Writer Officina
Autore: Francesco Merli
Titolo: Ti ho fatto una promessa
Genere Romanzo Rosa
Lettori 3030 13 6
Ti ho fatto una promessa
«Buongiorno!»
«Buongiorno a te. Appena alzato?»
«Sì. Ho appena aperto gli occhi.»
«Ti ho svegliato io?»
«Sì, ma non fa molta differenza, visto che ti stavo sognando.»
«Sei dolcissimo.»
«Sai che giorno è oggi?»
«Domenica.»
«E cosa succede di speciale la domenica?»
«Mmm... Ci si sveglia tardi?» ridacchiò.
«Risposta sbagliata. Ritenta.»
«Allora forse... trascorriamo tutto il giorno insieme?»
«Esatto. E io non vedo l'ora di abbracciarti.»
«Anch'io.»
«Appena dopo pranzo passo a prenderti.»
«Va bene, a dopo, e buon appetito!»
Io e Aurora ci vedevamo circa due o tre volte a settimana per una cioccolata calda, una semplice passeggiata e a volte una serata al cinema o a bere qualcosa insieme a Matteo e agli altri, ma la domenica la ritagliavamo esclusivamente per noi.
La portavo a fare lunghe passeggiate per le vie del centro, un po' a zonzo per negozi, dato che le piaceva molto che l'aiutassi a scegliere qualche capo di abbigliamento nuovo, un po' per i musei e i siti artistici che piacevano a me. Cercavo sempre di sorprenderla con qualche localino nuovo dove poter mangiare qualcosa di particolare, e quel giorno volevo strafare.
«E così è qui che farebbero le migliori pizzette rosse della città?»
Guardava l'insegna smeraldo e le vetrine del forno Profumo Mediterraneo con fare inquisitorio.
«Così dicono», le risposi, divertito. I prodotti artigianali esposti dietro le vetrate davano di sicuro un'ottima impressione. Il locale era strapieno.
Aurora si girò a studiarmi. «Ma tu lo sai, vero, quanto mi piacciano le pizzette rosse? Sono le mie preferite, me ne intendo. Sicuro di quello che dici?» Si massaggiò il mento trattenendo un sorriso.
«Ricordi, per caso, la sala da tè della settimana scorsa?» le domandai alzando le sopracciglia.
«Certo che la ricordo. Era molto bella.»
«E la gelateria siciliana con le brioche calde?»
«Oh, sì, anche quella era...»
«E la pizza al taglio gourmet del mese scorso?»
«Oddio, quella era insuperabile.»
Risi di gusto per la faccia da bambina che fece. «Dai, entriamo.»
Aprii la porta d'ingresso e il profumo di pane appena sfornato ci invase le narici; la vidi sgranare gli occhi in piena estasi. Prendemmo cinque pizzette ciascuno, dato che erano piuttosto grandi. Le piacquero così tanto che insisté per prenderne altre, e anche se le trovava squisite, dopo che ne ebbe mangiate appena due si ritenne sconfitta, e come spesso succedeva dovetti finirle io; anche se devo dire che non mi dispiacque affatto “sacrificarmi”.

«Allora ciao.»
«Allora, ciao.» Eravamo sotto casa sua, in auto.
«Grazie per la giornata.» Mi diede un bacio. «È stata stupenda, come sempre.»
«Tu, sei stupenda.» La baciai.
«Quando ci rivediamo?»
«Fosse per me, non me ne andrei.»
«Nemmeno io.» Mi baciò ancora. «Però si è fatto tardi. Mi mandi un messaggio quando arrivi?»
«Certo.»
«Ciao.» Scese dall'auto, richiuse lo sportello e fece qualche passo all'indietro continuando a guardarmi.
Abbassai il finestrino. «Comunque non me l'hai ancora detto?»
Si bloccò, sorpresa. «Che cosa?» Sorrise, arrossendo.
«Che avevo ragione. Sulle pizzette... Come sempre.»
«Ah!» Si lasciò scappare una risata imbarazzata. «Beh, diciamo che magari potrei fidarmi un po' di più, ecco.» Mi salutò con la mano e si diresse verso l'ingresso.
Attesi che si chiudesse la porta alle spalle e poi partii cantando insieme alla radio, felice e sempre più innamorato.

