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L'Angelo nero
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Il Dominio dei Mondi (volume 2)
Il sentiero che univa la Foresta di Tuirver al Grande Passo di Yorayril, sull'altopiano est di Yrissard, pareva brillare agli occhi del ragazzo che, d'istinto, li socchiuse per avere un quadro più chiaro della situazione. Sembrava tutto tranquillo. I filamenti erbosi luccicanti erano tutto ciò che di animato si presentava ai suoi occhi. Smossi dal vento, luccicavano come pietre preziose adagiate sul corpo sensuale di una donna, tanto che lo stesso sentiero pareva danzare sinuosamente. Nascosto dietro al tronco di una gigantesca sequoia, dopo essersi assicurato che nessuno lo seguisse, attraversò il sentiero con uno scatto repentino. Era una carreggiata molto ampia e, soprattutto molto lunga. Rappresentava l'unico punto di raccordo tra i regni delle Alture e i popoli del bassopiano e, in tempi migliori, quando la guerra non aveva ancora inflitto morte e devastazione, era stata frequentata dai commercianti della valle che trasportavano la loro mercanzia sulle Alture. Ora, erano le ronde a frequentare il sentiero, ad assicurarsi che i ribelli delle Alture non giungessero a valle, dove sarebbe stato più facile trovare una via di fuga dal continente, ma la guerra aveva ormai raggiunto ogni luogo, ogni regno. I porti e le coste di Hosirya erano saturi di nemici pronti a colpire senza pietà chiunque si fosse azzardato anche solo avvicinarsi al mare.
Non poteva rischiare di essere scoperto. Una volta inoltratosi nel Grande Passo di Yorayril, il ragazzo cercò subito un riparo sicuro dove nascondersi. Dopo essersi ancora una volta accertato che nessuno lo pedinasse, sempre in maniera furtiva, continuò il suo cammino, acquattandosi di tanto in tanto dietro folti cespugli per poi ripartire ancora, fino a raggiungere la sua meta. Il sacco che portava sulle spalle conteneva frutta, pochi ortaggi e diversi tuberi sradicati nella foresta che si era lasciato alle spalle. Si assicurò che il sacco fosse legato ben stretto e lo gettò all'interno di una piccola insenatura nella roccia, la cui imboccatura permetteva appena il passaggio di una sola persona. Il sacco rotolò giù, sembrava quasi non volesse fermarsi, ma poi qualcuno, di sotto, lo afferrò. Il ragazzo si lasciò a sua volta inghiottire dalla minuscola bocca rocciosa, mimetizzata da rovi e sterpaglia, con cautela discese la roccia sottostante fino a giungere in un'ampia cavità, un'immensa caverna celata nel sottosuolo, dove altre persone, probabilmente sopravvissuti, alloggiavano nascosti, rintanati, lontano da chi, con molta probabilità li avrebbe uccisi. L'uomo che aveva recuperato il sacco, ne svuotò il contenuto in un angolo, dove erano state adagiate altre provviste.
- Tutto qui? -
- Mi dispiace. È tutto ciò che sono riuscito a scovare. C'erano ronde ovunque stanotte. Poi stava per albeggiare. non potevo rischiare di farmi vedere. -
- Tieni! Mangiala e poi vai a dormire un po'. -
Il ragazzo fissava la mela che l'uomo gli aveva offerto, ma non portò avanti la mano. Non ebbe il coraggio di prenderla. - Io. non ce l'ho fatta. Mentre le mettevo nel sacco, ne ho mangiata una. Sentivo che sarei morto se non l'avessi fatto, mi dispiace. Non toccherò cibo fino a domani. -
L'uomo, dall'imponenza dei suoi cinquant'anni, dal viso ossuto e severo reso tale dai sacrifici vissuti negli ultimi tempi, fissava quel ragazzo di appena diciassette anni come se avesse commesso il più efferato dei delitti. Nella grotta, quella che per loro rappresentava l'unico rifugio, una casa, vivevano dodici persone, una comunità unita da regole ben precise che permettevano loro una convivenza pacifica. La priorità del gruppo era di sopravvivere e la regola fondamentale, quella che prevaleva su tutte, era dividere le scorte equamente, con una piccola percentuale in più per chi usciva a caccia di notte.
