Writer Officina
Autore: Elisabetta Gallus
Titolo: Ho urlato il tuo nome
Genere Romanzo Drammatico
Lettori 215 1 1
Ho urlato il tuo nome
La panchina era fredda sotto di loro, e la striscia argentea del riflesso lunare danzava sulle onde scure del mare. Erika fissava quel bagliore come se fosse l'unica cosa che contasse, il silenzio tra lei e Andrea ormai troppo pesante. Lo skate park era animato da luci e suoni distanti, invaso da ragazzi che chiacchieravano vicino alle rampe, dal rumore delle ruote degli skateboard sull'asfalto, e qualche risata isolata. Ma dove erano seduti Erika e Andrea regnava la calma di quello spazio appartato. Un lampione guasto li avvolgeva in un'oscurità che sembrava fatta apposta per nasconderli, il muretto coperto di graffiti e gli alberi intorno creavano un piccolo angolo fuori dal tempo.
“Cosa vuoi dirmi?” chiese Erika all'improvviso, interrompendo il silenzio di piombo. Andrea si prese un momento prima di rispondere.
“Volevo solo vederti... sapere cosa ne pensi di quello che sta succedendo tra noi.”
“Cosa sta succedendo? Magari me lo spieghi tu.” Erika lo guardava, la luce della luna illuminava appena il suo viso, accentuando i contorni tesi della sua espressione. Andrea distolse lo sguardo, fissando un punto indefinito.
"Non lo so! Non so cosa mi sta succedendo. So solo che è complicato.” Erika rise amaramente, scuotendo la testa.
"Complicato, dici? Certo, come tutto quello che riguarda i bugiardi.” Si alzò di scatto. Mettendosi davanti a lui.
“Dimmi la verità. C'è un'altra?”
"Non dire cazzate, Erika!” protestò Andrea, esasperato da quella sua affermazione. “Cazzate?” Gli occhi di lei si accesero di rabbia. “Non negarlo. Tu vuoi solo giocare con me? Entrarmi nelle mutande e basta, vero?'” Andrea sbottò, la sua voce era carica di frustrazione e sgomento per i pensieri di lei.
“E tu? Chi era il tipo al quale controllavi le tonsille con la lingua l'altra sera?” Partì all'attacco. La domanda colpì Erika come uno schiaffo.
Scosse la testa incredula, poi si voltò e iniziò a camminare via, con passo veloce. Voleva allontanarsi il più velocemente possibile da lui. Andrea rimase immobile, guardandola mentre attraversava lo skate park. La rabbia si mescolava a una sensazione più dolorosa, più profonda. Il suo cuore sembrava fermarsi a ogni passo che lei faceva lontano da lui, finché non divenne solo un'ombra. Un puntino nero contro il buio della notte. Restò lì, fermo, incapace di muoversi, con il respiro pesante. Aveva perso le parole, e ora stava perdendo anche lei. Poi, quasi senza pensare, si alzò di scatto e iniziò a correre. Ogni passo rimbombava nel silenzio, ogni battito del cuore era un ruggito nelle sue orecchie. Erika era lontana, ma il movimento la rendeva visibile, più definita. Lei attraversò la strada, un lampione dall'altro lato la illuminò per un attimo prima che svoltasse in una via laterale. Andrea aumentò l'andatura. L'asfalto era duro sotto i piedi, e il sangue gli pulsava nelle tempie. Quado arrivò in prossimità della carreggiata, non esitò. Si lanciò, quasi cieco, il fiato corto, ignorando un'auto che frenò bruscamente per evitarlo. Raggiunse l'angolo della via e girò, senza rallentare. Appena svoltato, la vide. Erika alzò lo sguardo, sorpresa dalla sua presenza inaspettata. L'impatto fu inevitabile. Si scontrarono, e lei cadde a terra. Andrea si chinò su di lei, ansimando.
"Erika, tutto ok?” Lei lo scansò con rabbia, rialzandosi da sola e spolverandosi i jeans.
“Che cosa fai, Andrea? Ora mi insegui?”
Lui non rispose subito, osservando la borsa di lei che giaceva a terra. Vide il pacchetto di sigarette, lo raccolse, e se lo rigirò tra le mani. “Non sapevo che fumassi.”
"Non è affare tuo quello che faccio,” ribatté lei, strappandoglielo di mano.