***

Adoravo le serate autunnali trascorse in auto sotto casa di Aurora fino a notte fonda, con la pioggia che batteva sulla carrozzeria e il vento che carezzava le fronde degli alberi nel piccolo parco poco distante. Quando ero con lei smettevo di pensare a tutti i miei problemi. Una sera mi stava raccontando di quanto fosse preoccupata per l'interrogazione del giorno seguente, quando si bloccò. Mi guardò a lungo, in silenzio, poi disse: «Ti amo.»
Non me l'aspettavo così, all'improvviso. Era serissima, ma la gioia che mi investì in quel momento mi impediva di togliermi un sorrisetto sulle labbra. Sorrisetto che fu contagioso. «Ti amo anch'io», le risposi.
Non riuscivo ancora a crederci. Avevo avuto qualche storia, ma con nessuna ragazza mi ero spinto così lontano. Non avevo mai permesso né alla mia anima di denudarsi né ai miei sentimenti di fuoriuscire del tutto e non ero neanche mai riuscito a dire “ti amo” prima di quell'occasione.
Aspettavo quel momento da tanto tempo.
Ne era valsa davvero la pena.
Avevo una ragazza davvero speciale.
A parte l'aspetto fisico e quel suo modo di fare sensuale, era anche intelligente, volenterosa e molto simpatica. Era di carattere forte, poco incline a essere contraddetta e ferma e impassibile sulle proprie convinzioni, anche quando queste si rivelavano palesemente errate; non riusciva ad ammettere i propri errori e, a volte, rispondeva male alle persone che cercavano di aiutarla nei momenti di difficoltà. Questo tratto del suo carattere le rendeva complicato esternare i propri sentimenti; si chiudeva a riccio ed era difficilissimo per me riuscire a capirla.
Spesso non sapevo cosa fare per aiutarla, ma mi impiegavo con tutto me stesso per far sì che le cose andassero bene, anche perché di difetti ne avevo molti anch'io.
Alla fin fine potevamo benissimo dire di essere molto felici insieme.
Fu un susseguirsi di gioie, un periodo molto bello della mia vita e le cose non sarebbero potute andare meglio su tutti i fronti. Ero pieno di me, soddisfatto; sprizzavo felicità.
Trascorsi un Natale stupendo, parlai di Aurora ai miei, e tutti parvero contenti di vedermi solare come non mai. Perfino Samanta smise di chiamarmi “tristezza”.
Quando stavo insieme ad Aurora ero al settimo cielo; sembrava quasi troppo bello per essere vero. Iniziai addirittura a prepararle dei dolci, di cui andava matta, seguendo le ricette dei libri di cucina di mia madre. Il risultato non era sempre eccezionale, ma lei apprezzava. Col tempo stavo migliorando, tanto che a capodanno, che passammo insieme agli amici, cucinai io. Fu il capodanno più bello che avessi mai festeggiato.
A gennaio riuscii a essere ammesso alle selezioni per un posto nell'Arma dei Carabinieri. Quasi non mi sembrava vero. Era come se i miei sogni si stessero avverando uno dopo l'altro.
Di lì a poco avrei avuto le prove fisiche per il concorso e, tempo permettendo, cercavo di allenarmi tutti i giorni, soprattutto nella corsa. Ce l'avrei messa tutta per superarle, e mi stavo impegnando al massimo delle mie capacità.
Piegamenti sulle braccia, salti in alto, serie di addominali. Non mi spaventava nulla.
La fatica, però, cominciava a farsi sentire. Non volevo trascurare Aurora e nemmeno i miei amici ma, mio malgrado, lo stavo facendo.
Dapprima divenni ostile con lei. Con mia sorpresa, mi resi conto che l'ansia e il nervosismo mi stavano pian piano schiacciando.
Lì per lì non lo capivo, ma presi a comportarmi proprio come Aurora quando si trovava in qualche situazione complicata. Quando mi chiamava al telefono cercavo sempre un modo per chiudere la conversazione il prima possibile. Presto arrivarono i primi battibecchi, e io davo la colpa del mio nervosismo anche alle sue insistenze.
Fatto sta che nel giro di tre settimane presi una decisione del tutto priva di senno.
«Dobbiamo vederci e dobbiamo parlarne faccia a faccia», dissi una sera dopo l'ennesima discussione.
«Ok, ma che succede?» mi rispose fra i singhiozzi, «ti prego, dimmi che succede, perché sto malissimo e non so più cosa fare per aiutarti.»
«Ne parliamo a voce, per telefono non è il caso. Ciao.»
«Va bene... Ciao.»
Mi parve come se la cosa non mi dispiacesse, che non mi toccasse davvero, perché pensavo di avere altre cose più importanti alle quali dedicare il mio tempo.
La sera stessa Aurora mi scrisse un messaggio che lessi poco prima di coricarmi:
“Io capisco che questo possa essere un momento un po' così per te, vorrei fare qualcosa per farti stare meglio perché non vorrei mai vedere o sapere che sei triste. Però penso che qualsiasi cosa faccia, ora come ora, sia sbagliata. Comunque io ci sono. Per qualunque cosa.”
Decisi di non risponderle.
Il pomeriggio dopo andai a prendere Aurora sotto casa. Salì in macchina senza dire una parola e mi accorsi che aveva gli occhi rossi di pianto.
Ci fermammo in un parcheggio vicino casa sua, e mentre una leggera pioggia scendeva silenziosa intorno a noi, le lacrime d'Aurora scendevano copiose sul quel viso di solito angelico e ora contrito dal dolore, mentre le arrivavano alle orecchie le parole più fredde e atone che io avessi mai pronunciato: «Mi dispiace di essere così franco, soprattutto dopo questo periodo, breve, ma così bello e intenso.» Evitai di voltarmi verso di lei. «Forse ho capito che non siamo fatti per stare insieme, non è colpa tua, non c'entri nulla, ma ho bisogno di stare da solo per concentrarmi. Sicuramente ti passerà, vedrai, troverai un altro ragazzo che sappia darti quello che cerchi.»
Forse era la paura a guidarmi. Tra i voti a scuola che stavano scendendo per via dei miei allenamenti, e l'ansia di riuscire a superare le selezioni, avevo paura che mi scoppiasse tutto in mano. Così decisi di allontanarla.
Giustamente, non riuscì a crederci: «Perché mi stai facendo questo?» Cercava di abbracciarmi e di trovare un contatto ma io la scansavo. «Non farlo, ti prego, troveremo un modo. Sei solo sotto stress, vedrai che passerà.»
I suoi tentativi furono vani. Rimase a lungo a fissarmi sconcertata, le labbra serrate in una smorfia di dolore e le lacrime che colavano fino al mento. Distolsi lo sguardo; forse era l'ultima volta che la vedevo e non volevo portare con me il ricordo di quell'immagine di pura angoscia.
Volle che la riportassi subito a casa. Le avevo spezzato, frantumato il cuore in piccoli pezzi dopo tanta fiducia da parte sua. Non se lo meritava, era colpevole solo di essermi stata troppo vicina, di essere stata troppo buona.
Scese dalla macchina e corse verso il portone senza voltarsi.
Rimasi a fissare l'entrata del condominio ormai vuota per non saprei dire quanto tempo. Sembrava come se la mia anima fosse di colpo volata via dietro a quella povera ragazza affranta.
Fu terribile riuscire a racimolare la forza per rimettere in moto l'auto e allontanarmi da quel portone la cui sola vista mi aveva fatto sussultare il cuore di gioia così tante volte.

