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Fiori di ginestra
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Donne briganti lungo la Frontiera 1864-1868.
La ferita da arma da fuoco non accennava minimamente a guarire e sebbene la lavassi giornalmente con acqua e aceto e la medicassi con un impiastro di olio e bianco d'uovo sbattuto, era ancora viva e aperta. Non c'era minima traccia di formazione di tessuto cicatriziale e versava una gran quantità di liquido sieroso e purulento. Provai perfino una poltiglia di patata schiacciata ed il decotto di pilosella ed achillea. Feci bere a Bernardo tutti i rimedi che conoscevo, per abbassare la febbre alta che lo tormentava. Ma dopo una settimana senza miglioramenti, mi decisi a scendere al paese in cerca di aiuto. Lasciai il campo de La Forma al tramonto e approfittando delle prime ombre della sera, mi introdussi furtiva nel borgo medievale di Cantalupo. Erano poche casette addossate l'una sull'altra, con profferli ed archi esterni, dove erano ricoverate le bestie. Il silenzio e l' oscurità dei vicoli mi consentirono di raggiungere l'abitazione di Zi' Vittorio, senza farmi notare. Riconobbi subito la casupola, perché sul davanzale ardeva, come sua consuetudine, una piccola lanterna ad olio, per le anime che vagano perse, diceva la tradizione. Avevo già incontrato quell'omino vecchissimo perché mi ero recata da lui con Bernardo, solo qualche mese prima, quando ancora non eravamo oggetto della feroce repressione della Guardia Nazionale e potevamo aggirarci, più o meno liberamente, nei centri abitati. Mi ero slogata una caviglia ed il brigante mi condusse dal guaritore affinché riportasse l'osso nel suo alveo naturale. Con pochi gesti sapienti l'anziano effettuò la manovra. Ruotò il piede, lo spalmò con un unguento fatto di grasso animale ed erbe e poi me lo fasciò stretto con una benda di lino giallo. - Fatto! - disse - Ora potete tornare a far danni. Bada che la tua donna non ci cammini per almeno una settimana e tolga la benda solo il giorno di Santa Lucia. - Si era rivolto esclusivamente a Bernardo, ignorandomi completamente. Bernardo voleva pagarlo. Ma lui rifiutò la moneta d'oro che gli porgeva. - Andatevene! - disse seccamente - Non c'è motivo per cui restiate ancora qui! - Vidi il mio uomo stranamente remissivo davanti a zi' Vittorio, lui sempre così fiero non avrebbe mai tollerato che qualcuno gli parlasse con quel tono, se non avesse avuto per quella persona dei sentimenti di forte rispetto. Forse anche per quel motivo, il vecchio mi colpì. Parlava la lingua dei signori, senza l'insopportabile cadenza locale usata dal sindaco e dall'arciprete. Ma capivo tutto quello che diceva perché non usava parole difficili. Mi faceva pensare ad un maestro di scuola, come quello che c'era una volta al mio paese, a Valvori. Anche fisicamente era un tipo piuttosto inconsueto. Magrissimo, con la pelle grinzosa, dal colore del cuoio, che copriva lo scheletro esile. Carne, grasso e muscoli si erano asciugati per effetto dell'età e di una penosa esistenza. Sembrava fragilissimo, sul punto di rompersi ad ogni suo movimento che pure imprimeva con forza. Le mani con le quali aveva operato erano calde ed agili ma nodose all'inverosimili. Il tocco era ruvido per via dei molti calli. Lavorava ancora in campagna nonostante l'età e portava tutti i segni della fatica. Mi sorpresero i suoi occhi, chiarissimi, quasi due gocce d'acqua trasparenti ed incolori, con le pupille lattiginose. Quando uscimmo chiesi a Bernardo chi fosse. - Nu guaritore. A gliu paese ce ne sta più di cacuduno ma chiss' è gliu meglio. E' gl'unico ca sana. E' nu sant'ommo. - Strano che Bernardo avesse fatto accenno alla santità, lui che non credeva a queste cose ma forse c'era qualche fondamento di verità in quelle parole. Quell'uomo viveva come un'eremita. La casa era così povera che perfino la cella di un monaco sarebbe sembrata più confortevole al