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L'amore mediocre
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Capitolo Uno (Berlino, poco prima del 9 novembre 1989, Tatiana).
Nascere e morire sono i due momenti in cui la tua vita cambierà senza che tu possa intervenire. In tutte le altre occasioni, se saprai coglierle, dovrai attendere a lungo per capire se hai davvero alterato il corso del tuo destino, o se tutto sarebbe cambiato comunque, indipendentemente da ciò che hai fatto. In definitiva, per scoprire se i tuoi sforzi siano stati vani. E poi, per quanto più difficile, dovrai capire se le tue scelte avranno influenzato non solo la tua vita, ma anche il destino dei tuoi cari e di persone a te sconosciute. Erano giorni in cui riflettevo sulle molte decisioni prese e sulle azioni compiute, immaginando come sarebbe stata la mia vita se avessi seguito il percorso del mio piacere, oppure la strada indicata dalla moralità altrui, o ancora quella dettata dal valore economico delle cose, dai consigli dei genitori, della scuola o di chiunque altro. Ricordavo che, quando decisi di andare a vedere cosa stesse accadendo a Berlino nei primi giorni di novembre 1989, non potevo immaginare le due opportunità che si sarebbero presentate. Una avrebbe rappresentato una grande occasione per molti, mentre l'altra sarebbe stata riservata a me e a quei pochi altri ai quali avrei inconsapevolmente influenzato il destino. La portata di quella trasformazione si sarebbe rivelata pienamente solo molti anni dopo. Dopo seimila chilometri estenuanti, finalmente giunsi a Berlino Est. Nel mio zaino, insieme a pochi oggetti personali, portavo il peso di un viaggio iniziato a Beslan, un puntino quasi invisibile sulle mappe dell'Ossezia del Nord. Se scuotete la testa immaginando la follia di quel percorso – treni sgangherati, autobus pieni, carri traballanti, passaggi in auto da sconosciuti e lunghe marce a piedi – provate a guardare allora attraverso gli occhi della ragazza che ero: ventitré anni, una volontà d'acciaio e un piano di viaggio accuratissimo. Ogni tappa e ogni coincidenza erano state pianificate con l'abilità e la lungimiranza di uno stratega; in più, l'ottimismo di quell'età rendeva tutto possibile, imprevisti inclusi. Non voglio raccontare cosa dovetti subire durante quel viaggio e, quando arrivai finalmente nella tormentata città dei miei sogni, meta delle mie elucubrazioni notturne e soggetto idealizzato nei miei studi universitari, puzzavo come una capra. Subito dopo la partenza, alcuni militari ubriachi, per ripicca al mio rifiuto dei loro approcci, mi avevano incollato una piccola, ma odiosa, gomma da masticare nei capelli. Alla stazione di arrivo, un anziano barbiere militare, senza farmi pagare nulla, mi rasò a zero e mi ripulì la testa con un getto d'acqua gelida ad alta pressione, liberandomi così da quella microscopica morsa. Con la testa pelata e vestita in modo che nessuno avrebbe potuto pensare che fossi una ragazza, almeno così immaginavo, iniziai indisturbata a cercare un ostello, zigzagando tra le migliaia di persone accampate a est del Muro, in attesa. Osservavo il paesaggio spettrale e carico di tensione intorno a me, mentre nella mia mente si accavallavano pensieri di ogni tipo, belli e brutti. Quello che vedevo sembrava la fine di un'epoca buia, mentre ciò che non vedevo rappresentava l'inizio di un sogno ancora da realizzare. Arrivai davanti alla Porta di Magdeburgo, irraggiungibile da ovest. Mi arrampicai su una struttura metallica, osservai con attenzione la maestosità di quello che avevo davanti agli occhi e un brivido mi attraversò. Conoscevo bene quella porta, ne avevo studiato la storia, e vederla così da vicino... tutte quelle persone desiderose di oltrepassarla, quel Muro che ci separava dall'Ovest, l'odore acre delle persone accampate lì da giorni, i rifiuti accumulati, le grida di chi sperava in un cambiamento imminente, le valigie, gli zaini, le auto in fila, le sedie a rotelle, i passeggini, i baci... Sapevo bene perché ero lì, ad aspettare a est, ma agli occhi degli altri sembravo probabilmente la ragazzina curiosa che cerca di capire, che non soffre come loro, che osserva tutto con un distacco da giornalista, che vuole guardare negli occhi di chi desidera qualcosa, di chi soffre per la libertà. No! Non era vero, perché anch'io cercavo la libertà, ma non a Berlino; piuttosto, a casa mia, lontana seimila chilometri. Tuttavia, a Berlino sarebbe iniziato tutto. Proprio tutto...
