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Autore: Daniele Missiroli
Titolo: Il mistero della maschera d'oro - Tempesta di inganni
Genere Giallo Vittoriano
Lettori 1539 147 27
Il mistero della maschera d'oro - Tempesta di inganni
Londra, 1885
In quei giorni di metà autunno un'aria di inquietudine avvolgeva la città. Le giornate erano meno calde rispetto agli ultimi anni e si preannunciava un inverno particolarmente rigido. Il sole era sorto pallido e freddo, diffondendo una luce chiara ma senza calore sulle strade ancora umide della città. Le pozzanghere della pioggia del giorno prima si erano trasformate in sottili lastre di ghiaccio, che scricchiolavano sotto i passi frettolosi dei passanti. L'aria era tersa e pungente, con un vento gelido che soffiava dalle rive del Tamigi, portando con sé l'odore salmastro del fiume. I tetti delle case e le ringhiere dei balconi erano ricoperti da una leggera brina che scintillava sotto i raggi del sole.
La stagione teatrale era iniziata e tra le produzioni più attese c'era una nuova opera di successo, La Maschera d'Oro, un dramma psicologico del Cinquecento che aveva catturato l'immaginazione dei londinesi. La pièce era accompagnata da una mostra di antiche maschere teatrali provenienti da tutto il mondo che si teneva nel museo Barnett. Il pezzo più importante era sicuramente una maschera d'oro, che con un colpo pubblicitario da maestro si era deciso di usare nella commedia. Ogni giorno due agenti la prelevavano e la portavano in teatro, restando sul posto come misura precauzionale, e riportandola al museo alla fine della rappresentazione. I giornali avevano dato ampio risalto alla cosa e il teatro registrava il tutto esaurito da settimane.
L'ispettore Larry Langman era appena arrivato in ufficio, aveva appeso cappotto e cappello nell'attaccapanni e stava sorseggiando il suo tè mattutino leggendo il quotidiano, seduto comodamente alla sua scrivania.

Il Comandante Anthony Price lo chiamò nel suo ufficio. Larry mandò giù il resto del tè e si precipitò da lui. Quando lo chiamava di primo mattino non era mai un buon segno, ma in questo momento non aveva scuse attendibili per sottrarsi all'incarico che sicuramente gli avrebbe affidato. Che riguardava di certo un'ingerenza da parte delle alte sfere.
– Buongiorno, comandante, che cosa è successo ieri? È molto grave? Quanti morti e quanti feriti?
– Si tolga quel sorrisetto sardonico dalla bocca, Langman. So che non le piace, ma ci sono persone sopra di noi che rispondono ad altre persone sopra di loro.
– Sono qui, infatti. Mi dica cosa devo fare.
– Per una volta non si tratta di un omicidio, ma di un furto. Un'indagine semplicissima, le porterà via poco tempo.
– Se è semplice, come mai hanno richiesto la mia presenza?
– Nessuno ha chiesto di lei, lasci che le spieghi. Conosce il museo Barnett?
– Ne ho sentito parlare.
– C'è una mostra di antiche maschere teatrali e hanno sottratto quella più pregiata. Il museo appartiene al marchese Jeff Barnett, che ha telefonato al Commissario Montfort, che ha chiamato me.
– Sir Charles de Montfort vuole che me ne occupi io in persona?
– No, lui ha detto, testuali parole: Il marchese è molto ben visto a corte, quindi dobbiamo dimostrare quanto vale la polizia. Mandi là il suo uomo migliore.
Come sempre l'evidente sviolinata non fece nessun effetto a Larry, ma tanto sapeva che non poteva tirarsi indietro, per cui fece finta che avesse funzionato e sorrise.
– Grazie per la stima, comandante. Chi se ne sta occupando?
– Il sergente Alec Dumont, del Distretto 15. È già stato avvisato e le darà la massima collaborazione.
– Ha istruzioni particolari?
– Ne ho solo una: lo raggiunga e risolva il caso.
Larry capì che doveva muoversi. Annuì e uscì dalla stanza.