confronto. Nell'unica bassa stanza c'era un rozzo tavolo, ricavato da assi lasciate grezze e due soli sgabelli. Appoggiata al muro stava una piccola cassapanca di pino non lucidata e vicino una arca per il pane, vecchissima e scura e due orci di creta. Non vi era traccia di un letto ma, arrotolato in un angolo, avvolto in una coperta lacera, era stato sistemato un materasso, che evidentemente veniva usato come giaciglio per dormire. Contrariamente alle altre case contadine non vi era traccia di cibo: né salsicce o guanciale che pendessero dalle travi, né uva o fichi da seccare nella gratella. Non vi erano forme di formaggio o brocche di latte, né grappoli di pomodoro, serti di agli e cipolle o colorati fasci di peperoncini appesi ai chiodi delle pareti. Vi erano però dappertutto mazzi di erbe aromatiche seccate, di lavanda, di timo, di rosmarino che davano un profumo aromatico all'ambiente. Mancava il focolare, sostituito da un solo fornelletto con le braci, posto vicino ad un acquaio scavato, in un unico blocco di pietra nel quale era posta la cannata con l'acqua da bere. Dominava la stanza un altare dedicato alla Madonna con il Bambino, costruito appoggiato al muro di fronte alla porta d'ingresso ed all'unica piccola finestra. L'immagine era dolce, quasi soave, dipinta in toni d'azzurro su una tavola di legno. Intorno vi erano mille e più lumi, ricavati dai gusci delle noci e perfino dalle conchiglie delle chiocciole, colmi d'olio, sul quale ondeggiavano le fiammelle trattenute da stoppini di spago. Bernardo riponeva grande fiducia nell'abilità del guaritore, la stessa che la popolazione de Gliu Colle e di Palazzolo alimentava con racconti incredibili sui suoi poteri. Mi sembrò l'unica persona a cui rivolgermi in questa circostanza, non sapendo da chi altri andare per chiedere aiuto. La ferita di Bernardo era sempre più preoccupante. Malgrado avessi tolto la palla che si era conficcata nella coscia destra e cauterizzato i tessuti, il recupero tardava ed il mio uomo era in preda a febbre alta da giorni. Delirava ormai gran parte del tempo e a tratti non mi riconosceva nemmeno più. In compenso ne approfittai per farmi rivelare i luoghi dove aveva nascosto il danaro. Se fosse morto avrei avuto di che pagarmi un lasciapassare per lo Stato, perché da sola quella vita alla macchia non l'avrei più voluta fare. Bussai piano e lo chiamai - Zì Vittò, aprite, aprite, pe' carità! - Il vecchio socchiuse appena l'uscio. Mi riconobbe immediatamente, malgrado l'oscurità. D'altro canto di donne armate e vestite da uomo non ne giravano molte da quelle parti e quindi dovette ricollegarmi all'episodio di qualche tempo prima. - Cosa volete da me? Non ho certo quattrini da darvi. - Disse, rivolgendosi a me con gli stessi modi bruschi della volta precedente. - Ajutatemi. L'ommo mio sta male. More, se n'n vinite vuje a salvagli. Ci hau sparato a na zampa e la ferita jetta sangue, i nun su chiude. - E intanto misi un piedi tra la porta e lo stipite - Venite. Fate subbito. Chillo more se non venite a salvargli vuje. - Il vecchio non rispose ma scosse la testa. - Tenite da venì mò. O lu vulite muorto? Eh ma si vuje non venite i v'accido! - Estrassi la pistola che avevo alla cintola. - Rimettiti dentro quella cosa. Non serve. Ti dico che non sono in grado di aiutarti. Andate da qualcun altro. - - I andò vado? I da chi? Gliu mmedico sta a Roccasecca e la Guardia lo sorveglia. Si lu porto a la muntagna, se porta appresso tutta la pulizia! - - Entrate - e tirò l'anta verso di sé per farmi spazio perché passassi. Mi indicò di sedermi su uno sgabello presso il tavolo e lui si pose dall'altra parte. - Cosa avete combinato? Chi avete fatto piangere questa volta? - - Stavolta nau fatto chiagnere a nua! La Guardia n'ha sparato n'cogli mentre iarimo a Monte Claro. Hau coto B'rnardo a na zampa ma non sta bbene. Te' la freu. - - Come hai curato la ferita? L'hai lavata e fasciata? Hai tolto il proiettile? - - Si! So levato gli bossolo. Ma gli buciu era troppo grosso allora so bbruciato dentro con la lama arrujata dugli curtegli. I'ppo' la so lavata e la so' nfasciata. La so lavata e pulita tutti i jorni, ma n'n se chiude. Jetta sangua i B'rnardo te la freu i' se more. - - Hai fatto quello che andava fatto. Se muore o vive non è più per mano d'uomo. - |
