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Falso scopo
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Londra, 1885. Nessuno si agiti: prendiamo solo qualche banconota e ce ne andiamo. Quella era la frase pronunciata da Lionel Willis quando entrava in una banca insieme ai suoi due complici. Jerome, il più giovane, rimaneva accanto alla porta e girava il cartello che su una facciata riportava: “La banca è aperta” e sull'altro: “La banca è chiusa”. Virgil, il più anziano, si dirigeva verso le casse. La pistola che impugnava faceva capire agli impiegati che era meglio se si allontanavano. Metteva un sacco di iuta per terra e cominciava a riempirlo con le banconote che trovava nei cassetti. Solo banconote, niente monete che pesano e fanno rumore quanto le trasporti. Il suo passato di giocoliere e prestigiatore lo rendeva perfetto per quell'incarico. Le mazzette finivano dentro al sacco con precisione millimetrica. Nel frattempo, Lionel cercava di tranquillizzare i dipendenti e gli eventuali clienti. Sorrideva alle signore e mostrava rispetto agli uomini. Parlava, parlava e parlava. Cercava di creare un diversivo, lamentandosi del tempo, cercando di ricordare cosa doveva fare l'indomani, citando luoghi di vacanza e chiedendo alle persone se c'erano state. Era affabile e gentile, al punto che dopo un po' alcuni chiacchieravano con lui e si dimenticavano della rapina in corso. Indossavano tutti e tre delle divise blu con una doppia fila di bottoni dorati e avevano un cappello bianco con visiera da capitano. Sotto al cappello portavano delle parrucche di ricci rossastri e sul volto barba, baffi e sopracciglia posticce. Tutte quelle pelosità erano così folte che del viso si distinguevano solo gli occhi. Avevano ideato questo travestimento per essere irriconoscibili e indistinguibili. Anche le pistole erano identiche: revolver Tranter con proiettili da .36 pollici di diametro. Le pistole erano vere e anche i proiettili, ma la polvere nera era stata rimossa. Lionel era solo un ladro e non aveva mai fatto del male a nessuno. Le armi servivano per spaventare, non per ferire o uccidere. Nonostante questo, nessuno puntava mai la pistola contro una persona. Le regole prevedevano di tenerla orientata verso l'alto o verso il basso, così nessuno si sarebbe messo a urlare. Lionel aveva un timer al polso che faceva partire quando entravano e suonava dopo quindici minuti. Le banche prese di mira distavano almeno venti minuti dalla centrale di polizia più vicina. La banda doveva uscire molto prima per evitare quello che Lionel aveva definito rischio telefono. In una banca è molto probabile che ci sia sempre qualcuno al telefono. Appena loro entravano che cosa avrebbe detto quella persona al suo interlocutore? Mio Dio, una rapina! E la persona all'altro capo del filo avrebbe allertato la polizia. I tre rapinatori dovevano uscire prima possibile dall'edificio e dovevano togliersi il travestimento, diventando innocui cittadini londinesi che trasportano un paio di sacchi. Uno pieno di banconote e l'altro pieno di parrucche e posticci. Le divise bastava indossarle al contrario per trasformarle in abiti da lavoro consunti di colore verde. Con questo sistema avevano rapinato diverse filiali della Banca Hamilton di Londra. Dopo la dodicesima, Lionel ritenne che fosse meglio fare una pausa. Centrale di polizia – Ramon, lurido furfante – gridò il sergente Mathias Zane. – Sei venuto a confessare un furto? Oggi mi sento buono: se hai rubato meno di cinque sterline ti lascerò andare! Ramon era un teppistello da quattro soldi che rubacchiava in giro e ogni tanto veniva arrestato. Si faceva una settimana o due di prigione e poi veniva rilasciato. Quando gli andava davvero male, si faceva arrestare apposta per avere