Writer Officina
Autore: Maria Masella
Titolo: Mariani e le ferite del passato
Genere Noir
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Mariani e le ferite del passato
Giovedì 15 gennaio - Pomeriggio.

La vita famigliare è tornata a una normalità sospesa. Il problema è che non so come le mie donne vivessero di solito, perché uscivo al mattino e tornavo la sera. Sembra che tutte stiano con il fiato sospeso e camminino in punta di piedi. Le figlie non parlano a voce alta e spesso sento l'occhiata indagatrice di Ludo, la minore, quella che mi somiglia di più come carattere.
Fran sembra raggelata. Ho provato a rassicurarla, mi ha guardato e non ha risposto: spero che prima o poi sparisca la barriera che il Cerusa ha sollevato fra noi due.
A febbraio avrò una nuova visita medica e, se mi troveranno in buona salute, potrò riprendere servizio, ma per ora vegeto in una terra di nessuno.
Dovrei essere abituato a questi momenti. Non lo sono e ogni volta è peggio.

Ho sentito abbaiare Bella, esco sul terrazzino e guardo giù. Mia madre gironzola nella zona del piccolo giardino illuminata da un inaspettato sole di gennaio. No, non si dedica al giardinaggio ma dice che le fa bene muoversi all'aperto. Ha avuto un infarto e a ottobre compirà ottantasei anni ma è sempre stata una persona attiva.
Come se avesse sentito la mia occhiata, alza il viso, mi guarda. Resta un attimo immobile e poi, con un rapido gesto della mano, mi fa segno di raggiungerla.
È soltanto per togliermi da casa che scendo da mia madre.
La porta è chiusa e mi chiedo se ho mal interpretato il suo invito. Suono anche se ho le chiavi.
Mi apre.
La seguo fino alla cucina. Sul tavolo c'è una busta gialla. Per temperamento e per mestiere noto i dettagli: questa è stata aperta con cura e ha ancora tracce di piegatura, in croce. Rivedo il gesto con cui lei l'aveva ripiegata in fretta e sistemata nella tasca, circa dieci mesi fa a Nizza Monferrato.
Mi posa una mano sul braccio. – Sì, Nino.
Ormai è l'unica a chiamarmi così; per mia moglie, quando è di buon umore, sono Anto. Dalla metà di novembre sono Antonio. Sempre.
– Sì, Nino, è quella che mi aveva consegnata Noemi a Nizza Monferrato. L'ho aperta a dicembre, da allora l'ho letta tante volte da saperla a memoria, la prima quando sono ritornata dal suo funerale. Mi aveva detto di leggerla quando sarebbe morta, ho seguito le sue istruzioni.
– Funerale? Sei andata a Nizza Monferrato da sola, a dicembre?
Fa segno di no. – Ti eri ripreso dall'incidente a Voltri, Nino; eri uscito dal reparto di rianimazione, ma non potevi lasciare l'ospedale. Ci avevano assicurato che eri fuori pericolo. Noemi era morta di giovedì e il funerale era nella tarda mattinata di domenica, niente funerale religioso di sabato. Francesca era passata a salutarti e invece di tornare a casa mi aveva accompagnata ad Alessandria.
– Alessandria?
– Sì. Pensavo di avertelo detto. Noemi si trasferiva da Nizza Monferrato a una Casa di riposo in quella città. Francesca mi aveva accompagnata alla sinagoga.
La interrompo. – Sinagoga?
– Noemi era ebrea osservante, Nino. Funerale religioso. – Una pausa. – Ti faccio un caffè? Uno al giorno posso e in compagnia è più buono.
Ha già la moka in mano, faccio segno di sì, anche se il suo caffè lascia a desiderare perché non ha buona mano.

È soltanto quando l'abbiamo finito che mia madre con un colpetto della sinistra spinge verso di me la busta gialla. – Non so cosa fare, Nino. Non so cosa sia giusto fare, cosa Noemi vorrebbe che facessi. – Si passa una mano sul viso forse a controllare che non ci siano lacrime rivelatrici. – Conosco... conoscevo Noemi da quando avevo quattordici anni; con la sua famiglia era nascosta in un casolare nei dintorni di Nizza Monferrato.
E ricordo che in quella zona mia madre aveva trascorso gli ultimi due anni di guerra. I suoi genitori, i miei nonni, erano rimasti a Genova: lui era disegnatore, quindi indispensabile allo sforzo bellico, mentre lei era necessaria in città perché ostetrica e infermiera. Entrambi erano impegnati in attività clandestine e avevano mandato la figlia in campagna, lontana dai bombardamenti, ospite di compagni.
In collina servivano staffette che pedalassero con energia e incoscienza, come la giovane Emma. Ora ha ottantacinque anni, ma è stata giovane. Decisa era e decisa è ancora.
Come se avesse letto nei miei pensieri, commenta: – I miei compiti non erano importanti, Nino. Portavo notizie e viveri, indumenti e medicine, quando c'erano. In bici. Andavo anche alla cascina dove era nascosta Noemi, perché sapevo che le pesava stare nascosta in mezzo a tutti quei vecchi. Trovavamo il modo di chiacchierare, ridevamo anche. Eravamo come le tue figlie, Nino, che ridono di niente. La guerra e le retate si allontanavano per un po'. Altri suoi parenti erano spariti, altri si erano nascosti. Qui – e posa una mano sulla busta. – Qui c'è la storia dei suoi cugini Pinto. No, non leggerla ora, ma da te, con calma. Sei un commissario: in caso di bisogno, sapresti cosa è giusto fare. A Nizza Monferrato c'è sua figlia Giuditta, Giuditta Cavalieri, se tu ritessi utile parlarle, per capire...

