Writer Officina
Autore: Francesco Merli
Titolo: Élite
Genere Dark Fantasy
Lettori 2756 6 8
Élite
Il frammento delle spade.

«Perché non mi hai dato retta? “Non ci metteremo molto”, come no!» Kara fece il verso a Liam. «Sono ore che ci aggiriamo senza successo per boschi. Hai almeno una vaga idea di dove ci stiamo dirigendo?»
Lui non le rispose ma continuò ad avanzare di gran carriera nel sottobosco. I loro passi, grazie a un incanto di Kara, non producevano alcun rumore nonostante stessero camminando sul fitto manto di foglie secche cadute a terra. Era autunno inoltrato.
«Non si sente alcun rumore, non si vedono neppure animali di alcun tipo... che sta succedendo qui?»
«Questo luogo puzza di morte e paura.» Sussurrò l'altro.
«Sarebbe stato meglio attendere il mattino, la luce del sole.» Ancora nessuna risposta. «Avremmo potuto seguire delle tracce partendo da piste nel villaggio ma tu: “No, taci, si fa come dico io!” Complimenti. Sei un testardo.» L'élite non la degnava della minima attenzione. «Almeno rallenta. Non riesco a stare al passo con tutte queste radici che fuoriescono dal terreno!»
«So bene che riesci a vedere bene nel buio quasi quanto me, quel vostro trucchetto agli occhi... come la chiamate? La dilatazione oculare se non ricordo male. Datti una mossa e chiudi la bocca. Siamo vicini».
Lei fece una smorfia. Si domandò come diamine facesse a saperlo. Era vero, riusciva anche lei ad adattare la propria vista alle varie condizioni atmosferiche, formule semplici ma utili che permettevano di amplificare la luce tramite dilatazioni maggiori della pupilla. Certo non tanto quanto Liam che non ne aveva bisogno e riusciva a vedere anche nel buio completo senza alcun problema per via della sua natura semi-ultraterrena. Sbuffò. Sapeva che il compagno aveva accettato di aiutare quella donna per capire quale sarebbe stata la loro prossima mossa. Eppure, voleva sentirglielo uscire dalle labbra. Vederlo ammettere di trovarsi nel dubbio, almeno per una volta. Stava per domandarglielo quando lui la bloccò di colpo.
«Hai sentito?» le domandò.
«Cosa?»
Ci fu un gran rumore tra le fronde degli alberi sopra di loro.
«È sopra di noi!» proruppe Liam.
Alzarono gli occhi contemporaneamente e qualcosa piombò loro addosso ruggendo. Kara venne sospinta lontano da Liam appena un istante prima dell'impatto.
«Siete sulle mie tracce, non è così?» Ringhiò una voce crudele. Un enorme mannaro si sollevò in maniera fulminea sulle zampe posteriori scrollandosi le foglie di dosso. Il pelo era folto, interamente argentato, e riluceva quando veniva illuminato dal chiarore lunare che filtrava dai rami. «Non siete i primi che vengono a cercarmi, e non sarete gli ultimi!» Foglie continuavano a svolazzare precipitando al suolo, alle spalle della belva una lunga coda di serpente si agitava, rapida, a mezz'aria.
Liam piantò un piede a terra e facendo leva sul ginocchio si sollevò in piedi. Gli occhi fiammeggiavano, due vampe rosso fuoco. «Comincio ad essere stanco di code con le squame.» Sorrise estraendo la propria spada, una lunga lama semitrasparente, dai riflessi pallido-azzurrognoli; la lega della quale era composta parve assorbire i tenui raggi della falce di luna che faceva capolino nel cielo quella notte, luccicò un istante.
L'altro ringhiò spalancando le fauci.
«Malvagio e strafottente... mi piace!» Liam sollevò l'elsa della lama di fronte al viso e poi, con un'estrema fluidità di movenze, evanescente come le ombre che lo attorniavano, si lanciò verso il mostro.
I movimenti dell'élite furono così rapidi che Kara riuscì a seguirli a stento.
Le artigliate della creatura che li aveva assaliti fendettero a vuoto l'aria e la spada di Liam baluginò, trafiggendo il mostro per una spalla e inchiodandolo saldamente, sospingendolo con forza immane, subito dopo, contro il massiccio tronco di un grande albero.
Il mannaro rimase bloccato e a muso basso. Non si mosse né gemette.
Liam fece un passo indietro con misurata calma.
«Sapevo che sarebbe stata una siocchezza. Deludente per essere il fantomatico terrore del quale parlavano... Ultime preghiere?» Domandò. Un turbinio di foglie, che si erano mosse per il trambusto generato dall'assalto, ancora danzava nell'aria.
«Fai quello che sei venuto a fare.» Disse l'altro con un grugnito. Parlava con affanno mentre sangue nero colava copioso dalle enormi fauci e dalla profonda ferita, inzuppando il pelo lucente. La macchia si andava via via espandendo.
«Non vuoi nemmeno risposte?» Liam lo guardò quasi con disgusto.
«A quali domande?» Il mannaro prese ad ansimare, la respirazione si faceva sempre più difficoltosa.
«Credi che io perda il mio tempo a caccia di mostri tutti i giorni?»
«Ho capito bene chi... cosa sei: un abominio quanto me, anzi... peggiore. Ma comunque qualcuno abbastanza degno, se non altro per capacità, di porre fine a quello che sono stato io».
«Sai perché siamo qui?» Si intromise Kara.