almeno un tetto sulla testa e un pasto caldo. In centrale lo conoscevano tutti. Basso e mingherlino, con il viso a punta come un roditore, nell'ambiente era conosciuto più con il nomignolo di Faccia di topo che con il suo vero nome. Quel giorno era entrato in centrale di sua spontanea volontà, ma si vedeva che avrebbe preferito essere in qualsiasi altro posto. Procedeva lento e si guardava in giro. – Buongiorno, sergente – si inchinò più volte. – Non ho rubato niente, sono venuto a compiere il mio dovere di cittadino. Il sergente non credeva alle sue orecchie. – Tu saresti venuto... ragazzi, venite tutti qua, Faccia di topo vuole farci ridere. Alcuni agenti si avvicinarono, pronti a prendere in giro Ramon. In poco tempo si ritrovò circondato. L'ispettore Larry Langman stava centellinando il suo tè preferito e non partecipò al gioco. Quel tipo di malviventi non gli interessavano, lui cercava gli assassini. Ne aveva messo dentro già parecchi, ma sapeva che Londra ne era piena. Bastava leggere i giornali. Decine di omicidi al giorno e meno della metà venivano risolti. – Siamo tutti qui per te – gli disse il sergente. – Raccontaci una storia divertente. Ramon controllò l'orologio che aveva al polso. – Non posso, signore, è troppo presto. È prevista una ricompensa per chi denuncia un reato? – Quello dove l'hai preso? – il sergente si accigliò. – Non l'ho rubato, me l'ha dato un signore. Ha detto che dovevo venire qui alle dieci, ma io gli ho detto che non potevo sapere quando erano le dieci. Allora lui si è tolto questo dal polso e me l'ha dato. Larry stava ascoltando distrattamente, ma quando udì quelle parole alzò un sopracciglio. Il reato da denunciare poteva anche essere un omicidio. Finì il suo tè e si avvicinò. – Senti, Ramon – continuò il sergente – non ho tempo da perdere. Non mi interessa cosa ti ha detto il tuo amico. Se hai qualcosa da dire, me la dici e poi te ne vai. Di che reato stiamo parlando? Furto di mele? Borseggio? – Non posso dirlo, signore, non sono le dieci. Però se ci fosse una ricompensa... – Ho capito, sei venuto a estorcermi del denaro. Ti sei inventato tutto e speri che io ci caschi, ma non succederà. – No, signore, non lo farei mai – Ramon si dimostrò offeso. Larry intervenne. – Ramon, vuoi una tazza di tè? – Preferirei del liquore, ma se non c'è altro... – Ispettore: questo puzza come un sorcio! Se lo teniamo qui ancora un po' ci infetterà tutta la centrale. – Ha ragione, sergente, ma forse quello che deve dirci è importante. Tu come giudichi l'informazione che ci rivelerai alle dieci? Devi darci un indizio se vuoi che ti crediamo. – L'informazione è molto importante. Molto. Lo giuro! – Devi anche dirci quanto ti ha dato quell'uomo per venire qui. – Ispettore, come fa a sapere che quell'uomo l'ha pagato? – Ramon si guardava intorno e tremava. Non sarebbe mai entrato in una centrale di polizia solo per fare un favore a un amico. – Be', ha avuto un orologio. – Quello era necessario per sapere l'ora. No, Ramon è stato pagato. – Sono fatti miei, perché ve lo devo dire? – Ci serve saperlo – Larry gli allungò una tazza di tè – perché dalla cifra capiremo quanto è importante l'informazione. Ti faccio un esempio: se ti avesse dato una sterlina, sarebbe poco importante. Se te ne avesse date cinque sarebbe un po' più importante. Se te ne avesse date dieci, invece... Ramon afferrò la tazza e lo interruppe. – Quanto è importante se mi ha dato cinquanta sterline? 