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Vite inutili
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«Ciao, Christina. Oggi dobbiamo iniziare il test sessantuno.» «Sì, ho già preparato tutto.» Flora controlla le siringhe, i flaconcini di liquido da sperimentare e annuisce. La aiuto a spostare tutto nella stanza con le cavie e iniziamo il lavoro. A metà mattina abbiamo finito. Chiudo la porta a vetri e posso fare una pausa insieme ai colleghi. Mi dirigo verso la sala riunioni dove abbiamo una macchinetta automatica in grado di preparare caffè, cappuccino, tè e anche cioccolata calda. La accendo e subito il ronzio metallico riempie la stanza, apro il piccolo frigo sotto al bancone e prendo anche qualche bottiglietta d'acqua che dispongo sul tavolo. Gli altri arrivano in pochi minuti e vedo con piacere un pacchettino che riconosco. Ogni tanto Samuel porta i pancake preparati da sua madre: una vera delizia. Tutto merito delle uova delle sue galline, libere di razzolare per il cortile. Mentre ci stiamo rilassando, Oliver entra a sorpresa, senza salutare, come suo solito. Un atteggiamento da chi si ritiene il padrone del mondo. Lo sapevo: parli del diavolo e spuntano le corna. Gli uomini si alzano in piedi, Flora e io restiamo sedute. Non viene mai a trovarci a metà settimana, che cosa vuole? Non è certo ben visto: da quando è stato nominato direttore, tre anni fa, ha cominciato a tagliare fondi e licenziare. Passa un dito sul pavimento, raccoglie della polvere, la osserva schifato e sbuffa. «Poca voglia di lavorare, come al solito. E anche di pulire, da quel che vedo.» Ci scruta uno dopo l'altro, mostrando il dito sporco, con soddisfazione. Flora mi guarda per assicurarsi che non stia davvero pensando di andare a prenderlo a calci. Cosa che avrei voluto fare più volte e lei lo sa. Stringe appena le labbra: la rassicuro con un ampio sorriso. «Dottore, ma che cosa dice?» Lo guarda scuotendo la testa. «Vada a controllare il laboratorio. Noi lavoriamo là e quel locale è sempre pulitissimo.» «Infatti,» aggiungo: «qualcuno oggi è venuto prima e ha spazzato e lavato il pavimento.» «Già che c'era, dottoressa Cross, poteva dare una pulita anche a questo locale. Mi sembra che lo usiate spesso.» Guarda la macchinetta del caffè con un sorrisetto ironico e si siede a capotavola. «Mi scusi, dottor Lessard, ma nella mia facoltà di biologia, superata con lode, non c'era l'esame per donna delle pulizie. Nella sua, invece?» Mi piace prenderlo in giro, tanto lui capisce meno della metà delle mie battute. Finisco di bere il caffè e getto il bicchierino di carta nel cestino. «C'è poco da scherzare, qui la situazione è seria.» Oliver posa lento le mani intrecciate sul tavolo. «Il consiglio direttivo mi ha informato che ci hanno tagliato i fondi.» Un brusio di disappunto si diffonde nella sala. «Ancora, dottore?» Flora sbatte un palmo sul tavolo, il volto contratto. «Dobbiamo adeguarci, purtroppo.» Allarga le braccia. Il clima rilassato di prima ha lasciato il posto a gelo e sconforto. Arthur, il più anziano, si gratta la nuca, poi si fa coraggio. «A cosa dobbiamo rinunciare stavolta? Non certo alla macchinetta del caffè: le cialde le paghiamo di tasca nostra.» «È presto detto: dobbiamo fare a meno di uno di voi. Pensateci, poi fatemi sapere.» «Dottore!» Flora si alza in piedi. «Non possiamo farlo. Riusciamo a effettuare ottanta test l'anno proprio perché ognuno di noi si è specializzato. Lavoriamo come una catena di montaggio. Sarebbe come togliere una ruota a un'automobile. C'è un limite minimo che non può essere