- Non va bene così! Non. non devi fare questo - diceva a bassa voce. Non voleva che gli altri lo ascoltassero. - Sai quali sono le regole. Che penseranno gli altri? Se è scappata a te la prossima succederà a qualcun altro e poi a un altro ancora. Che le facciamo a fare le regole! -
- Non mangerò per due giorni allora. -
- Falla finita. Prendila, ho detto! Si chiederanno perché non mangi. -
- Ma io non. dovrei. -
- Ho detto mangia! -
Divisero tra loro metà delle provviste accumulate nell'angolo, tenendo l'altra metà per la sera. Se ne sarebbero cibati prima di uscire. A chi toccava il turno dei rifornimenti era riservata mezza porzione in più per acquisire maggiori energie, utili magari per fuggire, arrampicarsi o battersi con il nemico.
- Broudush. -
- Che vuoi ragazzino? -
- Grazie. -
Broudush, colui che in un certo senso rappresentava il capo del gruppo, diede una pacca sulla spalla del giovane Kyghol. Un po' perché Broudush vedeva in quel ragazzino il figlio che aveva perso, un po' perché Kyghol a sua volta scorgeva in lui il padre che non aveva più, si era instaurato tra i due un rapporto di reciproco affetto e, soprattutto, di rispetto. Era inoltre il più giovane tra tutti e non c'era distinzione di età quando si trattava di uscire per i rifornimenti, rischiando la vita a causa delle ronde. Ma di questo, Kyghol, non aveva mai avuto a lamentarsi, non si tirava mai indietro ed era sempre pronto a dare il suo contributo per il bene della comunità. Seduti intorno a un piccolo falò, allestito in un punto della grande caverna dove le crepe tra le rocce aspiravano meglio il fumo, ognuno raccontava la propria avventura vissuta durante la caccia notturna. Sui loro volti si leggeva l'esasperazione per un modo di vivere che non avrebbero sopportato a lungo. La fame la faceva da padrone. Scandagliare i boschi alla ricerca di cibo era un rischio altissimo che potevano permettersi solo di notte. Le guardie nemiche erano astute, si muovevano senza torce, non emettevano il minimo rumore e spesso rimanevano appostate sugli alberi con l'arco sempre teso e una freccia pronta a scoccare. Uscire di giorno sarebbe peggio, si offriva al nemico una visuale migliore per colpire. Rifugiarsi sulle montagne sarebbe stato più sicuro, ma la speranza di sopravvivere si sarebbe ridotta al minimo. Non c'era il rischio di essere scoperti poiché la sorveglianza sulle cime dei monti era ridotta, ma presto le vette avrebbero accolto, come ombre affamate di luce, la bianca e soffice carezza cristallina. Neve e ghiaccio avrebbero inghiottito presto ogni roccia, albero e filamento erboso, per cui la possibilità di trovare cibo, vegetale o animale, si riduceva a zero. Alcuni gruppi, però, preferivano il rigido e implacabile inverno delle Alture affrontando la difficoltà di ricercare il cibo, l'acqua e il fuoco, piuttosto che rischiare di incorrere in una morte peggiore. La grande caverna, dove il gruppo di Broudush aveva trovato riparo, era situata a circa trecento metri sul livello del mare. Non tanto in basso da rischiare di essere scoperti, né troppo in alto, con il pericolo di patire il freddo e la fame. Le zone a valle erano maggiormente presidiate, soprattutto le fasce costiere e le località portuali. Giacché nessuno aveva la facoltà di volare, il mare rappresentava l'unica via di fuga da Hosirya. Numerose navi supervisori erano poste di guardia intorno al continente e le ronde terrestri pattugliavano le terre hosiryane giorno e notte, alla ricerca dei ribelli. L'ordine irremovibile per coloro che si erano arresi al dominio di Roshas, era quello di permanere all'interno del proprio reame, casata o villaggio. Chi fosse stato sorpreso fuori dal proprio centro di appartenenza, sarebbe stato trucidato senza pietà.
Lyen'al, la donna più giovane della compagnia, una trentacinquenne bruna, dal corpo magro e tonico e un viso costellato da minuscole rughe che le attribuivano un'aria stanca e pesante, ravvivava ogni tanto il braciere, gettando rametti di quercia.