Andrea la fissò, il respiro ancora irregolare.
'Ti prego, aspetta. Parliamone.”
Erika incrociò le braccia. “Parlare di cosa? Non c'è niente da dire, Andrea. Vai per la tua strada, a farti le tue scopate. Io andrò per la mia, a farmi le mie.” “Ti prego,” le disse, il tono sincero, quasi disperato.
"Non è come sembra. Dammi del tempo per spiegarti.” Erika esitò.
Per un momento, nei suoi occhi passò qualcosa: un'incrinatura nella sua decisione di sparire dalla sua vita per sempre. Stava per cedere alla richiesta di Andrea. Fino a quando il telefono di lui iniziò a squillare. Andrea guardò il display, e con un gesto le chiese di aspettare in silenzio. Parlò per pochi secondi, la voce ridotta a un sussurro, poi riattaccò.
"Chi era?” chiese Erika, la voce fredda.
Andrea non rispose, tornando invece al suo appello.
"Dammi una possibilità, ti prego.”
Lei lo scrutò a lungo, il viso indecifrabile. Alla fine gli permise di avvicinarsi a lei e lo lasciò baciarla, ma non rispose a quel bacio come lui avrebbe sperato, non si abbandonò del tutto. Si staccò dopo un istante e lo salutò con freddezza, allontanandosi senza voltarsi. Lui rimase fermo per qualche secondo, poi si voltò e prese la strada di casa.
Andrea varcò la porta di casa come una furia. Il cuore ancora martellante per l'incontro con Erika e per la chiamata ricevuta. Ogni passo riecheggiava nel silenzio del piccolo appartamento, interrotto solo dal respiro irregolare che gli riempiva le orecchie. Si precipitò in camera e aprì l'armadio con uno strattone, le ante cigolarono mentre il suo sguardo correva in alto, verso il ripiano dove teneva la cassetta di ferro. La tirò giù con un gesto deciso, appoggiandola sul letto. Le dita tremavano mentre digitava la combinazione: 1-8-0-3. Lo scatto del meccanismo fu quasi soffocato dal rumore del sangue che gli rimbombava nelle tempie. Sollevò il coperchio e osservò la pistola. Era lì, lucida e fredda e perfettamente pulita... anonima, un oggetto tanto familiare quanto alieno ma sicuro. La prese con una mano, pesandola per un attimo. Ogni dettaglio sembrava amplificato, il metallo gelido contro la pelle calda, il clic sordo del caricatore che si innestava al suo posto. Non era nuovo a quel tipo di routine, ma quella sera aveva un sapore diverso, più acuto. Infilò la pistola nella fondina, che sistemò sulla pendice del fianco, nascosta sotto la maglietta nera. Respirò profondamente. Il petto che si alzava e abbassava con forza. Il ricordo delle parole di Sarah al telefono lo tormentava: “Preparati, dobbiamo andare. I genovesi vogliono incontrarmi. Non mi hanno detto altro, ma è urgente.” Non c'erano state spiegazioni, solo un ordine che lasciava intendere quanto fosse delicata la situazione. Afferrò le chiavi della macchina e uscì di casa, chiudendo la porta dietro di sé.
Salì sull'auto, accese il motore e partì. Il tragitto dall'appartamento di Andrea fino all'albergo di Sarah si snodava tra le strade silenziose di una Genova notturna, avvolta dalla brezza salmastra del mare. Superando Albaro, Andrea si immise sulla strada litoranea, una lingua d'asfalto che sembrava quasi sfiorare le onde del mare. I lampioni proiettavano fioche luci sul marciapiede deserto, dove l'unico suono era il lieve sciabordio dell'acqua contro gli scogli. Il mare nero, sconfinato si allungava alla sua destra, un abisso denso e misterioso, mentre alla sua sinistra le case sonnecchiavano, silenziose e immobili. Attraversò Quarto dei Mille, dove la statua Dei Mille si ergeva imponente in una piccola piazza sul lungomare. Il monumento sembrava un guardiano silente, testimone di numerose storie passate, con lo sguardo rivolto verso un orizzonte che non dormiva mai. Andrea rallentò un attimo, lasciando