Writer Officina
Autore: Emanuele Giustiniani - Angela Jemmo
Titolo: Ero qui, alla fine del mondo
Genere Fantasy Apocalittico
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Ero qui, alla fine del mondo
Tre giorni di buio.

Ancora non riesco a crederci.
Quello che mi è capitato - sarebbe più corretto dire che ci è capitato - e intendo dire a tutti gli abitanti del mondo - è irreale.
Eppure è successo e non riesco ancora a farmene una ragione.
Mi ritrovo qui a scrivere un diario, seduto per terra, con la sola luce di una candela, il resoconto della giornata. Non una giornata qualunque, no. A me, poi, che non ho mai sentito la necessità di scriverne uno. Nemmeno quando ero più giovane, anche se sia mia madre che la mia sorellina ne tenevano uno ciascuna. Prima che quei - non so nemmeno come chiamarli - quei demoni dai mille volti scendessero sulla Terra.
Maledetti!
Sono costretto a rimanere barricato in casa, senza poter fare nient'altro che aspettare. Mi stanno saltando i nervi.
Ho come l'impressione di essere stato internato dentro un manicomio, dentro il quale però ci sono i sani, mentre i folli, quelli pericolosi, sono liberi di circolare all'esterno.
Le tapparelle sono completamente abbassate e non filtra alcuna luce.
Le finestre sono tutte chiuse, sigillate. La porta è sprangata. In pratica, vivo in un bunker.
Da fuori giungono atroci urla e richieste di aiuto, a cui non so se qualcuno risponderà.
Il mondo è giunto alla resa dei conti, per chi è rimasto fuori.
Non c'è più elettricità, di conseguenza neanche le pompe idrauliche permettono di far arrivare l'acqua nei vari appartamenti e il serbatoio d'emergenza dell'acqua è già stato svuotato anche da tutti gli altri condòmini.
Rimangono solo pochi litri nelle bacinelle, in bagno, che avevo riempito poco prima che accadesse tutto questo. In fondo sono passate poche ore, ma sembra molto di più.
Senza più energia elettrica, neanche le televisioni e i cellulari funzionano.
Siamo isolati, l'uno dagli altri.
Credo che questo stia succedendo a molte altre persone nel mondo.
Forse più di quel che riesco a immaginare.
Ma è meglio rimandare questo discorso a più tardi, quando mi sarò calmato.
Magari riuscirò pure a dormire un po', visto che sono distrutto.
Se mai ci riuscirò. Quei demoni continuano a chiamarmi.
Sento le loro voci da fuori la porta che mi invocano, pronunciando il mio nome. Sono voci conosciute, o dovrei dire familiari, visto che a parlare sono proprio i miei parenti.
Mio padre che mi urla di uscire da casa, con quel tono perentorio e quella vociona da tenore che ha sempre avuto.
Mia madre che dolcemente mi chiede di raggiungerla, con il suo modo di fare così buono e gentile, da mamma comprensiva di altri tempi.
E poi c'è mia sorella, la mia sorellina, che mi chiama e mi dice che si sente sola e ha paura del buio.
E io vorrei tanto spostare il mobile addossato a mo' di primitiva barricata contro la porta, aprirla e ricongiungermi a loro.
Dio solo sa quanto lo farei volentieri.
Ma non posso, no, non posso!
Per un semplice, atroce motivo.
Loro tre, non dovrebbero essere qui.
Loro tre, non dovrebbero nemmeno più parlare.
Loro tre, sono morti.