Capitolo Due (Berlino, 9 novembre 1989,Tatiana)
Mi rendo conto solo ora che non sembravate affatto convinti quando vi raccontavo di aver fatto seimila chilometri per arrivare nei pressi della Porta di Magdeburgo, a Berlino, con l'unico scopo di vedere gli occhi delle persone che desiderano la libertà. Vi capisco, ma dovete considerare che avevo studiato per diventare giornalista in un paese dove la libertà di pensiero non esisteva e, semmai, veniva interpretata a favore di chi deteneva il potere. Veniva addirittura sbandierata da cittadini ingenui che tolleravano incoscientemente quel pensiero per convenienza o che lo subivano per paura. C'erano una parte della popolazione e alcuni politici che ostentavano una saggezza democratica e un pragmatismo ideologico, ben visibili nel loro comportamento. Sfortunatamente, né l'una né gli altri avevano in mente i modelli più evoluti e recenti di democrazia consensuale, quelli che si erano già diffusi negli Stati Uniti e in Europa, come in Francia, in Germania e in Italia, seppur imperfetti. I miei non erano sogni o fantasie di una studentessa diligente, attenta alla storia che si studia a scuola, o di chi passa ore a discutere dei massimi sistemi nottetempo con i colleghi universitari. Non era nemmeno il sogno di una gita scolastica da Beslan a Berlino. No, non era così. Il mondo stava cambiando e Berlino, nonostante in quel periodo fosse ancora divisa e tormentata, mi sembrava il punto di prossimità tra sistemi sociali, militari e politici che non riuscivano a comunicare tra loro, per via di libertà individuali e di pensiero concettualmente e praticamente differenti. Eh, già! Che ne sapete voi, di libertà? Voi che l'avete. Durante quel viaggio, spesso da sola, quante volte ho cercato di immaginare cosa ci fosse nell'animo e nella mente delle persone libere e di quelle che lo erano diventate! Cosa aveva portato la gente, geograficamente così vicina, ad abbracciare princìpi, processi politici e sociali tanto diversi? C'erano ideali tra gli individui, o erano solo individui che avevano ideali? Non era forse successo che qualcuno avesse sfruttato la vulnerabilità delle persone o che la fiducia riposta nei loro rappresentanti, inizialmente democratici, fosse stata tradita? Per capire questi due mondi così diversi, decisi di vedere e conoscere di persona quel luogo, così ricco di significato. Mi consideravo una giornalista o, meglio, un'inviata di guerra sul posto. Mia madre mi aveva dato parte dei suoi risparmi per questo viaggio, in occasione della mia laurea. Non potevo più non andare a Berlino. Vi ho convinti ora? Nell'ostello dove alloggiai appena arrivata, la camerata delle donne era enorme, forse venti letti per lato, molto vicini tra loro e senza comodini. Di notte si sentiva un incessante rumore di acqua che risuonava dai bagni, grandi scatoloni con file interminabili di gabinetti, disposti a pochi centimetri l'uno dall'altro e senza pareti divisorie. Freddi da morire dove, dentro, nessuno si guardava in faccia. Rimasi lì alcuni giorni, indifferente alla presenza delle altre donne; sono sincera: se fossi rimasta con quelle persone simili a me, non avrei capito nulla di ciò che non conoscevo, di ciò che mi mancava per comprendere il mondo, il mio mondo e l'altro. Eravamo troppo simili. Proprio il nove novembre, come se fosse destino, all'alba me ne andai da quel posto, ormai inospitale e popolato da persone invadenti e curiose; presi lo zaino e corsi fuori tra la gente. Ero inquieta, aspettavo qualcosa e non volevo più tornare indietro. Avrei cercato un altro ostello. Camminai lungo il Muro, vagando tutto il giorno. Doveva accadere qualcosa di importante, c'era molta tensione. Nel pomeriggio mi diressi verso i posti di blocco vicino ai varchi che avevo individuato nei giorni precedenti. Un formicaio di persone guardava verso l'alto, aspettando un segnale, un messaggio.