che il suo sguardo scivolasse su quella figura che sembrava osservare il mare come un vecchio fedele amico. Giunto a Nervi, abbandonò la strada costiera e si addentrò nelle vie interne, dove l'atmosfera cambiava. I vicoli stretti e tortuosi sembravano stringersi intorno alla sua macchina, i fari tagliavano il buio e illuminavano brevi tratti di mura in pietra e antichi cancelli. Il silenzio era ancora più profondo, rotto solo dal rumore monotono del motore della sua auto. Infine, il panorama si aprì, e davanti a lui apparve l'albergo di Sarah, una struttura che dominava sulla città e il mare. L'edificio, con il suo stile imperiale e la sua imponenza, ricordava un Re che osserva il suo regno dall'alto, orgoglioso e immobile nel suo splendore. Era circondato da un ampio giardino, dove siepi perfettamente tagliate e alberi maestosi parevano disegnati per impressionare chiunque osasse avvicinarsi. Andrea rallentò mentre andava verso il grande cancello in ferro battuto che sembrava scolpito a mano, un'opera d'arte che incuteva rispetto. L'accesso si aprì davanti a lui, come se lo riconoscesse, lasciando spazio al vialetto in pietra che conduceva al parcheggio. Posteggiò in uno degli spazi riservati ai clienti e scese, sistemandosi la maglia sopra i pantaloni e lasciando che lo sguardo scivolasse verso l'edificio signorile. La striscia di luci LED, incassata nel pavimento, gli indicava la via dalla piccola scalinata fino alle alte porte in vetro e legno dell'ingresso. Si avviò con passo sicuro. Entrando, si trovò avvolto da un'atmosfera che trasudava lusso e potere. La reception, luminosa e curata nei dettagli, era presieduta da un receptionist elegante, intento a lavorare al computer. Andrea fece un breve cenno con la testa, un gesto tanto rapido quanto naturale, a cui l'uomo rispose con un sorriso educato, anche se appena accennato, prima di tornare alle sue faccende. Senza fermarsi, si diresse verso l'ascensore. Le porte lucide riflettevano il suo corpo come uno specchio, erano incorniciate da due enormi piante verdi che aggiungevano un tocco di colore al marmo freddo e austero del pavimento. Premette il pulsante e attese, il riflesso del suo volto rivelava una tensione che cercava di nascondere. La porta si aprì con un leggero rumore. Andrea premette subito il pulsante del piano in cui alloggiava Sarah.
Elisabetta Gallus
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Elisabetta Gallus
Sono una persona comune che a differenza di altre ha solo una vita leggermente meno ordinaria. Sono nata e cresciuta a Genova ma nelle mie vene scorre sangue sardo, e proprio da buona sarda in me primeggia la testardaggine, caratteristica che mi ha salvato e continua a salvarmi nelle mie imprese. Infatti sono quel tipo di persona che guarda in faccia i problemi e li sfida con il sorriso anche quando colpiscono duro. Da qualche anno condivido la mia esistenza con una malattia, la sclerosi multipla, forse uno tra i più grandi ostacoli che la mia vita fatta di obbiettivi deve affrontare ogni giorno ma che mi ha anche spinta a cercare e trovare la felicità. La mia “rinascita” è stata possibile dopo uno schiaffo violento che mi ha posto difronte a due scelte, ovvero fermarmi e farmi schiacciare oppure andare avanti con prepotenza e travolgere tutto quello che avrebbe cercato di fermarmi. La seconda opzione mi è sembrata la più logica, sicuramente più complicata, ma decisamente la più sensata. Mi sono rimessa in gioco, non ho cercato le opportunità ma le sto creando giorno dopo giorno, sono partita così dalla pubblicazione di Occhi Invisibili, the time diary e studio Lettere Moderne all'Università. Non ho idea di cosa il futuro mi riservi, sono solo grata di averne uno e nel frattempo scrivo.

