Writer Officina
Autore: Daniele Missiroli
Titolo: Nella tana del serpente
Genere Fantascienza
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Nella tana del serpente
Aedis episodio 7.

Sono sveglia.
Non so quanto ho dormito, ma ora la luce filtra abbondante dai vetri in alto. Mi guardo intorno per capire dove sono finita, ma questa stanza è tutta strana. È piccola e le pareti sono grigie e nude, sembrano di metallo. Niente poster, tavoli o sedie, niente di niente. C'è solo un mobile, poco distante da me, inserito nel pavimento. Su di esso c'è qualcosa che impedisce di vedere oltre.
Tyler aveva detto che se si era sbagliato, quando aveva teletrasportato sua madre e lei era scomparsa, allora non mi sarebbe successo niente. Se invece avesse avuto ragione... non voglio pensarci. Non è andata così, sono viva e vegeta, anche se non so dove sono.
Mi alzo e mi sollevo in punta di piedi per capire a che cosa serva quella specie di comò. Dev'essere un computer, vedo tre piccoli schermi incassati nel ripiano. Niente tastiera o mouse. Qualcosa funziona, ci sono delle deboli luci rosse e gialle di fianco ai monitor. Al centro c'è una specie di mappa, ma da qui non distinguo i particolari.
Sono sempre ammanettata con questi anelli, porca miseria, e i polsi iniziano a dolermi. Ricordo che Tyler ha premuto un tasto per stringerli, quindi ce ne dev'essere uno per allentarli. Un rigonfiamento mi sembra ci sia: mi siedo di nuovo per terra e incrocio le gambe. Almeno quelle sono libere. Ora ho i piedi a tiro degli anelli, vediamo se prendendoli a calci riesco a liberare almeno un braccio. Mi tolgo una scarpa e provo con l'alluce nudo.
Niente da fare. Inizio anche a sentire crampi allo stomaco. Se non trovo un modo per liberarmi, morirò di fame legata a questi maledetti tubi. Dopo numerosi tentativi ci rinuncio e mi rialzo.
- Aiuto! - grido con tutte le mie forze. - Qualcuno può venire a liberarmi? Aiuto! -
Silenzio assoluto, a parte l'eco. C'è anche odore di acqua stagnante, ma non è intenso. Ci dev'essere una palude nelle vicinanze. Comincio a preoccuparmi. Cerco di sfilare le mani assottigliandole il più possibile. Non passo a causa del pollice, ma potrei slogarmelo e liberare una mano. Mi rassegno a provare un dolore pazzesco e inizio la respirazione addominale per far entrare più aria nei polmoni. In questo modo si ottiene una miglior ossigenazione del sangue arterioso e si è più determinati. È possibile anche farsi del male volontariamente, che è quello che intendo fare io.
- Ciao. -
Due occhietti azzurri sono comparsi oltre il mobile e mi fissano curiosi. Una bambina! Che cosa ci fa una bambina qui? Ha i capelli lunghi, biondi, e un cerchietto di fiori veri in fronte. È molto bella e mi ha lasciato senza parole.
Le sorrido. - Ciao, io mi chiamo Samira, e tu? -
- Io sono Amina. Che cosa fai? -
- Qualcuno mi ha legata a questi tubi, come vedi, e non ho ancora fatto colazione. Potresti andare a chiamare il tuo papà, così mi libera? -
La bimba si avvicina. Ha un vestitino color sabbia un po' grezzo e sfilacciato ai bordi. Non siamo in un posto civile, nessuno metterebbe un obbrobrio simile a una bambina così carina.
- I miei genitori adesso sono al lavoro. Sono nei campi, e non si può mai disturbare chi è nei campi - annuisce.
Sospiro e mi abbasso alla sua altezza. - Quanti anni hai? -
La bambina alza le manine paffute. Una è aperta e l'altra mostra il dito indice. Ha sei anni.
- Senti, Amina - abbasso la voce, come per confidarle un segreto - tu hai qualche idea per liberarmi da questi anelli di ferro? -
Annuisce decisa. Sono sbalordita. La bimba si avvicina a uno dei cerchi, lo esamina, poi tocca un rigonfiamento e lo fa scorrere. L'anello si apre. Sono salva, mi sto per commuovere. Esamino l'altro anello in cerca del rigonfiamento.
- Grazie, Amina, ti adoro. Come facevi a conoscere il meccanismo di apertura di questi anelli? Non importa, libero anche l'altra mano e poi andiamo dai tuoi genitori, ti va? -
Non faccio in tempo a finire la frase che la bambina scappa via. Si avvicina a una parete e la oltrepassa. È scomparsa, come accidenti ha fatto? Intanto sono riuscita a liberare anche l'altra mano e corro verso la zona da cui è uscita.
È un passaggio. Non lo vedevo, perché è tutto metallo e non si capisce che lì c'è una porta. Anzi, la porta è stata divelta, qui c'è un buco dove prima c'era una porta.
Fuori c'è un lungo corridoio, esco anch'io. Potrei andare a sinistra o a destra, ma sul pavimento ci sono delle frecce che puntano a destra. Ogni tre frecce c'è scritto “Comando”, per cui scelgo di dirigermi a destra. Mentre avanzo tocco le pareti. È proprio metallo, ma non è freddo. Più avanzo e più il calore aumenta, adesso sto proprio sudando.
Mi slaccio il giubbotto della mia tuta di pelle da motociclista. Poi ci ripenso e me lo tolgo, restando con una maglietta leggera. Lo lancio verso la zona da cui sono uscita, lo riprenderò quando qualcuno mi spiegherà come tornare a Newpolis con quel dispositivo. A meno che non siamo poco distanti da una città, nel qual caso preferirei tornare a piedi.
