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Writer Officina Blog
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Manuale di pubblicazione Amazon KDP. Sempre più autori
emergenti decidono di pubblicarse il proprio libro in Self su Amazon KDP,
ma spesso vengono intimoriti dalle possibili complicazioni tecniche. Questo
articolo offre una spiegazione semplice e dettagliata delle procedure da
seguire e permette il download di alcun file di esempio, sia per il testo
già formattato che per la copertina. |

Self Publishing. In passato è stato il sogno nascosto
di ogni autore che, allo stesso tempo, lo considerava un ripiego. Se da
un lato poteva essere finalmente la soluzione ai propri sogni artistici,
dall'altro aveva il retrogusto di un accomodamento fatto in casa, un piacere
derivante da una sorta di onanismo disperato, atto a certificare la proprie
capacità senza la necessità di un partner, identificato nella
figura di un Editore. |

Scrittori si nasce. Siamo operai della parola, oratori,
arringatori di folle, tribuni dalla parlantina sciolta, con impresso nel
DNA il dono della chiacchiera e la capacità di assumere le vesti
di ignoti raccontastorie, sbucati misteriosamente dalla foresta. Siamo figli
della dialettica, fratelli dell'ignoto, noi siamo gli agricoltori delle
favole antiche e seminiamo di sogni l'altopiano della fantasia. |
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Vite inutili
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«Ciao, Christina. Oggi dobbiamo iniziare il test sessantuno.» «Sì, ho già preparato tutto.» Flora controlla le siringhe, i flaconcini di liquido da sperimentare e annuisce. La aiuto a spostare tutto nella stanza con le cavie e iniziamo il lavoro. A metà mattina abbiamo finito. Chiudo la porta a vetri e posso fare una pausa insieme ai colleghi. Mi dirigo verso la sala riunioni dove abbiamo una macchinetta automatica in grado di preparare caffè, cappuccino, tè e anche cioccolata calda. La accendo e subito il ronzio metallico riempie la stanza, apro il piccolo frigo sotto al bancone e prendo anche qualche bottiglietta d'acqua che dispongo sul tavolo. Gli altri arrivano in pochi minuti e vedo con piacere un pacchettino che riconosco. Ogni tanto Samuel porta i pancake preparati da sua madre: una vera delizia. Tutto merito delle uova delle sue galline, libere di razzolare per il cortile. Mentre ci stiamo rilassando, Oliver entra a sorpresa, senza salutare, come suo solito. Un atteggiamento da chi si ritiene il padrone del mondo. Lo sapevo: parli del diavolo e spuntano le corna. Gli uomini si alzano in piedi, Flora e io restiamo sedute. Non viene mai a trovarci a metà settimana, che cosa vuole? Non è certo ben visto: da quando è stato nominato direttore, tre anni fa, ha cominciato a tagliare fondi e licenziare. Passa un dito sul pavimento, raccoglie della polvere, la osserva schifato e sbuffa. «Poca voglia di lavorare, come al solito. E anche di pulire, da quel che vedo.» Ci scruta uno dopo l'altro, mostrando il dito sporco, con soddisfazione. Flora mi guarda per assicurarsi che non stia davvero pensando di andare a prenderlo a calci. Cosa che avrei voluto fare più volte e lei lo sa. Stringe appena le labbra: la rassicuro con un ampio sorriso. «Dottore, ma che cosa dice?» Lo guarda scuotendo la testa. «Vada a controllare il laboratorio. Noi lavoriamo là e quel locale è sempre pulitissimo.» «Infatti,» aggiungo: «qualcuno oggi è venuto prima e ha spazzato e lavato il pavimento.» «Già che c'era, dottoressa Cross, poteva dare una pulita anche a questo locale. Mi sembra che lo usiate spesso.» Guarda la macchinetta del caffè con un sorrisetto