Non so nemmeno io come riesca a mantenere la voglia e la lucidità di scrivere queste frasi orribili. Orribili, sì, ma purtroppo vere.
La mia famiglia è stata divisa, in un modo o nell'altro. Quei demoni mi assillano e non hanno alcuna intenzione di smettere. E non è un modo di dire, e non penso possa essercene uno migliore: sono letteralmente demoni.
E pensare che avevamo preso in giro tutti quei tizi che andavano dicendo da mesi e mesi che tutto questo sarebbe successo.
Li chiamavamo pazzi, esaltati, fanatici religiosi fuori dal tempo. E invece... Tutto quello che avevano previsto si è realizzato.
Se penso a quante finte e assurde profezie spuntavano fuori da sempre, senza mai realizzarsi e lasciando che il mondo andasse avanti come nulla fosse... mi vien da ridere! Centinaia, migliaia di profezie di sciagura che ci piombavano sulla testa da decenni: i Maya e la fine di tutto al sorgere del sole del nuovo millennio, gli asteroidi killer, i pianeti in rotta di collisione, le pandemie che avrebbero decimato l'intera popolazione mondiale.
E nessuna di queste si era poi realizzata.
Poi sono arrivati quei tizi, quelli della Chiesa del Nuovo Mondo, e hanno iniziato ad annunciare l'arrivo di un evento che avrebbe cambiato il mondo.
Nessuna orribile sofferenza annunciata, nessun dolore da mandar giù come una bibita amara, nessuna apocalisse alle porte, come eravamo abituati a sentire.
No, niente di tutto questo.
Quei tizi esprimevano solamente pochi concetti, che potevano sintetizzarsi con queste parole: - Non abbiate paura. Il mondo sta per cambiare, ma in meglio! Chiudete gli occhi. Quando li riaprirete, potrete ammirare un nuovo cielo, una nuova terra, nuovi mari. -
Beh, nulla di preoccupante, a sentir loro, no?
Sembrava di assistere a uno di quegli spot pubblicitari, quelli dei villaggi vacanze o delle lunghe crociere intorno al globo, dove uomini e donne di bell'aspetto si stiracchiano, svegliandosi tra le candide lenzuola bianche ed ammirando il paesaggio rischiarato dai caldi raggi del sole mattutino.
Un'atmosfera idilliaca in un ambiente da favola.
Tutto molto bello.
Tutto molto accattivante.
Tutto molto falso.
Di idilliaco e di favoloso non c'era proprio un bel niente.
Ma di questo scriverò dopo, adesso devo cercare di riposarmi un po', mi si chiudono gli occhi.
Quei demoni continuano a chiamarmi. Non so come farò a dormire.
Proverò a mettermi le cuffie che usavo per videogiocare, forse riusciranno ad attutire un po' le loro voci ipnotiche.

Niente. Non c'è stato niente da fare.
Ho provato a dormire, ma non me l'hanno permesso.
Quelle tre volte che ero sul punto di scivolare nel sonno, subito mio padre mi chiamava a gran voce al di là della porta. È frustrante essere risvegliato in questa maniera.
Non so come facciano a non stancarsi mai. Parlano, parlano. A volte bisbigliano, ed è tutto ancora più inquietante.
Hanno un tono di voce cavernoso, basso, che mi fa tremare e vibrare lo stomaco.
Poco fa, in quella specie di dormiveglia confuso, ho sentito una voce che sussurrava: “Vieni da noi, ti aspettiamo”.
E un'altra ha aggiunto, poco dopo: “Siamo tutti qui, insieme. Presto finirai qui anche tu. Con noi.”
Ma io non do loro ascolto, continuo a stare rinchiuso in questa casa diventata la mia prigione.
Diventerà forse anche la mia tomba?
Fino a quando riuscirò a resistere?

