Writer Officina
Autore: Giampiero Momi
Titolo: Segreti inconfessabili
Genere Thriller
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Segreti inconfessabili
L'ispettore Morel e il caso Renard.

Jules Renard stramazzò al suolo nel bel mezzo della sala della villa, improvvisa-mente, mentre vomitava un fiotto di sangue rosso vermiglio.
L'uomo aveva perso completamente conoscenza e il suo corpo era scosso da una serie di convulsioni. Pochi secondi dopo si acquietò e il fiato gli rimase in gola.
Rosa, la cameriera al servizio dei Renard, lanciò un urlo che catalizzò l'attenzione di coloro che stavano vicino alla grande vetrata aperta, attraverso la quale dall'in-terno si accedeva direttamente al giardino. All'improvviso i piacevoli chiacchiericci della festa cessarono e un silenzio carico di attesa piombò su tutti i presenti.
Eliane volse la testa dal punto in cui si trovava e, resasi conto di ciò che stava accadendo, lasciò cadere il bicchiere colmo di champagne che teneva in mano e si precipitò all'interno della sala. Si inginocchiò accanto al corpo esanime del marito e, a sua volta, lanciò un grido di disperazione.
«Eduard, Julie, presto! Chiamate il dottor Mercier, papà sta male!» Poi, nell'in-tento di rianimare il marito, gli sollevò la testa e ripeté con insistenza: «Jules, ti prego, rispondimi... Jules, mio Dio, cosa ti senti? Parlami, ti prego!»
Anche Lorraine si era inginocchiata in prossimità del padre e piangeva mentre stringeva le mani di quel corpo che oramai non dava più alcun segno di vita.
«Papà... papà...» continuava a ripetere sconvolta, con voce rotta dalle lacrime che sembravano soffocarla. «Presto dottore... la prego... papà non respira più!»
Il dottor Mercier, richiamato dalle improvvise urla di Eliane mentre, seduto sotto il pergolato al limitare del giardino, a sua volta sorbiva champagne e degustava con evidente soddisfazione una tartina di salmone e caviale appena prelevata da uno degli innumerevoli vassoi messi a disposizione degli ospiti sul grande tavolo del buffet, si affrettò a deporre il bicchiere e di corsa si diresse all'interno della villa.
Alain Mercier aveva circa settant'anni ma non li dimostrava affatto per la corpo-ratura minuta e per lo sguardo vivo e un po' sfuggente, ben mascherato da spes-se lenti rotonde incastonate nella trasparente montatura degli occhiali. Due folte basette lunghe fino ai lobi sembravano controbilanciare una calvizie già in stato avanzato.
Era divenuto il medico della famiglia Renard quando, appena laureato, era giunto da Montpellier, sua città natale, dove aveva portato a termine gli studi universitari e si era specializzato abilitandosi alla professione medica. Nei decenni successivi aveva riscosso la fiducia dei Renard e l'assidua frequentazione di quella casa aveva contribuito a che il rapporto professionale sfociasse in una vera e propria amicizia.
Facendosi largo tra il gruppo dei più stretti famigliari che nel frattempo avevano circondato il corpo steso a terra di Jules Renard, il medico allontanò da esso la moglie e le figlie e si inginocchiò a sua volta avvicinando l'orecchio al petto del paziente.
«Presto, mi porti la mia valigetta!» ingiunse alla cameriera. «Sta nello spogliatoio, sulla panca, sotto i cappotti.»
Poi spostò l'orecchio in prossimità della bocca intrisa di sangue di Renard mentre gli poneva due dita della mano sul collo.
Intanto anche gran parte degli altri ospiti presenti in giardino si erano riversati all'interno della villa. Raccolti a debita distanza intorno al corpo esanime di Jules Renard, attendevano con ansia il responso del dottore che con ambedue le mani ritmicamente premute sul petto dell'uomo tentava una oramai inutile rianimazione.