5 giorni prima del colpo Il Prete Nero era il pub malfamato più famoso del più famoso sobborgo malfamato di Londra. L'ambiente era tetro e angusto. Lionel aveva già scolato la seconda birra e ora stava ticchettando con i polpastrelli sul tavolo. Quando ieri Big Bear, il titolare del locale, gli aveva detto che c'era un uomo che voleva incontrarlo, l'aveva mandato al diavolo senza pensarci. Aveva sempre organizzato i colpi da solo per avere il controllo totale dell'operazione e non gli interessava fare nuove conoscenze. Era stato costretto a cambiare idea quando Bear aveva precisato che quell'uomo non voleva incontrare Lionel Willis il perdigiorno, bensì Lionel Willis il rapinatore delle filiali della Banca Hamilton. Come faceva quella persona a sapere chi era e cosa faceva? Conosceva anche i nomi dei suoi due complici? Doveva appurarlo. Ecco perché oggi si trovava seduto a quel tavolo. L'unica cosa che lo confortava era che non poteva essere una trappola della polizia, o Bear l'avrebbe avvertito. Smise di tamburellare e cercò di calmarsi. Era lì già da un'ora, se quel tipo non si fosse presentato nei prossimi dieci minuti se ne sarebbe andato. – Piacere di conoscerti, Lionel – un uomo con una folta barba nera comparve dal nulla e si sedette al suo tavolo. Indossava un cappotto nero lungo fino ai piedi, degli occhiali pince nez con lenti scure e un berretto di lana grigia che gli copriva anche le orecchie. La sua voce era roca, gutturale. – Chi sei? – Puoi chiamarmi Fred. Ho messo in giro io la voce che volevo parlare con te. Mi sono informato e so che hai rapinato dodici filali della Banca Hamilton in meno di sei mesi. Hai due complici e dai giornali so anche a quanto ammonta il tuo bottino. – Puoi toglierti quella barba finta, qui siamo al sicuro. Puoi mettere via anche tutto il resto. – È vero, la barba è finta, ho preso l'idea da te. – Non cerco altri complici, stai bussando all'indirizzo sbagliato. – Non ho voluto incontrarti per questo. Indosso un travestimento perché sono un uomo rispettabile e non voglio farmi vedere in locali malfamati. Lavoro in una filiale della Hamilton, una di quelle che non hai rapinato. Sono venuto a conoscenza di un'informazione che ti può cambiare la vita. – Non mi fido delle talpe. Anche se la rapina va in porto, la polizia sospetta che ci sia un complice fra gli impiegati e alla fine lo scopre, lo torchia e lui fa i nomi dei rapinatori. – In questo caso non succederà, perché io sparirò. – È lo stesso, non credo che potremo trovare un accordo – Lionel si apprestò ad alzarsi. Fred lo trattenne per un braccio. – Aspetta di sentire la notizia. Ho saputo che un emiro depositerà nella mia banca un milione di sterline come garanzia per un investimento che deve fare nel nostro paese. Resterà nella cassaforte per un giorno e ne è a conoscenza solo il direttore. – Tu come hai fatto a scoprirlo? – Gli uffici hanno le pareti sottili. Appoggiando l'orecchio alla parete divisoria si può sentire quello che viene detto dall'altra parte. Quando ho visto entrare degli arabi, mi sono chiuso dentro e li ho spiati. Appena saprò il giorno esatto, potrai fare la rapina del secolo. – Quanto dista la centrale di polizia dalla tua banca? – Poco, ma questa volta non dovrai perdere tempo a svaligiare le casse. Sarà un lavoro da dieci minuti, anche meno. – Un milione, hai detto? – Sì, ma dato che senza di me non potresti far nulla, voglio la metà. – Mezzo milione in cambio di un'informazione? Sei troppo avido. – Pensa che si tratta di mezzo milione per dieci minuti di lavoro. Nelle altre rapine non hai mai superato le diecimila sterline, ora hai la possibilità di sistemarti per sempre. Lionel meditò in silenzio su quelle parole. Per procurarsi la stessa cifra con le rapine avrebbe dovuto svaligiare più di cinquanta banche. Però avere per complice uno sconosciuto era contro le sue regole. Si diede dell'imbecille per non essere venuto col travestimento. Quel Fred poteva sapere chi aveva compiuto le rapine, ma non che aspetto avesse. Quando tornerò a casa, pensò, per prima cosa mi taglierò i baffetti.