So che devo resistere, la ragione mi dice di farlo e di non cedere all'impulso di spalancare la porta e gettarmi tra le loro braccia.
Ma l'emotività che stuzzicano dentro di me quelle voci, mi fa soffrire. Non solo con quello che dicono, ma anche con quel verso strano che fanno.
È simile ad un verso ancestrale, quello che emettono ogni tanto.
Come un richiamo ad unirsi a loro, un misto di tristezza e malinconia.
Se fosse qui con me, il mio amico brasiliano lo definirebbe saudade. Ed è così che mi sento quando lo emettono: percepisco la malinconia e il richiamo di un posto dove non sono stato mai... ma in cui non voglio andare!
Perché, se lo facessi, sarebbe la mia rovina, come lo è stata per i miei familiari.
Devo parlare di loro, almeno continuo a scrivere e distraggo la mia mente da queste voci incessanti.
Nonostante mio padre sia - no, devo impormi di usare il passato - nonostante fosse un uomo pragmatico, tosto, capace di usare la logica, è stato il primo a cadere e a uscire. Non ha resistito a quella voce che lo invitava, quasi implorava, di raggiungerla al di là della porta.
Ed è uscito.
Era il richiamo di una sua vecchia fiamma, il grande amore della sua gioventù e si sa quanto sia difficile resistere ai ricordi, specie quelli amorosi e ormai passati.
Si erano conosciuti ad una festa in riva al mare, quando era in vacanza assieme ad altri amici, sulla costiera romagnola. Lui era appena arrivato, lei il giorno dopo sarebbe ripartita assieme ai suoi genitori.
Avevano ballato assieme, bevuto qualcosina, e alla fine si erano diretti mano nella mano verso la battigia, lì dove le luci degli stabilimenti non arrivavano e potevano stare nascosti nel buio della notte.
Si sa come vanno a finire queste cose: erano stati insieme quella sera, e si erano giurati grande e infinito amore.
Lui l'aveva poi riaccompagnata all'albergo quando era l'alba e lei, timida ma felice, si era nascosta nell'abbraccio per non far vedere i lucciconi agli occhi.
Era stato difficile dirsi addio, mi aveva raccontato mio padre, perché a quell'età non si riesce a contemplare l'ipotesi di non potersi rivedere più.
- Considera che non c'erano ancora i cellulari, alla mia epoca - aveva chiarito mio padre, quando alcuni anni fa mi raccontò quell'episodio del passato.
- Ma perché, papà? Non potevate scambiarvi i numeri di telefono? Quello fisso, intendo. -
- Certo che potevamo, ma era inutile. -
Lo aveva detto scuotendo la testa, come fosse stata una sentenza immutabile.
- Lei abitava assieme ai suoi a oltre cinquemila chilometri di distanza. Il padre era emigrato all'estero per lavorare e avevano deciso di fare una vacanza in Italia dopo tanti anni di lontananza.
Difficilmente sarebbero tornati da quelle parti, e io non potevo certo permettermi un volo transoceanico per andarla a trovare. -
- E allora, come è andata a finire? -
Allargò le braccia, quasi a volermi trasmettere quel senso di impotenza e frustrazione che i ricordi avevano risvegliato in lui.
- Eh, come vuoi che sia andata a finire? Lei mi regalò un suo braccialetto, prima di salutarci. Me lo mise al polso, mi diede un ultimo bacetto e poi salì in camera dai suoi. Non la rividi più. -
Non aveva aggiunto altro, chiudendosi nel solito mutismo, mentre la sua mente viaggiava indietro nei ricordi di un tempo che fu.
Emanuele Giustiniani - Angela Jemmo
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Emanuele Giustiniani - Angela Jemmo
Nasco a Roma nel 1980. Fino al primo anno di liceo ho vissuto nella Capitale d'Italia, dal secondo anno in poi mi sono trasferito a Parigi e ho vissuto nella capitale francese per tutta la durata del liceo. Tornato a Roma, ho frequentato l'università per poi trovare lavoro successivamente come consulente assicurativo e impiegato amministrativo. Insomma, decisamente non una vita d'artista, se si considerasse solamente la parte professionale. Ma quel che più conta è il quotidiano, quello che non viene scritto su un curriculum, vale a dire il mio amore per la scrittura, per la lettura di libri e fumetti, per tutto ciò che riguarda la Storia umana e le piccole storie di ciascuno di noi. Ma nella mia vita non c'è solo la scrittura: sono un appassionato di giardinaggio, pratica che consente all'animo umano di trovare quella pace che troppo spesso gli è negata nella vita quotidiana di tutti i giorni, e sono anche un collezionista, un modo come un altro per mettere l'abito elegante ad una piccola inclinazione ossessiva compulsiva.