I ragazzi sembravano non essersi accorti di tutto quel trambusto e continuavano a rincorrersi tra gli alberi e i cespugli mentre l'orchestrina sul palco continuava a suonare il celebre minuetto di Boccherini.
Julie, in piedi, piangeva con il volto addossato al petto del marito Jean Michel che la teneva stretta per le spalle.
Eduard si rivolse perentoriamente alla moglie: «Francine, porta via per piacere Isabelle!» Non voleva che la figlia diciassettenne assistesse a quella incresciosa scena.
Francine raggiunse il giardino, prese per mano la figlia e la nipote quindicenne Marguerite, figlia di Lorraine e Mario Capitani, e invitò Claude, figlio di Julie e di Jean Michel Bonnet, e Louis, secondogenito di Lorraine, a seguirla all'interno della villa.
I due ragazzi più piccoli, quasi coetanei, erano ambedue sbiancati in volto allor-quando, attraversando la sala, avevano intravisto il nonno riverso a terra in una pozza di sangue. Non era certo quello uno spettacolo edificante per due adole-scenti che sino a un'ora prima avevano scherzato rincorrendosi con l'anziano uomo tra gli alti e folti cespugli di viburno e di pitosforo del giardino ricco di piante e fiori che già in quell'inizio di marzo avevano iniziato a germogliare.
«Ti avevo pur detto di tener lontani i ragazzi!» tuonò la voce di Eduard rivolto alla moglie quando vide passare il gruppo.
«Che cosa dovevo fare?» rispose con stizza Francine. «Devo pur attraversare la sala! Non ci possiamo volatilizzare» e tra sé e sé pensò: sempre il solito stronzo. Tale e quale suo padre!
L'atmosfera era concitata e tutti attendevano con trepidazione che il dottor Mer-cier operasse quello che purtroppo era apparso sin dall'inizio essere un vero e proprio miracolo e che, al contrario, si manifestava ineluttabilmente in tutta la sua tragicità.
Mercier interruppe ogni tentativo di rianimazione sul corpo del poveretto e abbas-sò affranto la testa.
Jules Renard era morto.
Eliane urlò tutta la sua disperazione tra le braccia del figlio Eduard mentre la figlia più giovane, Lorraine, prona sul corpo del padre, gli carezzava la fronte sussurrando frasi sconnesse.
Le robuste braccia del marito Mario l'afferrarono sotto le ascelle e la sollevarono da terra mentre, con le mani intrise del sangue del padre, era scossa da violenti singulti.
Mercier, ancora inginocchiato di fronte al cadavere, ne osservò con attenzione la bocca dalla quale continuava a fuoriuscire un sottile rivolo di sangue commisto a materiale scuro.
Gli slacciò la cravatta e aprì la camicia mettendo a nudo il torace. Il corpo di Jules Renard era cosparso di sudore freddo e vischioso, l'addome era teso come un tamburo, la mucosa della bocca era bianca.
Il dottore si sollevò da terra e si diresse verso il marito di Julie, che con affetto stringeva la moglie tra le braccia con l'intento di consolarla.
«Desidererei parlarle signor Bonnet... da solo.»
Jean Michel lasciò che la moglie si allontanasse verso la madre. Le due donne si abbracciarono piangendo convulsamente.
Una volta soli nella stanza attigua alla sala, Mercier esordì: «Mi ascolti bene, Bonnet, io non ho una competenza specifica, ma in questo caso tutto mi fa pre-supporre che la morte del povero Jules non sia stata determinata da un evento accidentale, bensì da altro. Non so bene di cosa effettivamente si tratti e come questo sia potuto avvenire, ma è mio dovere precipuo informare subito la polizia dell'accaduto. Il decesso non è, a mio parere, da attribuire a morte naturale, anche se tutto farebbe pensare che una morte così improvvisa possa essere stata provocata da un arresto cardiaco. Mi dispiace ma dovrò passare ad altri, più competenti di me, la ricerca sull'effettiva causa di un evento così violento.»