Larry indossò di nuovo cappotto e cappello e uscì nel piazzale. Salì sulla carrozza più vicina e ordinò al cocchiere di accompagnarlo nella centrale del Distretto 15.
Quando arrivò, si fece riconoscere dall'agente di turno alla reception, che gli indicò il sergente Dumont. Si diresse verso la sua scrivania e si presentò.
– Buongiorno, sergente, sono l'ispettore Larry Langman.
– Buongiorno, ispettore. Mi chiamo Alec Dumont, in servizio qui da sei anni. La stavo aspettando, ha fatto presto.
– Sergente, prima di tutto le voglio far sapere che sono qui per un ordine diretto del mio comandante. Sono certo che questo caso lo avrebbe risolto lei senza problemi, come ha già risolto gli altri.
– Grazie delle sue parole, ispettore, ma non si preoccupi. Ammetto che mi fa piacere ricevere il suo aiuto. Prima di analizzare le informazioni che ho raccolto ieri, sappia che il problema più grosso, per me, non è il furto.
– Quale sarebbe, allora?
– Il problema grosso sono le persone coinvolte. Le confesso che preferirei aver a che fare con ladri e farabutti, piuttosto che con persone altolocate.
– A volte la differenza è minima – bofonchiò Larry.
Il sergente trattenne la risata. Quell'ispettore cominciava già a piacergli.
– In questo caso dobbiamo stare attenti a come ci muoviamo. Le accuse si potranno fare solo in presenza di prove schiaccianti.
– Capisco quello che sta dicendo. Per fortuna il mio comandante non si fa intimidire facilmente.
– Si metta comodo, preparo due tazze di tè.
Larry appese cappotto e cappello nell'attaccapanni lì vicino e si sedette davanti alla scrivania del sergente. Quando questi arrivò con due tazze fumanti, prese la sua e cominciò a soffiarci sopra.
Dumont bevve un sorso, la appoggiò sul ripiano, aprì uno dei cassetti e si impadronì di un fascicolo di fogli scritti a mano.
– Questo è il rapporto del furto; le mie informazioni partono dalla sera precedente.
– Le metta in ordine cronologico e mi racconti tutta la storia.
– Mi interrompa quando vuole: alcune sensazioni non le ho riportate, ma le ho ben chiare in mente.
Larry annuì.

