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Giallo come le rose
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In data 23 ottobre 2001, alle ore sette e trenta del mattino, scoprii che proprio io, Bartolo Innocenti, ero sospettato dell'omicidio di mia moglie. Quando lessi la notizia in prima pagina, il quotidiano mi si sfaldò fra le mani madide di sudore. Pagai il caffè e corsi dal mio avvocato. Con veemenza gli spiegai che amavo mia moglie e non l'avrei mai uccisa. Non capivo perché Il Gazzettino ipotizzasse un delitto passionale. Il mio avvocato praticava lo yoga e serafico m'invitò a non preoccuparmi. Non bisogna confondere gli indizi con le prove. Non ero stato formalmente indagato per l'omicidio perché non c'erano prove della mia colpevolezza. Il Gazzettino riportava soltanto un indizio. Qualcuno aveva raccontato che mia moglie mi tradiva, così un giornalista insinuava, fra le righe, che l'avessi uccisa per gelosia. Tuttavia l'avvocato mi ricordò che, nel mio interesse, dovevo collaborare alla scoperta della verità. Quasi fosse alla ricerca di prove schiaccianti della mia innocenza presunta, nell'occasione cominciò a tormentarmi di domande, a bruciapelo. Alzai la voce e con insistenza confermai che avevo già raccontato la verità, sia a lui, sia agli inquirenti. Sempre impassibile, l'avvocato mi spiegò che voleva conoscere altri dettagli perché la verità si nasconde nelle piccole cose. Senza alcuna fretta, iniziai a raccontare daccapo chi era moglie, dalla prima volta che l'avevo vista sino al giorno della sua morte. Correva l'anno 1996. La conobbi alle Casacce, quartiere dell'area metropolitana fitto di palazzi e botteghe, strade trafficate e fabbriche di tessuti. Nel quartiere, costeggiato dalla tangenziale di San Vito, c'erano poco verde e molto grigiume, ma almeno di vista si conoscevano tutti i vicini e ci si fermava ancora a chiacchierare a bottega. In Viale Bugigattoli c'erano quattro tigli rigogliosi, due panchine di ferro tinte di verde e la vecchia pasticceria elegante. Da qualche tempo io ero stato affidato a una sorella di vent'anni, SERENA, con cui condividevo una casa popolare al quarto piano di un palazzo affacciato sulla tangenziale, blocco D. Quelli che chiamavamo blocchi erano quattro palazzi che, l'uno di fronte all'altro, si chiudevano attorno al giardino condominiale, lasciando scoperto solo un quadrato di cielo al centro. Negli appartamenti dei blocchi, sparpagliati qua e là con famiglie più o meno normali, abitavano molti ragazzi della mia età, che diventarono i miei amici. Li conobbi a scuola finché ci andai e continuai a vederli nel giardino al centro dei palazzi. Noi ragazzi delle Casacce ci si trovava proprio lì, nel quadrato d'erba secca, arredato con una panchina di pietra e un tiglio stentato. Non avevamo l'età per la patente ed era uno dei principali motivi per cui la vita non ci sembrava facile. Il primo con cui feci amicizia fu LUCIO, un biondino slavato con la faccia d'angelo e lo sguardo folle, che abitava al piano terra del blocco A. Trascorreva le giornate in giardino a strimpellare la chitarra e offriva da fumare a chi passava. Aveva lasciato la scuola e, in attesa di trovare un lavoro, prendeva lezioni di chitarra. A me insegnò a suonare gratis e mi convinse a comprare a rate la sua chitarra. Con i miei soldi acquistò un basso elettrico, così potevamo suonare insieme. Con i Queen e i Guns N' Roses, diventammo amici. Lucio mi portò al primo piano del suo blocco a conoscere il suo insegnante di chitarra, di professione docente di musica nella scuola media e metallaro nella vita. Tutti lo chiamavano zio Gaetano perché aveva un nipote della nostra età, che non passava certo inosservato. Si faceva chiamare SATOMI come il personaggio di Kiss Me Licia e aveva i capelli viola, appena più corti del Satomi del cartone animato. Per il resto, non