«Ha importanza?» Le ringhiò. «Pensate che non sappia cosa sono, cosa ho fatto, cosa faccio... cosa continuerei a fare... se anche voi doveste fallire.» La luce in fondo agli occhi del mannaro virò. «Uomini, donne, giovani. Chi ho sbranato in preda alla follia più irrefrenabile? Quanti infanti ho strappato via dal tepore del sonno nelle culle, dal calore profumato dei petti gonfi di latte nutriente di madri rinvenute poi, al mattino, con la gola squarciata? Ho smesso di contare da tempo le anime spedite all'altro mondo».
Liam studiava la corporatura dell'esemplare, era enorme, potente, e in piena salute. Nonostante il colpo infertogli fosse stato pesante, pensò, si sarebbe potuto, dovuto, riuscire a liberare. L'idea di partenza era stata quella di divertirsi un po' con lui, era tanto che non gli capitava di braccare qualcuno o qualcosa, ma non capiva perché il mannaro non reagisse, perché non si sfilasse la spada dalla spalla e tentasse di sbranarli entrambi, di lottare con tutto sé stesso per cercare di spuntarla.
«Perché?» Si avvicinò di nuovo a lui.
«Che cosa vuoi?» Ringhiò l'altro.
«Perché hai deciso di morire?»
«Che stai dicendo!?» Parve infervorarsi.
«Ci stai chiedendo di morire.» Disse asciutto. «Mi sembra più che evidente. Volevo sapere il perché».
L'altro rimase a fissarlo un istante. «Sei così smanioso di giocare con la vita, non è vero senz'anima? Non è la prima volta che ci incontriamo, io e te... all'epoca ti chiamavano in tanti modi... l'oscuro viandante, il flagello della spada... castigo d'inferno, il peggiore dei mali e il più spietato e incontrollabile degli abomini. Tutti sapevano che fra gli élite ce n'era uno che risultava più micidiale e spietato degli altri. Il nome prese a girare nel mondo demonico non senza una certa ammirazione da parte di alcuni, timore, piuttosto, nei più: la Falce di Satana, ti ricorda qualcosa?»
«Sì... così mi chiamava la feccia come te...» Gli si fece più vicino. «Pensi che rinneghi il mio passato?»
«Credi di poter sfuggire da te stesso? Io sono nato nel male, sono stato creato così e questa è la mia natura come lo è la tua e da sé stessi non si sfugge. Non posso controllare la mia sete di sangue, non riesco ad andare contro quello che sono nato per fare ma questo non significa che non vorrei fosse stato il contrario. Puoi illuderti di controllarlo ma l'incanto, prima o poi, svanisce e alla fine... alla fine abbracci ciò che sei realmente, volente o nolente».
«Le tue sono sagge parole, quelle che non ti aspetti di certo da una creatura del genere, ma non è così che le cose vanno sempre.» Liam lo guardò negli occhi intensamente. «Tutti meritano una seconda possibilità».
«Per me non esistono seconde possibilità. C'è solo una cosa da fare, senz'anima... ti chiedo solo di farlo in fretta. Non riuscirò a controllarmi per molto.» Il mannaro abbassò la testa di nuovo in segno estremo di resa.
«Sei così sicuro del tuo... che tanto vale vedere se sia vero!» Liam brillò improvvisamente di luce fredda e molto intensa, fiamme azzurre parvero avvolgerlo e due immense ali si dispiegarono, fuoriuscendo dalle scapole, mentre un candore lo investì interamente rendendo la sua armatura come di cristallo e d'oro e il suo mantello come nuovo, fluttuante tutt'attorno alla sua sagoma come animato di vita propria e tinto di un blu profondo. Kara non l'aveva mai visto prima d'allora nella sua forma angelica.
Liam sprofondò una mano nel petto del mannaro attraversando ossa, muscoli e tessuti come se non ci fossero e lei sapeva bene che gli aveva afferrato il cuore per saggiarne l'essenza.
Il mannaro spalancò le fauci, ululò tanto forte da far vibrare l'intero bosco. Il tempo parve fermarsi un istante, tutto si immobilizzò, come cristallizzato. Kara assisteva attonita. Durò solo un istante e poi il mannaro arse dall'interno, divorato da fiamme azzurre nell'arco di pochi istanti. Sul volto, per un momento, gli si era dipinta un'espressione di profonda pace.
Liam, tornato al suo stato usuale, abbassò la mano ancora fumante e rimase a fissare la grande ombra rimasta impressa sul tronco a traccia di quel trapasso. Sapeva che non si sarebbe mai cancellata.
«Quindi hai deciso di salvarlo?» Kara gli si avvicinò.
«Ho deciso di dargli una possibilità».
«E non hai errato a quanto pare.» Sorrise lei.
«Nonostante il mio intento di cercare di aiutarlo, se la sua anima è stata salvata significa che meritava veramente di esserlo. Posso decidere se usarlo, ma il potere che scorre in me va al di là del mio controllo. Io ne sono solo un tramite.» Si osservò la mano per un istante. L'aprì e poi la richiuse. «Il male lo attanagliava in una morsa invincibile, ma non scaturiva da lui, non direttamente. Deve essergli caduto addosso, trasmesso in qualche modo... Non saprei dire con certezza. Ha sempre cercato di combatterlo, ma non era mai stato in grado di vincerlo. Ho sentito il suo animo... si straziava. Dev'essere stata una vita, la sua, di sofferenza e solitudine».
