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Il profilo del tempo
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«Villa Borghese stava scomparendo nell'abbraccio di un tramonto mentre il suo profumo invadeva i miei silenzi, i miei appunti freddi a quelle che erano state le sue mancanze e le mie decisioni. Immaturità o mancanza di coraggio?»
Un romanzo pieno di voglie, di frame, di attimi che rassomigliano a una tela impressionistica. Un romanzo che racconta un sentimento totalizzate che si compiace dell'eccesso, dell'imprevedibilità. Un romanzo che spiega il tempo senza poterlo, in realtà, definire. Una storia che abbraccia il lettore attraverso una parola che evolve a seconda dei suoi contesti, che vive il soffice candore della poesia ma si specchia nell'amara ironia per giungere diretta e sferrare il colpo quando è giusto far riflettere. Spazi. Spazi bianchi sui fogli imbrattati da parole sconnesse, in disuso. Spazi lasciati per cedere posto chissà a chi. Ci si rifugia nella grande illusione quando non si hanno certezze. Ci si abbraccia da soli, nel calore delle coperte. Si scappa dalle ovvietà: è un passaggio necessario per comprendere il grande mistero del cuore. E ti ritrovi lì accartocciata nel bisogno di sentirti desiderata, toccata, amata come perla raffinata. Ti ritrovi stanca per le lunghe attese. È allora che senti il ticchettio del tuo cuore. E nel magico desiderio di es- sere una canzone che il tuo lui canticchierà, ti addormenti lasciando spazio al domani. E se una canzone ti fa compagnia, stai pur certo che conosce segretamente ciò che sei. E io la sentivo quella canzone, mi ronzava in testa. Aveva i suoi occhi lucidi, le sue grandi mani e quel mistero che animava ogni mio movimento, sospiro. Quello che stringevo quando le lacrime cadevano incessanti, quando la chiamata non arriva- va. Quando alla radio quel pezzo passava e crollavano tutte le barriere, si frantumavano le finestre del castello che avevamo costruito assieme. E il volume del cuore si alzava come in un crescendo, lasciava spazio al ritmo sconnesso di un batterista isolato in una cantina abbandonata, sepolta sotto cumuli di dimenticanze.
Chi decide come devono andare le cose? Come funziona il destino?
Due interrogativi che ronzano nel grande caos capitolino tea frastuoni, coraggiosi sbagli, dubbi amletici e incontri. Un orologio, quello ad acqua di Villa Borghese, che racchiude l'eterno oscillare di due amanti che non sanno definirsi.
“Era sempre stato lì. Prima di me, forse di chiunque. Non sapevo se mi stesse osservando o se lo stessi facendo io. Un marchio, una colla fortissima.
Erano passati cinque lunghissimi anni, ma era come tornare a quel primo giorno. Sembrava tutto scritto, eppure era un inizio. La bellezza intangibile degli inizi è come il profumo di un passante. Vorresti fermarlo per chiedergli che fragranza usa, ma lo lasci passare, restando sospesa in quella scia. Spesso consegni, a quel che resta del suo passaggio, un pensiero o una promessa. Ero arrivata da soli due giorni a Roma. Avvolta da chiunque e abbastanza spaesata. Una perfetta marionetta senza fili ammaestrata a dovere da un malefico e sfatto burattinaio con l'aria diabolica, un po' idiota. Ogni singolo passo mi sembrava un chilometro per il futuro. Ripercorrevo con la mente i nomi e i segni di riconoscimento che mi avrebbero riportato, poi, verso casa. Mi ero persa e non riuscivo ad avere paura, ero segretamente innamorata di quell'incoscienza. Incuriosita da quello strano fruscio armonioso che riecheggiava nella viuzza, mi ritrovai dinanzi a uno strano orologio. Non vi era nessuno. Solo io e lui. Quattro quadranti alimentati da un getto d'acqua sottostante che muove il pendolo, incastonati in una torricciola al centro di un laghetto con qualche decorazione rurale: l'orologio ad acqua, nel cuore del Pincio, il polmone romantico e scanzonato della eterea Città eterna. Forse è vero: non si è mai in un luogo per caso. Saltai sul primo bus che trovai con la scritta “stazione Tiburtina”, una bolgia di dannati era condensata in quel rottame a quattro ruote che ondeggiava sulle mille buche della Capitale. Ma quell'immagine non si scrollava dalla mente. Ci sono luoghi che appartengono solo a chi riesce a custodirli meglio di chiunque altro, raccontano storie, ti spingono a prendere decisioni, a preservare delle emozioni e a cadenzare la danza delle incertezze che riveste le giornate infinite. T'invitano a prenderti cura di loro. Quei posti esistono e ti abitano dentro, ovunque tu vada. E io c'ero tornata, ancora una volta. E poi, un'altra e un'altra ancora. In punta di piedi, ancora una volta dispersa. Può un posto essere la risposta ai tuoi mille perché? Può l'acqua scalfire il tempo della tua esistenza?”