Il corridoio è finito e c'è una doppia porta. La tocco e non succede niente. C'è un quadratino sulla destra. Vi appoggio un dito e le due porte scorrono, poi si richiudono. Bisogna essere veloci, qui. Ripremo il pulsante e mi getto all'interno della stanza. La sala è imponente, questo è di sicuro un centro di comando. Mi sembra di essere a bordo di una nave, ma non ne esistono di così grandi su Aedis.
Il mio laboratorio è cento metri quadri e questo è uno spazio simile. Le pareti sono costellate di postazioni che contengono schermi, ma non sono come i nostri. Sono piccoli, tutti incassati, e non esistono tastiere. Anzi no: ne vedo una. Mi avvicino e la tocco. Non è vera, è solo disegnata nel tavolo. Però funziona, perché su uno dei monitor è uscita una finestrella che mi chiede una conferma. È tutto scritto nella nostra lingua, quindi questo non è un veicolo alieno, come la nave trovata da Philip. Meglio così, non voglio più vedere una brutta faccia come quella di Ash.
Noi non abbiamo veicoli volanti così grandi. Forse... ah ha, ho capito tutto! Questa è la miniera di reperti da cui Tyler attinge per mettere in vendita i suoi manufatti. Questa nave viene dalla Terra. Scuoto la testa, poco convinta. L'unica nave con cui i coloni sono arrivati qua si chiamava Esperia e il capitano l'ha abbandonata nello spazio, perché non era più governabile. Da dove viene questo veicolo?
Seconda domanda, non meno importante della prima: perché c'è corrente? Il teletrasporto è ovvio che sia in funzione, poiché Tyler di certo viene qua spesso a rifornirsi di materiale. No, devo ragionare: la nave l'ha trovata il padre, solo in seguito ha ereditato tutto Tyler. Il padre ha rimesso in funzione questo posto e in seguito ha lasciato questa eredità al figlio.
Mi servono informazioni, vediamo che cosa posso scoprire ficcando il naso qua e là. Per prima cosa la luce. La luce che entra non è artificiale, sembra la luce naturale del nostro sole. Proviene da un grosso squarcio centrale sulla parete sinistra. Anche il pavimento è di metallo, ma vicino alla breccia è piegato. Quando la nave è precipitata, si è spezzata in due, c'è una fessura che corre anche lungo il soffitto.
Mi dirigo da quella parte e scopro che il varco è stato lavorato. Hanno limato le parti taglienti e allargato il buco, creando un accesso rettangolare. Fuori la luce è molto forte. Il suolo dista parecchi metri, ma Tyler ha fatto costruire una comoda scalinata di legno. Scendo alcuni gradini e osservo il panorama. A sinistra ci sono alberi e cespugli. Più si va avanti e più si infittiscono. A destra c'è un acquitrino sovrastato da una grande collina, ecco da dove proviene l'odore. La nave e semisommersa, ma la parte che si intravede e molto lunga. Faccio un paragone con l'autobus che passa sotto casa nostra: ce ne staranno almeno cinque in fila di fianco a questa astronave. Non è una navetta, questo è sicuro. Un oggetto così grande non può volare nell'atmosfera, deve restare in orbita.
Osservo il sole per un attimo e mi rendo conto che è troppo alto. In base a quella posizione dev'essere già pomeriggio, ma io sono partita alle undici di notte. Ho dormito qualche ora, forse. No, devo aver dormito di più. Mi sento riposata, come se avessi dormito le mie sette ore canoniche, quindi...
Scuoto la testa, perché i conti non tornano. Diciamo che sono passate otto ore. Undici più otto fa le sette di mattina. Poi un'altra ora per liberarmi e arriviamo alle otto, come fa il sole a essere così alto? Lascio stare e torno all'interno. Devo trovare più informazioni su questo posto e su questa nave, tanto ormai ho capito che proviene dalla Terra ed è precipitata senza controllo.
Mi aggiro per la sala comando. Oltre ai tavoli addossati alle pareti, ci sono delle postazioni interne. Uno degli indizi più utili è la polvere. Qui lavoravano almeno cinquanta persone, ma c'è uno strato di polvere notevole. Nessuno viene qua da mesi. Forse addirittura da anni, e questo è strano. Se Tyler recupera tecnologia terrestre da questo posto, ogni tanto deve venirci. Le postazioni alle pareti sono separate da quelle centrali da un corrimano rosso, che termina presso una grande poltrona. Quello dev'essere il posto del capitano. Davanti a lui ci sono due tavoli fissati al pavimento, simili a quello della sala in cui sono arrivata. È tutto bloccato a terra, non ci sono oggetti liberi. Mancano solo le poltrone dove si sedeva l'equipaggio. Eccole, sono tutte accatastate in fondo alla sala. Molte sono sfasciate per via dell'impatto, è evidente. Infatti, ci sono dei segni davanti ai tavoli: le poltrone erano incernierate qui e sono saltate via per l'urto.
Tutti gli schermi sono incassati nei tavoli, come le tastiere. Sbatto con forza una mano sulla poltrona del capitano, sollevando una nuvola di polvere. Mi prude il naso, ma adesso posso sedermi. Questo è il posto migliore per ricevere informazioni. I braccioli sono molto larghi. Appoggio le mani su entrambi e due luci verdi iniziano a lampeggiare. Una ha un triangolo che punta a destra, sembra la stessa icona del mio registratore. L'altra ha un quadrato. Provo a premere il triangolo, il colore verde mi fa intuire che non c'è pericolo.
Un grande monitor si accende sulla parete in alto davanti a me. Ecco dove stanno i monitor veri, quello sarà almeno cento pollici. C'è una richiesta di conferma per il replay di un video. Sul bracciolo si sono accesi altri due tasti: SI e NO. Premo SI e la registrazione parte.