- Ho incontrato Emhos e Tehrsyer stanotte. Hanno attaccato una ronda. Tre guardie. Le hanno sepolte, hanno preso le loro armi e i cavalli. Nessuno di noi si è mai comportato così. Ho chiesto loro perché. Non hanno intenzione di vivere questa situazione in eterno, hanno detto. Vogliono accumulare più armi possibili, attaccheranno una ronda ogni notte. D'ora in avanti andranno solo a caccia di ronde, le sopprimeranno, un po' alla volta, come hanno fatto con noi. A poco a poco si sono presi tutto, le nostre terre e le nostre vite, e noi stiamo qui a morire. -
- Non m'importa cos'abbiano intenzione di fare - ingiunse Broudush. - Sono al di sopra delle nostre forze e, al di là di quante armi e combattenti riusciremo a mettere insieme, non potremmo mai affrontarli. Le ronde sono l'ultimo dei nostri problemi. Chi affronterà l'esercito di Roshas o quello dei regni che si sono alleati con lui? Noi? -
- Cercheranno altri ribelli. Vogliono che uniamo le nostre forze - insisteva Lyen'al.
- Non rischierò la vita del mio gruppo. Chiunque sarà libero di unirsi a Emhos, qualunque sia il suo piano suicida. Io guardo la realtà con gli occhi, non attraverso i sogni, e non serve essere un genio per capire che è impossibile uscire vivi da un contrattacco. -
Lo sguardo di Lyen'al ricadde sulla brace ardente; i piccoli pezzi di quercia venivano già divorati dalle lingue di fuoco e, quella che per lei si era rivelata come una flebile speranza, bruciava ora in mezzo a quelle fiamme. - Potremmo almeno nutrirci dei loro cavalli e impossessarci di qualche arma in più. -
- Lyen'al, io ti capisco, lo sai? Il gruppo di Emhos conta per la maggior parte combattenti che hanno disertato, soldati che non hanno voluto cedere al dominio dei nuovi padroni. Loro sono in gran numero, noi soltanto in dodici. Contiamo tre donne, di cui due non tanto giovani, un ragazzino, tre contadini, due servitori, un fabbro e poi ci siamo io e Doirthur che ce la caviamo un po' con la spada. Ovunque ci avventurassimo non avremmo scampo. Io non ti obbligherò a restare Lyen'al, sei libera di unirti al gruppo di Emhos. Questo vale per tutti voi, non sarò io a fermarvi se deciderete di andare, ma sappiate che non vivrete abbastanza da rivedere la vostra terra libera. -
Gli scoppiettii arzilli della legna in fiamme sovrastavano il silenzio cupo che aleggiava ora nella caverna. Sguardi confusi e indiscreti si passavano la staffetta da uno all'altro, dubbi e perplessità si leggevano sui loro volti, finché la giovane voce di Kyghol non si udì rimbombare in quella stasi silenziosa.
- Broudush ha ragione, non abbiamo speranze contro di loro. -
- Sta' zitto tu, sei solo un lattante. - Veder sfumare l'occasione di una rivoluzione aveva messo di cattivo umore la povera Lyen'al che, con un atteggiamento quasi nevrotico, insisteva a gettare legnetti nella brace ardente.
- Io non sono un lattante! -
- Ah no? E chi pensi di essere? Un moccioso allora! Che ne può sapere un lattante come te di guerra? -
- Sicuramente più di te, contadinotta stupida. -
- Fatela finita, basta! - intervenne Broudush.
Il silenzio tornò nuovamente ma, per l'ennesima volta, dopo alcuni attimi, Kyghol lo interruppe ancora.
- Ho diciassette anni, non sono un moccioso. -
- Ho detto basta! -
- No! - Kyghol si alzò in piedi, piuttosto irritato. - Solo perché sono il più giovane, non mi va di essere considerato l'ultima ruota del carro. Io. io sono utile qui. Faccio tutto quello che fanno gli altri e a volte lo faccio anche meglio. Sono più veloce, più furbo e non mi sono mai tirato indietro, qualunque sia il compito che devo svolgere. -
- Kyghol, nessuno lo sta mettendo in dubbio. -
- Lei! - urlò, puntando il dito verso la contadina ribelle. - È lei che lo dubita. Mio padre. mio padre mi ha insegnato a combattere. Lui. - diceva rattristandosi - mi ha insegnato a tirare di spada, a picchiare duro e a difendermi. So lottare grazie a lui. Lui era. era. - balbettava - era forte. Era valoroso. Lui era un guerriero vero. -
- E dov'è ora questo forte guerriero? - chiese Lyen'al con una certa ironia.
