Writer Officina
Autore: Luca Marchesani
Titolo: La Maledetta
Genere Narrativa
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La Maledetta
Il video.

Il turno di notte è il momento migliore per guardare quel video.
Anzi, è diventata una sorta di abitudine. Quasi un bisogno perverso.
E così torno ancora a immergermi in quel fascicolo, così piccolo e allo stesso tempo così dannatamente oscuro, anche se in fondo so di essere ormai l'unico a pensarlo. E come sempre va a finire che prendo il dvd, clicco sul tasto play e avvicino il viso al monitor per cercare qualche altro dettaglio. Un sorso al bicchierino di caffè.
Sbagliato.
È l'unico aggettivo adatto a descrivere il video. Niente di quello che passa sullo schermo ha senso. È fin troppo evidente che in quelle riprese ci sia qualcosa di tremendamente sbagliato. Ne sono convinto.
Così come sono convinto che prima o poi capirò cosa diavolo non quadra in tutta quella storia.
Ma come hanno potuto tutti gli altri non vederlo?
Sbagliato.
Ogni volta la stessa identica sequenza di immagini. La telecamera, collocata nell'angolo in alto della parete, riprende la stanza dal lato destro rispetto all'uomo paralizzato a letto. Un dispositivo di quelli casalinghi ma dalla resa video notevole. Roberta Milani è seduta sulla poltrona ai piedi del letto ed è intenta in una conversazione.
Nessun altro nella stanza a parte loro.
L'ennesima imprecazione. E le solite domande.
Con chi diavolo stava parlando la Milani prima che entrasse quel folle?
Anche senza l'audio si poteva osservare l'infermiera che gesticolava, muoveva le braccia e la testa come quando si discute con qualcuno.
E io, per l'ennesima volta, studio con estrema attenzione i momenti di pausa nel bel mezzo di quello che sembra un vero e proprio dialogo a due. La Milani passava, in un attimo, dal gesticolare convulso al silenzio assoluto.
All'attesa.
E la cosa era durata anche parecchio. Ecco, poi c'era la tenda che si muoveva. Una corrente d'aria proveniente da un'altra stanza? Doveva essere certamente così, visto che la finestra, in quella stanza, sembrava chiusa. Anche se dall'angolazione della telecamera non era possibile visualizzare l'intera forma.
Eppure, la tenda si muoveva. Prima molto lentamente, ma più avanti le falde del tessuto avrebbero quasi raggiunto il bordo del letto.
Proprio nel momento in cui pare gonfiarsi la tenda, il volto sgranato di Stefano Biondi spunta dallo stipite della porta. Quanto era rimasto ad attendere nascosto? Sette minuti e trentasette secondi, risponde il video.
Poi si vede Biondi entrare nel pieno dell'inquadratura in quello che sembra un vero e proprio atto di accusa, è evidente da come si agitava e puntava il dito contro l'infermiera. Il viso è quello di un uomo malato. Sbraitava e gesticolava e puntava il dito contro l'infermiera che parlava da sola. Tutto ciò mentre quel poveretto paralizzato sotto le coperte assisteva alla scena senza poter fare nulla. Assolutamente immobile.
Non oso immaginare il suo spavento.
Quando osservo Stefano Biondi accovacciato per guardare sotto il letto, torno a chiedermi ancora una volta con chi stesse parlando la Milani. Questa sequenza è realmente surreale. Immagino che Biondi, vittima del suo stato di alterazione, si sia lanciato alla ricerca di un intruso che per qualche oscura ragione, plausibile solo nella sua testa, doveva essere fuggito a nascondersi sotto il letto.
E quando lo avrebbe fatto?
Biondi stava dando di matto, l'infermiera si era alzata dalla poltrona, aveva indietreggiato fin dietro il bordo del letto e infine si era ritrovata schiacciata con la schiena sulla parete.
Biondi aveva un coltello bello grosso dietro la schiena, probabilmente infilato dentro i pantaloni. E comincia a brandirlo in modo convulso.
Quante volte ho visto e rivisto tutta la sequenza di quel video?