– Il marchese Jeff Barnett è ultimo discendente della famiglia proprietaria del museo omonimo. Il museo Barnett contiene pezzi di grande valore relativi all'arte medievale e al primo rinascimento. Appassionati di storia, i marchesi lo hanno popolato nel tempo con tutti i cimeli che sono riusciti ad accaparrarsi, compresa la maschera d'oro che è stata rubata. Il curatore del museo è Sir Eric Soyer, esperto d'arte plurilaureato, con una serie di riconoscimenti che non finiscono più. È una persona burbera, abituata a comandare, da prendere con le molle.
– Lo terrò presente quando lo incontrerò.
– Poco distante c'è il Blue Lion, un piccolo teatro dove La compagnia della Luna sta rappresentando una commedia dal titolo La maschera d'oro.
– Strana coincidenza.
– Non è una coincidenza. Il capocomico è imparentato alla lontana col marchese e gli ha chiesto di poter usare la maschera autentica.
– Mi sembra un'imprudenza. Non si poteva usare una copia? Gli spettatori non potevano accorgersene per via della distanza.
– Le copie d'ottone esistono, ma i giornali hanno riportato che sarebbe stata usata quella autentica, che la leggenda narra sia maledetta, e così il teatro è sempre pieno.
– Che procedura usavano per spostare la maschera dal museo al teatro?
– Alle sei di sera arrivavano due agenti, prendevano in consegna la maschera, la portavano in teatro, aspettavano che la commedia finisse e la riportavano indietro. Quel giorno, però, c'è stata una variazione. Nel museo la maschera risiede in una teca di cristallo. Qualche minuto prima di consegnarla agli agenti, Sir Eric l'ha sostituita con una copia, conservando quella autentica nel cassetto della sua scrivania. Gli agenti che hanno preso in consegna l'oggetto, ovviamente, lo sapevano, quelle false sono molto differenti dalla vera.
Larry strabuzzò gli occhi. – Le ha detto il motivo per cui ha fatto una cosa simile?
– Sì, mi ha detto che aveva avuto una premonizione. Il signor Soyer ha affermato che in passato le ha avute e si sono rivelate sempre esatte. Sentiva che la maschera sarebbe stata rubata, quindi ne ha data una falsa agli agenti e ha nascosto quella vera nel suo studio, chiudendola a chiave nel cassetto della sua scrivania.
– Non ha agito male, tutto sommato. Per un ladro sarebbe stato difficile immaginare dove si trovava la maschera vera.
– Queste erano le sue intenzioni, adesso le racconto il seguito. Quella sera il signor Soyer, la moglie Arabella, il segretario del museo, il signor Boone Fitzroy, e il signor Rashid Cloutier, capo del servizio di sicurezza, erano stati invitati a teatro. Soyer era già vestito per l'occasione; i tre che ho detto sono dovuti uscire dal museo per andare a prepararsi.
– Quelle persone sapevano dello scambio?
– Sì, lo sapevano tutti e tre. Sulle otto di sera sono tornati nel museo e insieme a Soyer sono andati in teatro a piedi. Ci vogliono solo dieci minuti, ho controllato. La commedia finisce alle undici.
– Quando sono usciti, il museo è stato chiuso, immagino.
– Sì, il museo è dotato di un pesante portone e serve una chiave massiccia per aprirlo.
– Chi dispone di quella chiave?
– Tutte e quattro le persone che ho citato. Anche la moglie lavora là: è responsabile dell'organizzazione interna. Mi ha detto che si deve assicurare che tutto sia pulito e in ordine, altrimenti il marito la sgrida aspramente.
– Finita la commedia che cosa hanno fatto quelle quattro persone?
– Tre sono tornati a casa, il signor Soyer ha aspettato gli agenti. Non voleva che qualcuno si accorgesse che aveva sostituito la maschera con una copia, avrebbe fatto una brutta figura. Soyer ritornò al museo con gli agenti e mise la falsa maschera nella teca. Mi ha detto che era stanco e non voleva perdere tempo e rifare lo scambio.
– Secondo lui, allora, la maschera autentica era chiusa nel cassetto della scrivania.
– Ha giurato di sì, perché è andato nello studio ed era tutto a posto. Infine è tornato a casa e si è coricato.
– Può testimoniare che la moglie era in casa e non si è mossa?
– No, dormono in stanze separate, poiché lui russa e non vuole disturbare la signora. Mi ha detto che quando è rientrato non l'ha vista, ma ha immaginato fosse a letto.
– Da quello che mi sta dicendo, per tutta la notte la maschera autentica è rimasta nel cassetto della scrivania del signor Soyer, non nella teca.
– Esatto. Alle otto di mattina il signor Soyer ha aperto il museo. Doveva rifare lo scambio prima che arrivassero i visitatori. È andato nello studio e ha trovato il cassetto forzato. La maschera d'oro autentica era sparita.
– Quindi il furto è avvenuto all'incirca tra mezzanotte e le otto di mattina. C'erano segni di scasso sul portone di ingresso?
– Il portone era perfetto, come sempre. Chi è entrato aveva la chiave, non c'è altra spiegazione.
– Ci sono altri modi per entrare?
– Quello è l'unico accesso e tutte le finestre hanno le inferriate. O è stato uno dei tre, oppure qualcuno è riuscito a costruirsi un duplicato.
– Qualcuno potrebbe aver dato la sua chiave al ladro, che poi gliel'ha restituita.
– Giusto, questa ipotesi non l'avevo formulata.