superato.» I miei colleghi annuiscono e io con loro. Oliver non mette mai piede nei laboratori: non ha idea di quello che facciamo né di come lo facciamo. L'unica cosa di cui è capace è farsi vedere ogni tanto, raramente, per criticare e lamentarsi. «Non so cosa dirvi. Però il dottor Reed è molto giovane. Com'è possibile che sia indispensabile?» Guardo il viso di Samuel e lo vedo affranto, ma non più di tanto. Credo che se lo aspettasse. Quando c'è una riduzione del personale, il primo a essere licenziato è sempre l'ultimo arrivato. Nessuno si fa avanti per prendere le sue difese, quindi lo faccio io. «Samuel è quello che lavora più di tutti» lo indico con un cenno della mano. Il ragazzo tiene lo sguardo basso, le dita intrecciate nervose. «Da quando ci ha tolto la ditta delle pulizie, anche se teoricamente tocca a ognuno di noi, un giorno a testa, finisce sempre che le fa lui. E poi tiene in ordine le scrivanie, lava gli strumenti, compila i rapporti.» «Quindi è solo un tuttofare.» bofonchia Oliver, stringendo le labbra. «Il suo lavoro può farlo chiunque.» «No, le ho detto solo ciò che Samuel fa in più rispetto a noi. Se manca lui, oltre a una delle quattro ruote, mancherà anche la manutenzione, per tornare al paragone con l'automobile.» «Va bene. Allora il dottor Fenton e il dottor Atkins... tireranno a sorte.» Arthur e Byron, colti di sorpresa, si scambiano uno sguardo smarrito e sospirano, rassegnati. «Dottor Lessard,» dice Flora con voce insolitamente melliflua, inclinando appena la testa: «possiamo ragionare un attimo? Non può entrare così a sorpresa e licenziare una persona a caso. Le aziende farmaceutiche, le profumerie, le ditte chimiche hanno bisogno dei nostri risultati. Se toglie una persona, ci saranno delle conseguenze. I test diminuiranno, le aziende lanceranno meno prodotti nuovi sul mercato e avranno un fatturato inferiore.» «Perché mai?» Oliver si mostra sorpreso. «Ci sono i laboratori privati.» «Costano almeno quattro volte quello che costiamo noi,» intervengo, puntando l'indice sul tavolo: «forse anche di più. Le aziende apprezzano la nostra qualità e il basso costo. Potrebbero coprire loro la riduzione, perché dobbiamo farlo noi?» Il direttore fa spallucce. Non l'ho convinto. Flora riprende il discorso. «Con una persona in meno i test caleranno di più del venti percento. Potrebbero anche dimezzarsi.» «Pazienza.» Oliver allarga le mani con finta innocenza. «Ma tenete presente che se i risultati caleranno... il Consiglio non sarà contento. E chissà cosa potrebbe succedere.» Guardo Flora e immagino cosa si stia domandando. Lessard ci sta suggerendo che l'amministrazione potrebbe addirittura chiudere il nostro reparto. L'idea ha colpito tutti, lo vedo negli sguardi bassi e nei volti tesi dei miei colleghi. «Scusi, dottore.» mi rivolgo a lui con decisione. «Credo sia il momento giusto per farle una domanda che mi assilla da tempo.» Lessard sospira, infastidito. «Mi dica.» «Che io sappia, il compito del direttore di questo reparto è trattare con il Consiglio e, sottolineo la congiunzione, reperire fondi negoziando con le aziende interessate.» «È quello che faccio, infatti.» «Bene: allora perché invece di venire qui a dirci che deve licenziare una persona non è in giro a cercare i fondi che le hanno tolto?» Le mie parole restano sospese nell'aria; Arthur abbassa lo sguardo, Samuel si aggiusta gli occhiali in silenzio. Lessard diventa paonazzo: gli occhi sembrano sul punto di schizzargli fuori dalle orbite. Afferra la sedia con entrambe le mani per cercare un appiglio. Se non gli prende un