E non sono ancora arrivato alla parte migliore. La Milani è trincerata dietro il letto e il poveretto, nel frattempo, sembrava aver perso i sensi. Poi nel video si vede l'uomo sdraiato nel letto preso da leggeri movimenti del viso, come un tic nervoso. Bisogna fare molta attenzione per accorgersene.
E pochi istanti dopo l'inizio del tic, si vede Stefano Biondi muoversi in modo del tutto innaturale, come se il suo braccio avesse cambiato idea sul bersaglio da colpire: non più la Milani ma se stesso.
Il braccio trema, si vede chiaramente. I suoi occhi sono sbarrati dal terrore.
Ogni volta che arrivo a quel punto della registrazione sento un brivido lungo la schiena. Non ho mai assistito a una scena del genere.
Sembra che l'uomo abbia perso completamente il controllo del proprio braccio. Come se, in qualche modo, l'arto fosse staccato dal resto del corpo. E vivesse di vita propria.
Ecco, intanto, il momento in cui l'urlo senza voce di Roberta Milani anticipa l'inizio della fine: il braccio di Stefano Biondi si orienta verso la sua stessa gola e la bocca urla un grido silenzioso di terrore. Con uno scatto secco, il folle aveva completato l'opera.
Il suo spettacolare suicidio.
In un attimo le ginocchia avevano ceduto ed era caduto a terra a pancia in giù. Intorno al tronco, una grande pozza scura. Il corpo riverso a terra aveva iniziato quella lenta e inesorabile danza che porta alla fine.
Tutto sbagliato.
La mia testa torna a correre a pieno ritmo.
Perché quella donna parlava da sola? Stava parlando col malato? Sì certo, ci sono persone che parlano per ore anche con un cane o un gatto, ma non era quello il senso di quelle immagini.
Un dialogo.
E Biondi? Perché quel repentino cambiamento? Che cosa lo aveva portato a uccidersi, se fino a poco prima sembrava volesse aggredire la donna? Perché tremava in quel modo? Era tutto terribilmente innaturale.
E poi, chi ha spento la telecamera?
Come sempre quando torno a rivedere quel video, mi fermo a osservare la pozza di sangue attorno al corpo di Stefano Biondi.
La donna ancora appoggiata al muro, pietrificata. Il tic facciale dell'uomo nel letto si era fermato. E un momento dopo, schermo nero. Come se qualcuno avesse staccato i fili della piccola telecamera.
Il caso era stato facile da istruire e ancor più da chiudere. C'erano le immagini. Suicidio. Per quanto alcuni inquirenti avessero concordato sin dall'inizio con me sulla oggettiva stranezza di quello che era successo, le immagini erano chiare e non c'era altro da dire.
Torno ancora a leggere il file relativo al caso. Anche se conosco già il contenuto dell'autopsia eseguita sul corpo di Stefano, non posso trattenermi dal constatare, per l'ennesima volta, che il suo corpo era pieno di alcool fino alle orecchie. Un altro punto a sfavore.
Ammetto che mi piace riaprire l'indagine ogni tanto, lo faccio solo per me. Sono convinto che mi sia sfuggito qualcosa, sin dal momento in cui siamo entrati in quella stanza per la prima volta.
Come se, in fondo, io speri ancora che mi sia sfuggito qualcosa.
Ricordo perfettamente il giorno in cui siamo arrivati sul posto.
La Milani ha aperto la porta e noi abbiamo raggiunto la stanza a passo svelto. Il sangue, l'uomo a letto. Una scena che, sin dall'inizio, mi ha trasmesso la stessa identica sensazione che provo ogniqualvolta mi trovo a visionare quel maledetto video.
L'uomo paralizzato. Mi ha guardato? Forse per un istante. E io ho sentito una morsa stringermi le viscere.
Poveretto, chissà come sta, penso ancora.
E poi spengo il monitor e chiudo la cartella del caso Biondi.
Fino alla prossima volta, ne sono sicuro.
E come sempre, terminato il mio turno, lascerò l'ufficio mordendo la nebbia dell'alba e rientrerò a casa consapevole che la vista di quel video renderà molto più difficile l'arrivo del sonno.
E molto più facile, se non inevitabile, quello degli incubi.