- Falla finita, Lyen'al. - Ora anche Doirthur cominciava a innervosirsi alle sue battute. - Mi sembra logico, no? Se suo padre fosse vivo, sarebbe con lui ora. Non è così, Kyghol? Saresti insieme a tuo padre se fosse ancora vivo, vero? -
- Lui ha sacrificato la sua vita per salvarmi. Per salvare me, mia madre e altre persone che erano con noi. Ha affrontato da solo un'orda di nemici per permetterci di fuggire. -
Ognuno di loro aveva perso qualcuno. Chi un figlio, chi un fratello, una madre, un amico caro. Si rattristarono e per la terza volta il gruppo cedette al silenzio, ma questa volta fu Lyen'al a romperlo.
- Mi dispiace. - Sembrava essersi ammorbidita. - E dov'è ora tua madre? -
- Non sono riuscito a proteggerla. Alla fine ci hanno raggiunto. Mentre fuggivamo, uno per volta venivamo infilzati dalle frecce. Mia madre. non so dove abbia preso tutta quella forza. mi ha afferrato e lanciato lontano, oltre la cascata. Mentre cadevo giù, in balia di quell'immensa forza schiumosa, soffocavo, credevo di morire e forse sono morto. Ma poi mi sono risvegliato qui, in questa caverna. Non so che fine abbia fatto mia madre, ma presumo la stessa degli altri. Non serve a niente mettersi contro di loro. -
Lyen'al sospirò. - Da come ne parli, sembra che tuo padre non fosse poi un contadino, vero? -
- Mio padre era Chrosand, figlio di Thrand. -
- Chi? Chrosand! Ti riferisci al Primo Cavaliere dei Vexidor? -
- Lo conoscevi? -
- Non di persona. -
- Di lui si sentiva parlare spesso - intervenne Doirthur. - Era la colonna portante della Casata. Dicevano che era un brav'uomo. Passai da quelle parti quando vagavo ancora solo, alcuni mesi fa. Mi ritrovai dinanzi a un vero e proprio massacro, la Casata era stata letteralmente sterminata. -
Il continente hosiryano aveva una struttura sociale diversa da Veliria. Dove da una parte il re, a capo del suo Regno, rappresentava la massima carica politica, dall'altra invece Reami, Casate e Cittadine costituivano una sorta di società piramidale, dove il Reame rappresentava l'apice. Da qui si distaccava la Casata, regno minore e indipendente. L'Imperyus era il massimo esponente della carica politica, un governatore se vogliamo, cui faceva riferimento il Primo Cavaliere della Casata. Quest'ultimo era a capo del Consiglio Supremo, dell'organizzazione militare e rappresentava il sostituto dell'Imperyus qualora se ne presentasse la necessità. Le Cittadine erano invece minuscole borgate sparse ovunque nel continente e rappresentavano un po' l'anima popolare. Il Sommo Ufficiale governava la Cittadina insieme ai Ministranti che stabilivano le leggi in base all'Ordinamento scaturito dalla Casata di appartenenza, la quale a sua volta, nonostante l'indipendenza, dal punto di vista legislativo, doveva rendere conto all'apice, cioè il Reame.
- E va bene! Sei riuscito a intenerirmi il cuore, moccioso, ma dovrai portarmi rispetto d'ora in avanti. Non osare più chiamarmi contadinotta. -
- A una condizione. -
- Quale? -
- Non chiamarmi più moccioso. -
- Affare fatto. -
I due si strinsero la mano in segno d'intesa, stipulando un accordo irremovibile. Un'alleanza che non li avrebbe più separati, un patto irreversibile che nessuno dei due avrebbe mai più sciolto.
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Mi chiamo Nunzia e sono salentina. Vivo a Copertino, in provincia di Lecce e lavoro in un'azienda agricola di un paese vicino. Sono sposata, ho tre figli, un nipotino di tre anni, un cane, un gatto e quattro tartarughe. Amo la natura e tutto ciò che ne fa parte, lo dimostra l'enorme quantità di scatti che conservo sullo smartphone raffiguranti tramonti, fiori, boccioli, panorami, ragnatele intricate coi loro ragni pazzeschi e tanto altro. Ho conseguito una qualifica di assistente per l'infanzia prima di sposarmi e trasferirmi a Roma dove sono nati e cresciuti i miei figli. Sono una persona curiosa, sempre in cerca di conoscenza. Mi piace imparare, scoprire e non dipendere da nessuno. Sono spesso su internet a fare continue ricerche sugli argomenti più svariati, soprattutto quando sono in fase di scrittura.
