Writer Officina
Autore: Martina Tognon
Titolo: Nel ventre di Enghquondo
Genere Scientific Fiction
Lettori 3970 48 68
Nel ventre di Enghquondo
Crollo dell'Impero Terrestre (Vol. 1).
La nave scivolava silenziosa e senza scossoni, ce ne sarebbero stati a sufficienza di lì a poco. Per adesso era il caso di godersi la relativa tranquillità di quel momento. La parte che amava di più era quella: il viaggio. Soprattutto se privo di significativi eventi come quello che stava per concludersi.
Fuori, davanti alla nave, stava iniziando a vedersi il traguardo di quella corsa. Osservando quelle linee grezze e violente si grattò distrattamente l'avambraccio. Sentì la pelle staccarsi e altrettanto distrattamente diede un'occhiata. Era un po' presto per la muta stagionale. Alzò la manica oltre il gomito per controllare.
No, non si trattava di muta, doveva essere qualche strana infezione che si era beccato su quell'accidente di pianeta, sporco e puzzolente, che si era lasciato alle spalle. La Scuola di Guerra non lo aveva preparato a questo genere di intoppi, aveva dovuto imparare sul campo, crescere, adattarsi.
In fondo quella era la sua natura.

Gli strumenti indicavano 45 punti di Tempo Standard prima di poter iniziare la rotta di approccio.
Poteva farcela.
Tutti i sistemi automatici della nave stavano funzionando nei parametri previsti, non c'erano rischi. Lasciò la plancia silenziosamente.
Dieci punti dopo aveva terminato la desquamazione, restava solo da stendere il velo di crema protettiva. Se la sua razza fosse stata ancora ai tempi della preistoria, avrebbe dovuto nascondersi dalla luce e dal sole per almeno un intervallo, in attesa che la pelle nuova si seccasse naturalmente.
Per fortuna si erano evoluti.

Il piacevole contatto del gel protettivo gli diede sollievo.
Appena attraccato avrebbe preso appuntamento con uno dei medici, per farsi dare una controllata. Odiava farsi visitare dai Miricani, erano viscidi. Sorrise inconsciamente. Quella era un'accusa che di solito veniva rivolta alla sua razza, così come a tutti i rettiloidi che popolavano quel Settore. Non erano in molti per la verità e i suoi studi di xeno-biologia gli avevano ampiamente fatto capire il perché.
Qualunque razza che dipendesse da fonti esterne di calore per la propria sopravvivenza, automaticamente aveva bisogno di un habitat molto particolare e preciso. I pianeti abitabili non erano moltissimi. Quelli con una temperatura adeguata allo sviluppo ed evoluzione di una razza rettiloide erano ancora di meno.

Risolto provvisoriamente il problema con l'irritazione alla pelle, tornò in plancia. La sua nave era in grado di fare da sola, ma lui non amava abbandonare i comandi per troppo tempo. Nonostante i soli 35 cicli, da quel punto di vista era di mentalità un po' antiquata. Per lui una nave dotata di un computer biologico, seppure di terza generazione, era un rischio da non correre. Con il suo mestiere non poteva farne a meno, ma questo non voleva dire che la situazione gli andasse a genio.
I computer biologici erano di fatto delle intelligenze artificiali, costruite in qualche modo a lui non perfettamente comprensibile. In fondo non era un tecnico. Il suo problema era che non si fidava delle BioAI, quella era la sigla esatta dei computer di controllo delle navi federali.
Tra lui e Xilea 358, la BioAI della sua nave, c'era un patto di reciproca accettazione e non belligeranza. Mediamente si rivolgevano una decina di frasi scarse a ogni intervallo, salvo in caso di problemi ovvio. Quindi sentire la voce sintetizzata, al suo rientro in plancia, era sempre indice di guai in vista.

“Jianijix.”

Laconica come sempre la signora, in realtà non era certo le si potesse attribuire un sesso. Era una nave della Flotta Imperiale in fondo.

“Capitano in plancia, Xilea. Dimmi tutto.”
“Il nostro percorso di avvicinamento autorizzato, come da piano di volo, non è libero. Ho dovuto rallentare la nave di .005, per evitare una collisione prima del tuo ritorno.”
“Come sarebbe non libero. Dettagli.”
“Il radiobadge la identifica come TerraMars, la nave dell'Ammiraglio Jeb. Perché stiano stazionando, invece di procedere, è un'informazione che non mi è nota.”

Odiava quel modo di Xilea di girare le frasi, sembrava si facesse punto d'onore di non fargli mai sapere con che pronome lei identificasse sé stessa.

“Hai aperto un canale di comunicazione con l'equipaggio o con la tua controparte?”
“La BioAI Xandar 999 non ha consentito l'accesso. In nessuna delle due modalità.”
“Le starai antipatica. Invia una richiesta di contatto a nome mio.”
“Eseguo. Risposta affermativa. L'Ammiraglio Jeb sullo schermo.”
L'ampio falso vetro dinnanzi a lui si scurì per un brevissimo istante prima di visualizzare il canale di comunicazione protetto con una delle Ammiraglie della Flotta da Guerra Imperiale. Anzi, l'Ammiraglia per eccellenza.

