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Ritorno alle origini
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Aldilà degli occhi, aldiquà del cuore.
Da che mondo vieni? Era una giornata uggiosa e, come ogni giorno che sopraggiungeva, quell'uomo si sentiva sempre più stanco e oppresso dalla vita. Era seduto, nel parco, sotto un vecchio acero, quando sopraggiunse come un raggio di sole il volto di un fanciullo. Con la sua esperienza e i suoi anni conosceva molto bene l'origine di quel sorriso. Era uno sguardo limpido e sereno, circondato da occhi vivi, che illuminavano anche il suo cuore. Era il riflesso di quel mondo nostalgico nel quale più di una volta si era rifugiato e amava perdersi. Aggrappato a qualche reminiscenza, cullava la mente con quel dolce pensiero che custodiva gelosamente nei momenti di sconforto; ora, per lui, solo un ricordo offuscato. Si era persino dimenticato di come salire su quella giostra di emozioni: più si sforzava di ricordare e più per la sua mente risultava uno sforzo immemore. Quanto avrebbe dato per avere ancora accesso a quel luogo da lui definito l'elisir di lunga vita. Il fanciullo notò l'aria malinconica dell'uomo e avvicinandosi gli chiese: «Che c'è?» «Vorrei accedere nel tuo mondo, ma non ricordo come entrare.» Qualsiasi persona a quella domanda avrebbe considerato l'uomo come un vecchio stolto, invece il bambino, accostando il viso alla mano di quell'uomo, sussurrò: «Quale mondo?» «Quello dove ci si rifugia, si sogna e si vive con spensieratezza, ma non trovo più il percorso per accedervi. Sai, quando si è piccoli ogni cosa appare semplice, grande e meravigliosa, ma diventando adulti si cambia completamente prospettiva, fino ad arrivare a perdersi.» «Ne sei sicuro?», rispose il bambino. «Certo! Alla mia età e con la mia competenza, pensi che mi sia sfuggito qualcosa?», rispose l'uomo con fare logorroico e aggiunse: «È da anni che non perdo neanche un colpo! Ogni giorno anticipo la sveglia che suona, mi alzo e controllo il cellulare; dieci messaggi da leggere, trenta mail da visualizzare, cinque chiamate perse e milioni di notifiche. Nel frattempo, mi reco in cucina per la colazione. Un caffè ristretto al volo è più che sufficiente. Mi fiondo in camera, in bagno e in men che non si dica mi catapulto nella metropoli cittadina, dove mi districo tra clacson, traffico e ingorghi, per raggiungere l'ufficio. Lavoro dodici ore il giorno, sono un vero stacanovista. Inizio a lavorare quando il sole non è ancora sorto ed esco dall'ufficio quando ormai è tramontato. Grazie alla mia costanza e alle mie capacità ho ricevuto riconoscimenti e premi. Sono stimato, single, indipendente, ammirato e invidiato da tutti per la posizione che occupo. Generalmente non socializzo con gli altri, perché ciò implicherebbe una perdita di tempo e, di conseguenza, di profitto. Questo è il mio modo di vivere: impeccabile e perfetto. L'unico che conosco. E tu, vorresti mettere in dubbio le mie parole?» Il bambino non sentì nemmeno la domanda, pensava e ripensava a come fosse assurda la giornata di quell'individuo e affermò: «Per te questo è vivere? Per me è sopravvivere!» L'uomo rimase di stucco. Il bambino era perplesso e non si capacitava di come quell'uomo potesse passare così le sue giornate. Cercava delle risposte plausibili, ma il tutto gli era incomprensibile. Così, in preda alla curiosità, chiese: «Posso farti una domanda?» «Certo.» «Con tutti questi impegni, quando riesci a giocare?» «Alla mia età non si ha tempo di giocare!» Il fanciullo si rattristò, non riusciva a comprendere come ciò potesse essere vero; fece un lungo sospiro e bisbigliò: «Sarà la vecchiaia!» «Vecchiaia? Forse rispetto a te che sei un bambino. Guarda che tutti affermano che dimostro meno anni rispetto alla mia età anagrafica e scommetto che neanche tu saresti in grado di indovinarla!» Il fanciullo, con la spavalderia che lo contraddistingueva, senza esitare, certo della risposta, esclamò a gran voce: «Per me hai cinquantacinque anni». Sul viso di quell'uomo sopraggiunse un ghigno arcigno. Il ragazzino urlò: «Allora, ho indovinato!» L'Uomo rispose: «Non ho tempo da perdere. Non darò ulteriore adito alle tue parole futili e insensate, ne riparleremo quando avrai la mia età! Vedrai, crescendo avrai modo di ricrederti, soprattutto sulla vecchiaia! Ora tu sei solo un marmocchio!» «Sarà, però la tua visione terrena è tipica di tutti i vecchi!» «Certo che è terrena! Siamo sulla terra!» «È questo il tuo problema! Ti crucci tanto per la ricerca di un percorso ma sappi che esistono posti che si raggiungono non solo con il corpo, ma con il cuore.» L'Uomo rimase senza parole. Aveva sempre tenuto il capo basso, ma ora era proprio chino a terra. Per una volta che dopo anni si era concesso di parlare con qualcuno, capì che quel sorriso che l'aveva ammaliato l'aveva tratto in inganno. Non voleva ascoltare un'altra sola parola di quel ragazzino insolente, così disse: «Ora, vado. Con i tuoi stupidi discorsi mi hai fatto mancare ulteriormente il fiato e l'aria». Il ragazzino, a quelle parole, si allontanò. Ne era convinto; quell'uomo, con l'esperienza che decantava, aveva sì aperto gli orizzonti su nuove conoscenze terrene, ma aveva perso di vista i veri importanti orizzonti. Se solo avesse alzato per un istante gli occhi, si sarebbe accorto della vastità del cielo e forse per qualche attimo non avrebbe sofferto della mancanza di respiro.
