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Amore condannato amore
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Qualche ora prima.
Se non leggi questi libri non puoi sapere dove sono. Come se ti importasse sapere dove sono. Succede che tra i calli delle mani scottano sostanze che fanno male, prescrizione consapevole di follie; non è caduta, non è raccolta, sono lacrime che bagnano la pelle, bruciano ma fanno bene come la luce delle stelle che immagino riflessa nei tuoi occhi. Dove non è importante. Quello che conta è il rumore che diventa armonia. Pensavo a te Tiziana quando gridando hanno bussato alla mia porta questi due tutori della legge che adesso rovistano tra le mie cose. Sono nudo e sporco, mi sento violato ma conosco questa gente, mi aiuteranno ancora. Vi supplico non toccate i fiori e le spezie del mio paradiso. Non ho la forza, non ho il coraggio di fare resistenza. Dove io sono loro lo sanno: mi hanno trovato e forse questo dovrebbe interessare anche a te. Dove sono. Lo devo sapere, devo trovare l'audacia di raccontarti la mia storia e dirti cosa provo per te. Ma tu mia dolcissima Tiziana stanotte non c'eri. Il miocardio pulsa involontario, accelera e non si placa per quanto forte provi a spingere le dita tremanti di collera sul mio petto. Batte violento contro lo sterno come questa gente che taccheggia con scherno le pagine del mio segreto più intimo. Contro la mia volontà. Contro una volontà che non ho. – Di cosa parliamo quando parliamo d'amore se non di colpe e desideri d'amore? Animale, come l'uomo stordito dalla paura, nervosa come la donna in astinenza di miele, sublime, come l'oblio della fine di una protesta, e divino come l'inizio del nuovo amore condannato all'amore?
D'amor non si parla, d'amor si muore, si nasce e d'amor si vive. Puoi scappare, ignorare, anche impazzire. L'amore torna e quanto più atroce è stato il tuo dolore, tanto più travolgente esploderà il cuore. Lo sentirai battere ossessivo come un tamburo tribale in cerca d'attenzione. E tu lo senti come lo sento io? Fremiti di passione sono tormento, e bagliori accecanti sono desiderio. L'amore non fa dormire e dormire sfinito dall'attesa non è riposo. Tra incubi e sogni, un nuovo amore nasce senza altra ragione che farti schiavo capace d'amare ancora. Non è forse così anche per te, mia carissima Tiziana? In fondo, non si tratta di magia, perché un dubbio magari, o un trucco svelato, rovinerebbero tutto. Un miracolo questo è l'amore e scriverti non mi placa. Ti prego, abbracciami. Entra e affacciati in me. Rovista nella mia anima. Scavami dentro. Entra senza timore. Prendimi senza paura dell'amore che ho io per te. Carissima Tiziana, la porta del mio cuore per te è aperta e io ti scrivo sconvolto d'amore. Vagando sperduto tra parole che non voglio fermare, parole per te, parole di noi. Tuo Emilio.
– Azz... Costanzo, come leggi bene. Però a naso, questo torinese a me non sembra affatto un criminale, che dici? È uno scrittore?
– Sarà un anarchico, ma che ne so. Vedo solo libri sparsi ovunque. Questo di Carver contiene molti fogli scritti a mano. Guarda! Guarda che bella scrittura, precisa e ordinata, dentro le righe, proprio come voleva la mia maestra. È una bella lettera d'amore non trovi? Guida che fai? Lascia stare i vasetti del signore Emilio, non abbiamo il mandato. Piuttosto guarda questa lettera. Tu lo sai che dalla scrittura di una persona si capisce tutto? Dai chiamalo che è mezz'ora che si sta vestendo.
– Vogliamo fare notte signor Chanoux? Forza, si sbrighi, dobbiamo andare.