«Ora ha trovato pace.» Kara si fece il segno della croce. «Incredibile come il perdono del cielo agisca nelle maniere più inaspettate».
«Che il cielo lo accolga. Non sono domande alla nostra portata.» I due rimasero un lungo momento in silenzio. Le fronde degli alberi nel bosco vibravano e agitavano le loro cime. L'aria si faceva più fredda. Nell'oscurità che li circondava tornarono alle loro orecchie i rumori degli animali e delle creature che abitavano quei luoghi.
Avevano sentito che qualcosa era cambiato, che il bosco, ora, nascondeva meno pericoli.
Liam estrasse la spada che era conficcata quasi per intero nel tronco con estrema facilità. Osservò la lama azzurrognola e con un rapido e preciso gesto la fece svanire nel fodero.
«Quella luce la conosco...» Mormorò Kara. «Na'ir. È quella la prima stella che hai visto. La notte in cui ti svegliasti, è così?» Si fece ancora più vicina.
Lui sollevò il capo per guardare la luna e il cielo. «Ricordo bene quella notte. Era fredda come la terra nuda battuta dal vento sulla quale mi sollevai in piedi e... ed era buia, la luna non c'era. Ma il cielo era libero, e c'erano le stelle.» La sua voce parve assumere un tono diverso, remoto. «Non sapevo come, né il perché, ma sta di fatto che mi resi immediatamente conto di conoscerle già tutte, era una sensazione che sentivo emergere da dentro. Però non sapevo chi ero, neppure perché fossi lì, né tantomeno dove mi trovassi. Aprivo e chiudevo gli occhi, sentivo l'aria che entrava e usciva al susseguirsi dei respiri e continuavo a domandarmi se fosse tutto reale. Quel piccolo baluginio verde-azzurro lassù, circondato dal nero, era forte, più forte degli altri e ai miei occhi più splendente. Avvertii come se mi irradiasse. Quel punto di fredda luce elevato a poca distanza sopra la linea dell'orizzonte si stava facendo carico di tutte le mie speranze, unica certezza in quel momento... Na'ir, dissi».
«La stella brillante della coda.» Disse Kara annuendo.
«Sì, lo mormorai chiamandola per nome. E lei rispose. Quando allungai la mano verso di lei mi parve quasi di riuscire a toccarla e fu allora che la sua luce mi inghiottì. Mi rivestì completamente e assunse forme tangibili attorno al mio corpo trasmutandosi in vesti, armi e armatura. Nella mano destra questa spada prese forma e ne avvertii il potere scorrere attraverso il mio braccio fino ad inondarmi. Avevo aperto gli occhi da poco, avevo già sentito la mancanza di qualcosa di grande in me, ma quello fu uno dei pochi istanti che riesco a rammentare, da quel giorno fino ad oggi, mentre la luce mi circondava, in cui avvertii quel vuoto meno desolato».
A Kara non sfuggirono le note di amarezza nella voce di Liam, sembrava come se riportasse alla mente ricordi di un passato immemore, lei sapeva bene che si trattava di qualche centinaio di anni addietro. Fece per allungare una mano a sfiorargli il braccio ma la ritrasse all'ultimo momento.
Sapeva fin troppo bene che gli élite si destavano nel mondo soli, in luoghi sperduti, senza memoria alcuna delle vite passate e con cognizioni di diverso tipo intrinseche. Scoprivano, poi, la propria natura, il proprio percorso, secondo disegni del destino ignoti a tutti e prima ancora a loro stessi.
«Non ebbi il benché minimo dubbio riguardo al nome della spada quando la ricevetti. La sollevai di fronte ai miei occhi per saggiarne la foggia. «Na'ir...» Portò la mano destra a sfiorare il fodero.
«Non me ne avevi mai parlato prima».
Lui non le rispose. Estrasse, invece, con la sinistra, un lungo pugnale che teneva in un fodero appeso alla cintola, dietro la schiena. La lama era di un rosso brillante venato di esili linee nere simili a striature interne. Kara lo guardò con compassione.
«Sai bene di cosa si tratta» Disse a bassa voce.
Lei annuì ma lui non la vide.
«L'altra faccia della medaglia.» Continuò osservando meglio la lama. «Azhar.» Fece una pausa. «Era il nome di quell'uomo. Il primo essere che ho strappato alla vita senza giusto motivo. Azhar. La mia lama del sangue.» Aggiunse con amarezza.
«Liam, tu non-»
«Una lama per indicare la via, l'altra per ricordare chi e cosa siamo, da dove veniamo e qual è la nostra natura, almeno in parte, se così si può dire.» Rinfoderò il pugnale. «Questo è ciò che siamo, spaccati di mondi che si contrastano, creature che non appartengono a niente, che non possiedono niente, neppure sé stesse, destinate, un giorno, a svanire all'improvviso quando il proprio momento giungerà.» Rimase in silenzio.
Kara aprì e richiuse la bocca. Sapeva bene che la seconda arma degli élite proveniva dal sangue della loro prima vittima innocente. Come per la luce delle stelle, anch'essa prendeva forma materializzandosi e vincolandosi al proprio padrone.
«Torniamo indietro.» Disse Liam, incamminandosi nel bosco.
Kara lanciò un ultimo sguardo al tronco e poi lo seguì senza aggiungere altro.
Francesco Merli
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Autori di Writer Officina