Rientrando a casa Ale, mio fratello maggiore, mi fermò nel tragitto dal portone d'ingresso alla mia cameretta: «Diego, tutto bene? Ehi, ma che ti prende?» tentò di trattenermi per un braccio, ma lo scostai. Dovevo avere un aspetto sconvolto.
Non alzai neanche lo sguardo, mi trascinai dritto in cameretta e mi chiusi la porta dietro le spalle.
Mi gettai sul letto con le mani sul viso a coprire le lacrime che scendevano copiose, lacrime di rabbia, di delusione, di incomprensione, di puro odio... verso me stesso. Mi resi conto che non piangevo dai tempi in cui ero bambino, e forse non l'avevo mai fatto con quella intensità.
Non mi importava di nulla e di nessuno in quel momento.
“Io e Aurora non stiamo più insieme... ” Quelle parole mi martellavano in testa e mi laceravano il cuore. Una valanga di emozioni mi travolse. La realtà mi trafisse di colpo e incominciai a sanguinare sensi di colpa, mia e di nessun altro. Nella mania di riuscire a reggere il peso di tutto quello che mi stava accadendo, avevo allontanato la cosa più preziosa.
“Non stiamo più insieme... ”
Che cosa ho fatto? mi chiesi.
Francesco Merli
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Autori di Writer Officina

