si precipitò da lei, nel buio, mentre Ferruccio schizzava per afferrare il timone, prima che potesse colpire di nuovo.
Le si inginocchiò vicino. «Menuccia! Mannaggia il diavolo fetente! Menù!» La tirò a sedere tenendola tra le braccia. Lei non rispose, il capo riverso all'indietro. Filuccio lo toccò sulla spalla. «È svenuta!» Gli gridò Lorenzo.
Accarezzò il viso di sua moglie e le sue dita si bagnarono in un rivolo di sangue che le scendeva giù dalla fronte. Doveva aver battuto sul bordo della barca. La poggiò con delicatezza sui paioli, tirò fuori un fazzoletto dalla tasca e lo immerse in mare per pulirle la ferita.
Forse il fresco dell'acqua sul viso, Menuccia si scosse. «Ch'è stato?»
Cercò di tirarsi su. «Me fa male ʼa capa.»
Lorenzo l'aiutò a sedersi. «Niente, niente. Sei caduta e hai battuto la testa, ma non è niente.» Grazie a Dio!
«Ti hanno ferita?» Chiese Filuccio.
«No... credo di no.» Menuccia prese lei la compressa dalle mani di Lorenzo e se la premette sulla fronte.
Il giovane pescatore emise un verso di approvazione. «Vabbè, ora state giù e in silenzio. Vediamo se li sperdiamo.»
Lorenzo tirò a sé una delle coperte stese sul fondo della barca e coprì la ragazza. Si guardò intorno, ma non c'era traccia dell'altra imbarcazione. La manovra rapida di Filuccio e la raffica di fuoco che gli avevano riservato dovevano aver spinto i loro assalitori a desistere o li avevano quantomeno rallentati nella loro azione.
Michele ricaricò le armi e le spinse una ad una verso di loro, nel caso servissero ancora. Chissà se quelli avrebbero tentato un abbordaggio.
«Ma mo' dove stiamo?» Chiese Menuccia, con un filo di voce.
«Manca poco, non ti preoccupare. Meno di due miglia.» Filuccio puntò il braccio davanti a loro. «Guarda là. La lanterna del porto di Napoli, si vede bene adesso. Ci siamo quasi.»
Una luce intermittente dava loro la rotta e la feluca procedette veloce sulle onde verso la costa.
Menuccia si strinse a Lorenzo. «Mi ha colpita il timone? Sono rimasta in piedi come una scema. Non me ne sono proprio accorta, mo' mi fa male il fianco.»
Lorenzo le dette un bacio sulla fronte e le tirò su la coperta. «Adesso stai giù, dopo vediamo. Si sarà fatto solo un bel livido.» Voleva rassicurarla in qualche modo, ma dentro di sé era incavolato nero. Non dovevano partire così tardi. Si era lasciato prendere dall'entusiasmo per la partenza e aveva tralasciato ogni forma di prudenza.
Andarono avanti così, in silenzio, con Filuccio e Michele che governavano la barca con gesti rapidi, per aggiustare la rotta, finché non si ritrovarono fra un paio di galee e altre barche alla fonda nei pressi del porto. Le loro luci di posizione riflesse sul mare segnavano la rotta da seguire.
«Ci siamo, ormai qui non oseranno fare più niente.» Filuccio allentò un po' una cima. «Sempre che ci abbiano seguiti.» Trafficò un poco e la luce di una lampada tornò a illuminare il fondo della barca. Non era il caso che qualcuno scambiasse loro per pirati!
Anche Menuccia si scosse e tirò su la testa a guardare Lorenzo.
«Come va adesso?» Le chiese Lorenzo.
Gli occhi della ragazza erano più sereni e si scambiarono un rapido bacio. «Un poco meglio.» Sorrise e si drizzò a sedere, una mano sul fianco e l'altra che reggeva la compressa sulla ferita, che aveva smesso di sanguinare.
D'improvviso Menuccia si girò a guardarlo. «Oddio, Lorè!»
«Che c'è?»
La ragazza infilò un braccio sotto la coperta, a esplorarsi tra le gambe e tirò fuori la mano con le dita sporche di sangue.
Che diavolo... «T'hanno ferita?»
«No, no, è che...»
Lorenzo capì, o almeno credette, e sorrise. «Ma ti sembra questo il momento?»
«No... Oddio, Loré.» Menuccia stava per piangere.
«Vabbè, il viaggio, tutto questo casino... Non ti preoccupare, siamo quasi arrivati.»
«Non è questo, non hai capito!» Menuccia si portò una mano alla bocca e distolse lo sguardo, l'altra mano alzata a mostrare quell'insolito trofeo. «Oddio, perché non te l'ho detto prima?»
«Menù che hai?» Non era una reazione normale, quella.
Lei lo guardò con la solita espressione imbronciata che metteva se doveva scusarsi per qualcosa. «Te lo volevo dire una volta arrivati a casa.» Esitò un attimo. «Siamo alla seconda luna nuova,» abbassò la voce e guardò verso Filuccio, «da quando io e te...» Lorenzo capì che stava arrossendo. «Non è un ritardo, Lorè, io aspetto un figlio!» Sospirò. «E questo,» gli mostrò la mano sporca di sangue, «mi mette paura!»
Lorenzo rimase senza parole. Non sapeva se gioire, rimproverarla per non avergli detto nulla oppure aver paura, anche lui, per quel sangue. Si girò verso Filuccio, che aveva assistito alla scena. «Non c'è tempo di andare fino a casa nostra, né da mio padre. Ha bisogno di aiuto, subito.»
«Dritti a Santa Lucia, allora.» Filuccio sembrava determinato. «Da lì a casa mia sono due passi, mia madre saprà cosa fare.»
«Oddio...» Menuccia rilasciò le braccia e riversò la testa all'indietro.
Lorenzo l'afferrò in tempo per non farla cadere. «È svenuta, cazzo! Dobbiamo muoverci!»
Giovanni Nocella
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Autori di Writer Officina