ironico e si siede a capotavola. «Mi scusi, dottor Lessard, ma nella mia facoltà di biologia, superata con lode, non c'era l'esame per donna delle pulizie. Nella sua, invece?» Mi piace prenderlo in giro, tanto lui capisce meno della metà delle mie battute. Finisco di bere il caffè e getto il bicchierino di carta nel cestino. «C'è poco da scherzare, qui la situazione è seria.» Oliver posa lento le mani intrecciate sul tavolo. «Il consiglio direttivo mi ha informato che ci hanno tagliato i fondi.» Un brusio di disappunto si diffonde nella sala. «Ancora, dottore?» Flora sbatte un palmo sul tavolo, il volto contratto. «Dobbiamo adeguarci, purtroppo.» Allarga le braccia. Il clima rilassato di prima ha lasciato il posto a gelo e sconforto. Arthur, il più anziano, si gratta la nuca, poi si fa coraggio. «A cosa dobbiamo rinunciare stavolta? Non certo alla macchinetta del caffè: le cialde le paghiamo di tasca nostra.» «È presto detto: dobbiamo fare a meno di uno di voi. Pensateci, poi fatemi sapere.» «Dottore!» Flora si alza in piedi. «Non possiamo farlo. Riusciamo a effettuare ottanta test l'anno proprio perché ognuno di noi si è specializzato. Lavoriamo come una catena di montaggio. Sarebbe come togliere una ruota a un'automobile. C'è un limite minimo che non può essere superato.» I miei colleghi annuiscono e io con loro. Oliver non mette mai piede nei laboratori: non ha idea di quello che facciamo né di come lo facciamo. L'unica cosa di cui è capace è farsi vedere ogni tanto, raramente, per criticare e lamentarsi. «Non so cosa dirvi. Però il dottor Reed è molto giovane. Com'è possibile che sia indispensabile?» Guardo il viso di Samuel e lo vedo affranto, ma non più di tanto. Credo che se lo aspettasse. Quando c'è una riduzione del personale, il primo a essere licenziato è sempre l'ultimo arrivato. Nessuno si fa avanti per prendere le sue difese, quindi lo faccio io. «Samuel è quello che lavora più di tutti» lo indico con un cenno della mano. Il ragazzo tiene lo sguardo basso, le dita intrecciate nervose. «Da quando ci ha tolto la ditta delle pulizie, anche se teoricamente tocca a ognuno di noi, un giorno a testa, finisce sempre che le fa lui. E poi tiene in ordine le scrivanie, lava gli strumenti, compila i rapporti.» «Quindi è solo un tuttofare.» bofonchia Oliver, stringendo le labbra. «Il suo lavoro può farlo chiunque.» «No, le ho detto solo ciò che Samuel fa in più rispetto a noi. Se manca lui, oltre a una delle quattro ruote, mancherà anche la manutenzione, per tornare al paragone con l'automobile.» «Va bene. Allora il dottor Fenton e il dottor Atkins... tireranno a sorte.» Arthur e Byron, colti di sorpresa, si scambiano uno sguardo smarrito e sospirano, rassegnati. «Dottor Lessard,» dice Flora con voce insolitamente melliflua, inclinando appena la testa: «possiamo ragionare un attimo? Non può entrare così a sorpresa e licenziare una persona a caso. Le aziende farmaceutiche, le profumerie, le ditte chimiche hanno bisogno dei nostri risultati. Se toglie una persona, ci saranno delle conseguenze. I test diminuiranno, le aziende lanceranno meno prodotti nuovi sul mercato e avranno un fatturato inferiore.» «Perché mai?» Oliver si mostra sorpreso. «Ci sono i laboratori privati.» «Costano almeno quattro volte quello che costiamo noi,» intervengo, puntando l'indice sul tavolo: «forse anche di più. Le aziende apprezzano la nostra qualità e il basso costo. Potrebbero coprire loro la riduzione, perché dobbiamo farlo noi?» Il direttore fa spallucce. Non l'ho convinto. Flora riprende il discorso. «Con una persona in meno i test caleranno di più del venti percento. Potrebbero anche