Sento. Vi sento. Io vi sento. Che diritto avete di rovistare nelle mie cose? Una doccia. Nemmeno una doccia veloce. Avete fretta. Dovete correre. Siete voci. Non siete voci. Chi siete? Chi sono? Andiamo. Dove andiamo? Una cascata d'acqua sulla testa, il caldo sulla pelle. Senza sapone, lavarmi vorrei di queste voci. Fermare questi pensieri. Nemmeno una doccia. Lavarmi e tornare vestito. Rinascere e nascere ancora. Mi avete trovato. Andiamo. Dove andiamo?
********** Fonduta di fondina
Dicono che crescendo si diventa grandi, lo si dice ai piccoli. A me dicevano che il dolore passa e che crescendo l'avrei dimenticato. Quell'estate è un chiodo piantato nella carne, io no ma lui sì, cresce ancora. Sarei tornato più volte in quel Paradiso di verde e fiori ma mai più ne ho sentito il calore, solo angoscia. Ogni sforzo vano, solo freddo anche nei colori. Sarei tornato scalando e scavando nei ricordi i profumi di quelle giornate felici mai dimenticate. Sarei tornato per sanare emozioni bruciate da quell'estate che stravolse la mia vita per sempre. Ci provai ma la cura senza una speranza fa più male dello stesso male. Mai più vissi quei giorni radiosi, sudati ma dolcissimi. Puri, profumati e luminosi, altro che grigi giorni in puzzolenti folle di città.
Mi prendevo cura di Clara dal mattino alla sera. Tutto era l'opposto di una fatica, era semplice affetto infinito per un essere innocente e silenzioso. I suoi occhioni neri erano profondi, brillanti, tenerissimi, pieni d'amore. Li vedo ancora vivi. L'intelligenza poi, la mia, la sua, un fermento di meraviglie crescenti, una nobile gara tra diversi. Aveva le sue esigenze fisiche cui io provvedevo con rispetto. Lei non chiedeva mai niente. Era calma, tranquilla, imponente e generosa. Un'amica, una madre premurosa sebbene spesso sembrasse indifferente, altera, elitaria, distaccata dal presente. La seguivo con dovizia durante lunghe passeggiate dense di pause tranquille nelle piccole pianure incontrate man mano che si saliva in quota. Lei era alla continua ricerca di nuovi campi da esplorare. Con andatura lenta ma decisa non conosceva ostacoli, ripercorreva a memoria gli spazi dell'anno prima, e così ogni sentiero diventava eredità. Non mi dava grandi preoccupazioni, anzi mi trasferiva una serenità primordiale, assoluta, e quando si fermava mi concedeva tempo. Silenziosa. Allora, e solo allora, abbandonavo il mio corpo adolescente nell'erba freschissima e profumata, giovane più di me, lucente di quella poca rugiada non ancora evaporata, e che brillava al sole caldissimo dell'estate. Quella del 1985.
Le montagne tutto intorno ci rinchiudevano in un recinto senza tempo, senza domande, senza conflitti, senza orizzonte, senza tensioni esistenziali oltre l'estasi di un Paradiso naturale tutto nostro. La mia era un'adolescenza prematura, la sua invece piena maturità. Ci coccolavamo a vicenda, giocando l'una con l'altro. Ore e ore di cammino poi la fatica m'abbatteva a terra. E lei mi svegliava con dolcezza, decisa a trascinarmi verso un altro campo. Sapeva dove trovarmi, si avvicinava in silenzio, a passi felpati, desiderosa. Tante volte facevo finta di dormire, per godere delle sue attenzioni. La spiavo di nascosto in mezzo alle mie ciglia tremanti dall'ansia che ti prende quando vuoi solo ricominciare a giocare. Lei prima si allontanava indifferente, stronza come chi sa di poterselo permette, poi girandosi più volte cercava la mia presenza. Mi dava tempo e spazio ma una volta sicura della mia assenza, veniva a recuperarmi con un largo giro d'accerchiamento. Si avvicinava sempre dal lato contrario al sole per non infastidire con la sua grande ombra. Arrivata sopra di me, aspettava l'attimo del mio risveglio, poi impaziente avvicinava la sua testa alla mia e mi sbuffava in faccia un alito possente, ricco, fragrante di erbe e fiori che lei ruminava in continuazione. Ecco perché il suo latte aveva venature gialline di un sapore delizioso mai più provato. La mia Clara ogni giorno in alpeggio mangiava almeno settanta chili, forse un quintale di primizie uniche, odorose di vita eternamente riprodotta lassù in montagna. Ecco cos'è il Paradiso: riproduzione continua di vita e di bellezza. E poi il silenzio, sentivo il silenzio, la pace dell'anima mia estasiata, il silenzio della natura, l'armonia degli esseri viventi non umani, e la brezza tiepida nei capelli, sulla faccia, che sapeva d'eternità.
