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Scene da un interno
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“Scene da un interno”
- Da: Metropolis a fuoco
Tutto quel che vorrei (a sinusoide)
Sbandate incoerenti scossoni schizzati di sistemi sclerati menti ingrippate in frustate ansiogene.
Armonie scomposte disorbitanti particole serrate muraglie ove grandiose inadatte parole s'arrendono a intenti di chiaroveggenza inibiti gli scenari boscati di donna.
E tutto quel che vorrei è cantare a squarciagola tappezzando l'aria acida e ingiallita fino a quando ai venti sarà concesso di restare vivi in accordo ai loro criteri volubili.
(feb. 2015)
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- Da: Metropolis a fuoco
Dis-urbanità
Squarci suburbani brindisi orgasmici serviti alla Pazza, città sodomizzata. Blocchi cementati di diossina canili brulicanti di umani macinati.
Tratte di bestiame verso ricoveri reietti. Rantola il respiro dei palazzi ingobbiti da aritmie nel frastuono, marcia omologata di volti cremati di monossido.
Serraglio inscatolato in paraocchi di zirconio a mani che si tendono a lamenti che implorano a sguardi sornioni dei gatti sui cassoni quando la luce s'estingue sulle vetrate specchiate di ruggine.
(mag. 2016)
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- Da: Visioni a 180°
Attesa di un'assenza
Sul tappeto di preghiera si consuma la mia veglia donna mia, enigma d'ogni epoca in posa sulla soglia vini d'annata fremono in attesa calici di voluttà rossa gorgogliano sulla tavola. Doneranno caldi pizzichi all'animo spremuto su braci raggelate?
All'erta per rumori di speranza: un trillo della porta un sasso alla finestra fantasie in corto circuito sbriciolate sul muro refrattario. In ginocchio balbettando orazioni strappate da lontano perché l'eco dei tuoi tacchi prenda corpo ma di te vacuo resta il viottolo deserto il pianerottolo ogni gradino un morso di silenzio.
(lug. 1998)
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- Da: Visioni a 180°
Immaginazione senza fine
Arriva da un fondo senza limite ponte sospeso d'iride la congregazione della vita catodica: che mi si conservi per sempre la possibilità d'immaginarla oltre ogni ostacolo in cui inciampa l'intelletto, senza fine la possa proiettare in reattori di mente, sequenze ricolme di ricompense vivide di pregustate aspettative, quali affreschi propagati lungo arcate pergolate dai miei sensi sognanti in esuberanti giardini d'Esperidi attraenti, prospettive tassellate d'imprese luminari, quasi oasi e-statica che avvampa nello sfrenato incedere dell'ora della scadenza che finalmente spezzerà l'ombra sequenzialmente riprodotta del fantoccio che ha esaurito la sua carica.
(giu. 2015)
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- Da: Bestiario Digitale
Ogni affanno, inutile
Ogni affanno inutile, uomo - deviante filogenetico - ogni qualità vana, Gea ci disegna divertita come sacchi di mangime manciate sbracciate a fulgide orche fameliche pasto di nozze subartiche. Tra grida cetacee dissonanti in sconsacrati arcipelaghi entro fauci schiumanti di sangue raggelato, il dio poetico impresso col simpatico, inabissa: e la più elettiva delle idee la più mirabolante delle imprese di una penna capace di tempesta nella sfida all'eterno si dissolve nel presunto infinito dacché spento il motore dell'ultimo sole anch'esso farà ritorno al non-essere.
(dic. 2014)
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- Da: Bestiario Digitale
Latitanza della fede
Schiume mattutine ovatte che tappano gli sbadigli delle case sbucano zampette saltelli di fringuelli su granaglie rinsecchite petti di grazia sul corrimano arrugginito ostie sulle palme di un Cristo spaesato.
Tutto il resto è sonno antico terzo giorno incompiuto letargo di volti sfigurati sullo smalto dello specchio inaridita la coscienza nel deserto di sale che fu terra promessa.
E la verità si defila, da sassate di mutevole esperienza pozza ora, pioggia ventura come sogni sognati dal mendico sbronzo dal cane ai piedi arrotolato da chi ci alberga dentro che non sa quale Dio ubriaco li abbia sognati al suo posto.
(dic. 2016)
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- Da: Istantanee di Niente
Letture nobili
Cullami, lettore di terzine funamboliche: peripezie ardite colmano l'etere, fonemi speziati di miracolo dondolano l'animo inebetito. Non mi annoi: forse fingo di capirti. Tu nemmeno esulteresti nell'inversione ipotetica del ruolo anche tu, anche voi fareste finta.
Ma continua, sulla spalliera della voce comodo il capo si reclina tra poco, sarà stato il tritacarne cinico del sonno a breve, breve relativo a turno sarà stato sfoggio d'estro. Distendimi le fibre sulle rime arieggiano futili evasioni di mente: montagne cavalcate, abbracci di rapide ialine, copule d'erbe nel crinale, fugacità elettiva di sentirsi vivere. O far finta.