Writer Officina: Qual è stato il momento in cui ti sei accorto di aver sviluppato la passione per la letteratura?

Emanuele Giustiniani: Me ne sono reso conto poco a poco. Probabilmente, si può dire che è iniziato tutto alle scuole elementari. Ero un tipo timido, riservato e sensibile, faticavo a rapportarmi con gli altri e preferivo richiudermi in me stesso, o almeno non esternare troppo i miei stati d'animo. Non mi sentivo a mio agio con troppe persone, era fonte di ansia dover rapportarmi con altri, e in quel caso con ragazzi della mia età a scuola. Ma qualcosa che mi permetteva di stare meglio, c'era. Era la scrittura. Ogni volta che c'era occasione per scrivere, che si trattasse dei temi dati dalla maestra a scuola o dei momenti di vita quotidiana da appuntare nei miei diari, lo facevo. E devo dire che trasformare i pensieri su carta, e negli ultimi anni anche su uno schermo, mi permetteva, e mi permette tuttora, di sentirmi meglio. Insomma, la scrittura per me è una necessità, un sistema per analizzare me stesso, fino ad arrivare a stare meglio. La scrittura è anche un modo per non finire dimenticato nel grande mare magnum della storia di tutti i giorni. Un modo per sentirsi vivo. Un modo per non essere dimenticato.

Writer Officina: C'è un libro che, dopo averlo letto, ti ha lasciato addosso la voglia di seguire questa strada?

Emanuele Giustiniani: A dire il vero, credo siano stati due i libri che più mi hanno spinto a scrivere, e i titoli li conosciamo tutti: “Il diario di Anna Frank” e “Se questo è un uomo” di Primo Levi. Il modo di descrivere il quotidiano, i piccoli gesti inseriti all'interno di grandi eventi, la lucidità nel riportare le emozioni provate in quei momenti pur rimanendo attinenti alla verità storica, mi hanno sempre attirato e affascinato. Per questo motivo, nei miei scritti, ho la naturale propensione a riportare i sentimenti che vivono nell'animo umano con uno stile che sia il più possibile chiaro, netto, deciso, evitando fronzoli e abbellimenti inutili.

Writer Officina: Dopo aver scritto il tuo primo libro, lo hai proposto a un Editore? E con quali risultati?

Emanuele Giustiniani: Nel 2015 iniziai a scrivere il mio primo libro, ma non avendolo ancora finito, non potevo in alcun modo proporlo. E poi non mi sentivo ancora pronto per proporlo a qualcuno. Nel 2021, invece, in occasione di un concorso letterario online, promosso da alcune grandi realtà editoriali, decisi di provare a rendere pubblico il mio desiderio di scrivere. Ma non lo feci col manoscritto del 2015, bensì con un testo inedito, e intendo dire che era inedito anche per me. Sì, perché lo scrissi nell'arco di poche settimane, giusto per riuscire a rientrare in quel tot di caratteri minimi richiesti per partecipare alla prima fase. Successivamente, continuai a scriverlo e concluderlo, riuscendo a superare la prima fase, ma non a vincere il concorso. Presi atto dei giudizi ricevuti sul mio testo, sia quelli positivi che quelli negativi, e dopo poco tempo e tanti tagli, rimaneggiamenti, perfezionamenti, arrivai a pubblicare il mio primo libro con Amazon KDP, dal titolo “InUMANO”.

Writer Officina: Ritieni che pubblicare su Amazon KDP possa essere una buona opportunità per uno scrittore emergente?

Emanuele Giustiniani: Credo sia l'unica, grande opportunità che possa avere uno scrittore esordiente o emergente. A meno che non si abbiano le giuste conoscenze, o i giusti parenti e perché no anche le giuste abilità nella scrittura, ritengo che Amazon KDP sia la strada migliore da percorrere, sia che si tratti uno scrittore esordiente, di un emergente o di uno già affermato.