Sono ritornato a casa. Nel silenzio apro la busta e leggo una storia del passato.
Cara Emma, non posso andarmene senza affidarti un lascito.
Una famiglia ebrea, miei cugini, era nascosta nelle nostre stesse colline. Un giorno erano venuti e avevano portato via Sarah e i due bambini, Elia e Zaccaria; il marito, Samuele Pinto, si era unito da tempo a una formazione partigiana. Li avevano portati via perché ebrei. Chi li aveva denunciati? Baldi Diego, uno della Littorio. Come compenso gli era stato assegnato l'appartamento che i Pinto avevano a Torino.
Cara Emma, so che tuo figlio Nino è un commissario. Potrà aiutarti a decidere se rendere pubblica questa lettera, se fosse necessario.
Non piangere per me, cara Emma. Ho avuto una buona vita, lo sai.
La tua amica Noemi

Perché mia madre ha voluto che conoscessi quelle antiche ferite? È come se mi avesse affidato un messaggio da decifrare senza fornirmi alcuna traccia.
Provo semplici ricerche. Pinto. Alcuni risultati segnalano partecipazioni televisive di una decina di anni fa, altri addirittura testi di medicina vecchi di quasi un secolo. Niente che possa riguardare un commissario di polizia. Eppure, Noemi le ha affidata questa busta perché sono suo figlio e questurino.
Provo Baldi. E forse inciampo nel motivo per cui sono stato interpellato: un omicidio e il cognome della vittima, da nubile, è Baldi, lo stesso del milite della Littorio che la lettera indica come responsabile ultimo della deportazione di Sarah Pinto e dei suoi due figli, Elia e Zaccaria.
Apro il file. Diletta Baldi in Natoli è stata uccisa, insieme al figlio Corrado di anni tre a Cremeno. Cremeno, sì, lo conosco. È un grumo di case sulle colline a Levante di Bolzaneto. Causa del decesso? Ferite, non meglio specificate, alla gola. I due corpi sono stati disposti in modo bizzarro, l'articolista usa quell'aggettivo, ma è improprio. Le poche immagini sono sfocate. No, controluce. Ma ho abbastanza pratica di omicidi da capire: chi si è occupato della coreografia ha voluto far defluire il sangue, il più possibile.
Data dell'omicidio? Lunedì 17 novembre dell'anno scorso, ma i due corpi sono stati ritrovati da Natoli Ernesto, marito e padre delle vittime, soltanto la sera di giovedì 20 novembre, perché dalla mattina di quel lunedì era fuori Genova per motivi di lavoro.
Capisco perché di quel duplice omicidio non ricordavo nulla. Lunedì 17 novembre ero ancora in rianimazione; il primo giornale l'avevo letto il 26 novembre e l'omicidio era stato scoperto giovedì 20 novembre. In sei giorni la notizia era scivolata via dai miei quotidiani abituali. Forse se ne parlava ancora nei fogliacci che rimestano la cronaca nera, ma non li ho mai frequentati.

Congedandomi, mia madre mi aveva proposto di andare a Nizza Monferrato a parlare con Giuditta Cavalieri. Perché tardare? Niente mi trattiene a casa. Andrò domani e, prima di partire, chiederò a mia madre di avvisare i parenti della sua amica.