(feb. 2015)
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- Da: Istantanee di Niente
Illusioni di un poeta
Non dirmi che aspiravi a infiorate d'ovazioni, a puntiformi mutazioni di poco elette origini, i geni non si sradicano le provenienze ti tradiscono.
Non dirmi che anelavi a riscatti del passato a mani estirpate dalle zolle del terreno sporche, screpolate calli in sfilacciate tasche di zotico, stampi ancestrali ti perseguono matrici solcate nell'orto genealogico.
E allora, dimmi che ti doni a bagni d'uragani a nudità elementari scuoiato da tatuaggi di sofismi, da venti di lusinga che scarmigliano qualche pagina sgualcita.
(mar. 2015)
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Sono nato a Roma, dove mi sono laureato in scienze biologiche. La mia formazione è quindi prettamente scientifica, in particolare focalizzata nel campo ecologico. Ecco perché tra le credenziali che mi contraddistinguono sinteticamente sui social il termine “biologo” compare per primo. Ancora oggi il mio amore per la Natura e per i valori che essa incarna continua ad essere fondante, e si estrinseca al di là dell'attività lavorativa. Mi piace andare in montagna e vivere un rapporto diretto con le bellezze che il mondo naturale ci offre. Ma come sappiamo i confini tra le sfere umane sono labili e non nettamente separabili, per cui l'altro “io”, quello più votato alle attività artistiche, è sempre stato presente in modo parallelo. Questo per dire che il mio cammino professionale, che si è orientato sui binari della ricerca scientifica, si è inevitabilmente contaminato con le voci più interne e profonde, desiderose di un impulso espressivo più intimo. Ed ecco che accanto al naturalista si è affiancata la figura del poeta e dello scrittore, delineando così una personalità più complessa e completa, comprensiva di tutte le sfaccettature che mi contraddistinguono. Fortunatamente, non siamo mai degli esseri univoci.
Writer Officina: Qual è stato il momento in cui ti sei accorto di aver sviluppato la passione per la letteratura?
Roberto Maggi: Non è facile individuare un momento preciso, ma posso senz'altro dire che l'attrazione per la poesia è comparsa fin dai tempi della scuola, a cui risalgono anche i primissimi componimenti. Certamente ho avuto anche la fortuna di aver incontrato degli insegnati illuminati che mi hanno aperto al mondo dei libri, insinuando in me quella curiosità che è fondamentale per approcciarsi alla grande letteratura: e non smetterò mai di ringraziare chi, fin dalla giovane età, ci ha indotto a leggere i grandi capolavori dell'ottocento, per quanto sembrasse arduo per le nostre menti acerbe. È stato un dono immenso.
Writer Officina: C'è un libro che, dopo averlo letto, ti ha lasciato addosso la voglia di seguire questa strada?
Roberto Maggi: Ce ne sono molti. Tornando alla domanda precedente, e a quanto riferivo circa la letteratura dell'ottocento, posso senz'altro affermare che la lettura dei capolavori degli autori russi di quell'epoca mi ha fortemente colpito e influenzato, in particolare la portata immensa dei romanzi di Dostoevskij. Sicuramente all'epoca non li comprendevo appieno, ma hanno avuto il merito di spalancarmi le porte di un mondo incantato. Parallelamente venivo fortemente attratto dalla lettura dei poeti classici; ancora ricordo le emozioni che mi trasmettevano le odi di Catullo, di Ovidio, dei lirici greci, per poi approdare successivamente alla rivoluzione della poesia moderna, in particolare quella apportata dalla lezione dei simbolisti francesi. E da lì si è manifestata l'affinità elettiva con il sentire poetico, da lì sono scaturiti i primi componimenti in versi e, poco dopo, i primi esperimenti in prosa.
Writer Officina: Dopo aver scritto il tuo primo libro, lo hai proposto a un Editore? E con quali risultati?
Roberto Maggi: Considerando la scelta di indirizzarmi a studi scientifici, sono passati moltissimi anni prima di pensare e poi decidere di pubblicare qualcosa. Continuavo ad accumulare poesie nel cassetto, nell'esigenza di esprimere il mio mondo interiore. Poi un bel giorno, già in età matura, in virtù di vari fattori che sarebbe lungo elencare, ho fatto il gran salto. A quel punto l'unica difficoltà consisteva nel selezionare le poesie e raccoglierle in forma omogenea. Così ho proposto la mia prima silloge a più editori, fin quando è stata finalmente accolta. La gioia che ne è seguita è stata grande, perché non immaginavo che sarebbe mai successo, ma al contempo è emersa anche una sensazione di timore: da quel momento in poi sarebbe stato invitabile per me espormi al giudizio esterno, confrontarmi con un pubblico critico. Non scrivevo più “per me”. Seppur di portata limitata, il confronto genera sempre un po' d'ansia, può indurre insicurezza e sfiducia. Ma, d'altro canto, può essere motivo anche di grande soddisfazione.
Writer Officina: Ritieni che pubblicare su Amazon KDP possa essere una buona opportunità per uno scrittore emergente?