Writer Officina: Qual è stato il momento in cui ti sei accorta di aver sviluppato la passione per la letteratura?

Elisabetta Gallus: In realtà la letteratura mi ha sempre incuriosita, devo ringraziare una mia Prof. delle medie che ha saputo trasmettermi la passione per la lettura, contribuendo in buona parte ad accrescere e alimentare la mia voglia di conoscere. Mi ha mostrato la meraviglia di guardare il mondo e le persone attraverso i libri. Ho acquisito nel tempo un approccio “strano" con ciò che leggo, non mi soffermo al testo ma scavo a fondo alla ricerca di tutto quello che non è visibile con l'inchiostro, sono attirata dalla personalità dell'autore. La mia passione è diventata anche questa. Quindi non solo amo scrivere ma soprattutto leggere e sperimentare.

Writer OfficinaWriter Officina: C'è un libro che, dopo averlo letto, ti ha lasciato addosso la voglia di seguire questa strada?

Elisabetta Gallus: Se devo essere sincera non c'è un libro che mi ha stimolata a scrivere anche per pubblicare, sicuramente ho delle preferenze tra gli autori, ma ho sempre reputato il mestiere dello scrittore come qualcosa di irraggiungibile e lontano per me, non ho proprio mai preso in considerazione la possibilità di intraprendere una carriera di questo genere. Ho scritto semplicemente perché avevo e ho qualcosa da dire e raccontare.

Writer Officina: Dopo aver scritto il tuo primo libro, lo hai proposto a un Editore? E con quali risultati?

Elisabetta Gallus: Si, ed è stato un vero disastro! Ho preso una bella cantonata, ho sfiorato la fregatura. Ma ci sta, è giusto che sia successo anche questo, tutta esperienza. Ricordo di essermi arrabbiata parecchio, principalmente con me stessa per la mia ingenuità quindi ho agito di orgoglio e dopo avere rescisso il contratto, ho optato per il self publishing. Ho ricevuto, nel frattempo, anche altre proposte editoriali che ho rifiutato, ho scelto di gestire i miei errori e successi da sola almeno per questa prima esperienza, ho provato l'ebrezza della leggerezza e libertà di potere decidere totalmente quale linea seguire senza costrizioni o obblighi. Per il prossimo libro valuterò ancora il self publishing ma non nego che cercherò anche qualche casa editrice seria disposta a scommettere su di me.

Writer Officina: Ritieni che pubblicare su Amazon KDP possa essere una buona opportunità per uno scrittore emergente?

Elisabetta Gallus: Credo che Amazon KDP possa essere una buona vetrina per noi emergenti, è uno strumento che dobbiamo imparare a sfruttare. Ci consente di raggiungere sicuramente più lettori, che poi possono diventare perché no, anche dei fan che iniziano a leggere e collezionare ogni nostro lavoro. Amazon KDP facilita la divulgazione ma occorre anche un buon lavoro di marketing e promozione per arrivare a raggiungere i primi risultati attraverso tutti i canali possibili a nostra disposizione.

Writer Officina: Quale tecnica usi per scrivere? Prepari uno schema iniziale, prendi appunti, oppure scrivi d'istinto?