Writer Officina : Qual è stato il momento in cui ti sei accorta di aver sviluppato la passione per la letteratura?
Nunzia Alemanno: Questa è una domanda legittima da rivolgere a una scrittrice, ma la mia sarà una risposta un po' fuori dagli schemi. Credo di essere una delle poche, se non l'unica autrice che non abbia mai avuto una grande passione per la letteratura. - Sacrilegio! - si sentirà gridare. E non è tutto: leggo pochissimo ma più che altro per mancanza di tempo, pochi autori a cui sono molto legata. - Ma com'è possibile? Nessuno diventa uno scrittore in questo modo - . Che sia un mito da sfatare? Non lo so, ma mi piacerebbe pensare che in questo momento sto dando una speranza a chi piacerebbe intraprendere questa strada quando pensava che non avrebbe mai potuto farlo. Tornando alla legittima domanda, la mia passione per la scrittura è nata oltre i quarant'anni, per gioco, nel vero senso della parola. Si trattava di un gioco su un forum, che consisteva nello scrivere un racconto tutti insieme: ognuno, di volta in volta, doveva accodarsi a quello che scriveva l'altro, tenendo fede al genere e alla trama. Una specie di staffetta letteraria. È stato divertente, ma la cosa più bella è che ha acceso in me una piccola scintilla che è divampata in quella che oggi è una grande passione.
Writer Officina : C'è un libro che, dopo averlo letto, ti ha lasciato addosso la voglia di seguire questa strada?
Nunzia Alemanno: Ci sono stati libri che ho sicuramente amato come - La casa nel buio - di Stephen King e Peter Straub, o - La biblioteca dei morti - di Glenn Cooper, ma dire che mi abbiano spinto a intraprendere la strada della scrittura, non è stato così. La voglia di incidere tutto da un'altra parte, fantasia, emozioni, storie, intrighi, è arrivata per puro caso, al di fuori delle regole culturali che mi sono divertita a infrangere.
Writer Officina : Dopo aver scritto il tuo primo libro, lo hai proposto a un Editore? E con quali risultati?
Nunzia Alemanno: Il mio primo libro è - L'Egemonia del Drago - , nato inizialmente come unico volume, diventato in seguito il primo della trilogia - Il Dominio dei Mondi - . L'entusiasmo della prima opera mi ha portato a spedire il manoscritto a diversi editori ricevendo risposte deludenti. Nonostante si trattasse di case editrici free, chiedevano sostanziosi contributi perché ero una scrittrice sconosciuta. Da una parte sono rimasta amareggiata per questo comportamento, ma poi ho scoperto l'auto pubblicazione e mi si è aperto un mondo.
Writer Officina : Pubblicare su Amazon KDP è stata una scelta vincente?
Nunzia Alemanno: Ultra vincente, direi. Amazon pubblica a livello planetario, è una piattaforma che detiene oltre il 40% del mercato solo negli Usa e conta milioni di iscritti, per non parlare degli abbonati ai tanti servizi che offre. La sua biblioteca è ricchissima di pubblicazioni e credo sia l'unica piattaforma che metta a disposizione molti vantaggi in cambio dell'esclusiva. Penso che Kdp offra grandi occasioni a chi decide di farsi strada da solo; dà la possibilità di distribuire il proprio libro gratuitamente per pochi giorni ogni tre mesi, e questo rappresenta una grande opportunità, per chi è sconosciuto, di farsi notare. È stata la strada che io stessa ho percorso agli inizi della mia carriera letteraria e, sinceramente, mi è stata di grande aiuto.
Writer Officina : A quale dei tuoi libri sei più affezionata? Puoi raccontarci di cosa tratta?