– La chiave del cassetto della scrivania chi ce l'ha?
– Il signor Soyer mi ha detto che ce l'ha solo lui. Infatti, il ladro l'ha forzato. Appena scoperto il furto ci ha chiamati; io ero in servizio e sono accorso. Ho interrogato i tre sospettati, che però non posso chiamare in questo modo, e ho redatto il rapporto.
– Come mai non li può chiamare così?
– Il segretario si chiama Boone Fitzroy ed è cugino del barone Fitzroy, amico personale della regina. Il capo della sicurezza si chiama Rashid Cloutier, è francese e ha conoscenze altolocate all'ambasciata di Francia. La moglie di Sir Eric Soyer si chiama Arabella Mercier e sua sorella è una contessa, quindi anche lei è una persona importante. Adesso vede qual è il problema, ispettore? Se si trattasse di persone qualsiasi avrei fatto sputare loro la verità a suon di ceffoni e avrei già risolto il caso, ma con gente simile...
– Lei esclude che si tratti di un normale furto da parte di ladri di opere d'arte?
– Tutto è possibile, ma l'ipotesi mi sembra improbabile e le spiego il motivo. La maschera pesa 90 grammi, il valore dell'oro è modesto. Anche il valore come reperto antico è basso. Nel museo ci sono manufatti che valgono cento volte di più. Che motivo avrebbe avuto un ladro di interessarsi alla maschera, al punto di cercarla fino a forzare un cassetto pur di rubarla?
– I sospettati, invece, che motivo avrebbero avuto?
– La maschera è uno dei reperti preferiti del signor Soyer. Era imbufalito, correva avanti indietro con gli occhi fuori dalle orbite. Portarla via è stato un duro colpo per la sua credibilità e il signor Boone è lì, pronto a prendere il suo posto se cadesse in disgrazia col marchese. Il signor Rashid non va molto d'accordo col signor Soyer. Mi ha detto che tempo fa aveva chiesto un aumento, ma gliel'ha negato. Soyer lo costringe a fare degli straordinari senza pagarlo. Perché non metterlo in cattiva luce, così il marchese lo licenzia e promuove Boone? La moglie viene trattata male dal marito. L'ha insultata anche in mia presenza. Secondo Soyer non ne fa mai una giusta. In effetti è molto giovane, potrebbe aver ragione. La signora mi sembra improbabile come ladra, ma adesso che mi ha suggerito che potrebbe aver dato la chiave a un complice... perché no? Comunque ho preso tutti i dati delle persone in possesso della chiave. Nomi, cognomi, età e incarico nel museo.
Il sergente passò a Larry un foglio con le quattro schede.
– La situazione è più complessa di quanto mi aspettassi. Inoltre, c'è l'ambiente del teatro da prendere in considerazione.
– Non ho pensato di andare a parlare con gli attori. Pensa che potrebbero essere coinvolti?
– Dobbiamo parlare con tutti quelli che hanno visto la maschera. Chi era a conoscenza della sua esistenza, magari ha deciso di farsi un regalo. Forse ha sottratto, o fatto sottrarre, la chiave del museo a uno dei quattro che la possiedono, se n'è fatta una copia e poi gliel'ha rimessa in tasca. Di sicuro il signor Soyer ce l'aveva addosso se, finita la commedia, ha accompagnato gli agenti a rimetterla al suo posto. Quando non andava a teatro, rimaneva al museo o dava la chiave agli agenti?
– Mi ha detto che rimaneva al museo. Non si è mai fidato a separarsi da quella chiave, nonostante stiamo parlando di poliziotti.
– Comincio a inquadrare il tipo. Presuntuoso e padrone di sé. Coloro che si credono furbi sono quelli messi nel sacco più facilmente.
– Se il ladro proviene dall'ambiente del teatro, potrebbe avergli sottratto la chiave diversi giorni prima, averne fatto una copia e avergliela ridata. Il tutto senza che lui se ne accorgesse. Poi ha atteso il momento propizio.
– Esatto, sergente, ma facciamo le cose con ordine. Prima parlerò con Soyer e con i sospettati, poi faremo una capatina in teatro.
Il sergente sorrise e fece un grosso respiro, che rivelava quanto fosse contento della presenza di Larry.
Daniele Missiroli
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Daniele Missiroli
Sono romagnolo, cresciuto a prosciutto e piadina (quella alta un dito), e poi salsiccia e patate fritte. Il mio fegato ringrazia. Ho frequentato il liceo scientifico, perché andavo bene in matematica, e in generale in tutte le materie scientifiche. È stato allora che ho iniziato a sviluppare la passione per il calcolo mentale, che è poi sfociato, diversi anni dopo, nel libro "Stenaritmia", un elenco completo di tutti i metodi per eseguire calcoli a mente, anche quelli ritenuti impossibili. In seguito mi sono trasferito a Bologna per laurearmi in fisica ed è stato nei suoi sotterranei che ho conosciuto il computer. Prima ancora che uscissero in commercio i primi personal, io sapevo già addomesticarli. Infatti, ho creato una delle prime software house in Italia. Dal 2003 faccio il consulente Privacy nell'azienda che ho fondato, insieme ad altri amici, e come hobby sono passato alla scrittura. Il mio genere preferito è la fantascienza, perché, anche se i dispositivi che descrivo sono futuristici, secondo me devono sempre avere una base di attendibilità. In pratica, prima li invento, poi li posso usare in un romanzo.