Due giovani che non sanno raccontarsi ma provano a spiegarsi. Nel limbo frastornante delle giornate, Sara inciampa in un giovanotto dall'aria bohémien e casca nel suo sguardo: Edo. Lei che è sempre stata ombra della sua compagna poliedrica Maria Luce, si sveste per apparire più donna e viva. “Il tramonto mi riportò a casa ricordandomi il chiarore di Edo, della sua schiena, della sua pelle. Erano passati due mesi. E tra lo stupore delle prime volte s'insediava la magia dell'ap- parenza. Un colore rossastro che scorreva tra fiumi di parole e attimi di fugace carnalità. È stato allora che ho compreso che il sottile filo che divide la razionalità dalla follia ha il nome dell'amore. Inspiegabile. Edo riusciva ad accendere le corde della mia mente come del mio corpo”.
Un incontro.
Un momento di imperfetta lucidità.
Un perfetto sconosciuto riesce a spodestare quelle quattro certezze che, con orgoglio, trascina con sé in una Roma inconsueta e animata da personaggi vivaci e ben tratteggiati dalle loro colorite personalità.
Un romanzo sconnesso, vivace.
Una storia che affascina e giunge oltre la pagina, spingendo sul cuore. “Ma quella sera esisteva una magia in tutto. Qualcosa di affascinante mi aveva attraversato. Sentivo lo scorrere dell'acqua. Le lancette del tempo che si rincuoravano nello scroscia- re. L'orologio era lì. Avvolto nel mistero di un incontro. Chi decide come e quando accadono le cose? Spesso ci si con- segna all'ignoto che sembra conoscere tutto di noi. Mi era appena successo. Un perfetto sconosciuto aveva individuato il mio posto nel mondo. E ora?”
Le lancette del caso che aumentano i giri e i contorni che opacizzano, lacerano, avvolgono, avvampano. Una passione furiosa in cui danzano le voglie e si accantonano le preoccupazioni; una passione che diventa un profumo assordante che si dirama tra straduncole e occhi che non conoscono confini. E il Colosseo diventerà il caldo abbraccio di una parola non detta, il sole tornerà a specchiarsi nel Tevere dopo una lunga crisi d'astinenza, le risate delle amiche diventeranno il profumo invadente nei corridoi di una nuova avventura. “Ai sognatori, ai cuori infranti, a chi prende del tempo, a chi lo affronta con coraggio”.
Questo romanzo è dedicato ai lettori, al loro stupore e alla voglia di concedersi il privilegio dell'attesa che, in un tempo frenetico come il nostro, diviene un vero privilegio. “Il senso dell'attesa è un sapore accattivante e io lo stavo gustando. È un'acquolina pari a quella di quando stai per as- saporare il tuo piatto preferito. È un desiderio irruento che ti solletica, ti eccita. Lo senti avvampare dentro. Sentivo che qualcosa sarebbe accaduto. Avevo l'impressione d'essere sta- ta appena sfiorata da un'ebbrezza che mi costringeva ad avere gli occhi sgranati nel buio. È strano quello che accade nel buio. Il rumore dei pensieri è attutito dai movimenti della città che non conosce riposo. È come se, di notte, le vite degli altri ti si consegnassero nel loro frenetico bisogno d'esplodere. At- tendevo quel qualcosa che mi attraeva ma dal quale cercavo di fuggire. Un paradosso che risuonava nel silenzio abitato dal buio della notte”.