Writer Officina: A quale dei tuoi libri sei più affezionato? Puoi raccontarci di cosa tratta?

Emanuele Giustiniani: Considero il libro “InUMANO” come il mio primo bambino, e provo altrettanto affetto per il secondogenito, “MARVIN – Spirito di Vendetta”, ma in realtà in fondo al mio cuore c'è sempre e solo il mio romanzo inedito, iniziato a scrivere nel 2015. Per rimanere su quelli editi, il primo (InUMANO) è un noir e tratta l'argomento delicato della ricerca della vendetta di un padre nei confronti di un pedofilo, responsabile degli abusi e dell'uccisione della sua bambina. Mentre il secondo libro (MARVIN – Spirito di Vendetta) è il primo volume di una saga fantasy, dove un semplice mortale viene investito di grandi poteri dalla Dea della Vendetta e viaggia nel tempo... Come vedete, il tema della vendetta mi piace assai!

Writer Officina: Quale tecnica usi per scrivere? Prepari uno schema iniziale, prendi appunti, oppure scrivi d'istinto?

Emanuele Giustiniani: Tutto nasce dall'idea. Dapprima me la tengo nella mia mente, la riscaldo come fosse un piccolo feto bisognoso del calore umano. La curo, la nutro, mi preoccupo che, una volta fuori, possa affrontare il modo duro e cattivo. Una volta cresciuta, la metto al mondo. A quel punto, scrivo su foglietti di carta, sul bloc notes dello smartphone e anche nel mio pc. Ma, spesso e volentieri, nel momento della stesura, la storia prende una piega diversa, i personaggi stessi si stabilizzano, acquistano carattere e mi impongono di dar loro una nuova strada da percorrere, diversa da quella prevista inizialmente.

Writer Officina: Cosa c'è di te nei tuoi personaggi?

Emanuele Giustiniani: A volte molto, a volte poco, ma qualcosa c'è sempre. Inutile negarlo, chiunque scriva è inevitabilmente autoreferenziale, il che non vuol dire che sia un male. Semplicemente, per descrivere qualcuno, si fa sempre riferimento a noi stessi o ad una piccola parte dentro di noi. Per quanto mi riguarda, nei miei personaggi c'è sempre il mio desiderio di giustizia, la mia ricerca di vendetta, la mia autoironia, la mia necessità di avere un aiuto da qualcuno nei momenti peggiori della mia vita. Insomma, in ognuno dei miei personaggi ci sono io, con le mie debolezze e le mie qualità, con i miei desideri e le mie mancanze.

Writer Officina: In questo periodo stai scrivendo un nuovo libro? È dello stesso genere di quello che hai già pubblicato, oppure un'idea completamente diversa?

Emanuele Giustiniani: Ho appena scritto gran parte di una storia apocalittica, basata su una delle tante profezie che girano sul web. Ho anche iniziato il secondo capitolo di MARVIN, sempre del genere fantasy storico, ma sono appena agli inizi. Inoltre, sto anche scrivendo uno spin-off del primo libro, InUMANO, dedicato alla vita di uno dei protagonisti: Ludovico Malvasìa. In questo caso, si tratterebbe di un noir, ma non solo...

Writer Officina: Cosa vorresti che le persone dicessero del tuo romanzo?

Emanuele Giustiniani: Dire che vorrei piacesse a tutti suonerebbe utopico, oltre che infantile. Diciamo allora che vorrei che dicessero che l'hanno letto tutto d'un fiato, che nonostante il tema non rientrasse nel loro genere, lo hanno trovato interessante e con un ritmo piacevole, grazie alla scrittura fluida. Poi, se fossero anche contenti di averlo letto, allora sarebbe davvero una soddisfazione. Non si può piacere a tutti, lo so... Ma almeno non essere noioso, quello sì, posso farlo!
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