Francesco Merli
Mi chiamo Francesco Merli, sono nato, vivo e lavoro a Roma.
Sono stato un militare ed ex allievo maresciallo presso l'accademia sottufficiali dell'arma dei carabinieri, un personal trainer in centri sportivi e ancor prima istruttore di nuoto e cuoco presso ristoranti d'alta cucina.
Laureato presso la facoltà di Scienze Motorie mi ritengo, altresì, un grande sportivo, amante e praticante di molte discipline fra le quali nuoto, pugilato, equitazione e di tutto il mondo del fitness con le sue innumerevoli sfaccettature.
Ad oggi sono un attore diplomato presso un'accademia d'arte drammatica di Roma, specializzato, poi, in recitazione cinematografica al Centro Sperimentale di Cinematografia nella sede della medesima città. Mi sono, in seguito, formato nel mondo della radio e del doppiaggio.
Lavoro come attore e sceneggiatore, sono l'autore di canzoni, poesie, testi teatrali dei quali, sovente, anche interprete e di alcuni romanzi di vario genere, pubblicati da diverse case editrici, uno dei quali tradotto anche in lingua inglese.
Non mi classifico ancora, come autore, in un determinato genere letterario ma piuttosto mi considero uno scrittore davvero atipico e variopinto, sempre alla ricerca di nuovi stimoli, nuove forme di espressione e aperto a una sperimentazione in continuo essere.
“Sogno più grande? Comunicare, esprimermi al massimo e riuscire a far emozionare il prossimo lasciandolo affacciare su quel mondo che celo chiuso a chiave dentro di me, che sento scalpitare sempre più e che trova spazio, in misura maggiore rispetto alle altre, attraverso la stilografica e i fogli di carta.”

Writer Officina: Qual è stato il momento in cui ti sei accorto di aver sviluppato la passione per la letteratura?

Francesco Merli: Ho percepito fin da bambino, nel cuore, la spinta irrefrenabile a trasporre su carta le idee che mi frullavano nella testa. Ho quaderni di appunti che risalgono alle elementari, ogni tanto li sfoglio e mi strappano qualche sorriso. Un giorno vorrei riorganizzarli a dovere... magari potrebbe uscire fuori qualche storia interessante.

Writer Officina: C'è un libro che, dopo averlo letto, ti ha lasciato addosso la voglia di seguire questa strada?

Francesco Merli: Il fascino del Dracula di Stoker mi rapì in seconda media. Presi il libro controvoglia, una bellissima edizione che ancora ho da parte, durante un mercatino indetto dalla scuola. Inizia a leggere controvoglia, certo che si sarebbe rivelata una storia deludente... inutile dire che divenne uno dei miei libri preferiti. Mi ripromisi che un giorno avrei tentato la via dello scrittore, con tutto il cuore, speranzoso di ammaliare qualche lettore, cercando di suscitare emozioni simili a quelle da me provate nel riscoprire un amore per la lettura (e in particolare per quel determinato genere) che non avrei mai immaginato di poter veder fiorire.

Writer Officina: Dopo aver scritto il tuo primo libro, lo hai proposto a un Editore? E con quali risultati?