Sara e Edo ci condurranno in tramonti al sapore di silenzi, fracassi popolati da dilemmi assoluti. C'insegneranno il peso di una dimenticanza, la magia dell'essere in un momento perfetto e indescrivibile. Ci stringeranno forte quando l'alba piomberà tra le lenzuola e i baci diventeranno promesse. Ci accompagneranno tra i vicoli di San Lorenzo in notti al profumo di vino e quando sembrerà nascere il sole, qualcosa, ci porterà a contemplare la notte. E se il cinema, le coincidenze non bastassero; questo romanzo vi trasporterà in una Roma ignota. Una Capitale spogliata della sua sacralità e resa perfettamente umana: cicatrici, lacrime, sorrisi, ansimanti silenzi sospesi all'ombra dei pioppi. “Ci ritrovammo avvolti nel raggelante buio di Villa Borghese, spopolata da qualsiasi anima. Ci si sente immortali dinanzi alla bellezza deserta di Roma, è una sensazione pazzesca. La Caput mundi ha lo strano potere di essere alle volte Cristo e altre Giuda. Un canto melodioso che cattura, rapisce, abba- glia. Ma sa anche come masticarti bene e sputarti via! «Vedi? Questa città è magnifica... Anche se scorre dal finestrino!». Sentivo lo scrosciare dell'acqua, le lancette scorrere come affanni nella notte. Camminammo, stringendoci le mani, come spaventati. «Eccoci al nostro appuntamento...». Mi condusse proprio lì. Dove il tempo mi aveva regalato la sua attenzione. L'orologio ad acqua ci stava sorridendo con impazienza, quasi ci avesse atteso troppo. Una piccola scia della luce lunare lasciava intravederne la sua natura al completo. Gli alberi e le foglie sembravano ammaestrati a quella melodia fatta di fruscii e silenzi”.
E mentre le pagine si avvicenderanno l'una dopo l'altra, vi sembrerà d'essere lì: sospesi in quell'attimo prima del bacio, in quella notte furente di corpi ed anime. Dove l'eccesso risponderà all'imperativo del bisogno carnale vi scoprirete e riconoscerete le vostre imperfette tensioni. “Un dolce bacio ci divise dopo quelle ore di bellezza furente.
Quella brezza di passione mi accompagnò verso la mia routine, verso il mondo oltre quelle mura. Ero spoglia di ogni parte di me, ci aveva tutto Edo. Love of my life mi fece da supporto lungo il tragitto che dal bus mi consegnò alla mia abitazione. Era perfetta quella canzone, raccontava di un sentimento delicatamente violento.
Rientrando in casa trovai Vale in visibilio, pronta ad avere tutte le spiegazioni in merito alla mia latitanza di qualche ora, e soprattutto voleva assicurare a se stessa che io stessi bene e non avessi commesso alcuna cavolata. Nessuna parola avrebbe reso giustizia a quelle ore profumate di vento e armonia. Forse temevo in un'aspra condanna da quel mondo bigotto in cui, anch'io spesso, mi rifugiavo. Lasciai scivolare i vestiti sul pavimento, incredula. Il loro soffice tonfo mi gonfiò di eccitazione. Ogni parte di me aveva il suo sapore. Ogni singolo centimetro era stato frugato da quegli occhi che mi avevano consegnato all'abbondanza, al piacere supremo. Lavai con forza il mio corpo.
Avevo le immagini di noi impresse sulla pelle, nitide come frame negli occhi. L'odore del bagnoschiuma al cocco non riusciva a coprire il sapore violento e verace di quelle ore. Un corpo che non riconoscevo più, il mio. Un corpo pieno di soffici segni, di graffi silenziosi. Mi guardai a lungo allo specchio, nuda. Era come se mi avesse oltrepassato, donandomi una nuova luce. È così, forse, che ci si sente donne? Era quello, il sapore della passione?