Giovanni Nocella
Sono nato a Napoli nel 1951 e dopo gli studi classici mi sono laureato in giurisprudenza. Sposato, con un figlio, ho lavorato come professionista autonomo nel campo fiscale e finanziario. Nel tempo libero, quando posso, preferisco stare a contatto con la natura e nelle mie vacanze ho sempre dedicato un po' di tempo per l'arte e la cultura, possibilmente lontano dalla ressa consumistica. Mi sono spesso dilettato a scrivere brevi racconti di vario genere cimentandomi anche in articoli, studi e commenti a sfondo sociale e politico legati ad alcune iniziative cui ho partecipato. Ho sempre avuto la passione per la storia, in particolare quella della mia città e con il pensionamento ho ripreso anche alcune mie passioni, come la fotografia e la filmografia vintage.


Writer Officina: Qual è stato il momento in cui ti sei accorto di aver sviluppato la passione per la letteratura?

Giovanni Nocella: Non c'è un momento preciso. Ho cercato sempre di trovare il tempo per un buon libro o per un approfondimento su diversi argomenti avendo l'abitudine di sintetizzare per iscritto pensieri e opinioni. Quando con il pensionamento ho avuto più tempo a disposizione mi sono concentrato sulle mie ricerche sulla storia di Napoli e mi è venuta la voglia di raccontarne un po', aggiungendovi un pizzico di fantasia.

Writer Officina: C'è un libro che, dopo averlo letto, ti ha lasciato addosso la voglia di seguire questa strada?

Giovanni Nocella: Si, c'è un libro, che in pochi conosceranno, che ha, come dire, fatto da innesco. E' “Il miracolo del baccalà”, di Edwin Cerio, scrittore e naturalista caprese, che ho letto diversi anni fa e che ogni tanto rileggo. È la storia romanzata di un baronetto inglese che scelse Capri come suo luogo di residenza e narra di questo traffico di merluzzi nel ‘600 tra la Norvegia e il Golfo di Napoli. Una trama semplice, scorrevole che mi ha svelato come una faccenda per noi data per scontata, ma sorprendentemente importante per l'economia di quell'epoca, potesse essere raccontata con un romanzo.

Writer Officina: Dopo aver scritto il tuo primo libro, lo hai proposto a un Editore? E con quali risultati?