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Sono nato a Lecce, una magnifica cittadina barocca della Puglia che ho lasciato quando ancora frequentavo le scuole elementari. Dopo il liceo scientifico mi sono laureato in scienze dell'informazione e appena ho iniziato a lavorare ho messo in pratica con soddisfazione tutto quello che avevo studiato. Negli anni successivi ho ricoperto ruoli tecnici, imprenditoriali e manageriali nel settore informatico in Italia, negli Stati Uniti d'America e in Europa. Negli ultimi anni sono stato Confidential Counselor per la prevenzione delle molestie sessuali e psicologiche e ho acquisito molta esperienza e conoscenza del comportamento delle persone in condizioni di conflitto. Attualmente vivo a Pisa con mia moglie, sulle rive del fiume Arno, e dedico molto tempo a lettura, scrittura e a passeggiate in montagna.
Writer Officina: Qual è stato il momento in cui ti sei accorto di aver sviluppato la passione per la letteratura?
Daniele Possanzini: Ai tempi del liceo, quando studiavo molta letteratura italiana sia per motivi scolastici che per interessi personali. Nel tempo, il lavoro mi creava interessi per altre culture e, quindi, pur mantenendo la passione per i classici italiani, mi avvicinavo sempre più agli autori francesi e inglesi. Nei classici ho cercato la struttura dell'opera, il messaggio che l'autore voleva inviare e lo spazio che veniva dato ai sentimenti umani nel contesto delle diverse storie.
Writer Officina: C'è un libro che, dopo averlo letto, ti ha lasciato addosso la voglia di seguire questa strada?
Daniele Possanzini: Il Conte di Montecristo di Alexandre Dumas, letto tanti anni fa, mi lasciò sicuramente la voglia di costruire un romanzo basato su una storia costituita di un intreccio di eventi e di personaggi dotati di notevole intelligenza e umanità. In quel romanzo Dumas creò un intarsio di avvenimenti coordinati tra loro e finalizzati a ottenere il castigo finale di chi aveva procurato un torto, sfortunatamente per lui, a uno che era dotato di ingegno. Con il tempo ho pensato, però, che proprio il Conte invitasse il lettore alla vendetta e ne ho preso le distanze dal punto di vista del messaggio che inviava al pubblico.
Writer Officina: Dopo aver scritto il tuo primo libro, lo hai proposto a un Editore? E con quali risultati?
Daniele Possanzini: Il primo libro, di tanti anni fa, aveva un contenuto tecnico e fu pubblicato sulla richiesta di una piccola casa editrice toscana per un mercato universitario che lo attendeva. Quindi fu un'esperienza poco formativa in termini di successo o fallimento dell'iniziativa.
Writer Officina: Pubblicare su Amazon KDP è stata una scelta vincente?
Daniele Possanzini: Sicuramente in termini di rapidità di preparazione e pubblicazione. Mi ha esposto però subito alle problematiche della promozione e vendita del libro. Richiede, come per l'editoria tradizionale, che il processo di creazione, pubblicazione e commercializzazione sia di qualità in tutti i suoi aspetti. Un aspetto importante è che i pagamenti ogni mese sono puntualissimi. Al momento, anche se i numeri non sono grandi, la considero una scelta che sta vincendo. Nel senso che sto combattendo per farla continuare a vincere.
Writer Officina: A quale dei tuoi libri sei più affezionato? Puoi raccontarci di cosa tratta?