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Sono romagnolo, cresciuto a prosciutto e piadina (quella alta un dito), e poi salsiccia e patate fritte. Il mio fegato ringrazia. Ho frequentato il liceo scientifico, perché andavo bene in matematica, e in generale in tutte le materie scientifiche. È stato allora che ho iniziato a sviluppare la passione per il calcolo mentale, che è poi sfociato, diversi anni dopo, nel libro "Stenaritmia", un elenco completo di tutti i metodi per eseguire calcoli a mente, anche quelli ritenuti impossibili. In seguito mi sono trasferito a Bologna per laurearmi in fisica ed è stato nei suoi sotterranei che ho conosciuto il computer. Prima ancora che uscissero in commercio i primi personal, io sapevo già addomesticarli. Infatti, ho creato una delle prime software house in Italia. Dal 2003 faccio il consulente Privacy nell'azienda che ho fondato, insieme ad altri amici, e come hobby sono passato alla scrittura. Il mio genere preferito è la fantascienza, perché, anche se i dispositivi che descrivo sono futuristici, secondo me devono sempre avere una base di attendibilità. In pratica, prima li invento, poi li posso usare in un romanzo.
Writer Officina: Qual è stato il momento in cui ti sei accorto di aver sviluppato la passione per la letteratura?
Daniele Missiroli: Nel 2014 avevo collezionato un sacco di raccontini e trame per ipotetici romanzi (scrivo dalla seconda elementare e conservo sempre tutto). Stavano in una scatola (non un cassetto, era proprio una scatola da scarpe). Ho ancora dei fogli ingialliti, datati 1999. In quell'anno, per la prima volta, ho fatto leggere in giro l'unico racconto - presentabile - e ho visto che è piaciuto. Allora ho cercato in rete se poteva essere pubblicato e ho scoperto - Il mio libro - che permetteva di farlo in autonomia. Ho iniziato ad auto pubblicarmi con loro, ma dopo alcuni problemi di qualità, sono passato a YouCanPrint. La situazione è migliorata molto, ma non ero ancora soddisfatto. Da tre anni pubblico solo su Amazon. Se dovessi dare un punteggio percentuale alle mie tre esperienze (sono dati soggettivi), darei 60% a IML, 80% a YCP e 98% a KDP.
Writer Officina: C'è un libro che, dopo averlo letto, ti ha lasciato addosso la voglia di seguire questa strada?
Daniele Missiroli: Il ciclo della fondazione di Isaac Asimov. Quando l'ho scoperto, ho fatto mattina più di una volta poiché, nonostante la stanchezza, non riuscivo a smettere di leggere. In seguito mi sono procurato tutto ciò che ha pubblicato Asimov, a partire dal ciclo dei robot, e ho adottato la sua visione. Non è detto che i robot (o gli alieni) siano nostri nemici. Nelle avventure ci dev'essere sempre una componente misteriosa e tutto deve essere credibile, al limite della scienza disponibile già oggi. In un mio romanzo, il protagonista si salva con una tuta alare, senza paracadute, atterrando su un laghetto e questo è stato fatto davvero. Quando alcuni lettori mi hanno scritto, dicendo che non era possibile, ho mandato loro il link dell'impresa.
Writer Officina: Dopo aver scritto il tuo primo libro, lo hai proposto a un Editore? E con quali risultati?
Daniele Missiroli: Prima di passare da IML a YCP ho fatto una ricerca di case editrici no EAP e ne ho trovate diverse, ma vedendo il loro catalogo mi reputavo inadeguato, e con opportuna umiltà, rinunciavo a inviare manoscritti. Alla fine ho seguito la via dell'auto pubblicazione e credo di aver fatto bene. Accetto l'aiuto di tutti e sono disposto a mettere tutto in discussione, ma mi sono abituato a essere indipendente nelle decisioni, fin dalla scomparsa di mio padre, avvenuta quando avevo tredici anni. Ho scritto un racconto su questa tragedia personale che nel 2017 è stato pubblicato dalla Bel-Ami Edizioni.
Writer Officina: Pubblicare su Amazon KDP è stata una scelta vincente?
Daniele Missiroli: Sì, il loro programma è molto valido. Ci sono ancora alcuni punti migliorabili, ma si riescono a fare cose quasi perfette. Però si deve avere molta pazienza, saper usare Word di Microsoft e anche qualche programma grafico, se si vogliono inserire immagini. Essendo un programmatore, so quanto sia difficile scrivere buoni programmi.
Writer Officina: A quale dei tuoi libri sei più affezionato? Puoi raccontarci di cosa tratta?