“Capitano Jianijix, la stavamo attendendo.”
“Ammiraglio Jeb, mi stavo appunto domandando cosa ci facesse la TerraMars sul nostro percorso di approccio.”
“L'Impero ha bisogno dei suoi servizi, Capitano. Questo canale è protetto, ma preferisco di gran lunga parlare della situazione di persona. Approcci al gancio di attracco ventrale due.”
“Ammiraglio Jeb, ho ordine di riferire i dati di conclusione missione...”
“Capitano Jianijix, ho provveduto personalmente alla questione. La aspetto a bordo, questo è un ordine.”

Il falso vetro lampeggiò mostrando nuovamente l'esterno, lo spazio, l'approdo orbitale di Miricae e la TerraMars chiaramente di fronte, enorme, a impegnare il percorso.

“Xilea, esegui gli ordini dell'Ammiraglio.”
“Confermo, Jianijix. Posso suggerire un comportamento più accondiscendente?”
“No. Non puoi.”

Il silenzio, per una volta, gli sembrò pesante. Lo accolse comunque, lasciando scorrere lo sguardo lungo le pareti interne della plancia e gli strumenti che brillavano di luci colorate, ascoltando il basso e ritmico pulsare dei motori.
Quella era Xilea 358.

Non sapeva cosa significasse quell'affermazione, dubitava che persino le alte sfere della Marina Imperiale sapessero qualcosa più di lui. La gente normale, quella che non aveva nulla a che fare con la Marina o l'Esercito, sapeva solo che esistevano mezzi di trasporto con computer potentissimi. Era stato grazie a questi mezzi di trasporto che nell'ultimo secolo l'espansione dell'Impero Terrestre aveva raggiunto il suo massimo. I bassi gradi di Esercito e Marina, e anche quelli intermedi ai quali lui oramai apparteneva, sapevano poco di più.

Le navi sono dotate di BioAI.

Questo era quanto veniva loro detto. Intelligenze Artificiali su base Biologica. Nei cicli erano nate parecchie leggende al riguardo. Dall'uso di neuroni di qualche razza telepate, all'uso dei cervelli stessi delle suddette razze. Più saliva di grado, più si rendeva conto di non sapere di fatto niente di quelle navi e delle loro BioAI. Meno sapeva di quelle navi, più si rendeva conto che nemmeno i suoi comandanti diretti sapevano più di lui.
Era una spirale di ignoranza.
Era la base della sua poca, o nulla, fiducia in Xilea. Come ci si poteva fidare di un'intelligenza artificiale di cui apparentemente nessuno sapeva nulla? L'unico dato certo era la correlazione tra la comparsa di quella tecnologia e l'acquisizione del pianeta Enghquondo, il resto era una nebbia fitta.

“Aggancio all'attracco due in 15 punti.”
“Xilea?”
“Jianijix?”
“Vada per il comportamento accondiscendente, ma questa situazione non mi piace.”
“Tengo pronto il raggio di trasporto.”
“Sì.”

Jianijix si fermò a pensare da quanto tempo fosse stato assegnato a quella nave. Quasi tre cicli. Un'enormità. Di solito le navi venivano revisionate, ed eventualmente sostituite, a intervalli di sei cicli.
Martina Tognon
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Autori di Writer Officina

Martina Tognon
Sono nata, e cresciuta, in provincia di Gorizia. La mia famiglia è stata per lungo tempo mono genitoriale, con una netta prevalenza femminile. Questa realtà ha forgiato buona parte del mio modo di vedere i legami interpersonali. Alle mie spalle ho un percorso di studi tecnico scientifico, che non mi ha impedito di sviluppare un profondo interesse per tutto ciò che è manifestazione artistica. Ho imparato negli anni a bilanciare le due parti di me. Oltre a scrivere, e ovviamente leggere, ricamo, creo oggetti per la casa (che siano piccoli armadi o altro dipende anche dalle necessità domestiche) lasciando libera la mia creatività.
Non ho potuto proseguire gli studi fino alla laurea, per motivi meramente economici. Se avessi potuto scegliere avrei con molta probabilità puntato su qualcosa di molto distante da quello che avevo studiato fino alle superiori, il mio sogno di bambina è sempre stato l'archeologia.
Vivo con mio fratello per scelta, perché la famiglia conta.
Ho un compagno in un'altra regione, da ben 22 anni camminiamo insieme in questo amore pendolare pieno di significati e vita.
Non penso al futuro, ho imparato che gli imprevisti comunque arrivano, la vita è adattamento e crescita.

Writer Officina: Qual è stato il momento in cui ti sei accorta di aver sviluppato la passione per la letteratura?

Martina Tognon: Da quando mi hanno messo un libro in mano. Io ho iniziato a inventare storie prima che sapessi leggere. Cosa che ho iniziato a fare prima dei tre anni. Da lì non mi sono più fermata.