Ancora zuppa d'acqua rintracciai la mia immagine nello specchio opacizzato dal tepore del vapore. Quell'immagine riflessa, incantata, ero io. Restai ferma, eterea, immobile per qualche istante. Brillavo. Brillavo di una luce stupenda.
Mi sdraiai sul letto. Consegnai a delle parole mute il desiderio di farlo ancora. Non una, cento, mille volte. Ancora.
Avevo bisogno d'essere ancora sua. Era una dipendenza, la mia. Avevo bisogno di vedere ancora il sole tramontare sotto le nostre lenzuola. Sapete?
Il sole, a Roma, si addormenta sotto le lenzuola dei coraggiosi amanti. Sotto i tetti degli ingordi, degli avidi di piaceri carnali. Quella notte, il sole mi abitava dentro e, nemmeno la notte, poteva strapparmelo via”.
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Sono Rosa Elenia Stravato. Ho un nome lunghissimo e non popolare, lo so. È merito della fantasia di mia madre e non è facile calzare questo nome: ha subito le deformazioni più colorite, credetemi! Parlare di me? Bhè! Non sono una persona che ama autocelebrarsi, dunque cercherò di raccontarvi ciò che basta per potervi fare un'idea. Sono nata a Martina Franca in provincia di Taranto nel lontano 1991. Sono pugliese ma ho un legame molto forte con Napoli di cui apprezzo e conservo il dialetto. Mio padre è napoletano ed io, quando ero molto piccola, ho fatto tesoro della “parlesia” immagazzinandone il più possibile i suoni, le storie e le movenze grazie alla poliedrica personalità del mio amatissimo nonno Franco. Non so stare ferma, mai. Mi piace vivere la vita in maniera totalizzante, cercando di lasciare un segno positivo nel grigiore che spesso si affaccia nelle nostre routine. Scrivo perché mi rimette al mondo: lo faccio con passione, determinazione e rispetto. Si! Perché dietro ad ogni parola c'è uno studio, c'è del tempo preziosissimo che si è dedicato alla scelta di quelle parole. Sono cresciuta tra i libri; prima ancora di saper leggere, fingevo di saperlo fare: l'ho interpretato come un segnale, un prequel di quello che sarebbe stato il leitmotiv della mia esistenza. Mia madre lamentava spesso la mia attitudine nel scovare bancarelle di libri e librerie da cui pescare svariati tomi. Un'altra cosa mi affascinava al pari dei libri: il mondo del teatro e del cinema. C'era qualcosa che restava dentro di me dopo aver visto l'ennesima commedia, l'ennesimo film che non mi abbandonava. Mi piaceva credere che quelle storie fossero state vissute anche da me: era una sensazione catartica, bellissima! Divoratrice seriale di musica, non suono strumenti ma vivo le mie giornate incorniciandole sempre tra le note. Preferisco i cantautori! Durante la scuola secondaria di primo grado, le scuole medie per intenderci, ho avuto la fortuna d'incontrare docenti capaci di catapultarmi verso il futuro: è grazie alla lungimiranza delle mie docenti di lettere e matematica se ho iniziato a frequentare una compagnia teatrale. Qui ho scoperto la fatica e l'artigianato di un mestiere sottovalutato, screditato da molti; è stato allora che ho trovato una complessità capace di darmi la forza di capire cosa volessi per me stessa: volevo essere libera, dire quello che pensavo e farlo in un modo tale da restituire agli altri un'esperienza da condividere. Così, mi sono appassionata del backstage, di ciò che si nasconde sotto e dietro la scena e ho scoperto la potenza della “parola”. Una potenza di cui avevo percepito gli echi poiché ero diventata, nel corso degli anni, un riferimento per amici e compagni di scuola: io ero l'addetta alla scrittura di lettere d'amore per gli altri ed ero quella che doveva impiegare il tempo per distrarre, attraverso i propri temi, i docenti. È stata un'esperienza totalizzante: io che l'amore lo tratteggiavo con arguzia, mi scioglievo dietro infatuazioni platoniche che su carta diventavano credibili, tangibili. È come se nella