«Ma è sicuro di quanto afferma, dottore?» chiese Bonnet incredulo.
«Ripeto che le circostanze fanno presupporre un arresto cardiocircolatorio, ma la causa, a mio parere, non è da attribuire a un infarto bensì ad avvelenamento. Sono troppi anni che seguo lo stato di salute di Jules e mai sono emersi, durante i nostri consulti, sintomi di insufficienza coronarica o qualcosa che mi abbia posto dubbi sulle buone condizioni del suo cuore. Jules era in forma perfetta, come era risultato anche dall'ultimo ceck up cui si era sottoposto proprio un mese fa circa. E poi, la fuoriuscita di tutto quel liquido dalla bocca non è assolutamente attri-buibile a un infarto, pur violento quest'ultimo possa essere. Certe circostanze sono inconfutabili...»
Bonnet sembrava perplesso: «Ma si rende conto, dottore, di cosa sta insinuando? Se dovesse trattarsi, come lei afferma, di avvelenamento, non credo proprio che mio suocero abbia avuto mai l'intenzione di suicidarsi. Si tratterebbe quindi di qualcosa che implichererebbe un'azione perpetrata da altri, dunque di omicidio! E il sospetto dovrebbe ricadere su uno dei presenti, uno dei suoi famigliari o dei suoi più intimi amici. E' assurdo! Chi avrebbe potuto commettere un atto così efferato?»
«Me ne rendo perfettamente conto, Bonnet. D'altra parte, io dovrei stendere il referto sulla morte di Jules, però non sono in grado di indicarne la precisa causa che, peraltro, mi risulta veramente sospetta, mi creda. Mi scuso con lei e con la famiglia, ma è mio dovere avvertire il dipartimento di polizia affinché l'effettiva causa di morte possa venire chiarita e ogni dubbio possa venire dissipato. Ciò non solo per me stesso, ma soprattutto per tutti voi familiari che a Jules avete sempre voluto un gran bene.» E dopo un momento di riflessione concluse: «La prego di farmi accompagnare da Rosa a un telefono affinché possa avvertire gli organi competenti. Nel frattempo, le consiglierei di non divulgare a tutti i miei sospetti, almeno fino a che non vi siano certezze sui dubbi da me manifestati. Non credo che Eliane e i figli siano in grado di accettare, almeno per ora, una tale verità.»
«Può telefonare direttamente da qui» rispose Jean Michel indicando al medico l'apparecchio telefonico posto sull'angolo dello scrittoio dinanzi a una finestra sulla parete opposta della stanza. Quindi uscì e lasciò Mercier da solo.
Giampiero Momi
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Giampiero Momi
Sono nato a Firenze nel 1945. Dopo aver condotto gli studi inferiori in una scuola privata svizzera ed essermi diplomato al liceo scientifico della mia città natale, ho conseguito nel 1971 la laurea in ingegneria elettronica all'università degli studi di Bologna, per lavorare poi presso alcune aziende di Milano. Attualmente vivo e lavoro a Monza. Ho viaggiato frequentemente nei cinque continenti e solo negli ultimi anni mi sono dedicato intensamente alla scrittura di raccolte di racconti, di un'autobiografia e di alcuni romanzi: Undici giorni (edito nel 2020 da Leone Editore), E finalmente la farfalla si posò sul campo di fiordalisi, Per tutta la vita (in pubblicazione a giugno 2021 sempre con Leone Editore), Un autunno di tenerezza (in edizione e-book con NextBook), Delitto in clausura, Il collezionista di teste. Questi ultimi due romanzi saranno oggetto di prossima pubblicazione). Mi sono cimentato anche con un libro di favole Storie dal regno di Capperolandia, che spero prima o poi sia oggetto di pubblicazione da parte di una casa editrice interessata e in varie serie di racconti, improntati soprattutto alle mie esperienze di vita e che ho raccolto in una biografia.