Francesco Merli
Mi chiamo Francesco Merli, sono nato, vivo e lavoro a Roma.
Sono stato un militare ed ex allievo maresciallo presso l'accademia sottufficiali dell'arma dei carabinieri, un personal trainer in centri sportivi e ancor prima istruttore di nuoto e cuoco presso ristoranti d'alta cucina.
Laureato presso la facoltà di Scienze Motorie mi ritengo, altresì, un grande sportivo, amante e praticante di molte discipline fra le quali nuoto, pugilato, equitazione e di tutto il mondo del fitness con le sue innumerevoli sfaccettature.
Ad oggi sono un attore diplomato presso un'accademia d'arte drammatica di Roma, specializzato, poi, in recitazione cinematografica al Centro Sperimentale di Cinematografia nella sede della medesima città. Mi sono, in seguito, formato nel mondo della radio e del doppiaggio.
Lavoro come attore e sceneggiatore, sono l'autore di canzoni, poesie, testi teatrali dei quali, sovente, anche interprete e di alcuni romanzi di vario genere, pubblicati da diverse case editrici, uno dei quali tradotto anche in lingua inglese.
Non mi classifico ancora, come autore, in un determinato genere letterario ma piuttosto mi considero uno scrittore davvero atipico e variopinto, sempre alla ricerca di nuovi stimoli, nuove forme di espressione e aperto a una sperimentazione in continuo essere.
“Sogno più grande? Comunicare, esprimermi al massimo e riuscire a far emozionare il prossimo lasciandolo affacciare su quel mondo che celo chiuso a chiave dentro di me, che sento scalpitare sempre più e che trova spazio, in misura maggiore rispetto alle altre, attraverso la stilografica e i fogli di carta.”