scrittura, sin dal principio, avessi trovato la casa delle mie fantasie. Il luogo in cui narrare una possibilità. I miei mondi immaginari prendevano sostanza e certezza quando diventavano quelli degli altri: era il mio modo di connettermi, il mio antro in cui raggomitolare le mancanze, le paure ed esorcizzarle guardandole in faccia. Animata dalla fascinazione per la carta e per i grandi autori; ho proseguito con gli studi umanistici e, dopo il Liceo Classico Brocca Linguistico mi sono iscritta all'Università. Mi sono iscritta alla facoltà di Lettere e Filosofia per studiare “drammaturgia teatrale” presso l'Università degli Studi “La Sapienza” di Roma. E così tra le pagine affollate da geniali personalità come quella di Jean Cocteau, Konstantin Sergeevič Stanislavskij; ho avuto la fortuna di frequentare e formarmi con persone eccezionali come: Paola Quarenghi, Maria Letizia Compatangelo, Luciano Mariti e tanti altri. Roma è diventata la mia casa, il luogo in cui ha preso forma ogni cosa: amicizie autentiche, legami strani, primi ingaggi lavorativi e costante fonte d'ispirazione. Insomma! Come si fa a non restare imprigionati nella bellezza di questa magnificenza italiana? Come si può fingere che i tramonti siano tutti identici? Il tramonto di Roma è sempre, per me, quello specchio di luce che mangia avidamente le vite per concedersi al manto prezioso della notte che si confonde nel Tevere. Ma oltre a formarmi e contemplare le bellezze romane, ho partecipato a vari Concorsi artistici e letterari ricevendo Premi e menzioni speciali: tra cui il premio menzione speciale "Il Tiburtino" a cura della casa editrice Aletti editore con la poesia "29 ottobre”(2019), il Premio Nazionale Valeria (2011), A Ottobre piovono Libri,(2010), Concorso Acli (2005), Concorso Unicef (2003). Nel 2016 ho frequentato la Scuola di scrittura creativa RaiEri presso la sede Rai di Via Teulada in Roma in cui ho avuto l'occasione di confrontarmi con scritture differenti dalla mia, è stato un confronto meraviglioso. L'esperienza, iniziata nel 2010 e perpetuata sino al 2017, che ritengo chiave nella mia formazione è, senza ombra di dubbio, la frequentazione dei prestigiosi seminari di scrittura scenica a cura di Maria Letizia Compatangelo. È un onore essere letti e indirizzati da una persona illuminante come lei. Posso solo nutrire una profonda riconoscenza verso questa donna eccezionale. Nel 2014 ho debuttato sul palcoscenico del prestigioso Teatro Argentina di Roma come attrice e co- autrice per “Il Ratto d'Europa” per la regia di Carlo Longhi. La passione per la scrittura mi ha anche portato ad essere articolista presso la Redazione dell' EinsteinJournal - sezione spettacolo: cinema, teatro, letteratura e musica. Che altro dirvi? Dal remoto 2010 ho collaborato con la Fondazione Paolo Grassi di Martina Franca e con il Festival della Valle d'Itria, giungendo ad essere formatrice per la stessa dei Progetti di alternanza scuola- lavoro. Grazie a questa opportunità ho avuto il piacere di ritornare nel mio Liceo. È stata un'occasione preziosa poiché ho avuto modo di lavorare accanto a persone del calibro di Cristina Portolano (fumettista), Paolo Palazzo(compositore), Francesca Cosanti (illustratrice), Marco Bellocchio (attore). Collaboratrice e fervida sostenitrice delle attività culturali, sono ritornata in Puglia con l'obbiettivo di poter offrire le competenze acquisite, mettendole al servizio della mia comunità. Ho collaborato con Carlo Dilonardo ed Eugenio Caliandro per la Prima e la Seconda Edizone del Valle d'Itria Corto Festival ove ho diretto un laboratorio di storyboard per bambini e una retrospettiva su Antonio De Curtis . E così, sono diventata una docente e operatrice culturale collaborando con molte realtà culturali tra cui Agis Scuola e Anec Lazio e con i Laboratori di Equo e Non Solo di Fasano i provincia di