Writer Officina: C'è un libro che, dopo averlo letto, ti ha lasciato addosso la voglia di seguire questa strada?

Martina Tognon: Sono una lettrice onnivora, ho 53 anni e leggo da 50. Prendere un libro e farne il punto di partenza è davvero limitante per me.
In realtà scrivo da sempre, per me stessa, e pubblico solo perché un caro amico mi ha praticamente obbligato. Ho iniziato a scrivere per leggere cose che non trovavo scritte. Ho lasciato tutto nei cassetti per anni e ancora oggi penso di non essere una scrittrice perché pubblico. Lo sono perché non posso fare a meno di scrivere.

Writer Officina: Dopo aver scritto il tuo primo libro, lo hai proposto a un Editore? E con quali risultati?

Martina Tognon: Ho scelto la strada del self da subito, poi ho provato le CE un paio di volte, con nessun riscontro. Ho capito che il mio modo di scrivere non è facilmente vendibile, non risponde alle attuali richieste del mercato e questo implicherebbe doverci lavorare troppo perché possa essere remunerativo.

Writer Officina: Ritieni che pubblicare su Amazon KDP possa essere una buona opportunità per uno scrittore emergente?

Martina Tognon: La definirei un'opportunità. Non buona né pessima. Dipende da quanto tempo una persona ha davvero da dedicare al proprio sogno. Resta un mondo complicato, mi si dice fosse più facile in precedenza. Non lo so, sono arrivata con la seconda ondata.
Deve essere chiaro che si diventa editori di sé stessi, quello che farebbe un editore, lo si deve fare da soli.
Dall'editing, alla cover e alla pubblicità.

Writer Officina: A quale dei tuoi libri sei più affezionata? Puoi raccontarci di cosa tratta?

Martina Tognon: A quello che forse ha venduto di meno in assoluto. 24 (+1) Appuntamenti a Shanghai. Si tratta di un romance MM che trovo il mio migliore libro ad oggi. Per l'idea, per i personaggi, per il ritmo della narrazione e l'evoluzione della storia.
Lo amo per parecchi motivi, soprattutto perché è nato da un colloquio costante con una carissima amica che risiede, lavora e vive a Shanghai. Ho usato vive come ultimo verbo perché è quello che mi ha aiutato a far trasparire dalle pagine... I due ragazzi avranno 24 appuntamenti nell'arco di dodici mesi e tutte le location sono reali. Uno spaccato di vita vera in una megalopoli cinese.
Ho il timore che non venda proprio perché c'è stata la pandemia, perché sono i cinesi... brut****** non finisco la frase.
Io non scrivo per mode, ho scritto questo libro perché ne avevo bisogno io, evidentemente i pregiudizi vincono anche in questo caso.

Writer Officina: Quale tecnica usi per scrivere? Prepari uno schema iniziale, prendi appunti, oppure scrivi d'istinto?

Martina Tognon: Traccio i personaggi iniziali. Stendo lo schema dei capitoli (titolo e breve sunto di cosa ci sarà scritto) e poi vado.
Purtroppo, come spesso dico alle amiche che mi sopportano, a volte io divento la ghost writer dei miei personaggi. Per essere chiara, il 14 giugno avrei dovuto terminare la prima stesura di un testo (che ora resterà a maturare nel mio cloud per un mesetto almeno), ma domenica 15 giugno mi sono svegliata con la ferma convinzione che servisse un altro capitolo.
Hanno vinto i personaggi.

Writer Officina: In questo periodo stai scrivendo un nuovo libro? È dello stesso genere di quello che hai già pubblicato, oppure un'idea completamente diversa?

Martina Tognon: Ho appena terminato una prima stesura, che sarà pubblicata con uno pseudonimo. Trovo davvero assurdo che ad oggi, 2025, una donna debba essere costretta a nascondersi se vuole scrivere certe tipologie di libri senza finire vittima di attenzioni spiacevoli.
Il grosso delle mie amiche/conoscenti che scrivono, se vogliono trattare tematiche particolari devono farlo con un nome d'arte. Così devo fare anche io.
La massiccia presenza di donne che scrivono MM ha sdoganato la presenza femminile in quel genere. Non sempre penso sia positivo perché a volte temo ci sia poca capacità di sviscerare la realtà di un personaggio maschile.
Però restano gli erotici, soprattutto se BDSM e, per paradosso, gli FF.
Sembra scontato che una donna possa scrivere MM, ma le tematiche lesbo dovrebbero esserle vietate.
Chiaramente non posso rivelare dettagli della trama o del genere, perché sarebbe come rivelare il nome d'arte.
Posso dire che ho in mente una trilogia, tre gemelli monozigoti, che svilupperà su FM, MM, FM. Ed un altro FM un po' particolare, analizzerò la realtà di un uomo oggetto... o se preferite di un uomo nel ruolo di mantenuto.
Niente sugar daddy, ma una sugar mommy.
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