La dannata mail

Sono esausta.
Non avrei mai creduto di dover combattere anche io contro la Maledetta. Chissà da quando lo sto già facendo e per quanto tempo dovrò ancora farlo. E allora, benvenuta Maledetta. Vediamo che cosa possiamo fare con te. Ma sappi che non vincerai.
In fondo, da quando ho ricevuto la mail, tutta la prospettiva è cambiata. Non ho il coraggio di aprire il messaggio e scaricare il file allegato, ma il semplice fatto di aver ricevuto quella mail cambia tutto.
Ho assistito solo a una piccola parte di questa storia incredibile ma alla fine... chi mi crederà? E poi, non sono proprio io la prima ad avere un dono? Certamente, e questo dono ha avuto un ruolo centrale con il mio paziente zero.
“Ecco lo scopo di tutto”. È questa la mia missione. Permettere ai malati di comunicare con l'esterno attraverso un canale diverso.
E invece, fino a quel momento, c'era riuscito solo lui.
Mi tornano in mente alcune delle parole che lui aveva semplicemente pensato e che io ero stata in grado di decriptare in quella stanza.
Sto scrivendo una storia. In questa storia ci sei anche tu. Racconterò tutto, anche quello che sta succedendo in questo momento tra di noi. È la mia vita. Vorrei essere utile a chi verrà dopo di me.
E quella dannata mail era arrivata davvero.
Quindi, che cosa succederà ora? Chiuderò gli occhi e finirò altrove? Mi metterò a scrivere anch'io? Troverò anch'io la mia stanza privata?
Per me non sarà la stessa cosa. La Maledetta potrebbe arrivare dappertutto, anche fin dentro la mia testa. E non avrò scampo.
Vorrei trovarle un nome, proprio come aveva fatto lui.
E i pensieri tornano potenti come scariche elettriche.
...il volto è pallido, spigoloso. Al posto degli occhi sembra che abbia due pozzi neri e profondi. Veste di nero. Quello che più di tutto la rende tanto impressionante è il tono della sua voce...
Non potrò tenerla fuori, lo so. Mi divorerà e non potrò difendermi.
Da dove proviene quel cigolio? La testa piroetta di scatto verso la porta d'ingresso.
C'è qualcuno lì fuori?
Il pianerottolo è deserto. Mi gira la testa, deve essere colpa dell'adrenalina.
Il computer è ancora appoggiato sul tavolo del soggiorno. Aver ricevuto la mail cambia tutto. E ora mi restano solo due cose da fare: la prima è leggere la storia, tutta la storia. Dall'inizio.
E poi stamparla.
E poi...
Calmati. Respira. Apri la casella di posta. La mail è nella posta in arrivo. Eccola. Doppio click.
Luca Marchesani
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Autori di Writer Officina

Luca Marchesani
Sono nato a L'Aquila, città nella quale vivo e dove svolgo la professione di avvocato. Sono un tipo riflessivo, malinconico ma anche estroverso con le persone a me più vicine. Sono appassionato di musica, suono la chitarra, ed apprezzo l'arte in tutte le sue forme. Ho cominciato a scrivere storie sin dalla prima adolescenza. Come scrittore ho ottenuto il 2° posto nell'edizione XIII ed il 4° posto nell'edizione XXXVI del "NeroPremio". Ho partecipato a diversi concorsi letterari ottenendo l'inserimento del racconto breve "Venere dagli occhi blu" nell'antologia intitolata "A volte Satana è vicino a me" (Ed. La Tela nera 2008) oltre che nella raccolta di racconti "Una storia nel cassetto" edita in versione ebook da storydrawer.org (2008). Dallo sviluppo e dall'ampliamento del racconto breve nasce l'omonimo romanzo autopubblicato nel dicembre 2016. Il secondo romanzo, intitolato "Il viaggiatore notturno", è stato pubblicato da WritersEditor nel 2020.

Writer Officina: Qual è stato il momento in cui ti sei accorto di aver sviluppato la passione per la letteratura?