Nunzia Alemanno: Beh, come si dice... il primo amore non si scorda mai. Non è tanto ciò che tratta, quanto ciò che rappresenta che lo rende importante per me. L'Egemonia del Drago è quello a cui sono legata di più. È stato il mio libro d'esordio, un esordio avvenuto in po' alla cieca, ignorando completamente le regole della scrittura. Pensavo che avere un po' di fantasia e conoscere la grammatica fosse sufficiente a scrivere un libro, ma era ovvio che mi sbagliavo. L'Egemonia del Drago è quello che ha ricevuto più critiche, quello che mi ha aiutato a crescere, che mi ha spinto a studiare, a imparare, a non arrendermi, tant'è vero che alla pubblicazione del secondo volume della trilogia, L'Angelo Nero, qualcuno scrisse in una recensione che addirittura non sembrava scritto dalla stessa mano. Stavo imparando e stavo crescendo. A oggi, posso dire che la scrittura fluisce spontanea e naturale, come se facesse parte della mia vita da sempre. È sbocciata un po' in ritardo, ma meglio tardi che mai. L'Egemonia del Drago tratta una branca del fantasy un po' particolare, definita Low fantasy. La storia di svolge in due ambientazioni diverse in cui fantasia e realtà si passano la staffetta di continuo, un fantasy epico che viaggia a braccetto con la realtà dei nostri giorni, dove protagonista è un bambino di sei anni, Karl. In un giorno come tanti, Karl viene rapito e nascosto in questo mondo immaginario, lontano dalla sua Danimarca, dalla sua famiglia e dai suoi amici. Qui vive diverse avventure e peripezie; il sangue che scorre nelle sue vene marca in modo indelebile il suo destino. Essendo nato come singolo volume, il libro è autoconclusivo. Poi ho sentito la mancanza dei personaggi, dei luoghi, delle avventure... ed ecco che la storia continua.
Writer Officina : Quale tecnica usi per scrivere? Prepari uno schema iniziale, prendi appunti, oppure scrivi d'istinto?
Nunzia Alemanno: Inizialmente è solo un'idea senza uno schema ben preciso. In uno dei miei libri avevo già in mente il finale è ho iniziato da lì. Durante la stesura di - Naufraghi di un Bizzarro Destino - avevo raccolto decine e decine di appunti alla rinfusa, scene e situazioni che mi venivano in mente in qualsiasi momento della giornata e che appuntavo sul notes dello smartphone per non dimenticarle. Per altri libri ho avuto un inizio, credevo di avere anche un percorso, ma la storia mi ha messo da parte e ha deciso per sé. Quando mi sono accostata alla scrittura, tutto avrei pensato tranne che i miei libri si sarebbero scritti da soli. È magia.
Writer Officina : In questo periodo stai scrivendo un nuovo libro? È dello stesso genere di quello che hai già pubblicato, oppure un'idea completamente diversa?
Nunzia Alemanno: Avevo intrapreso un progetto tempo fa: Venator Project. Una saga che vede protagonisti i Venatores, i guerrieri della Chiesa, i cacciatori di demoni e di tutto ciò che fa parte del soprannaturale. Per ora il progetto si compone di un prequel - Venator-L'Incubo dell'Inferno - che, per così dire, apre le danze. Lo segue a ruota il romanzo - Quella Bestia di mio Padre - dove Alex scoprirà qualcosa di sconcertante su suo padre. La mia intenzione è quella di proseguire la storia, in cui il giovane Alex seguirà le orme di - quella bestia - di suo padre, diventando lui stesso un cacciatore di demoni. Come citano le ultime parole del mio romanzo: Non serve fuggire. Non serve nascondersi. Il male va affrontato e il modo migliore per farlo, è conoscerlo.
Writer Officina : Nella tua bibliografia compaiono generi molto diversi tra loro. Sei passata dal fantasy al paranormal thriller, dal genere romance a una storia di narrativa per ragazzi. Secondo te, un autore dovrebbe tener fede a un unico genere?
Nunzia Alemanno: Per uno scrittore famoso o per chi lo fa per professione è consigliabile che marchi il suo nome con un singolo genere. Ho qualche difficoltà a pensare a Stephen King che pubblica all'improvviso un erotico o un romanzo di narrativa storica. Non è detto che non lo faccia con uno pseudonimo diverso, ma Stephen King appartiene all'horror e non si discute. Per me il discorso è diverso. Io non lo faccio per professione. Per me è un gioco, un hobby divertente ed evasivo e non sento l'obbligo di fossilizzarmi su un unico genere. Mi piace essere libera, variare, sperimentare nuove emozioni perché ogni genere origina emozioni diverse, per me che scrivo e per gli altri che leggono. È la mia natura quella di guardare sempre oltre, in direzioni diverse. Voglio che i miei lettori sappiano che Nunzia Alemanno non si limita a una singola fetta di lettori e farà del suo meglio per accontentarli tutti. |
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