Francesco Merli: La ricerca degli editori è davvero il percorso più dilaniante per un autore. Soprattutto oggigiorno, a fronte di un'offerta che sembra superi la richiesta, in una nazione dove si legge statisticamente (e drammaticamente) sempre meno, trovare una casa editrice, anche solo medio-piccola, diventa un'impresa titanica.
Ho provato per anni e alla fine qualche editore sono riuscito a convincerlo ma raggiungere le case editrici più grandi (le cosiddette “big”), con contratti che permettano davvero di poter tirare un sospiro di sollievo, anche se solo per un momento, ritengo sia impossibile a meno che non si diventi prima dei “nomi” conosciuti per altro. Nelle librerie si vedono esclusivamente autori ormai affermati, le traduzioni estere che hanno venduto molto e i testi di influencers e di youtubers... è triste ma è la realtà.

Writer Officina: Ritieni che pubblicare su Amazon KDP possa essere una buona opportunità per uno scrittore emergente?

Francesco Merli: Perché no! Prossimamente proverò anch'io a darmi un'opportunità nel tentativo di confrontare le nuove con le esperienze passate. Sarà un'avventura diversa ma non meno entusiasmante. Certo... tanta libertà di azione ma anche tanta fatica, si deve essere non solo autori ma anche promotori di se stessi. Ne ho visti tanti di libri “esplosi” percorrendo questa via. L'unico consiglio che mi sento di dare è di curare molto il testo, affiancare sempre al proprio il lavoro di un editor e di dedicare tempo a grafica, dettagli e presenza sui canali social.

Writer Officina: A quale dei tuoi libri sei più affezionato? Puoi raccontarci di cosa tratta?

Francesco Merli: Si tratta di un libro che si intitola: “Quando l'acqua della vasca era tutto il mio oceano”, è molto autobiografico e racconta gli anni dell'infanzia, in una famiglia degli anni 90', raccontati con gli occhi, ma soprattutto le sensazioni, di quell'età un po' magica. Si può scaricare e leggere su qualsiasi dispositivo. Lo consiglio a chi volesse avvicinarsi alla mia scrittura ma in un mondo lontano dalle ultime uscite (che sono thriller/horror).

Writer Officina: Quale tecnica usi per scrivere? Prepari uno schema iniziale, prendi appunti, oppure scrivi d'istinto?

Francesco Merli: Appunti tantissimi ma scrivo perlopiù guidato dalla suggestione del momento. Quando “ispirato”...
Non seguo schemi precisi e non lavoro mai ad una singola opera (scelgo quale lavorare in base al mood del giorno). Gli schemi servono (e li raccomando) ma quello che consiglio è di riuscire a trovare il proprio “momento”... ritagliare il proprio “tempo” al di fuori del tran tran della vita di tutti i giorni. Non è semplice... non lo è affatto. Serve disciplina e pazienza (tanta) quando non immediato.

Writer Officina: La scrittura ha una forte valenza terapeutica. Confermi?

Francesco Merli: Assolutamente sì! Io non potrei farne a meno, sul serio, e sono convinto che chiunque potrebbe e dovrebbe cimentarsi nella stesura di qualche idea. La connessione ai propri pensieri... il soliloquio interiore ma improntato ad una futura condivisione... Ritengo ci sia qualcosa di magico nella bolla che si viene a creare quando si è soli con la penna fra le mani e il foglio di carta davanti. Tre elementi che, insieme, possono generare mondi fantastici e infinite possibilità, alla portata di tutti. Non ultima, ovviamente, anche una semplice analisi dei propri pensieri, desideri e/o stati d'animo, volendo. E poi, cosa da non trascurare assolutamente, ci si potrebbe riscoprire persino portati.

Writer Officina: In questo periodo stai scrivendo un nuovo libro? È dello stesso genere di quelli che hai già pubblicato, oppure un'idea completamente diversa?

Francesco Merli: Ho deciso di trattare un tema completamente differente dai precedenti con l'intento di attirare un po' l'attenzione dei lettori. Ho terminato una raccolta di racconti erotici che vedrà presto l'uscita. Storie di coppie, singoli e singole che ho realmente intervistato in questi ultimi due anni e che hanno deciso di aprirsi per quanto concerne le proprie fantasie sotto le lenzuola. Sono molto soddisfatto dell'opera che ne è scaturita e non vedo l'ora di lanciarmi in questa nuova avventura letteraria!