Daniele Missiroli: A parte Stenaritmia, che amo per tutti i trucchi sul calcolo mentale che contiene, la mia saga su Aedis, di cui sono in pubblicazione il sesto e il settimo episodio, è la storia che preferisco. Ci sono decine di colpi di scena e tutto è coerente e credibile, come si usava fare nella fantascienza Asimoviana anni '40 e '50. Non ci sono parolacce (Asimov le odiava) e non ci sono situazioni concettualmente irreali. Anche i cosiddetti - cattivi - hanno la loro logica (nel settimo episodio questo viene evidenziato meglio). La storia inizia col viaggio di un'astronave - generazionale - che in 30 anni approda su Aedis e fonda una colonia. Subito compare il primo problema: qualcuno vuole tornare indietro, ma facendo esperimenti in tal senso, distrugge tutta la tecnologia, oltre a uccidere un quinto della popolazione. Il pianeta arretra di 1000 anni, e solo dopo parecchio tempo torna a essere come i nostri anni '80. Poi le avventure proseguono, Daniel Sung, il protagonista, si forma una famiglia e adotta un bambino, che in realtà è un piccolo androide. L'unico esistente, dato che non c'è più quella tecnologia. Dal sesto episodio in poi, la protagonista diventa Samira, la moglie di Daniel.
Writer Officina: Quale tecnica usi per scrivere? Prepari uno schema iniziale, prendi appunti, oppure scrivi d'istinto?
Daniele Missiroli: Ho un sistema che si è generato in modo naturale. Devo dire che negli ultimi dieci anni ho letto un sacco di libri sullo scrivere narrativa, per cui, forse, questo sistema si è generato in modo subliminale, non so. Io parto dal finale. Quando ho un'idea per un buon finale, scrivo il percorso per arrivarci, i personaggi che mi servono e i passaggi principali. Non più di una pagina. Poi inizio a sviluppare ogni scena. Ogni riga diventa un file separato. Quando ho scritto il 90%, li metto insieme, li raccordo meglio, inserisco le parti mancanti e, se occorre, tolgo quelle in eccesso. Poi scrivo l'incipit, decido il titolo, cerco la copertina e quando mi sembra a posto, inizio la fase di editing vero e proprio, che può durare anche il triplo. I tempi ideali, per me, sono due mesi per scriverlo e sei mesi per la fase di editing. Finita questa fase, lo posso far leggere. Se lo reputo opportuno, ricorro anche a una fase di editing da parte di un professionista.
Writer Officina: In questo periodo stai scrivendo un nuovo libro? È dello stesso genere di quello che hai già pubblicato, oppure un'idea completamente diversa?
Daniele Missiroli: Ho scritto il sesto e il settimo episodio della mia saga: Aedis, dove la protagonista ora è Samira, la moglie del protagonista dei primi cinque. Ho scoperto che lei è un personaggio che ha delle caratteristiche più interessanti e avvincenti, rispetto a Daniel. E poi è autonoma. Prima di tutto l'ha sposato a sorpresa, al posto della sorella Alisha, poi è disposta a correre più rischi e ha un senso della giustizia più duttile del marito. La ritengo molto più credibile, visto anche quello che si legge e si vede in televisione.
Writer Officina: Oltre ai romanzi e ai racconti di fantascienza, hai scritto anche qualcosa ambientato sulla Terra?
Daniele Missiroli: Ho scritto Annabel, un'avventura ambientata a Las Vegas, dove un uomo e una donna vogliono arricchirsi truffando un Casinò, ma ognuno ha un piano che nasconde all'altro. Per ora, questo è l'unico a contenere qualche scena soft core. Anche qui, però, non manca la tecnologia, perché fare Jackpot e sottrarre venti milioni di dollari senza essere scoperti non è facile. Il finale è diverso da qualsiasi romanzo rosa o d'avventura, perché, a metà della storia, entra in scena una coppia, e la donna dichiara di essere sua sorella. Niente di più falso, ovviamente, ma per sapere come va a finire, si deve leggere Annabel. L'altro romanzo ambientato sul nostro pianeta che ho scritto si chiama Moonlift e racconta del primo ascensore lunare che sia mai stato costruito. Anche qui, a parte il cavo, tutto il resto sarebbe fattibile.
Writer Officina: Che altri hobby hai, oltre alla lettura e alla scrittura?
Daniele Missiroli: Perché, c'è qualcosa di più bello?
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