Brindisi. E siccome non mi piace la monotonia ho anche un blog chiamato: “Ho il sole a portata di cuore” che potete spulciare; ci sono spunti di riflessione sul mondo, consigli di lettura, di ascolto e visione. Ho collaborato con Giulio Perrone Editore a varie iniziative: tutto è partito nel 2020 con i “Quaderni del cinema” seguiti da “Taccuino per la scrittura”, “Taccunio per la Pace”, “Stradario romano”, “Agenda 2023”, Agenda2024” e come cantava il buon Califano “non escludo il ritorno”. Nel 2020 ho preso parte con il racconto "Torneremo a raccontarci le favole" al progetto “L'unico vaccino è l'amore" della Giacovelli editore. Contestualmente ho partecipato al podcast "Parlo come un tarlo" a cura di Giovanni Dilonardo con un monologo teatrale. Il Covid, per me, è stato un ritorno alle origini: c'ero io, la stanza disabitata e la scrivania su cui accomodare gli stimoli, i pensieri. È stato un periodo, come per tutti, di grandi mutamenti e dal quale sono uscita con la voglia di essere luce. Di dare un supporto più incisivo alle realtà in cui mi muovevo. Ho avuto una breve esperienza come valutatrice di testi per la casa editrice "I libri di Icaro”; stimolante e accattivante al contempo. Il mio esordio letterario è stato con una raccolta di racconti intitolata “Tutti gli amori nella mia testa” a cura di Giacovelli Editore. Il mio romanzo d'esordio, però, è “Il profilo del Tempo” edito da Les Flaneurs Edizioni che mi sta dando tantissime soddisfazioni ed ha mutato molte piccole cose nella mia vita. È stata come una rinascita questo testo, una luce in mezzo al mare. Luce che conservo come una benedizione pecche confido nella potenza delle parole, nella coerenza e nell'onestà. Mi piace credere che ognuno possa fare la differenza: noi siamo le parole che diciamo solo se ne comprendiamo il peso, altrimenti rappresentiamo un'idea falsata ed ipocrita di un mondo che non può leggerci. Questa sono più o meno io!
Writer Officina: Qual è stato il momento in cui ti sei accorto di aver sviluppato la passione per la letteratura?
Rosa Elenia Stravato: Molto presto. Io ho sempre scelto di dare forma ai miei pensieri accomodandoli sulla carta. Accade ancora così: magari ho mutato le modalità ma trovo sempre il tempo per stendere due righe al giorno. È come se non potessi avere pace senza dedicare alle parole del tempo. Da piccina ebbi da piccina una macchina da scrivere, era rosa e verde. Mi sentivo appagata dal suono della battitura e mi piaceva confrontare la mia, che era un giocattolino, con quella “vera e ruggente” di mia zia Carmela. L'odore di quella carta era stupefacente! Poi, quando ho iniziato ad utilizzare il PC è stato un inno alla libertà creativa. Una sorta di sehnsucht! La scrittura è il mio richiamo delle sirene e non sono astuta, evidentemente, come lo era Ulisse!
Writer Officina: C'è un libro che, dopo averlo letto, ti ha lasciato addosso la voglia di seguire questa strada?
Rosa Elenia Stravato: Ci sono milioni di testi che mi hanno dato invogliato a percorrere questa strada. Sono stata una lettrice, da piccola, affamata di Roald Dahl e Gianni Rodari e questi autori mi hanno catapultato nel limbo della ricerca. Ho letto poeti, poetesse e mi sono imbattuta in vari generi: fantasy, noir, commedie, graphic novel, etc.. Indubbiamente Calvino, però, ha acceso il fuoco. Mi ha dato il colpo di grazia e con le sue straordinarie “Le lezioni americane” ha sancito la mia definitiva rotta verso la scrittura. In quel testo c'è tutto: esperienza, maestria, sapienza! Io credo sia il libro che, più di tutti, mi ha dato contezza della necessità di formarsi per essere la parola che si vuol restituire al lettore. Un testo necessario, a mio parere, per chiunque voglia approcciarsi al mondo della scrittura.
Writer Officina: Dopo aver scritto il tuo primo libro, lo hai proposto a un Editore? E con quali risultati?