infarto adesso, non gli verrà mai più. I miei colleghi sono preoccupati. Flora è imbarazzatissima e fissa un punto sul pavimento, incapace di incrociare lo sguardo di chiunque. Nessuno, fino a oggi, aveva mai osato rivolgersi a un direttore in questo modo. «Lei... come osa? Io mi faccio in quattro per tenere in piedi questo reparto e lei mi accusa di... di negligenza? Sareste a spasso da anni senza il mio lavoro, lo sapete?» Lessard si strappa nervoso la cravatta e si allenta il colletto della camicia. Flora si alza e gli porge una bottiglietta d'acqua. Lui la apre e beve avido. Quando Flora torna al suo posto, approfittando del fatto che gli dà le spalle, mi guarda con rimprovero. «Dovevo stare zitta?» sussurro. «Non è un nostro diritto sapere?» Lei scuote la testa e si siede. «Dottoressa Cross.» Oliver beve altri sorsi d'acqua, mentre tamburella nervosamente le dita sul ripiano. «Lei non sa come lavoro, quindi è scusata. Andiamo avanti.» Vuole cavarsela facendo finta di nulla? Troppo comodo. Mi alzo in piedi. «No, dottore, non mi servono le sue scuse. Poiché afferma che non so come lavora, la prendo in parola. Ci dica esattamente cosa fa per riempire le sue giornate.» «Ah, sempre diretta al punto, vero Cross? Glielo dico subito. Riunioni su riunioni. Poi vado in giro a cercare soldi. Di chi è la colpa se non me li danno? Le aziende mi contattano per diminuire i contributi e io cerco di convincerle a cambiare idea; mi faccio in quattro per salvare il salvabile. Ho sempre un diavolo per capello, non dormo la notte. E che risultati ottengo? I soldi calano e sembra sia colpa mia se c'è la recessione.» Beve di nuovo. Il sudore gli cola lungo le tempie, ma nella stanza non fa caldo. Infatti, nessuno di noi è accaldato. So cosa significa sudare senza motivo. Il nostro direttore è in imbarazzo perché sta mentendo. Taccio e mi siedo nuovamente per riordinare le idee. Flora interviene. «Abbiamo divagato, dottore, ci scusi. Torniamo al problema principale. Davvero non esiste un modo per evitare di licenziare uno di noi?» Lessard socchiude gli occhi. Ha un viso da volpe. Sta rimuginando su qualcosa di storto, lo percepisco chiaro. «No, inutile che ve lo dica. Sì, un modo ci sarebbe, però... no, no, sono sicuro che non accettereste.» Conclude la frase fissandomi dritto negli occhi. Ricambio senza esitare: se pensa che io abbassi lo sguardo, è fuori strada. |
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Sono romagnolo, cresciuto a prosciutto e piadina (quella alta un dito), e poi salsiccia e patate fritte. Il mio fegato ringrazia. Ho frequentato il liceo scientifico, perché andavo bene in matematica, e in generale in tutte le materie scientifiche. È stato allora che ho iniziato a sviluppare la passione per il calcolo mentale, che è poi sfociato, diversi anni dopo, nel libro "Stenaritmia", un elenco completo di tutti i metodi per eseguire calcoli a mente, anche quelli ritenuti impossibili. In seguito mi sono trasferito a Bologna per laurearmi in fisica ed è stato nei suoi sotterranei che ho conosciuto il computer. Prima ancora che uscissero in commercio i primi personal, io sapevo già addomesticarli. Infatti, ho creato una delle prime software house in Italia. Dal 2003 faccio il consulente Privacy nell'azienda che ho fondato, insieme ad altri amici, e come hobby sono passato alla scrittura. Il mio genere preferito è la fantascienza, perché, anche se i dispositivi che descrivo sono futuristici, secondo me devono sempre avere una base di attendibilità. In pratica, prima li invento, poi li posso usare in un romanzo.