IL LABIRINTO INVISIBILE Il ragazzino camminava rammaricato lungo il viale del parco. Dotato di un'elevata empatia, era rattristato perché aveva intuito cosa turbasse quell'uomo, senza riuscire a rincuorarlo. Se solo quello sconosciuto non si fosse spazientito, avrebbe cercato di spiegarsi. Con il pensiero costantemente rivolto a quanto accaduto, non prestava attenzione nemmeno a dove metteva i piedi. Fu proprio in quell'istante che si scontrò con una bambina, che non tardò a esclamare: «Ehi! Dove hai la testa!» «Scusa! Stavo pensando a un uomo e al suo labirinto invisibile!» «Il labirinto invisibile? Cos'è?» «È un labirinto che c'è ma non c'è, o meglio, non esiste sulla terra!» «Mi stai prendendo in giro?» «No, ti giuro! Ti spiego, è un labirinto immaginario, che si fonde con il reale, dove gli adulti accedono nell'età adolescenziale. Nel labirinto ci si rifugia, per sfuggire a dolori, delusioni oppure perché ammaliati da qualcosa di attraente. Qui generalmente si trovano comfort, benessere, falsi idoli e si gode di svariati beni. Nel corso degli anni, però, come in ogni labirinto si corre il rischio di rimanere disorientati, ingarbugliati o addirittura paralizzati. In molti casi, la via di uscita è scoperta solo nella tarda età, quando gli stessi individui sono costretti a fermarsi ai primi acciacchi e a riflettere... riprendono allora coscienza di se stessi e dei propri bisogni.» La bambina domandò: «Come fai a sapere tutte queste cose?» «Ho ascoltato le storie di chi è uscito dal labirinto e amo i racconti dei Saggi, ossia chi ha più esperienza. Sai, poco fa, ho incontrato un uomo atterrito, era visibilmente intrappolato nel suo labirinto. S'intuiva perché non riusciva a vedere oltre. Avrei voluto aiutarlo e permettergli di afferrare la matassa per condurlo alla via di uscita, ma non ce n'è stato tempo!» «Se mi perderò anch'io nel futuro, come farò a trovare la via d'uscita?» «Non ti devi preoccupare, i Saggi suggeriscono di tornare al porto sicuro, anche se prima è necessario cambiare punto di vista. Per esempio, immagina di essere all'interno di un labirinto; i muri alti impediscono di trovare la via di fuga, ma se inizi a cambiare prospettiva e a visionare dall'alto, tutto sarà più semplice, giusto? Sai, gli occhi traggono molto in inganno. Per uscirne non dovrai guardare con gli occhi, ma con qualcos'altro!» «Non capisco ma come è possibile? Mi perderei sicuramente.» Il faccino della bambina era frastornato e la frangia scompigliata dall'aria rendeva il suo viso ancora più confuso. Il bambino allora cercò di rincuorarla con un altro esempio e domandò: «Dimmi cosa ci circonda?». «Altri bambini.» «Cos'altro?» «Il viale, gli alberi, i fiori, le panchine e gli uccellini.» «Cos'altro?» La fanciulla non sapeva cosa dire, si girava e rigirava ma oltre al verde non vedeva nulla di nuovo. Teneva costantemente gli occhi sbarrati, mentre sul viso si stagliava un'espressione perplessa. In quell'istante, il bambino ripeté: «Cos'altro? Prova a chiudere gli occhi». La bambina seguì il consiglio e socchiuse gli occhi. Nell'immediato urlò, piena di gioia: «Il vento!» Dopo una frazione di secondi sentì i clacson, in preda dall'euforia, urlò nuovamente: «Le macchine!» La fanciulla capì che il ragazzino l'aveva portata a vedere oltre. Così, domandò: «Penso di aver compreso che dal labirinto si esce usando gli altri sensi! Il tatto, l'udito...giusto?» «Non proprio, per uscire si deve usare...» Il fanciullo non riuscì a terminare la frase, perché interrotto bruscamente dalle urla della mamma della ragazzina, che con irruenza, continuava a richiamarla per tornare a casa. Il bambino, captata la curiosità della fanciulla, replicò: «Non ti preoccupare, proseguiremo il discorso nei prossimi giorni. Ogni giorno potrai trovarmi in questo giardinetto». La fanciulla avrebbe voluto approfondire subito l'argomento per saperne di più, ma ormai era tardi. Così obbedì alla madre.
