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Antonella Alboni

Per un certo periodo, la mia vita è stata un susseguirsi di peregrinazioni in giro per il mondo. Sono laureata in informatica e grazie ai miei studi ho avuto occasione di lavorare a lungo negli Stati Uniti. Fin da adolescente ho sentito il fascino dell'avventura unito ad una sfrenata passione per l'Africa. Fantasticavo sull'Africa attraverso le pagine della Blixen, Doris Lessing, Coetzee, e dei tanti autori che ne hanno scritto. Quando si è giovani si ha la sfrontatezza di sognare in grande e ogni volta che l'ho fatto mi è andata bene. Ho esaudito questo sogno e mi sono trasferita in Africa, un momento struggente della mia vita a cui sarò legata per sempre, anche perché in Africa sono nati i miei figli. Non ho mai scritto mentre vivevo in Zimbabwe, nonostante ne avessi il tempo e i mezzi. L'Africa è totalizzante e non c'era spazio per nient'altro, se non per viverla. Ora, il mio quotidiano è in Toscana, con frequenti puntate a Londra e in Scozia dove le mie figlie rispettivamente lavorano e studiano e dove sono ambientati i miei romanzi.

Writer Officina: Qual è stato il momento in cui ti sei accorto di aver sviluppato la passione per la letteratura?

Antonella Alboni: Ho sempre subito il fascino della letteratura, per gli infiniti mondi a cui si può accedere aprendo le pagine di un libro. La letteratura era però relegata nei confini della passione e ho scelto di studiare altro, accettando la sfida del mondo dei teoremi. Non me ne pento, mi ha fornito un ulteriore punto di vista.

Writer Officina: C'è un libro che, dopo averlo letto, ti ha lasciato addosso la voglia di seguire questa strada?

Antonella Alboni: Certamente, la scintilla fu Niente e così sia, della Fallaci. Lei mi aveva colpito il cuore e la mente e, mentre era in vita, ho seguito tutto il suo percorso.

Writer Officina: Dopo aver scritto il tuo primo libro, lo hai proposto a un Editore? E con quali risultati?

Antonella Alboni: Nessun editore, non avrei avuto la pazienza di aspettare una risposta visto che c'era un'alternativa.

Writer Officina: Ritieni che pubblicare su Amazon KDP possa essere una buona opportunità per uno scrittore emergente?

Antonella Alboni: Trovo che sia un'ottima opportunità, non mi interessano i detrattori. Ovviamente accetterei la proposta di una CE di livello soprattutto perché mi piacerebbe che i miei romanzi fossero tradotti e, da sola, non ho i mezzi e le entrature per affrontare un mercato anglosassone o spagnolo.

Writer Officina: A quale dei tuoi libri sei più affezionato? Puoi raccontarci di cosa tratta?

Antonella Alboni: Un anno a Kinnaber è una saga, e mi affeziono sempre all'ultimo che ho scritto. Scrivendo si impara e l'ultimo è migliore dei precedenti. Racconto la vita di un gruppo di amici che si ritrovano a vivere le situazioni più disparate, a risolvere intrighi e misteri. Diciamo che sono racconti di cappa e spada in un mondo contemporaneo, frutto del mio amore per il ciclo arturiano. L'ambientazione è internazionale e ho fatto tesoro del mio vissuto, riproponendolo nei miei libri. Sono romanzi divertenti e brillanti. Il tema comune alla saga è l'amicizia che lega i personaggi che ruotano intorno a Kinnaber, una tenuta scozzese dove si produce il whisky McFarland, da qui il titolo del primo libro.
Le situazioni raccontate sono di fantasia e sopra le righe, comunque c'è sotto un'attenta documentazione e ricerca di episodi realmente accaduti e a cui ho attinto. In ogni libro la parte avventura si intreccia alla storia personale dei protagonisti, il tutto con una scrittura essenziale e veloce, adatta alla storia.
Altro tema comune alla saga è che Niente è come appare. Del resto la realtà, come le persone, hanno tante sfaccettature e dipende dall'angolazione con la quale le guardiamo.

Writer Officina: Quale tecnica usi per scrivere? Prepari uno schema iniziale, prendi appunti, oppure scrivi d'istinto?

Antonella Alboni: La storia nasce nella mia testa, come un film. Nei miei libri ci sono molti personaggi quindi ho necessità di schede per ognuno di loro e schemi per la tempistica. Per le parti più inerenti all'intrigo preparo dei grafici che mi sintetizzano l'intrecciarsi degli eventi. A parte questo, scrivo d'istinto, senza scalette e descrivo l'azione come la immagino. L'unica tecnica che uso è Show, don't tell. Mi piacciono i dialoghi brillanti e li trovo adatti per le storie che racconto.

Writer Officina: In questo periodo stai scrivendo un nuovo libro?
È dello stesso genere di quello che hai già pubblicato, oppure un'idea completamente diversa?


Antonella Alboni: Sto scrivendo il quarto libro della saga, i miei lettori la stanno aspettando. Contemporaneamente, ho già nel mio cassetto mentale qualcosa di totalmente diverso, più intimistico, dove l'Africa sarà protagonista. Per ora, avevo voglia di divertirmi e Un anno a Kinnaber e stato un ottimo modo per farlo. Tirando le somme questi tre libri sono stati un'esperienza più che positiva, ho un piccolo pubblico che mi segue e ogni giorno qualche nuovo lettore mi contatta sulla mia pagina Facebook scrivendomi che si sono divertiti leggendomi, era quello che volevo. E se, insieme ai miei lettori, continuerò a divertirmi, ci sarà il quinto, il sesto, chissà!

Writer Officina: Cosa hai voluto dire con la tua storia?

Antonella Alboni: Prendo a prestito una frase di Federico Fellini: Io non voglio dimostrare, voglio mostrare. Avevo una storia e l'ho raccontata. Chiaramente la storia convive con mille situazioni, problemi e affanni e io osservo le reazioni dei vari personaggi. Affronto le loro incertezze interiori non attraverso i loro pensieri ma usando il dialogo, incessante fra tutto il gruppo, I Famigerati di Kinnaber, una seduta terapeutica continua, sempre ironica, spesso sarcastica.

Writer Officina: Cosa c'è di te nel tuo romanzo?

Antonella Alboni: Tutto e niente. Io sono romagnola e vengo da una famiglia di donne forti. Non è necessariamente una cosa positiva, ci sono aspettative alte e la sfida è continua. Io sono sopravvissuta e questo modello femminile lo ripropongo nei miei romanzi. Le mie, sono donne che, di volta in volta, portano dei carichi pesanti ma devono agire, la situazione lo richiede. Credo che sia necessario proporre una donna intimamente convinta di non essere da meno di un uomo e che si pone al fianco della figura maschile, non un passo indietro, ma accanto. Le donne sono fortissime, affrontano la battaglia del quotidiano e a loro si richiede anche il sorriso sulle labbra. Devono essere consapevoli delle loro capacità, devono uscire dall'immaginario dell'amor cortese, di figura femminile che ha necessità di un uomo e di un amore per compiere se stessa. La forza delle mie protagoniste sta nel prendere decisioni, pur tra gli affanni, pianti e incertezze. Sono dilaniate dentro ma agiscono, perché la situazione lo richiede e Niente è come appare.

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