Nel frattempo, a Newpolis...
- Daniel, calmati, sembri un animale in gabbia. -
- Devo partire subito, signore. In questo momento Samira potrebbe essere in pericolo. Quando è stata teletrasportata, era ammanettata al portale, se a destinazione non è stata liberata... -
- Capisco bene quello che provi, ma sei il vice governatore di Aedis e hai delle responsabilità. -
- Prima di tutto la famiglia, mi meraviglio di lei! - lo guardo torvo.
- Non ho detto il contrario, voglio solo che usi la logica. -
Mi mangio le unghie e penso. Ho lasciato Peter a casa a elaborare un piano per ritrovare il mio amore. Sono venuto in ufficio solo per comunicare a Melverin che parto alla sua ricerca, e lui mi fa perdere tempo. Rispetto a Samira i miei doveri pubblici valgono zero, deve capirlo. Mi guarda male e sta zitto, maledizione. Chiudo gli occhi, alzo le mani e faccio lunghi respiri per calmarmi.
- Che cosa si aspetta che faccia, signore? -
- Quel portale era usato regolarmente da Tyler. L'arrivo sarà situato in uno dei suoi uffici. -
Annuisco.
- Ci saranno dei dipendenti. Nessuno lascerebbe una persona ammanettata a un dispositivo come quello. Tua moglie non corre alcun pericolo. Sei d'accordo con me? -
Digrigno i denti, poi a malincuore annuisco. Odio quando il mio interlocutore ha ragione. È logico, quello che ha detto il vecchio è logico. Sono passate dieci ore. Samira potrebbe anche essere stata liberata. Non è saggio tenere prigioniera la moglie del vice governatore di Aedis. Negli ultimi giorni è successo di tutto in città e nei dintorni: devo rimettere le cose a posto. Nessuno saprebbe farlo meglio di me. Anzi, nessuno saprebbe farlo, punto! C'è anche il palazzo crollato di quel bastardo di Tyler da gestire. Nei sotterranei ci sono i suoi computer, almeno uno si sarà salvato dal crollo, cavolo! Se riuscissi a farlo funzionare, potrei trovare una traccia per capire dove ha mandato Samira. Sì, tutto sommato mi conviene rinunciare a partire subito.
- Ha ragione, signore, bisogna fare ordine e, senza falsa modestia, sono l'unico che può farlo. Ma lo farò a modo mio, se lei è d'accordo. -
Melverin allarga le mani. - Hai carta bianca. -
Daniele Missiroli
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Daniele Missiroli
Sono romagnolo, cresciuto a prosciutto e piadina (quella alta un dito), e poi salsiccia e patate fritte. Il mio fegato ringrazia. Ho frequentato il liceo scientifico, perché andavo bene in matematica, e in generale in tutte le materie scientifiche. È stato allora che ho iniziato a sviluppare la passione per il calcolo mentale, che è poi sfociato, diversi anni dopo, nel libro "Stenaritmia", un elenco completo di tutti i metodi per eseguire calcoli a mente, anche quelli ritenuti impossibili. In seguito mi sono trasferito a Bologna per laurearmi in fisica ed è stato nei suoi sotterranei che ho conosciuto il computer. Prima ancora che uscissero in commercio i primi personal, io sapevo già addomesticarli. Infatti, ho creato una delle prime software house in Italia. Dal 2003 faccio il consulente Privacy nell'azienda che ho fondato, insieme ad altri amici, e come hobby sono passato alla scrittura. Il mio genere preferito è la fantascienza, perché, anche se i dispositivi che descrivo sono futuristici, secondo me devono sempre avere una base di attendibilità. In pratica, prima li invento, poi li posso usare in un romanzo.