Citazione:" Non temere, se conosci la tristezza è perché hai già conosciuto la felicità, forse non è necessario che te la parti qualcuno, basta solo ritrovarla."
"Noi umani non possediamo le ali perché siamo anime libere fatte per volare, non con il corpo, ma con il cuore." |
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Sono una persona riflessiva, sognatrice e paziente, con una forte attitudine all'ascolto, che ama scrutare il mondo con attenzione. Sin da giovane, ho nutrito una forte passione per l'arte, la cultura e la letteratura, dedicandomi a ciò che stimolava la mie capacità creative. Questo interesse mi ha portato ad intraprendere studi artistici, specializzandomi nel campo dell'interior design. In concomitanza, nel corso degli anni, ho maturato l'esigenza di esplorare nuove forme di espressione e di comunicazione creativa, che unite all'ispirazione, mi hanno portato a scrivere il mio primo libro. Per me, ogni progetto, che si tratti di una narrazione o di un ambiente, nasce dalla volontà di comunicare ed emozionare, ed ogni dettaglio è pensato per rispecchiare l'identità di chi lo legge o di chi lo vive.
Writer Officina: Cosa hai voluto comunicare in questo racconto?
Claudia Sala:In un'epoca segnata dalla frenesia e dal distacco emotivo, il romanzo solleva una questione fondamentale: quanto siamo disposti a sacrificare della nostra umanità pur di inseguire un'apparenza che non ci appartiene? Quanto vale oggi essere ”visibili” senza essere autentici? Quanto l'empatia è stata sostituita dall'indifferenza? La storia invita a rispondere a queste domande, spingendoci a riflettere sulle nostre scelte quotidiane, sugli incontri che ci possono arricchire e sulle piccole cose che fanno la differenza, restituendo alla quotidianità il valore più autentico e profondo.
Writer Officina:A chi si rivolge?
Claudia Sala: Si rivolge a chi cerca una lettura che non solo intrattenga, ma che stimoli la riflessione e l'introspezione.
Writer Officina: Qual è stato il momento in cui ti sei accorta di aver sviluppato la passione per la scrittura?
Claudia Sala: Non c'è stato un momento preciso, ma piuttosto un processo graduale, un'evoluzione che si è sviluppata nel tempo. L'ispirazione è scaturita dalla nascita di mio figlio e dal desiderio di invitare le persone a osservare il mondo da una prospettiva diversa, come quella di un bambino. Infatti, nel racconto saranno proprio gli occhi di un fanciullo a consentire al lettore di riscoprire la purezza e la bellezza delle emozioni autentiche e l'importanza di essere fedele ai propri valori.
Writer Officina: Se dovessi riassumere il libro o definire in poche parole il titolo del libro “Ritorno alle origini” come lo descriveresti?
Claudia Sala: Ritorno alle origini è: un viaggio introspettivo emozionante, un invito a riflettere su ciò che è davvero importante nella vita e una riscoperta verso quel nostro io, che abbiamo accantonato, ma che ci appartiene; poiché l'essenza della felicità non risiede nel mondo esterno, ma nel profondo di noi stessi ed attende solamente di essere svelata.
Writer Officina: Per i personaggi hai fatto riferimento – magari in parte – a persone reali oppure sono frutto della fantasia?
Claudia Sala: I temi sono attuali e rispecchiano una società all'avanguardia, in sintonia con i tempi moderni, pervasa da un benessere economico, ma al contempo segnata da un profondo malessere individuale. I personaggi sono frutto della fantasia e i loro comportamenti, rappresentati in chiave ironica, sono stati estremizzati appositamente per invitare il lettore a riflettere su temi contemporanei.
Writer Officina: Potresti anticiparci alcuni di questi temi?
Claudia Sala: Sì, tra gli argomenti trattati: la difficoltà degli adulti di districarsi dagli impegni quotidiani, i disturbi ossessivi compulsivi, gli influencer, l'importanza d'apparire e la perdita di immaginazione.
Writer Officina: Perché i personaggi non vengono mai identificati con un nome?
Claudia Sala: Questa scelta insolita permette al lettore di immedesimarsi più facilmente nei vari episodi di vita, consentendo inoltre di identificare e ricordare i personaggi stessi non per il nome, ma per le qualità o le ossessioni, che li contraddistinguono.
Writer Officina: Per quale motivo consiglieresti questo libro?
Claudia Sala: Per avere una lettura sulla vita, attraverso una prospettiva insolita, che invita a riscoprire valori autentici, in un mondo che sembra dimenticarli.
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