Giovanni Nocella: Si, ho selezionato sei o sette case editrici non a pagamento che pubblicassero romanzi storici, ho inviato sinossi e tutto il resto, ma solo una mi ha risposto dicendomi che mi avrebbero fatto sapere. Del resto ho pensato che difficilmente una casa editrice avrebbe speso capitale e tempo con un esordiente della mia età. Così il self publishing è stato quasi una scelta obbligata e poi mi è anche piaciuta la sfida di gestirsi da soli e non dipendere da altri, che è uno dei principi che ha permeato la mia vita.

Writer Officina: Ritieni che pubblicare su Amazon KDP possa essere una buona opportunità per uno scrittore emergente?

Giovanni Nocella: Assolutamente si, ma è necessario saper essere un po' manager di sé stessi. Diventare uno scrittore apprezzato è un percorso lungo e difficoltoso e attendere i tempi e i comodi delle case editrici può essere stressante e dispersivo. Amazon permette di approcciare subito un ampio mercato e verificare le tue possibilità.

Writer Officina: A quale dei tuoi libri sei più affezionato? Puoi raccontarci di cosa tratta?

Giovanni Nocella: Forse il primo, “Il Tesoro della Certosa”. L'idea di scriverlo mi è venuta da due fattori. Volevo scrivere qualcosa su Capri, cui sono particolarmente legato. Mio padre è nato lì, vi ho passato per anni le vacanze estive da ragazzo...Nelle mie ricerche mi sono imbattuto in quel vescovo Pellegrino che fa parte della rosa dei personaggi del romanzo, che ho scoperto coevo della rivolta di Masaniello e dei fatti che ne seguirono, uno dei periodi storici di maggiore interesse per me. Ho fatto la somma, ci ho messo un pizzico di fantasia e ne è venuta una storia ambientata tra Capri e Napoli nel 1648, con diversi richiami alla rivolta di Masaniello dell'anno precedente, che poi è diventata la scena del secondo romanzo. Il protagonista è sempre lo stesso, Lorenzo, un giovane laureato in utroque jure, le cui avventure sono il filo conduttore della collana che sto scrivendo dedicata al ‘600 napoletano.

Writer Officina: Quale tecnica usi per scrivere? Prepari uno schema iniziale, prendi appunti, oppure scrivi d'istinto?

Giovanni Nocella A monte c'è la ricerca e lo studio su un determinato periodo storico. Parto da un'idea di base, ne verifico la possibilità di inserirla in quel preciso contesto storico e tiro fuori una bozza iniziale della trama. Poi individuo i personaggi storici da inserire nel romanzo e da abbinare a quelli di fantasia, approfondisco la loro personalità, scelgo gli eventi con cui intrecciare la trama, faccio ricerche sulle caratteristiche delle ambientazioni che voglio utilizzare ed elaboro i conflitti tra i protagonisti. La trama si arricchisce, la sviluppo in capitoli seguendo un ordine cronologico e comincio a scrivere, lasciando spazio, in questa fase, all'istinto, tanto poi rivedo tutto. Al termine, se soddisfatto rimescolo i capitoli e li rimodello in modo da creare una maggior dinamica nella narrazione che crei un po' di suspense e coinvolga il lettore. Poi leggo e correggo, rileggo e ricorreggo, più volte curando di volta in volta la coerenza nella narrazione, l'ortografia, la sintassi, la punteggiatura, l'impaginazione, la copertina eccetera fino alla pubblicazione. Con me l'editor lavora poco!

Writer Officina: In questo periodo stai scrivendo un nuovo libro? È dello stesso genere di quello che hai già pubblicato, oppure un'idea completamente diversa?

Giovanni Nocella: Si, ho già delineato un'idea di massima legata al genere storico, tra il thriller e il romanzo di azione e avventura, per completare almeno un terzo volume della Collana che intendo dedicare al periodo storico del ‘600 napoletano. Inizierò a lavorarci ad inizio del nuovo anno e ho già in progetto una trilogia ambientata nel ‘300, sempre legata alla storia di Napoli, su cui al momento sto accumulando studi e ricerche storiche.
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