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Curiosa di tutto, affamata di stimoli e di vita, sono sempre di corsa, inseguendo mille interessi diversi, perché come diceva un mio amico, quando hai già tanti impegni, trovi sempre lo spazio e il modo per qualcos'altro di nuovo! E così pratico quotidianamente il multitasking e riesco a portare a termine per lo meno due o tre cose contemporaneamente. La scrittura creativa è una delle mie ultime passioni. È arrivata tardi, solo nel 2016, dopo una lunga palestra professionale come insegnante di Lingua e Cultura inglese in un liceo. Allo scrivere ho affiancato un altro grande amore: quello per la Storia, o meglio, per le storie mai raccontate, soprattutto quelle delle donne, dei vinti e dei bambini ed eccomi trasformata in una autrice di romanzi storici, ispirati al mio territorio: il Basso Lazio.
Writer Officina: Qual è stato il momento in cui ti sei accorta di aver sviluppato la passione per la letteratura?
Maria Scerrato: Ho sempre amato la letteratura, lo dimostrano le mie scelte universitarie e professionali. Ma quando quattro anni fa ho pubblicato il mio primo lavoro diventando "autrice". È stato un momento magico, elettrico a dir poco! E ancora non sono scesa dalla giostra!
Writer Officina: Dopo aver scritto il tuo primo libro, lo hai proposto a un Editore? E con quali risultati?
Maria Scerrato: Tramite un amico che aveva letto e lodato Fiori di ginestra, l'ho presentato a un piccolo editore locale che lo ha pubblicato.
Writer Officina: Ritieni che pubblicare su Amazon KDP possa essere una buona opportunità per uno scrittore emergente?
Maria Scerrato: Non ho ancora provato questo canale ma ritengo che rappresenti una delle possibilità immediate più interessanti soprattutto perché consente all'autore di instaurare un rapporto diretto con i lettori e una grandissima libertà, a vantaggio ovviamente della creatività e del prodotto finale che non risente di scelte di mercato.
Writer Officina: A quale dei tuoi libri sei più affezionata? Puoi raccontarci di cosa tratta?
I Maria Scerrato: Finora ho pubblicato tre romanzi: Fiori di ginestra, sulle brigantesse del Lazio meridionale, La guerra delle due Lune, un romanzo di cappa e spada al femminile ambientato nel Risorgimento e Il gentiluomo inglese, una storia d'amore delicatissima tra un grande archeologo e una ragazza del popolo. Tutti e tre le mie creature mi sono carissime ma devo al primo la fama di “brigantessa”!
Writer Officina: Quale tecnica usi per scrivere? Prepari uno schema iniziale, prendi appunti, oppure scrivi d'istinto?
Maria Scerrato: La storia mi fornisce già materiale per trame e personaggi più incredibili di ogni invenzione fantastica. Dedico quindi ad una ricerca storica approfondita molto tempo. Poi cerco di entrare nella psicologia dei personaggi coinvolti e infine mi dedico ad “animarli”. A quel punto i personaggi sono già diventati autonomi e la prima stesura viene da sé. Passo invece molto tempo in operazioni di "asciugatura" del testo e di limatura, nonché di costante revisione.
Writer Officina: In questo periodo stai scrivendo un nuovo libro? È dello stesso genere di quello che hai già pubblicato, oppure un'idea completamente diversa?
Maria Scerrato: Negli ultimi mesi mi sono dedicata alla traduzione, la prima è appena uscita, la seconda lo farà nel 2021. Il prossimo progetto, a cui però sto lavorando almeno dal 2018, è una monografia storica con del materiale inedito rinvenuto durante la stesura de La Guerra delle due Lune. |
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