Daniele Possanzini: Senza dubbio, - Pervinca – enigma della molestia per una donna geniale - . È un libro costruito con intrecci temporali surreali. Racconta una storia infinita di una molestia sostanzialmente psicologica che può essere sofferta anche da una donna geniale quando ha un sogno da realizzare, perché in quel momento espone la parte più vulnerabile di sé. Il romanzo è ed è stato giudicato complesso e con molte chiavi di lettura dai recensori, specialmente quelli che hanno intercettato la insolita struttura temporale e spaziale della storia. I personaggi sono però così quotidiani e vicini alla vita di tutti i giorni che con il loro pensare e agire dovrebbero mettere in guardia tutti noi da chi sfrutta i nostri sogni, che sono le nostre debolezze, per i propri fini. È un thriller psicologico e surreale perché ho immaginato una situazione famosa nella storia che riappare nel presente evocando il sogno e che poi sprofonda di nuovo nel suo passato remoto. Vengono affrontati temi molto attuali oltre alla molestia, cioè l'amore fisico, il desiderio fuori dalla morale, la genialità che non protegge da tutto e il piacere intimo e infinito che può dare il raggiungimento di un obbiettivo. Sono affezionato a questo romanzo perché racchiude tutto il mio pensiero sulla quella libertà di sognare e di amare che ci rende vulnerabili all'inganno. Per sognare e amare dobbiamo aprirci agli altri e fidarci anche degli sconosciuti che possono però approfittare di noi. In più, questo libro contiene anche elementi misteriosi che mi divertono molto, che mi aiutano ad attirare la curiosità del lettore e a mantenere la sua attenzione. Così accadeva da bambino, quando mi inventavo le situazioni più illogiche e insensate con lo scopo di sconcertare i miei genitori e i miei amici per far sì che ascoltassero con più interesse il mio messaggio nascosto.
Writer Officina: Quale tecnica usi per scrivere? Prepari uno schema iniziale, prendi appunti, oppure scrivi d'istinto?
Daniele Possanzini: Creo e confermo l'idea iniziale. Identifico i vari percorsi di lettura in modo da rendere possibili diverse interpretazioni della storia. Individuo il messaggio che deve rimanere addosso alla lettrice e al lettore. Poi definisco il luogo e il tempo. I personaggi vengono alla fine. Può sembrare strano ma sono i portatori del messaggio e quindi arrivano dopo di tutto. Sono i miei umili esecutori. Scrivendo, qualche idea può modificare qualcosa, ma deve rimanere costante il messaggio. Come è successo per il mio romanzo in preparazione, dove ho cancellato tutto e ho ricominciato con elementi completamente diversi. Poi accade che, viaggiando in auto, io mi debba fermare all'improvviso per prendere qualche appunto riguardo la storia che sto scrivendo. Oppure, come in passato, è successo che alla guida dell'auto io dicessi a mia moglie: - Ricorda che Pervinca deve andare da sua nonna e parlarle del viaggio che deve fare, ma non può dirlo a suo marito. E ricorda anche che suo padre dovrà essere sincero con sua moglie, madre di Pervinca. E ricorda che... - e che mi venisse risposto: - Scusa, non ho sentito, mi sono distratta. - Ho tanti piccoli libretti con matita allegata in cui scrivo qualcosa non appena mi fermo a un semaforo e mia moglie non mi ascolta.
Writer Officina: In questo periodo stai scrivendo un nuovo libro? È dello stesso genere di quello che hai già pubblicato, oppure un'idea completamente diversa?
Daniele Possanzini: Sto completando un nuovo libro che sarà un giallo contenente un bel rompicapo per il lettore. Questa volta metterò furtivamente molta della mia competenza professionale di esperto di sicurezza informatica e dei miei periodi di vita vissuta in Italia e all'estero in comunità internazionali. I personaggi avranno una carica intellettiva notevole e ciascuno di loro crederà di capire la soluzione del giallo prima della fine. Che sarà sorprendente e comprensibile a tutti i lettori. Queste sono le mie intenzioni.
Writer Officina: Dove trovi l'ispirazione per le tue storie?
Daniele Possanzini: Traggo ispirazione dalla mia esperienza professionale tecnica, da quella umana di imprenditore e manager pubblico e da quella psicologica di Confidential Counselor. Poi, la mia forma mentis di progettista di sistemi e sicurezza informatica mi suggerisce trame intricate con eventi correlati e distribuiti come bombe a orologeria lungo la vita dei miei personaggi che amano e sognano senza limiti. Le mie storie nascono per stupire con lo scopo di far riflettere, per invitare a intuire cosa possa accadere nelle situazioni in cui il tempo ci posiziona anche a nostra insaputa. Non è facile avere consapevolezza che le cose stanno andando bene, o male, o che il tempo si è fermato o che il presente che si vive è già il futuro o è addirittura ancora il passato. Anche il vero e il verosimile, la fiducia e l'inganno mi affascinano e sono un'altra fonte non secondaria di ispirazione. La natura umana è disposta a tutto pur di soddisfare i propri desideri e questo crea motivazioni per simulare e dissimulare i propri stati d'animo e azioni. |
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