Writer Officina: Qual è stato il momento in cui ti sei accorto di aver sviluppato la passione per la letteratura?
Daniele Missiroli: Nel 2014 avevo collezionato un sacco di raccontini e trame per ipotetici romanzi (scrivo dalla seconda elementare e conservo sempre tutto). Stavano in una scatola (non un cassetto, era proprio una scatola da scarpe). Ho ancora dei fogli ingialliti, datati 1999. In quell'anno, per la prima volta, ho fatto leggere in giro l'unico racconto - presentabile - e ho visto che è piaciuto. Allora ho cercato in rete se poteva essere pubblicato e ho scoperto - Il mio libro - che permetteva di farlo in autonomia. Ho iniziato ad auto pubblicarmi con loro, ma dopo alcuni problemi di qualità, sono passato a YouCanPrint. La situazione è migliorata molto, ma non ero ancora soddisfatto. Da tre anni pubblico solo su Amazon. Se dovessi dare un punteggio percentuale alle mie tre esperienze (sono dati soggettivi), darei 60% a IML, 80% a YCP e 98% a KDP.
Writer Officina: C'è un libro che, dopo averlo letto, ti ha lasciato addosso la voglia di seguire questa strada?
Daniele Missiroli: Il ciclo della fondazione di Isaac Asimov. Quando l'ho scoperto, ho fatto mattina più di una volta poiché, nonostante la stanchezza, non riuscivo a smettere di leggere. In seguito mi sono procurato tutto ciò che ha pubblicato Asimov, a partire dal ciclo dei robot, e ho adottato la sua visione. Non è detto che i robot (o gli alieni) siano nostri nemici. Nelle avventure ci dev'essere sempre una componente misteriosa e tutto deve essere credibile, al limite della scienza disponibile già oggi. In un mio romanzo, il protagonista si salva con una tuta alare, senza paracadute, atterrando su un laghetto e questo è stato fatto davvero. Quando alcuni lettori mi hanno scritto, dicendo che non era possibile, ho mandato loro il link dell'impresa.
Writer Officina: Dopo aver scritto il tuo primo libro, lo hai proposto a un Editore? E con quali risultati?
Daniele Missiroli: Prima di passare da IML a YCP ho fatto una ricerca di case editrici no EAP e ne ho trovate diverse, ma vedendo il loro catalogo mi reputavo inadeguato, e con opportuna umiltà, rinunciavo a inviare manoscritti. Alla fine ho seguito la via dell'auto pubblicazione e credo di aver fatto bene. Accetto l'aiuto di tutti e sono disposto a mettere tutto in discussione, ma mi sono abituato a essere indipendente nelle decisioni, fin dalla scomparsa di mio padre, avvenuta quando avevo tredici anni. Ho scritto un racconto su questa tragedia personale che nel 2017 è stato pubblicato dalla Bel-Ami Edizioni.
Writer Officina: Pubblicare su Amazon KDP è stata una scelta vincente?
Daniele Missiroli: Sì, il loro programma è molto valido. Ci sono ancora alcuni punti migliorabili, ma si riescono a fare cose quasi perfette. Però si deve avere molta pazienza, saper usare Word di Microsoft e anche qualche programma grafico, se si vogliono inserire immagini. Essendo un programmatore, so quanto sia difficile scrivere buoni programmi.
Writer Officina: A quale dei tuoi libri sei più affezionato? Puoi raccontarci di cosa tratta?