CAPITOLO 1
Notte fra giovedì 15 gennaio e venerdì 16 gennaio
Mi rigiro, non riesco ad acchiappare uno scampolo di sonno. So di essere qui, nel mio letto, sento il corpo di Francesca a un palmo dal mio, ma una parte di me è là, ancora intrappolata nell'auto mentre esondava il Cerusa e una ondata la travolgeva. Ho nelle mani i gesti necessari a liberarmi in fretta della cintura di sicurezza e tirar dentro più aria che posso, ignorando il dolore pulsante allo sterno.
Porto una mano sul petto: sembra guarito. Una cicatrice in più a far compagnia a quelle al ventre, alla gamba e all'avambraccio sinistro.
Il mio corpo è guarito, ma io lo sono?
Eppure, dovrei essere abituato a vedere la morte in faccia. Non soltanto quella che ha raggiunto altri e su cui ho dovuto indagare, ma per me, per Antonio. Ho perso il conto di quante volte l'ho vista in faccia.
Maria Masella
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Maria Masella
Non mi ritengo una persona speciale, ho settantadue anni, ho alle spalle studi scientifici, sono laureata in matematica e ho insegnato in un liceo scientifico statale fino al 2005, anno della pensione. Sono nata a Genova dove ho sempre vissuto e lavorato. Alcuni si stupiscono che un matematico scriva romanzi. Ma nessun essere umano è un monolite, è un intreccio di passioni che, dall'esterno possono sembrare incompatibili. Ho sempre amato la matematica, amore ricambiato perché la capivo in fretta. Amo leggere e scrivere. E il mio passato da matematico mi aiuta a controllare la coerenza dei miei intrecci: fra l'altro la mia specializzazione universitaria era logica matematica. Amo le arti figurative e dipingo paesaggi: anche questa passione si intreccia con la scrittura. Sì, la mia vita non ha niente di speciale, in superficie, ma le mie passioni le hanno dato profondità. Ancora un dettaglio, sono innamorata della mia città in cui ambiento quasi tutte le mie storie. Sono un'ottima nuotatrice e una - caffettiera - fumatrice.

Writer Officina : Qual è stato il momento in cui ti sei accorta di aver sviluppato la passione per la letteratura?

Maria Masella: Non sapevo ancora leggere, ma mio padre aveva sempre un libro in mano. Un giorno mi ha letto Capitan Blood, forse di modesto valore letterario, e ho capito che leggere era vivere tante vite.

Writer Officina : C'è un libro che, dopo averlo letto, ti ha lasciato addosso la voglia di seguire questa strada?

Maria Masella: Scribacchiavo già, per passatempo, poi ho letto Fenoglio, Una questione privata. Da quel momento la voglia di scrivere non mi ha più lasciata in pace.

Writer Officina : Dopo aver scritto il tuo primo libro, lo hai proposto a un Editore? E con quali risultati?

Maria Masella: nel 1986 ho visto su Segretissimo Mondadori il bando per un racconto di spionaggio, ne ho scritto uno, l'ho inviato. Avevo dimenticato di inserire i miei dati, ma mi hanno cercata e hanno pubblicato il mio primo racconto. Ho navigato in tanti generi, dal giallo al noir, dal romance storico a quello contemporaneo: tante volte ho proposto con esito positivo, altre no.

Writer Officina : Pubblicare su Amazon KDP può essere una valida alternativa?

Maria Masella: Non lo so. Sono pigra, distratta, per fortuna i miei editori si occupano di valutare le scelte editoriali.

Writer Officina : A quale dei tuoi libri sei più affezionato? Puoi raccontarci di cosa tratta?

Maria Masella: Morte a domicilio; è il primo romanzo, pubblicato nel 2000, con protagonista il commissario Antonio Mariani, genovese. In vent'anni è diventato protagonista di venti romanzi, un volume di racconti e una storia scritta a quattro mani con un collega. Ma entro l'anno dovrebbe uscire un romanzo non di genere che si contenderà con Morte a domicilio il posto d'onore nel mio cuore.

Writer Officina : Quale tecnica usi per scrivere? Prepari uno schema iniziale, prendi appunti, oppure scrivi d'istinto?

Maria Masella: Scrivo senza schema, comincio un noir senza conoscere l'identità del colpevole. Scrivo di getto, velocissima. Poi lascio riposare, rileggo e comincia la seconda fase: revisione. Sposto pezzi, inserisco indizi, controllo la coerenza. Sono pignola. Non lavoro per più di due ore al giorno, intere o spezzettate.

Writer Officina : In questo periodo stai scrivendo un nuovo libro? È dello stesso genere di quello che hai già pubblicato, oppure un'idea completamente diversa?

Maria Masella: Di solito mi divido fra due generi diversi, romance e noir. Spesso li alternavo, ma ora è diventato complicato soprattutto perché la prima stesura di uno si intreccia con la revisione di un altro o la correzione di bozze di un terzo. Ora sono in prima stesura di un noir, raccolgo idee per un altro noir che mi è stato richiesto, correggo bozze del romanzo non di genere e aspetto le bozze del solito romance storico che ho venduto a Mondadori per le collezioni da edicola.
Saltellare da un genere all'altro è divertente, ma a volte allontana i lettori, soprattutto i critici. Scrivo anche romance? I puristi del noir storcono il naso. Scrivo anche noir? Le appassionate di romance suppongono che io scriva romance con la mano sinistra.
Se potessi tornare indietro, invierei quel primo racconto? Forse no. Scrivere ha condizionato la mia vita, perché anche quando non sono davanti al pc, la testa è nella storia. Ma scrivere mi piace e, lo ammetto, sapere che alcuni aspettano le mie storie è dannatamente gratificante.
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