Elisabetta Gallus: Per OCCHI INVISIBILI, the time diary ho scritto di getto, senza tecnica o schemi. Nasce come terapia e come tale ho lasciato che la mia mente vagasse libera, ho voluto eliminare ogni forma di costrizione. Mi sono permessa di agire in questo modo solo per eliminare i filtri, il libro è ideato come “supporto" per chi come me si è ritrovato di punto in bianco a vivere dentro una pelle differente e che non abbiamo scelto di indossare, spesso chi ci sta intorno non comprende fino in fondo il nostro stato d'animo e le difficoltà fisiche, mentali che trasformano qualcosa di naturale, come ad esempio il semplice sollevare una tazza o legarsi le scarpe e stare in piedi senza cadere, parlare o scrivere, in una sfida. Quindi ho ritenuto importante mostrarmi senza veli e ho potuto farlo solo eliminando le regole, lasciando gli errori dove si trovavano, utilizzando un linguaggio scritto il più possibile vicino a quello parlato. Non mi sono rivolta ad un pubblico di “letterati” o linguisti ma di persone che mentre leggono il mio libro sentono la mia voce e mi possono vedere e toccare se allungano la mano, e lo fanno perché sentono la necessità creare un legame con me. Era questo il mio obbiettiva e sono fiera di averlo raggiunto. Sono consapevole di avere scritto qualcosa di molto poco commerciale, di diverso e facilmente criticabile dalla massa proprio per la sua struttura, non è stato pensato per fare grandi numeri ma solo per quei pochi lettori in grado di capirlo e apprezzarlo. Il discorso cambia radicalmente per il libro in lavorazione, per il quale ho dovuto studiare i personaggi, la trama, ragionare su ogni singolo capitolo, documentarmi su tantissime cose. Ho viaggiato tra le vie di Chicago con il satellite di Maps, visitato i parchi di mio interesse delle zone del Michigan. Imparato tecniche di combattimento, chiesto aiuto a chiunque per imparare il più possibile su tutto ciò che mi serve per il libro, niente è lasciato al caso. Ho riempito una cartelletta di appunti e schemi, che spesso e volentieri in corso d'opera cambiano e dai quali arrivo spesso a risultati differenti da quelli stabiliti inizialmente. Io cresco e lui cresce con me.

Writer Officina: In questo periodo stai scrivendo un nuovo libro? È dello stesso genere di quello che hai già pubblicato, oppure un'idea completamente diversa?

Elisabetta Gallus: Sto scrivendo un nuovo libro, un genere molto diverso dal primo ma che ne è legato, è un po' come se OCCHI INVISIBILI, the time diary lo avesse partorito. Il personaggio principale nasce proprio dalle immagini di una donna che io ho creato e visto nella mia mente, intenta a svolgere delle azioni e a compiere delle imprese nelle parti più fantasiose, quelle più introspettive fatte appunto di azioni metaforiche, presenti in OCHHI INVISIBILI, the time diary. Cambia struttura e trama, si tratta di un urban fantasy dispotico. Rappresenta la mia seconda sfida. Voglio essere sincera, mi trovo nella fase di sperimentazione, non ho ancora acquisito una mia identità ben definita di scrittura. Ho la necessità di mantenere la mente aperta e di non precludermi niente. Sono certa che con il tempo e l'esperienza, al momento giusto seguirò e troverò in modo del tutto naturale la retta via. Per il momento aspiro solo a crescere.

Writer Officina: Hai fatto dei corsi?

Elisabetta Gallus: Non ho fatto dei corsi, ho scelto qualcosa di più impegnativo, cioè l'Università e studio Lettere Moderne. Ho ritenuto che per me fosse il percorso più giusto per potere raggiungere i miei obbiettivi, inoltre ho avuto la possibilità di scoprire materie che mi interessano molto e che probabilmente un giorno potrei sfruttare non nel ruolo di scrittrice ma di lettrice critica che possiede delle basi di conoscenza oggettive. Recensire è qualcosa che mi attira ma riconosco di avere bisogno di tanta conoscenza che vada al di là dell'essere una semplice mangiatrice di libri, per ora mi limito a esprimere dei pareri sicuramente obbiettivi ma non di certo ai livelli di uno professionista.
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