Rosa Elenia Stravato: Ho scritto questo romanzo pensando alla casa editrice alla quale lo avrei voluto proporre. Ho, quindi, fatto un unico invio. Avevo avuto modo di leggere vari autori di questa casa editrice ed avevo incontrato parecchie volte, durante varie manifestazioni culturali, l'editore. Ci ho messo molto tempo, tuttavia, prima di mandare il manoscritto. Mi intimidiva inviare il testo ad Alessio Rega, l'editore Les Flaneurs, perchè ne ho un'altissima considerazione. Il risultato è stato devastante: sino al momento in cui non ho ricevuto il responso, fortunatamente positivo, ho avuto gli incubi! Sognavo l'editore che mi inseguiva con l'accetta e che minacciava di bruciare il manoscritto. È stato, lo ammetto, molto difficile attendere in quel tempo sospeso. Ma è servito. Ho scelto questa casa editrice con l'idea che avrei dovuto maturare ed è stato così: mi hanno affiancato nel progetto editoriale dandomi l'occasione di lavorare accanto a dei professionisti e il risultato è stato emozionante. Del resto, oggi, non serve molto per pubblicare qualcosa. No? Spesso basta un semplice click e ci si consacra al “mondo degli autori”. Ma io cercavo un'occasione capace di restituirmi alla complessità, alla ricerca, al peso del lavoro. Si, perché “scrivere” è un lavoro e tutte le persone che orbitano nel campo dell'editoria seria, sono consapevoli che pubblicare qualcuno significa fare una scommessa, investire del tempo e del denaro. Conscia di ciò, dunque, ho sperato di poter entrare nella famiglia di Les Flaneurs Edizioni e ci sono riuscita! E, come in ogni famiglia, ho percorso una strada che dalla bozza ha portato alla nascita del volumetto che adesso gira qua e là.
Writer Officina: Ritieni che pubblicare su Amazon KDP possa essere una buona opportunità per uno scrittore emergente?
Rosa Elenia Stravato: Certamente sono delle vetrine importanti e che rappresentano dei competitor notevoli ma, come dicevo poc'anzi, basta un semplice click! È che, troppo spesso, osservo una leggerezza con la quale si svaluta, a parer mio, la competenza. Credo che “scrivere” non sia un'attitudine corale. Il problema del nostro tempo è la sottovalutazione della qualità. C'è un solco profondo che scinde uno “stampatore” da un “editore”: questo solco è un abisso! E il self publishing sta, a parer mio, diventando un terreno feritile per la prima categoria.
Writer Officina: Cosa hai voluto dire con la tua storia?
Rosa Elenia Stravato: Ho voluto raccontare la potenza di un incontro. La destituzione delle certezze quelle che chiunque sceglie di indossare. L'ho fatto perché mi andava di raccontare qualcosa di, evidentemente, plausibile. Ho voluto parale ai giovani dei giovani: della bellezza a cui non ci si deve mai abituare, delle insidie che si celano dietro complimenti facili. Ho voluto raccontare due esistenze che possono essere quelle di chiunque, in cui è facile riconoscersi nel bene e nel male. Ho lavorato tantissimo sulla scrittura dei personaggi!
Writer Officina: Di cosa parla il tuo romanzo?
Rosa Elenia Stravato: “Il Profilo del Tempo” parla di vita, di esseri umani imperfetti. Parla di voglie, bisogni, crisi esistenziali ma anche di tramonti, sorprese e attimi di puro godimento. È la trasposizione di un possibile scenario vivibile in cui il lettore può prendere parte o le distanze. Non è una storia che vuole dare insegnamenti, per quello ci sono i filosofi! È una storia che si compiace dell'incontro con il fruitore. Interrogativi che ronzano nel grande caos capitolino tra frastuoni, coraggiosi sbagli, dubbi amletici e incontri. Un orologio, quello ad acqua di Villa Borghese, che racchiude l'eterno oscillare di due amanti che non sanno definirsi. Due giovani che non sanno raccontarsi ma provano a spiegarsi. Nel limbo frastornante delle giornate, Sara inciampa in un giovanotto dall'aria bohémien e casca nel suo sguardo: Edo. Lei che è sempre stata ombra della sua compagna poliedrica Maria Luce, si sveste per apparire più donna e viva.