Writer Officina: Qual è stato il momento in cui ti sei accorto di aver sviluppato la passione per la letteratura?

Daniele Missiroli: Nel 2014 avevo collezionato un sacco di raccontini e trame per ipotetici romanzi (scrivo dalla seconda elementare e conservo sempre tutto). Stavano in una scatola (non un cassetto, era proprio una scatola da scarpe). Ho ancora dei fogli ingialliti, datati 1999. In quell'anno, per la prima volta, ho fatto leggere in giro l'unico racconto - presentabile - e ho visto che è piaciuto. Allora ho cercato in rete se poteva essere pubblicato e ho scoperto - Il mio libro - che permetteva di farlo in autonomia. Ho iniziato ad auto pubblicarmi con loro, ma dopo alcuni problemi di qualità, sono passato a YouCanPrint. La situazione è migliorata molto, ma non ero ancora soddisfatto. Da tre anni pubblico solo su Amazon. Se dovessi dare un punteggio percentuale alle mie tre esperienze (sono dati soggettivi), darei 60% a IML, 80% a YCP e 98% a KDP.

Writer Officina: C'è un libro che, dopo averlo letto, ti ha lasciato addosso la voglia di seguire questa strada?

Daniele Missiroli: Il ciclo della fondazione di Isaac Asimov. Quando l'ho scoperto, ho fatto mattina più di una volta poiché, nonostante la stanchezza, non riuscivo a smettere di leggere. In seguito mi sono procurato tutto ciò che ha pubblicato Asimov, a partire dal ciclo dei robot, e ho adottato la sua visione. Non è detto che i robot (o gli alieni) siano nostri nemici. Nelle avventure ci dev'essere sempre una componente misteriosa e tutto deve essere credibile, al limite della scienza disponibile già oggi. In un mio romanzo, il protagonista si salva con una tuta alare, senza paracadute, atterrando su un laghetto e questo è stato fatto davvero. Quando alcuni lettori mi hanno scritto, dicendo che non era possibile, ho mandato loro il link dell'impresa.

Writer Officina: Dopo aver scritto il tuo primo libro, lo hai proposto a un Editore? E con quali risultati?

Daniele Missiroli: Prima di passare da IML a YCP ho fatto una ricerca di case editrici no EAP e ne ho trovate diverse, ma vedendo il loro catalogo mi reputavo inadeguato, e con opportuna umiltà, rinunciavo a inviare manoscritti. Alla fine ho seguito la via dell'auto pubblicazione e credo di aver fatto bene. Accetto l'aiuto di tutti e sono disposto a mettere tutto in discussione, ma mi sono abituato a essere indipendente nelle decisioni, fin dalla scomparsa di mio padre, avvenuta quando avevo tredici anni. Ho scritto un racconto su questa tragedia personale che nel 2017 è stato pubblicato dalla Bel-Ami Edizioni.

Writer Officina: Pubblicare su Amazon KDP è stata una scelta vincente?

Daniele Missiroli: Sì, il loro programma è molto valido. Ci sono ancora alcuni punti migliorabili, ma si riescono a fare cose quasi perfette. Però si deve avere molta pazienza, saper usare Word di Microsoft e anche qualche programma grafico, se si vogliono inserire immagini. Essendo un programmatore, so quanto sia difficile scrivere buoni programmi.

Writer Officina: A quale dei tuoi libri sei più affezionato? Puoi raccontarci di cosa tratta?