dimezzarsi.» «Pazienza.» Oliver allarga le mani con finta innocenza. «Ma tenete presente che se i risultati caleranno... il Consiglio non sarà contento. E chissà cosa potrebbe succedere.» Guardo Flora e immagino cosa si stia domandando. Lessard ci sta suggerendo che l'amministrazione potrebbe addirittura chiudere il nostro reparto. L'idea ha colpito tutti, lo vedo negli sguardi bassi e nei volti tesi dei miei colleghi. «Scusi, dottore.» mi rivolgo a lui con decisione. «Credo sia il momento giusto per farle una domanda che mi assilla da tempo.» Lessard sospira, infastidito. «Mi dica.» «Che io sappia, il compito del direttore di questo reparto è trattare con il Consiglio e, sottolineo la congiunzione, reperire fondi negoziando con le aziende interessate.» «È quello che faccio, infatti.» «Bene: allora perché invece di venire qui a dirci che deve licenziare una persona non è in giro a cercare i fondi che le hanno tolto?» Le mie parole restano sospese nell'aria; Arthur abbassa lo sguardo, Samuel si aggiusta gli occhiali in silenzio. Lessard diventa paonazzo: gli occhi sembrano sul punto di schizzargli fuori dalle orbite. Afferra la sedia con entrambe le mani per cercare un appiglio. Se non gli prende un infarto adesso, non gli verrà mai più. I miei colleghi sono preoccupati. Flora è imbarazzatissima e fissa un punto sul pavimento, incapace di incrociare lo sguardo di chiunque. Nessuno, fino a oggi, aveva mai osato rivolgersi a un direttore in questo modo. «Lei... come osa? Io mi faccio in quattro per tenere in piedi questo reparto e lei mi accusa di... di negligenza? Sareste a spasso da anni senza il mio lavoro, lo sapete?» Lessard si strappa nervoso la cravatta e si allenta il colletto della camicia. Flora si alza e gli porge una bottiglietta d'acqua. Lui la apre e beve avido. Quando Flora torna al suo posto, approfittando del fatto che gli dà le spalle, mi guarda con rimprovero. «Dovevo stare zitta?» sussurro. «Non è un nostro diritto sapere?» Lei scuote la testa e si siede. «Dottoressa Cross.» Oliver beve altri sorsi d'acqua, mentre tamburella nervosamente le dita sul ripiano. «Lei non sa come lavoro, quindi è scusata. Andiamo avanti.» Vuole cavarsela facendo finta di nulla? Troppo comodo. Mi alzo in piedi. «No, dottore, non mi servono le sue scuse. Poiché afferma che non so come lavora, la prendo in parola. Ci dica esattamente cosa fa per riempire le sue giornate.» «Ah, sempre diretta al punto, vero Cross? Glielo dico subito. Riunioni su riunioni. Poi vado in giro a cercare soldi. Di chi è la colpa se non me li danno? Le aziende mi contattano per diminuire i contributi e io cerco di convincerle a cambiare idea; mi faccio in quattro per salvare il salvabile. Ho sempre un diavolo per capello, non dormo la notte. E che risultati ottengo? I soldi calano e sembra sia colpa mia se c'è la recessione.» Beve di nuovo. Il sudore gli cola lungo le tempie, ma nella stanza non fa caldo. Infatti, nessuno di noi è accaldato. So cosa significa sudare senza motivo. Il nostro direttore è in imbarazzo perché sta mentendo. Taccio e mi siedo nuovamente per riordinare le idee. Flora interviene. «Abbiamo divagato, dottore, ci scusi. Torniamo al problema principale. Davvero non esiste un modo per evitare di licenziare uno di noi?» Lessard socchiude gli occhi. Ha un viso da volpe. Sta rimuginando su qualcosa di storto, lo percepisco chiaro. «No, inutile che ve lo dica. Sì, un modo ci sarebbe, però... no, no, sono sicuro che non accettereste.» Conclude la frase fissandomi dritto negli occhi. Ricambio senza esitare: se pensa che io abbassi lo sguardo, è fuori strada. |
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