Daniele Missiroli: A parte Stenaritmia, che amo per tutti i trucchi sul calcolo mentale che contiene, la mia saga su Aedis, di cui sono in pubblicazione il sesto e il settimo episodio, è la storia che preferisco. Ci sono decine di colpi di scena e tutto è coerente e credibile, come si usava fare nella fantascienza Asimoviana anni '40 e '50. Non ci sono parolacce (Asimov le odiava) e non ci sono situazioni concettualmente irreali. Anche i cosiddetti - cattivi - hanno la loro logica (nel settimo episodio questo viene evidenziato meglio). La storia inizia col viaggio di un'astronave - generazionale - che in 30 anni approda su Aedis e fonda una colonia. Subito compare il primo problema: qualcuno vuole tornare indietro, ma facendo esperimenti in tal senso, distrugge tutta la tecnologia, oltre a uccidere un quinto della popolazione. Il pianeta arretra di 1000 anni, e solo dopo parecchio tempo torna a essere come i nostri anni '80. Poi le avventure proseguono, Daniel Sung, il protagonista, si forma una famiglia e adotta un bambino, che in realtà è un piccolo androide. L'unico esistente, dato che non c'è più quella tecnologia. Dal sesto episodio in poi, la protagonista diventa Samira, la moglie di Daniel.
Writer Officina: Quale tecnica usi per scrivere? Prepari uno schema iniziale, prendi appunti, oppure scrivi d'istinto?
Daniele Missiroli: Ho un sistema che si è generato in modo naturale. Devo dire che negli ultimi dieci anni ho letto un sacco di libri sullo scrivere narrativa, per cui, forse, questo sistema si è generato in modo subliminale, non so. Io parto dal finale. Quando ho un'idea per un buon finale, scrivo il percorso per arrivarci, i personaggi che mi servono e i passaggi principali. Non più di una pagina. Poi inizio a sviluppare ogni scena. Ogni riga diventa un file separato. Quando ho scritto il 90%, li metto insieme, li raccordo meglio, inserisco le parti mancanti e, se occorre, tolgo quelle in eccesso. Poi scrivo l'incipit, decido il titolo, cerco la copertina e quando mi sembra a posto, inizio la fase di editing vero e proprio, che può durare anche il triplo. I tempi ideali, per me, sono due mesi per scriverlo e sei mesi per la fase di editing. Finita questa fase, lo posso far leggere. Se lo reputo opportuno, ricorro anche a una fase di editing da parte di un professionista.
Writer Officina: In questo periodo stai scrivendo un nuovo libro? È dello stesso genere di quello che hai già pubblicato, oppure un'idea completamente diversa?
Daniele Missiroli: Ho scritto il sesto e il settimo episodio della mia saga: Aedis, dove la protagonista ora è Samira, la moglie del protagonista dei primi cinque. Ho scoperto che lei è un personaggio che ha delle caratteristiche più interessanti e avvincenti, rispetto a Daniel. E poi è autonoma. Prima di tutto l'ha sposato a sorpresa, al posto della sorella Alisha, poi è disposta a correre più rischi e ha un senso della giustizia più duttile del marito. La ritengo molto più credibile, visto anche quello che si legge e si vede in televisione.
Writer Officina: Oltre ai romanzi e ai racconti di fantascienza, hai scritto anche qualcosa ambientato sulla Terra?
Daniele Missiroli: Ho scritto Annabel, un'avventura ambientata a Las Vegas, dove un uomo e una donna vogliono arricchirsi truffando un Casinò, ma ognuno ha un piano che nasconde all'altro. Per ora, questo è l'unico a contenere qualche scena soft core. Anche qui, però, non manca la tecnologia, perché fare Jackpot e sottrarre venti milioni di dollari senza essere scoperti non è facile. Il finale è diverso da qualsiasi romanzo rosa o d'avventura, perché, a metà della storia, entra in scena una coppia, e la donna dichiara di essere sua sorella. Niente di più falso, ovviamente, ma per sapere come va a finire, si deve leggere Annabel. L'altro romanzo ambientato sul nostro pianeta che ho scritto si chiama Moonlift e racconta del primo ascensore lunare che sia mai stato costruito. Anche qui, a parte il cavo, tutto il resto sarebbe fattibile.
Writer Officina: Che altri hobby hai, oltre alla lettura e alla scrittura?
Daniele Missiroli: Perché, c'è qualcosa di più bello?
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