Come posso dimenticare?
Anche sotto ipnosi l'ho ricordato e non ho mai ricordato altro. In clinica, mille e mille volte ho ricordato solo estasi e bellezza di quell'estate. E desiderio di tornarci. Anche oggi ricordo solo un Paradiso, di Clara, di me, delle carezze della mamma e di come papà mi insegnava a mungere con decisione quelle mammelle generose di vacche felici. Ho visto nascere Clara e da vitella diventare grande. Ogni volta che provo a comprare il latte al supermercato penso a Clara e al suo latte che non era bianco, raffinato, trattato, insapore come questo latte industriale che mi ritrovo tra le mani a scegliere anche oggi per la colazione di domani. Magari prendo anche un formaggio perché no?
– No, non può essere, questa è pazzia! Fonduta di Fontina in scatola.
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I miei genitori sono cresciuti in un roccioso paesino della Costiera di Sorrento: Pacognano di Vico Equense, sul golfo di Napoli; mi hanno fatto nascere e crescere a Salerno dove il mio papà ne seguì lo sviluppo industriale. Sono nato analogico nel 1966, ma ho partecipato attivamente alla rivoluzione digitale dei personal computer; con lo studio e il lavoro ho realizzato due sogni: il primo era scrivere di informatica per una rivista specializzata, e il secondo, di lavorare all'università. Sono un capricorno testardo, ossessivo, compulsivo, frenetico, e anche troppo pigro ma determinato a superare ogni avversità o limite; di quest'ultimi però, uno mi è impossibile superare: è la mia stratificata ignoranza che ad ogni scoperta si sposta crescendo sempre più avanti.
Writer Officina: Qual è stato il momento in cui ti sei accorto di aver sviluppato la passione per la letteratura?
Pietro Di Gennaro: Credo sia innata, curiosità e voglia di leggere nei miei ricordi non hanno un inizio, né spero abbiano mai una fine: insomma fino a che morte non ci separi!
Writer OfficinaWriter Officina: C'è un libro che, dopo averlo letto, ti ha lasciato addosso la voglia di seguire questa strada?
Pietro Di Gennaro: No, non uno in particolare, ma devo dire tutti: da quelli che non digerisco ma che mi danno la sensazione di poter fare meglio, a quelli inarrivabili che mi regalano un sogno in cui finisco per perdermi. Sì, è così, ci sono romanzi da cui non vorrei mai uscire tanto è forte il desiderio di continuare a vivere quella storia insieme all'autore e ai suoi personaggi.
Writer Officina: Dopo aver scritto il tuo primo libro, lo hai proposto a un Editore? E con quali risultati?