Un incontro.
Un momento di imperfetta lucidità.
Un perfetto sconosciuto riesce a spodestare quelle quattro certezze che, con orgoglio, trascina con sé in una Roma inconsueta e animata da personaggi vivaci e ben tratteggiati dalle loro colorite personalità. E poi c'è tutto quello che il lettore vuole vederci!
Writer Officina: Raccontaci la scintilla che ha dato vita al tuo romanzo
Rosa Elenia Stravato: Bella domanda! Ero davanti all'orologio ad acqua di Villa Borghese e ho osservato la sua magia. Ci sono, letteralmente, cascata dentro. Mi sono guardata attorno e c'erano pochissime anime. Ho visto due ragazzi mano nella mano allontanarsi. La loro immagine mi è balzata alla mente, mentre tornavo verso casa. Ero nel bus e nelle cuffiette suonava “Babilonia” di Diodato. Ad un tratto mi è parso di riconoscere tra la folla quei due, ancora mano nella mano...E io ci ho visto Sara ed Edo!
Writer Officina: Cosa c'è di te nel tuo romanzo?
Rosa Elenia Stravato:La scrittura è necessariamente intrisa di qualcosa che ci appartiene. Non si può scrivere di qualcosa che non si conosce. Premesso ciò, ho trascinato nel mio romanzo le mie passioni per il cinema, Roma, la musica. Di me c'è, senza ombra di dubbio, il valore potente dell'amicizia, del coraggio e dell'onestà. Ho scritto un romanzo pensando che, da qualche parte, Sara ed Edoardo siano veramente quella tempesta festante di corpi e idee che racconto. Ho voluto celebrare l'amore per la città eterna ma “Il Profilo del Tempo” non è un romanzo autobiografico. Non lo è perché non potrei mai spoilerare la mia vita, non mancherei mai di rispetto alle persone che amo e a quelle che hanno attraversato la mia esistenza. La scrittura esige rispetto e deve portarne. I personaggi raccontati sono l'analisi di visioni, studio e rappresentano “categorie umane”: c'è chi sceglie il proprio destino e lotta, chi si accontenta e chi svaluta la propria dignità per la gloria. È un'analisi, la mia, del tempo che ci circonda. Un monito per chi si perde nei meandri delle apparenze e per chi non si concede del tempo per ascoltarsi davvero.
Writer Officina: Quale tecnica usi per scrivere? Prepari uno schema iniziale, prendi appunti, oppure scrivi d'istinto?
Rosa Elenia Stravato: Tutto parte dall'osservazione della vita che scorre al di fuori di me: passanti, suggestioni, canzoni che presentano prospettive differenti. Tutto questo viene steso a modi appunti, spesso sconnessi. Poi lavoro sui personaggi: cerco di capire che cosa vogliono essere. Quali sono i loro demoni, le loro schegge e cosa perseguono. Inquadro il finale ponendomi delle domande e poi stendo la scaletta che mette in ordine i pensieri. Ma non sempre è così. Talvolta scrivo pezzi di storie e poi, quando ritengo sia il momento, decido di riaprire il cassetto e cerco di dare una forma a quelle suggestioni.
Writer Officina: In questo periodo stai scrivendo un nuovo libro? È dello stesso genere di quello che hai già pubblicato, oppure un'idea completamente diversa?
Rosa Elenia Stravato: Lavoro sempre a qualcosa di nuovo. Ho investito del tempo per un nuovo romanzo ambientato in Puglia. È stata una vera forzatura ma avevo bisogno di raccontare alcune cose di questa terra bellissima e martoriata. È un romanzo di formazione in cui si riflette abbastanza sul percorso umano dei personaggi. Personaggi non illustri, certamente. Uomini e donne che mostrano la loro disarmante umanità. È un lavoro al quale sono affezionata perché, tra le altre cose, c'è un messaggio socio-ambientale importante. Sperso che possa trovare accoglienza. |
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