Writer Officina: Qual è stato il momento in cui ti sei accorto di aver sviluppato la passione per la letteratura?

Giampiero Momi : La mia passione per la scrittura risale ai tempi del liceo, ma solo negli ultimi anni, disponendo di maggior tempo, ho potuto realizzare l'antico sogno di scrivere e pubblicare. L'argomento principale delle mie storie è la Donna, di cui ho cercato durante tutta la mia vita di capire la personalità e tutti i risvolti dei suoi sentimenti. Una cosa veramente difficile ma che continua tuttora ad appassionarmi. Sono peraltro convinto che non mi basterà questa vita per scoprire appieno i segreti dell'altra faccia della luna! Quindi la “donna” è il principale obiettivo delle mie ricerche e l'oggetto dei miei romanzi che essi siano di natura sentimentale, come Un autunno di tenerezza e Per tutta la vita, o thriller come Undici giorni, Delitto in clausura e Il collezionista di teste.

Writer Officina: C'è un libro che, dopo averlo letto, ti ha lasciato addosso la voglia di seguire questa strada?

Giampiero Momi : Non uno in particolare, ma molti. Non ho mai frequentato corsi di scrittura e il mio unico insegnamento è stata la lettura, a tal punto che oggi possiedo una biblioteca di oltre mille opere (tutte lette!e alcune anche più volte) che spaziano dalla narrativa classica a quella contemporanea.

Writer Officina: Dopo aver scritto il tuo primo libro, lo hai proposto a un Editore? E con quali risultati?

Giampiero Momi : L'ho proposto a varie case editrici e quella che mi ha convinto è stata la Leone Editore. Ovviamente, essendo uno sconosciuto e non pubblicizzato dai media (talkshow televisivi) ho trovato difficoltà ad esser preso in considerazione dalle case editrici, ma con la Leone Editore sto verificando che un rapporto professionale può anche essere un rapporto di amicizia.

Writer Officina : Ritieni che pubblicare su Amazon KDP possa essere una buona opportunità per uno scrittore emergente?

Giampiero Momi : Tutti i mezzi di divulgazione sono buoni per farti conoscere e Amazon è ovviamente un grosso veicolo di divulgazione. Anche se non il migliore. Penso che la libreria sia ancora la migliore vetrina per uno scrittore.

Writer Officina: A quale dei tuoi libri sei più affezionato? Puoi raccontarci di cosa tratta?

Giampiero Momi : Le opere di uno scrittore sono come i figli: a quale si vuole più bene? Forse si è più affezionati al primo libro, nel mio caso Undici giorni, perché è stato quello che è stato pubblicato per primo. Forse per le lodi che gli amici hanno tessuto in suo favore o forse perché con quello ho iniziato a sognare. Quello però a cui tengo molto è il libro di favole Storie dal regno di Capperolandia che ho scritto per i miei favolosi nipoti.

Writer Officina: Quale tecnica usi per scrivere? Prepari uno schema iniziale, prendi appunti, oppure scrivi d'istinto?

Giampiero Momi : Normalmente scrivo di getto, una volta che nella mia testa nasce una storia, e non seguo alcuna scaletta se non una tabella degli eventi (date in cui si svolgono i fatti descritti, età dei protagonisti ecc.)

Writer Officina: In questo periodo stai scrivendo un nuovo libro? È dello stesso genere di quello che hai già pubblicato, oppure un'idea completamente diversa?

Giampiero Momi : Ho da poco iniziato una nuova storia, ancora un thriller, con al centro, al solito, una figura femminile della quale, a mano a mano che scrivo, scopro aspetti nascosti e finora per me inesplorati. Se son rose fioriranno!

Writer Officina: Per i personaggi hai fatto riferimento, magari in parte, a persone reali oppure sono solo frutto della fantasia?

Giampiero Momi : Per tutti i miei personaggi non mi sono mai ispirato alle mie vicende personali, ma li ho creati solo e unicamente con la mia fantasia. Ho riportato invece, nei miei romanzi, le molteplici esperienze di viaggiatore per il mondo, frutto della mia professione.

Writer Officina: Ti sei documentato, p.e. sui luoghi, sulle professioni di cui parli, sulle industrie farmaceutiche?

Giampiero Momi : Per la scrittura dei miei romanzi ho approfondito, documentandomi, sia luoghi storici, che professioni, soprattutto nel campo della sociologia, della biologia e della farmacologia.

Writer Officina: Ritieni che la verosimiglianza sia importante oppure no visto che si tratta comunque di fiction?

Giampiero Momi : I miei romanzi trattano di cose terrene e pur essendo frutto di fantasia, trovano riscontri oggettivi nella realtà.

Writer Officina: La scrittura ha una forte valenza terapeutica. Confermi?

Giampiero Momi : Non so se la scrittura abbia una valenza terapeutica; so solo che “scrivere per me è la più grande sensazione di libertà. Scrivendo si è liberi di sognare, di ricordare, di sperare, di ridere e piangere; in una sola parola: di vivere”.

Writer Officina: Cosa vorresti che le persone dicessero del tuo romanzo?

Giampiero Momi : Mi si chiede cosa vorrei che le persone dicessero dei miei romanzi? Desidererei soltanto che coloro che decidessero di leggerli, arrivando all'ultima riga, chiudendo la copertina, fossero soddisfatti di ciò che hanno letto, senza porsi la classica domanda: è un capolavoro?
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