Luca Marchesani: L'incontro con Stephen King credo rappresenti il punto di partenza. Un vero e proprio big bang. Da quel momento i romanzi di King sono diventati per me una specie di ossessione. Per molti anni ho letto solo lui, anche perché c'era molto materiale da recuperare oltre alla produzione nuova che usciva a cadenza quasi annuale. Parallelamente ho iniziato a scrivere racconti brevi.

Writer Officina: C'è un libro che, dopo averlo letto, ti ha lasciato addosso la voglia di seguire questa strada?

Luca Marchesani: “Misery”. E' stato un vero e proprio terremoto. Un romanzo impossibile da dimenticare una volta terminata la lettura.

Writer Officina: Dopo aver scritto il tuo primo libro, lo hai proposto a un Editore? E con quali risultati?

Luca Marchesani: Non subito. In verità la genesi di “Venere dagli occhi blu”, il mio primo romanzo, è anomala. Avevo scritto un omonimo racconto breve nell'anno 2007 con il quale avevo partecipato ad alcuni concorsi letterari. Il riscontro è stato molto positivo. Sono arrivati in breve tempo premi e segnalazioni che mi hanno riempito di enorme soddisfazione. Un paio di anni dopo il racconto è finito tra le mani di una persona che dopo averlo letto mi ha quasi “obbligato” a trasformarlo in un romanzo tanto era stato colpito dalla trama. Oggi quella persona non c'è più ma posso dire senza tema di smentita che era altamente titolato ad esprimere pareri e giudizi in materia di romanzi e racconti. Per questo motivo, subito dopo il terribile terremoto del 2009 che ha colpito la mia città, ancora lontano dalla mia casa e senza un'idea precisa di quello che sarebbe accaduto nei mesi a seguire, ho iniziato la trasformazione del racconto in romanzo. Terminato il lavoro questo romanzo è rimasto chiuso in un cassetto fino al 2015. Mia moglie lo ha letto spingendomi a sottoporlo ad un editore. In molti mi hanno risposto positivamente salvo tuttavia richiedere contributi per la pubblicazione. La piattaforma Youcanprint, al contrario, mi ha offerto gratuitamente l'autopubblicazione.

Writer Officina: Ritieni che pubblicare su Amazon KDP possa essere una buona opportunità per uno scrittore emergente?

Luca Marchesani: Non ho motivi per escluderlo anche se non posso esprimere valutazioni legate ad un'esperienza diretta. Ad ogni modo leggo spesso di autori che ne consigliano l'utilizzo. Certamente mi incuriosisce non poco.

Writer Officina: A quale dei tuoi libri sei più affezionato? Puoi raccontarci di cosa tratta?

Luca Marchesani: Ne ho scritti due, quindi devo dire che entrambi mi rendono estremamente orgoglioso. Sono profondamente diversi l'uno dall'altro. “Venere dagli occhi blu” è figlio di un periodo in cui ero immerso nella lettura di thriller, hard boiled, noir e, inevitabilmente, l'onnipresente Stephen King. Risente delle atmosfere dei romanzi che leggevo in quel periodo e di autori quali Joe Lansdale, Sebastian Fitzek o Jeffery Deaver. Senza dimenticare Giorgio Faletti, che nonostante una bibliografia inferiore ritengo un importante autore di narrativa non solo thriller. “Il Viaggiatore notturno”, pubblicato da WritersEditor, è un romanzo che non saprei neppure catalogare all'interno di un genere preciso. La caratteristica principale di quest'ultimo romanzo risiede nel fatto che è stato scritto praticamente di getto ed è stato revisionato davvero pochissimo. Anche questo romanzo è rimasto chiuso in un cassetto per qualche anno. Quando l'ho riletto sono stato proiettato indietro nel tempo e ho avuto la sensazione di rivivere il pessimo periodo personale che faceva da sfondo alla scrittura del libro. Volevo che quella rabbia rimanesse inalterata. E' un romanzo crudo, rabbioso e a tratti altamente disturbante.

Writer Officina: Quale tecnica usi per scrivere? Prepari uno schema iniziale, prendi appunti, oppure scrivi d'istinto?