Writer Officina: Qual è stato il momento in cui ti sei accorto di aver sviluppato la passione per la letteratura?

Francesco Merli: Ho percepito fin da bambino, nel cuore, la spinta irrefrenabile a trasporre su carta le idee che mi frullavano nella testa. Ho quaderni di appunti che risalgono alle elementari, ogni tanto li sfoglio e mi strappano qualche sorriso. Un giorno vorrei riorganizzarli a dovere... magari potrebbe uscire fuori qualche storia interessante.

Writer Officina: C'è un libro che, dopo averlo letto, ti ha lasciato addosso la voglia di seguire questa strada?

Francesco Merli: Il fascino del Dracula di Stoker mi rapì in seconda media. Presi il libro controvoglia, una bellissima edizione che ancora ho da parte, durante un mercatino indetto dalla scuola. Inizia a leggere controvoglia, certo che si sarebbe rivelata una storia deludente... inutile dire che divenne uno dei miei libri preferiti. Mi ripromisi che un giorno avrei tentato la via dello scrittore, con tutto il cuore, speranzoso di ammaliare qualche lettore, cercando di suscitare emozioni simili a quelle da me provate nel riscoprire un amore per la lettura (e in particolare per quel determinato genere) che non avrei mai immaginato di poter veder fiorire.

Writer Officina: Dopo aver scritto il tuo primo libro, lo hai proposto a un Editore? E con quali risultati?

Francesco Merli: La ricerca degli editori è davvero il percorso più dilaniante per un autore. Soprattutto oggigiorno, a fronte di un'offerta che sembra superi la richiesta, in una nazione dove si legge statisticamente (e drammaticamente) sempre meno, trovare una casa editrice, anche solo medio-piccola, diventa un'impresa titanica.
Ho provato per anni e alla fine qualche editore sono riuscito a convincerlo ma raggiungere le case editrici più grandi (le cosiddette “big”), con contratti che permettano davvero di poter tirare un sospiro di sollievo, anche se solo per un momento, ritengo sia impossibile a meno che non si diventi prima dei “nomi” conosciuti per altro. Nelle librerie si vedono esclusivamente autori ormai affermati, le traduzioni estere che hanno venduto molto e i testi di influencers e di youtubers... è triste ma è la realtà.