Writer Officina: Qual è stato il momento in cui ti sei accorto di aver sviluppato la passione per la letteratura?

Daniele Missiroli: Nel 2014 avevo collezionato un sacco di raccontini e trame per ipotetici romanzi (scrivo dalla seconda elementare e conservo sempre tutto). Stavano in una scatola (non un cassetto, era proprio una scatola da scarpe). Ho ancora dei fogli ingialliti, datati 1999. In quell'anno, per la prima volta, ho fatto leggere in giro l'unico racconto - presentabile - e ho visto che è piaciuto. Allora ho cercato in rete se poteva essere pubblicato e ho scoperto - Il mio libro - che permetteva di farlo in autonomia. Ho iniziato ad auto pubblicarmi con loro, ma dopo alcuni problemi di qualità, sono passato a YouCanPrint. La situazione è migliorata molto, ma non ero ancora soddisfatto. Da tre anni pubblico solo su Amazon. Se dovessi dare un punteggio percentuale alle mie tre esperienze (sono dati soggettivi), darei 60% a IML, 80% a YCP e 98% a KDP.

Writer Officina: C'è un libro che, dopo averlo letto, ti ha lasciato addosso la voglia di seguire questa strada?

Daniele Missiroli: Il ciclo della fondazione di Isaac Asimov. Quando l'ho scoperto, ho fatto mattina più di una volta poiché, nonostante la stanchezza, non riuscivo a smettere di leggere. In seguito mi sono procurato tutto ciò che ha pubblicato Asimov, a partire dal ciclo dei robot, e ho adottato la sua visione. Non è detto che i robot (o gli alieni) siano nostri nemici. Nelle avventure ci dev'essere sempre una componente misteriosa e tutto deve essere credibile, al limite della scienza disponibile già oggi. In un mio romanzo, il protagonista si salva con una tuta alare, senza paracadute, atterrando su un laghetto e questo è stato fatto davvero. Quando alcuni lettori mi hanno scritto, dicendo che non era possibile, ho mandato loro il link dell'impresa.

Writer Officina: Dopo aver scritto il tuo primo libro, lo hai proposto a un Editore? E con quali risultati?

Daniele Missiroli: Prima di passare da IML a YCP ho fatto una ricerca di case editrici no EAP e ne ho trovate diverse, ma vedendo il loro catalogo mi reputavo inadeguato, e con opportuna umiltà, rinunciavo a inviare manoscritti. Alla fine ho seguito la via dell'auto pubblicazione e credo di aver fatto bene. Accetto l'aiuto di tutti e sono disposto a mettere tutto in discussione, ma mi sono abituato a essere indipendente nelle decisioni, fin dalla scomparsa di mio padre, avvenuta quando avevo tredici anni. Ho scritto un racconto su questa tragedia personale che nel 2017 è stato pubblicato dalla Bel-Ami Edizioni.

Writer Officina: Pubblicare su Amazon KDP è stata una scelta vincente?

Daniele Missiroli: Sì, il loro programma è molto valido. Ci sono ancora alcuni punti migliorabili, ma si riescono a fare cose quasi perfette. Però si deve avere molta pazienza, saper usare Word di Microsoft e anche qualche programma grafico, se si vogliono inserire immagini. Essendo un programmatore, so quanto sia difficile scrivere buoni programmi.