Pietro Di Gennaro: Proposto? Ho spammato la mia opera a destra e a manca: ingenuamente pensavo fosse un grande lavoro a prescindere. Forse più presunzione che ingenuità. È stata la mia uscita dal lockdown, avevo una storia che avevo vomitato con urgenza; il giorno dopo l'isolamento, volevo che la leggessero tutti, non ho aspettato nemmeno una risposta, nemmeno quella degli amici a cui l'avevo proposto, e ho cominciato a navigare in un mondo a me completamente ignoto. Così ho scoperto un universo che per oltre quarant'anni semplicemente non conoscevo. Ho scoperto KDP e ho pubblicato una sperimentazione "mutante" di scrittura che è ancora in corso. Impaziente, incosciente, senza limiti di decenza. Il giorno dopo, il mio grande senso di inadeguatezza mi ha fatto riscoprire la lettura, quella vera, approfondita, non superficiale, quella meravigliosa che avevo abbandonato da bambino, da studente ingordo e sempre affamato. Avevo un lavoro da misurare con il resto del mondo. Ecco, così ho riscoperto la letteratura e tutto quello che mi sono perso in decenni e decenni di letture per dovere e non per piacere. Prima che sia troppo tardi vorrei rimediare ridando ossigeno ad una passione sopita che mi sta esplodendo come un incendio fuori controllo.
Writer Officina: Ritieni che pubblicare su Amazon KDP possa essere una buona opportunità per uno scrittore emergente?
Pietro Di Gennaro: È una grande opportunità; ho ricevuto diverse proposte EAP che ho rifiutato; KDP di Amazon è uno strumento potentissimo di emancipazione praticamente a costo zero senza imposizioni. Ovviamente l'industria editoriale, piccola, media e grande, è tutta altra cosa: se dovessi usare una metafora, penserei all'adozione. Uno scrittore ha bisogno di una casa e di una famiglia che lo prenda in adozione. Gli scrittori affermati magari hanno la forza di scegliersi la propria villa e il personale di servizio. Un emergente senza casa con KDP ha la possibilità di arrivare ovunque. Una volta provato, si intraprende un percorso che rompe uno schema di chiusura, di emarginazione, aprendone uno senza limiti né di spazio né di tempo.
Writer Officina: A quale dei tuoi libri sei più affezionato? Puoi raccontarci di cosa tratta?
Pietro Di Gennaro: Per il momento è unico e solo: nasce da un conflitto interiore da risolvere, diventa una liberazione passando dalla magia della creazione di una storia assurda con personaggi irreali che diventano vivi. Non so se questa è la scrittura, so solo che parlare e divertirmi con i miei personaggi è stato prima un percorso poi una scoperta e alla fine una epifania.
Writer Officina: Quale tecnica usi per scrivere? Prepari uno schema iniziale, prendi appunti, oppure scrivi d'istinto?
Pietro Di Gennaro: Forse un giorno avrò una tecnica, e sperimenterò qualcosa di diverso. La prima esperienza è maturata giorno dopo giorno. È stato tutto istinto, e adesso d'istinto nascono raccontini, sfoghi improvvisi ma in corso ho questa scrittura mutante di un testo che devo portare ad una degna e definitiva sepoltura: nel senso che me ne staccherò per sempre. Lo so è folle, però con KDP posso mettere online la prima versione in un minuto, se mai me ne dovesse arrivare una richiesta. Con l'editoria classica questo è impossibile e così vanno al macero tonnellate di libri mai desiderati che non hanno incontrato lettori. Che peccato e che spreco. Va beh, non esageriamo, la carta resta il materiale più riciclabile che conosciamo. Io amo i libri di carta; la stampa on demand è già un futuro presente, quello che credo sia insostituibile è la cura di una edizione di "classe" che solo un buon investimento può realizzare come confezione particolarmente unica, esclusiva, ma questo tipo di opera è frutto di un team dove il lavoro dell'autore, sebbene fondamentale, è un complemento del prodotto finale.
Writer Officina: In questo periodo stai scrivendo un nuovo libro? È dello stesso genere di quello che hai già pubblicato, oppure un'idea completamente diversa?
Pietro Di Gennaro: Ho più progetti su carta e in testa, uno ha già un titolo provvisorio e diverse pagine: "Omicidio di un ghost writer che lavorava gratis".
Writer Officina: La scrittura ha una forte valenza terapeutica. Confermi?
Pietro Di Gennaro: Ne saprò di più quando avrò scoperto l'assassino del ghost writer che lavorava gratis.
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