Writer Officina: Ritieni che pubblicare su Amazon KDP possa essere una buona opportunità per uno scrittore emergente?

Francesco Merli: Perché no! Prossimamente proverò anch'io a darmi un'opportunità nel tentativo di confrontare le nuove con le esperienze passate. Sarà un'avventura diversa ma non meno entusiasmante. Certo... tanta libertà di azione ma anche tanta fatica, si deve essere non solo autori ma anche promotori di se stessi. Ne ho visti tanti di libri “esplosi” percorrendo questa via. L'unico consiglio che mi sento di dare è di curare molto il testo, affiancare sempre al proprio il lavoro di un editor e di dedicare tempo a grafica, dettagli e presenza sui canali social.

Writer Officina: A quale dei tuoi libri sei più affezionato? Puoi raccontarci di cosa tratta?

Francesco Merli: Si tratta di un libro che si intitola: “Quando l'acqua della vasca era tutto il mio oceano”, è molto autobiografico e racconta gli anni dell'infanzia, in una famiglia degli anni 90', raccontati con gli occhi, ma soprattutto le sensazioni, di quell'età un po' magica. Si può scaricare e leggere su qualsiasi dispositivo. Lo consiglio a chi volesse avvicinarsi alla mia scrittura ma in un mondo lontano dalle ultime uscite (che sono thriller/horror).

Writer Officina: Quale tecnica usi per scrivere? Prepari uno schema iniziale, prendi appunti, oppure scrivi d'istinto?

Francesco Merli: Appunti tantissimi ma scrivo perlopiù guidato dalla suggestione del momento. Quando “ispirato”...
Non seguo schemi precisi e non lavoro mai ad una singola opera (scelgo quale lavorare in base al mood del giorno). Gli schemi servono (e li raccomando) ma quello che consiglio è di riuscire a trovare il proprio “momento”... ritagliare il proprio “tempo” al di fuori del tran tran della vita di tutti i giorni. Non è semplice... non lo è affatto. Serve disciplina e pazienza (tanta) quando non immediato.

Writer Officina: La scrittura ha una forte valenza terapeutica. Confermi?

Francesco Merli: Assolutamente sì! Io non potrei farne a meno, sul serio, e sono convinto che chiunque potrebbe e dovrebbe cimentarsi nella stesura di qualche idea. La connessione ai propri pensieri... il soliloquio interiore ma improntato ad una futura condivisione... Ritengo ci sia qualcosa di magico nella bolla che si viene a creare quando si è soli con la penna fra le mani e il foglio di carta davanti. Tre elementi che, insieme, possono generare mondi fantastici e infinite possibilità, alla portata di tutti. Non ultima, ovviamente, anche una semplice analisi dei propri pensieri, desideri e/o stati d'animo, volendo. E poi, cosa da non trascurare assolutamente, ci si potrebbe riscoprire persino portati.

Writer Officina: In questo periodo stai scrivendo un nuovo libro? È dello stesso genere di quelli che hai già pubblicato, oppure un'idea completamente diversa?

Francesco Merli: Ho deciso di trattare un tema completamente differente dai precedenti con l'intento di attirare un po' l'attenzione dei lettori. Ho terminato una raccolta di racconti erotici che vedrà presto l'uscita. Storie di coppie, singoli e singole che ho realmente intervistato in questi ultimi due anni e che hanno deciso di aprirsi per quanto concerne le proprie fantasie sotto le lenzuola. Sono molto soddisfatto dell'opera che ne è scaturita e non vedo l'ora di lanciarmi in questa nuova avventura letteraria!