Writer Officina: A quale dei tuoi libri sei più affezionato? Puoi raccontarci di cosa tratta?

Daniele Missiroli: A parte Stenaritmia, che amo per tutti i trucchi sul calcolo mentale che contiene, la mia saga su Aedis, di cui sono in pubblicazione il sesto e il settimo episodio, è la storia che preferisco. Ci sono decine di colpi di scena e tutto è coerente e credibile, come si usava fare nella fantascienza Asimoviana anni '40 e '50. Non ci sono parolacce (Asimov le odiava) e non ci sono situazioni concettualmente irreali. Anche i cosiddetti - cattivi - hanno la loro logica (nel settimo episodio questo viene evidenziato meglio). La storia inizia col viaggio di un'astronave - generazionale - che in 30 anni approda su Aedis e fonda una colonia. Subito compare il primo problema: qualcuno vuole tornare indietro, ma facendo esperimenti in tal senso, distrugge tutta la tecnologia, oltre a uccidere un quinto della popolazione. Il pianeta arretra di 1000 anni, e solo dopo parecchio tempo torna a essere come i nostri anni '80. Poi le avventure proseguono, Daniel Sung, il protagonista, si forma una famiglia e adotta un bambino, che in realtà è un piccolo androide. L'unico esistente, dato che non c'è più quella tecnologia. Dal sesto episodio in poi, la protagonista diventa Samira, la moglie di Daniel.

Writer Officina: Quale tecnica usi per scrivere? Prepari uno schema iniziale, prendi appunti, oppure scrivi d'istinto?

Daniele Missiroli: Ho un sistema che si è generato in modo naturale. Devo dire che negli ultimi dieci anni ho letto un sacco di libri sullo scrivere narrativa, per cui, forse, questo sistema si è generato in modo subliminale, non so. Io parto dal finale. Quando ho un'idea per un buon finale, scrivo il percorso per arrivarci, i personaggi che mi servono e i passaggi principali. Non più di una pagina. Poi inizio a sviluppare ogni scena. Ogni riga diventa un file separato. Quando ho scritto il 90%, li metto insieme, li raccordo meglio, inserisco le parti mancanti e, se occorre, tolgo quelle in eccesso. Poi scrivo l'incipit, decido il titolo, cerco la copertina e quando mi sembra a posto, inizio la fase di editing vero e proprio, che può durare anche il triplo. I tempi ideali, per me, sono due mesi per scriverlo e sei mesi per la fase di editing. Finita questa fase, lo posso far leggere. Se lo reputo opportuno, ricorro anche a una fase di editing da parte di un professionista.

Writer Officina: In questo periodo stai scrivendo un nuovo libro?
È dello stesso genere di quello che hai già pubblicato, oppure un'idea completamente diversa?


Daniele Missiroli: Ho scritto il sesto e il settimo episodio della mia saga: Aedis, dove la protagonista ora è Samira, la moglie del protagonista dei primi cinque. Ho scoperto che lei è un personaggio che ha delle caratteristiche più interessanti e avvincenti, rispetto a Daniel. E poi è autonoma. Prima di tutto l'ha sposato a sorpresa, al posto della sorella Alisha, poi è disposta a correre più rischi e ha un senso della giustizia più duttile del marito. La ritengo molto più credibile, visto anche quello che si legge e si vede in televisione.

Writer Officina: Oltre ai romanzi e ai racconti di fantascienza, hai scritto anche qualcosa ambientato sulla Terra?

Daniele Missiroli: Ho scritto Annabel, un'avventura ambientata a Las Vegas, dove un uomo e una donna vogliono arricchirsi truffando un Casinò, ma ognuno ha un piano che nasconde all'altro. Per ora, questo è l'unico a contenere qualche scena soft core. Anche qui, però, non manca la tecnologia, perché fare Jackpot e sottrarre venti milioni di dollari senza essere scoperti non è facile. Il finale è diverso da qualsiasi romanzo rosa o d'avventura, perché, a metà della storia, entra in scena una coppia, e la donna dichiara di essere sua sorella. Niente di più falso, ovviamente, ma per sapere come va a finire, si deve leggere Annabel. L'altro romanzo ambientato sul nostro pianeta che ho scritto si chiama Moonlift e racconta del primo ascensore lunare che sia mai stato costruito. Anche qui, a parte il cavo, tutto il resto sarebbe fattibile.

Writer Officina: Che altri hobby hai, oltre alla lettura e alla scrittura?

Daniele Missiroli: Perché, c'è qualcosa di più bello?
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