Daniele Missiroli: A parte Stenaritmia, che amo per tutti i trucchi sul calcolo mentale che contiene, la mia saga su Aedis, di cui sono in pubblicazione il sesto e il settimo episodio, è la storia che preferisco. Ci sono decine di colpi di scena e tutto è coerente e credibile, come si usava fare nella fantascienza Asimoviana anni '40 e '50. Non ci sono parolacce (Asimov le odiava) e non ci sono situazioni concettualmente irreali. Anche i cosiddetti - cattivi - hanno la loro logica (nel settimo episodio questo viene evidenziato meglio). La storia inizia col viaggio di un'astronave - generazionale - che in 30 anni approda su Aedis e fonda una colonia. Subito compare il primo problema: qualcuno vuole tornare indietro, ma facendo esperimenti in tal senso, distrugge tutta la tecnologia, oltre a uccidere un quinto della popolazione. Il pianeta arretra di 1000 anni, e solo dopo parecchio tempo torna a essere come i nostri anni '80. Poi le avventure proseguono, Daniel Sung, il protagonista, si forma una famiglia e adotta un bambino, che in realtà è un piccolo androide. L'unico esistente, dato che non c'è più quella tecnologia. Dal sesto episodio in poi, la protagonista diventa Samira, la moglie di Daniel.

Writer Officina: Quale tecnica usi per scrivere? Prepari uno schema iniziale, prendi appunti, oppure scrivi d'istinto?

Daniele Missiroli: Ho un sistema che si è generato in modo naturale. Devo dire che negli ultimi dieci anni ho letto un sacco di libri sullo scrivere narrativa, per cui, forse, questo sistema si è generato in modo subliminale, non so. Io parto dal finale. Quando ho un'idea per un buon finale, scrivo il percorso per arrivarci, i personaggi che mi servono e i passaggi principali. Non più di una pagina. Poi inizio a sviluppare ogni scena. Ogni riga diventa un file separato. Quando ho scritto il 90%, li metto insieme, li raccordo meglio, inserisco le parti mancanti e, se occorre, tolgo quelle in eccesso. Poi scrivo l'incipit, decido il titolo, cerco la copertina e quando mi sembra a posto, inizio la fase di editing vero e proprio, che può durare anche il triplo. I tempi ideali, per me, sono due mesi per scriverlo e sei mesi per la fase di editing. Finita questa fase, lo posso far leggere. Se lo reputo opportuno, ricorro anche a una fase di editing da parte di un professionista.

Writer Officina: In questo periodo stai scrivendo un nuovo libro?
È dello stesso genere di quello che hai già pubblicato, oppure un'idea completamente diversa?


Daniele Missiroli: Ho scritto il sesto e il settimo episodio della mia saga: Aedis, dove la protagonista ora è Samira, la moglie del protagonista dei primi cinque. Ho scoperto che lei è un personaggio che ha delle caratteristiche più interessanti e avvincenti, rispetto a Daniel. E poi è autonoma. Prima di tutto l'ha sposato a sorpresa, al posto della sorella Alisha, poi è disposta a correre più rischi e ha un senso della giustizia più duttile del marito. La ritengo molto più credibile, visto anche quello che si legge e si vede in televisione.

Writer Officina: Oltre ai romanzi e ai racconti di fantascienza, hai scritto anche qualcosa ambientato sulla Terra?

Daniele Missiroli: Ho scritto Annabel, un'avventura ambientata a Las Vegas, dove un uomo e una donna vogliono arricchirsi truffando un Casinò, ma ognuno ha un piano che nasconde all'altro. Per ora, questo è l'unico a contenere qualche scena soft core. Anche qui, però, non manca la tecnologia, perché fare Jackpot e sottrarre venti milioni di dollari senza essere scoperti non è facile. Il finale è diverso da qualsiasi romanzo rosa o d'avventura, perché, a metà della storia, entra in scena una coppia, e la donna dichiara di essere sua sorella. Niente di più falso, ovviamente, ma per sapere come va a finire, si deve leggere Annabel. L'altro romanzo ambientato sul nostro pianeta che ho scritto si chiama Moonlift e racconta del primo ascensore lunare che sia mai stato costruito. Anche qui, a parte il cavo, tutto il resto sarebbe fattibile.

Writer Officina: Che altri hobby hai, oltre alla lettura e alla scrittura?

Daniele Missiroli: Perché, c'è qualcosa di più bello?
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