Roberto Maggi: Sono sincero, non conosco molto questa modalità, ho una visione ancora classica delle pubblicazioni. Ritengo che proporre un proprio lavoro a un editore che lo valuti in maniera seria, sia ancora la forma più opportuna per credere nella validità di uno scritto. Purtroppo non sempre è così, sappiamo bene che esistono editori che attuano politiche di dubbia eticità. Orientarsi nel modo dell'editoria sempre più affollato e caotico certamente non è impresa facile, e ci fa dubitare dell'affermazione che “se un'opera vale, allora si pubblica”. Per questo penso che chi opta per forme di auto-pubblicazione tra cui quello citato nella domanda, non per questo debba essere stigmatizzato. Può essere sempre una buona opportunità per farsi conoscere.
Writer Officina: A quale dei tuoi libri sei più affezionato? Puoi raccontarci di cosa tratta?
Roberto Maggi: Da un punto di vista puramente emotivo, il primo libro è quello che non si scorda mai, ed è inevitabile che occupi un posto privilegiato nella nostra scala affettiva. Si tratta, come dicevo in precedenza, di un libro di poesie (“Schegge liquide” – Aletti 2014) che in fondo è la traduzione in versi della storia di una vita, un viaggio volto alla cattura di stati d'animo sottili e sfuggenti, o dove vengono fotografati momenti di natura meditativa. Quello da cui ho tratto le maggiori soddisfazioni è però il mio secondo libro, la raccolta di racconti “Suites di fine anno” (Florestano edizioni, 2019), frutto di un duro lavoro compositivo e di ricerca espressiva, sia a livello stilistico che di contenuto. È un'opera a cui tengo particolarmente, e che è stata molto apprezzata da pubblico e critica, anche al di là delle mie aspettative. Va detto comunque che non mancano aspetti di similitudine tra le due pubblicazioni: le accomuna una medesima vocazione poetica, l'intento di mantenere una finestra sempre aperta sull'anima, dove la parola è alla ricerca costante della musicalità̀.
Writer Officina: Quale tecnica usi per scrivere? Prepari uno schema iniziale, prendi appunti, oppure scrivi d'istinto?
Roberto Maggi: Naturalmente questo dipende molto dalla natura degli scritti, se si tratta di poesia o di prosa. Nel primo caso la stesura è più istintuale, cerca di afferrare l'immagine emotivo-figurativa trascrivendola subito sulla pagina in un primo abbozzo. Poi segue il lavoro di raffinamento espressivo, a volte anche piuttosto lungo, che si attua tramite uno studio di ricerca strutturale e lessicale che tenta di render più compiuta la composizione, cercando al contempo di non alterare l'impressione primitiva. Per certi versi, l'operazione è simile anche per quanto attiene la prosa, perché quasi sempre la stesura è subordinata all'ispirazione del momento, ma va da sé che in questo caso il tutto rientra in un'idea generale più strutturata, un quadro ove far confluire i singoli elementi, le narrazioni spontanee scaturite dalla propria creatività.
Writer Officina: In questo periodo stai scrivendo un nuovo libro? È dello stesso genere di quello che hai già pubblicato, oppure un'idea completamente diversa?
Roberto Maggi: Ho da poco finito di lavorare ad una seconda raccolta di poesie, che racchiude componimenti vecchi e nuovi, raggruppati in modo omogeneo per capitoli tematici e collocati in modo tale da restituire l'idea dell'evoluzione stilistica e di pensiero che inevitabilmente si è prodotta nel tempo. La silloge è già stata accettata da un nuovo editore e la sua pubblicazione è ormai imminente. Sto inoltre lavorando ad altri due progetti in prosa, che dovrebbero tradursi rispettivamente in un romanzo e in una sorta di diario autobiografico, in cui far confluire vari aspetti della mia visione artistica. Ma è ancora prematuro parlarne, non sono prevedibili né i tempi né tantomeno i risultati finali...
Writer Officina: Cosa c'è di te nel tuo romanzo “Suites di fine anno”?
Roberto Maggi: La componente autobiografica dei miei scritti è innegabile, ma ogni bravo scrittore dovrebbe essere innanzitutto un acuto osservatore della realtà che lo circonda, non solo delle bellezze che la vita offre ma anche delle storture e delle sofferenze che minano l'essere sociale, sebbene filtrate attraverso la propria lente personale. Indubbiamente io proietto molto di me sui miei scritti e la voce narrante di chi vive quelle storie è un “io” che molto si assimila a me, al mio modo di pensare e di agire; e le riflessioni, i dubbi, le incertezze che si annidano nella sua mente sono in fondo quelle che popolano la mia vita. Con questo non intendo dire che coincidano: in parte i protagonisti hanno una loro personalità, una indipendenza che li svincola dal mio essere, che genera un dualismo a più voci. Come nella migliore tradizione letteraria, l'alter ego acquisisce una sua propria natura. Ma resta il fatto nei miei lavori ho l'opportunità di dar voce alle emozioni profonde, di mettermi coraggiosamente a nudo e, perché no, anche di fare salutare autoironia.
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