Luca Marchesani: Per scrivere “Venere dagli occhi blu” avevo quantomeno una traccia scritta, una sorta di corridoio che sapevo per certo di dover percorrere fino alla fine. C'era un racconto breve che dovevo sviluppare quindi mi muovevo con la luce sempre accesa. Ovviamente, per trasformare un racconto in un romanzo occorre aggiungere tanto. Eppure la trama è rimasta quella originale. “Il Viaggiatore notturno” è nato dall'idea di un personaggio, anzi, da un “nome e cognome”. Una volta fatta la mia personale conoscenza con il Sig. Mario Rossi (il protagonista), la storia si è scritta da sola, di getto, in meno di un mese. E il prodotto finale è vicinissimo alla primissima stesura.

Writer Officina: Parlaci del tuo ultimo romanzo, “Il Viaggiatore Notturno”.

Luca Marchesani: Il personaggio principale, che ha un nome assolutamente non casuale, si chiama Mario Rossi. Un giorno riflettevo: quante volte ci siamo imbattuti in Mario Rossi? Tutte le volte in cui abbiamo letto - negli uffici pubblici così come nelle pubblicità in tv – le istruzioni per compilare moduli che presentano dati fittizi a titolo puramente esplicativo, il nominativo prescelto è sempre o quasi Mario Rossi. Quindi questo nome diventa quasi, in un certo senso, il nome di tutti. Sono partito da qui. Volevo che il personaggio fosse anonimo come il suo nome, e che fosse infelice, perdente e soprattutto invisibile agli occhi del mondo. Proprio perché quel nome - Mario Rossi – finisce per diventare il nome di tutti e di nessuno. Sin dal primo capitolo, intitolato "Nomen omen", volevo introdurre l'idea che il destino del protagonista fosse già in qualche modo nascosto nel suo nome di battesimo. Questo lo spunto iniziale. Il resto poi è venuto da sé. Trattandosi di un personaggio infelice ho voluto costruirgli attorno un passato ed un presente altrettanto infelici sotto tutti i punti di vista. Mario ha un passato di sofferenza ed un presente certamente non migliore. La sua vita quotidiana è un disastro perché ha una famiglia che è terribilmente “sbagliata”, un lavoro che non lo gratifica, non ha amici (anche se nel corso della storia alcune amicizie finirà per averle anche lui). Allo stesso tempo, tuttavia, Mario ha in testa un "progetto" folle che intende portare a termine a tutti i costi e che, a conti fatti, ha come obiettivo finale quello di mettere alla prova l'avversario più difficile e da affrontare, ovvero..... Dio in persona.

Writer Officina: In questo periodo stai scrivendo un nuovo libro? È dello stesso genere di quello che hai già pubblicato, oppure un'idea completamente diversa?

Luca Marchesani: Ho terminato la prima stesura un anno fa. Il processo è stato identico a quello relativo a “Il Viaggiatore notturno”. Tutto scritto di getto nell'arco di un paio di mesi. Anche in questo caso non lo saprei definire secondo i canoni di un genere. C'è un po' di horror, c'è humor, parti autobiografiche. In questo caso avevo in testa un tema ben preciso che volevo trattare. E' un argomento altamente drammatico ed anche molto personale. Poi è accaduta una cosa strana: avevo un abbozzo di un altro romanzo, che avevo interrotto qualche tempo prima e che avevo comunque intenzione di riprendere. Qualcosa che apparentemente non aveva nulla a che fare con quello che stavo scrivendo. Però, pur essendo due idee e due storie diverse, le ho praticamente fuse trasformandole in una storia compiuta. Ho fatto un paio di revisioni ma vorrei fermarmi qui. Credo che non serva tornarci troppo sopra con correzioni e riscritture. Non vuol dire certo che sia perfetto, è solo che non voglio essere io a farlo. Se avrò la fortuna di permettermi un editing sarò ben felice di apportare le modifiche migliori. Se lo facessi io la storia perderebbe tutta l'energia presente al momento della creazione. E poi, è una storia profondamente personale e vorrei che mantenesse intatto il sentimento originale.
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