Writer Officina: Quali sono i tuoi autori di riferimento?

Francesco Merli: Per quanto riguarda le influenze letterarie devo ammettere di portare nel cuore, e in ciò che scrivo, spunti provenienti da un'immensa ammirazione provata nei confronti di innumerevoli autori: Bram Stoker, Edgar Allan Poe, i coniugi Shelley, Jane Austen, Howard Phillips Lovecraft, Robert Frost, Andrzej Sapkowski, J.R.R. Tolkien, George R. R. Martin... questi i maggiori ma potrei citarne anche altri.

Writer Officina: Hai delle abitudini particolari legate alla scrittura? (orari, posti speciali etc...)

Francesco Merli: Tirerei in campo la Notte. La suggestione provata dopo il calar del sole è davvero estrema, in special modo con l'ausilio delle mie musiche preferite di sottofondo, la luce calda della mia abat-jour e la stilografica fra le dita standomene seduto alla mia scrivania tenendo la finestra socchiusa (adoro scrivere su carta nonostante abbia una grafia pessima), è lì che raggiungo l'apice dell'ispirazione.
Nonostante questa premessa ammetto di avere sempre carta e penna con me (piccole agende soprattutto) per appuntare spunti di ogni sorta che potrebbero sopraggiungere in qualsiasi momento (ho la memoria davvero corta e se non lo facessi perderei tantissime idee).
Non ho luoghi particolari ma vorrei tanto provare a scrivere circondato dalla natura, in un bosco o una radura, o durante l'ora del tramonto o addirittura di notte ma non penso sia semplice e neppure troppo sicuro... credo che, però, la suggestione sarebbe davvero alle stelle.

Writer Officina: E una citazione preferita?

Francesco Merli: Una in particolare, di Bertolt Brecht: “Tutte le arti contribuiscono all'arte più grande di tutte: quella di vivere”.

Writer Officina: Sei anche un attore e uno sceneggiatore, quanto troviamo di questi tuoi aspetti nei tuoi testi?

Francesco Merli: Ritengo molto. Credo che il lato attoriale mi aiuti ad “entrare” nelle vesti dei miei personaggi mentre l'attività da sceneggiatore sono certo influenzi il mio modo di scrivere, sia per quanto riguarda i dialoghi sia per quanto concerne il “taglio” di scene e ambientazioni: quando scrivo penso sempre ad un eventuale adattamento cinematografico e credo che quest'attenzione particolare sia fondamentale per la caratterizzazione di un mio stile personale (che mi auguro sia presente).

Writer Officina: Per concludere, quali consigli daresti, basati sulla tua esperienza, a chi, come te, voglia intraprendere la via della scrittura?

Francesco Merli: Questo discorso andrebbe affrontato da due lati: uno “emotivo” e l'altro più “pratico”.
Quello emotivo è quello del cuore. Consiglierei di credere nelle proprie possibilità allo stremo, di essere il fan numero uno di se stessi sempre, con il sole ma soprattutto con la pioggia, di avere spirito di sacrificio, pazienza e dedizione per non avere, in tal modo, mai alcun tipo di rimorso.
L'altro lato, quello pratico, della razionalità, è quello che aprirebbe il discorso del cosìddetto “paracadute”, del piano B, di quell'”alternativa” che, se mai dovesse, drammaticamente, andar male tutto, potrebbe rappresentare un'ancora di salvezza in un mondo che di incertezze ne ha moltissime già di base e che trova, nel campo artistico, davvero bersagli facili da affondare, specie, poi, e lo ripeto ancora una volta, in questo paese. Però... ecco... lo dico a chi arriverà a leggere fin qui ma probabilmente è un modo per dirlo anche a me stesso: credete nel piano A, metteteci l'anima! Il segreto è solo quello perché poi, a coloro che operano buoni e grandi intenti, magari, la vita, decide, in maniera inaspettata, di rivelare una via.
E l'augurio che faccio a tutti è quello di poter riuscire a credere sempre in se stessi e nei propri sogni.
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