Writer Officina: Quali sono i tuoi autori di riferimento?

Francesco Merli: Per quanto riguarda le influenze letterarie devo ammettere di portare nel cuore, e in ciò che scrivo, spunti provenienti da un'immensa ammirazione provata nei confronti di innumerevoli autori: Bram Stoker, Edgar Allan Poe, i coniugi Shelley, Jane Austen, Howard Phillips Lovecraft, Robert Frost, Andrzej Sapkowski, J.R.R. Tolkien, George R. R. Martin... questi i maggiori ma potrei citarne anche altri.

Writer Officina: Hai delle abitudini particolari legate alla scrittura? (orari, posti speciali etc...)

Francesco Merli: Tirerei in campo la Notte. La suggestione provata dopo il calar del sole è davvero estrema, in special modo con l'ausilio delle mie musiche preferite di sottofondo, la luce calda della mia abat-jour e la stilografica fra le dita standomene seduto alla mia scrivania tenendo la finestra socchiusa (adoro scrivere su carta nonostante abbia una grafia pessima), è lì che raggiungo l'apice dell'ispirazione.
Nonostante questa premessa ammetto di avere sempre carta e penna con me (piccole agende soprattutto) per appuntare spunti di ogni sorta che potrebbero sopraggiungere in qualsiasi momento (ho la memoria davvero corta e se non lo facessi perderei tantissime idee).
Non ho luoghi particolari ma vorrei tanto provare a scrivere circondato dalla natura, in un bosco o una radura, o durante l'ora del tramonto o addirittura di notte ma non penso sia semplice e neppure troppo sicuro... credo che, però, la suggestione sarebbe davvero alle stelle.

Writer Officina: E una citazione preferita?

Francesco Merli: Una in particolare, di Bertolt Brecht: “Tutte le arti contribuiscono all'arte più grande di tutte: quella di vivere”.

Writer Officina: Sei anche un attore e uno sceneggiatore, quanto troviamo di questi tuoi aspetti nei tuoi testi?

Francesco Merli: Ritengo molto. Credo che il lato attoriale mi aiuti ad “entrare” nelle vesti dei miei personaggi mentre l'attività da sceneggiatore sono certo influenzi il mio modo di scrivere, sia per quanto riguarda i dialoghi sia per quanto concerne il “taglio” di scene e ambientazioni: quando scrivo penso sempre ad un eventuale adattamento cinematografico e credo che quest'attenzione particolare sia fondamentale per la caratterizzazione di un mio stile personale (che mi auguro sia presente).

Writer Officina: Per concludere, quali consigli daresti, basati sulla tua esperienza, a chi, come te, voglia intraprendere la via della scrittura?

Francesco Merli: Questo discorso andrebbe affrontato da due lati: uno “emotivo” e l'altro più “pratico”.
Quello emotivo è quello del cuore. Consiglierei di credere nelle proprie possibilità allo stremo, di essere il fan numero uno di se stessi sempre, con il sole ma soprattutto con la pioggia, di avere spirito di sacrificio, pazienza e dedizione per non avere, in tal modo, mai alcun tipo di rimorso.
L'altro lato, quello pratico, della razionalità, è quello che aprirebbe il discorso del cosìddetto “paracadute”, del piano B, di quell'”alternativa” che, se mai dovesse, drammaticamente, andar male tutto, potrebbe rappresentare un'ancora di salvezza in un mondo che di incertezze ne ha moltissime già di base e che trova, nel campo artistico, davvero bersagli facili da affondare, specie, poi, e lo ripeto ancora una volta, in questo paese. Però... ecco... lo dico a chi arriverà a leggere fin qui ma probabilmente è un modo per dirlo anche a me stesso: credete nel piano A, metteteci l'anima! Il segreto è solo quello perché poi, a coloro che operano buoni e grandi intenti, magari, la vita, decide, in maniera inaspettata, di rivelare una via.
E l'augurio che faccio a tutti è quello di poter riuscire a credere sempre in se stessi e nei propri sogni.
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