gli assomigliava per nulla. Era basso, mingherlino, con le gambe corte e il volto tormentato dai tic. In realtà si chiamava Pellegrino e un cognome lungo quanto il nome. Satomi suonava il basso con lo zio e il batterista Accio, di professione fioraio presso il Cimitero di San Vito. Grazie a un innato talento, Satomi era in grado di accompagnarli con grande disinvoltura nei pezzi metal. Il suo sogno, però, era cantare e suonare grunge con la chitarra elettrica. A Lucio riuscì a vendere il basso donato dallo zio e di nascosto comprò una chitarra. Gaetano e Accio si misero alla ricerca di un altro bassista, ma Satomi fu invitato a trovarsi un lavoro serio. Nell'attesa, stava con noi in giardino, che fu soprannominato Giardino del Fumo. Allora si aggregò ARTURO, che abitava con la madre al blocco C e assomigliava in maniera incredibile a Jim Morrison. Quasi per magia, con il suo arrivo molte ragazze carine entrarono nell'orbita del giardino quadrato. La prima fu una tipa interessante che, senza timore, si avvicinò alla panchina e ci chiese se avevamo della marijuana da vendere. Si faceva chiamare KAYA e, a parte i capelli completamente rasati, era una beatnik stile Janis Joplin, con i jeans a zampa d'elefante e un gilet di broccato variopinto. Il saffy rosa che portava al collo sembrava nuovo di zecca. Gli occhiali da sole rotondi erano firmati. A guardarla bene, era una hippie di lusso. La invitammo a fumare e Kaya ci raccontò che si era trasferita nell'appartamento al nono piano del blocco A, da sola. Appena compiuti i diciotto anni, era diventata una figlia dei fiori che non pensa al domani. Scappava da casa e finiva in strane situazioni. I genitori, noti industriali del settore tessile, avevano accettato di pagarle l'affitto, purché Kaya tornasse in sé e si diplomasse al liceo. Infatti, Kaya non scappava più. Si trovava bene nel nostro quartiere, nella scuola pubblica, con noi. Dev'essere facile non pensare al domani, se non hai bisogno di lavorare per vivere. Notai subito che Kaya non aveva occhi che per Arturo. A me presentò una punk, che frequentava la sua classe al liceo, e propose di uscire in quattro. Arturo invitò Lucio e Satomi. Non sembrava che avesse intenzione di fare coppia con Kaya, almeno fino al 4 novembre 1996. Quella sera Arturo propose di andare al Parlagio per comprare qualcosa di diverso dal fumo delle Casacce. La mia ragazza era una strana punk, odiava le droghe e rifiutò categoricamente di salire sulla mia Vespa. Non potevamo essere così incoscienti da attraversare i Viali in motorino nella notte buia e tempestosa. Kaya invece era entusiasta dell'idea ed io le offrii un passaggio in Vespa. La punk mi fece una scenata di gelosia e mi augurò che sui Viali si scatenasse una seconda alluvione. Aveva sentito al telegiornale che erano trascorsi trent'anni esatti dall'alluvione di Firenze. Sui Viali cominciò a piovere da tutte le parti, di sotto, di sopra e di traverso. Le ruote della Vespa galleggiavano sul selciato. Kaya mi stringeva tremando per il freddo e cantava a voce alta Piove di Jovanotti. Preoccupato per la nostra vita, feci cenno agli altri di accostare in una piazzola. Lucio non spense il motore della Vespa perché voleva ripartire subito. Dato che pioveva, tanto valeva tornare alle Casacce. Arturo propose addirittura di tornare al Parlagio perché l'erba che avevamo comprato si era bagnata ed era da buttare. Arturo è sempre stato folle, ma mai come a diciassette anni. Siccome volevano tutti ripartire, chiesi la cortesia di portare Kaya per alleggerire la mia Vespa, che non ce la faceva a viaggiare. La maledizione della punk mi aveva colpito più degli altri. La Vespa di Lucio, con Satomi a bordo, procedeva senza problemi sull'acqua. Kaya salì sulla moto di Arturo. Da fanalino di coda, sotto l'acquazzone vedevo che gli stava avvinghiata e posava il capo sulla sua spalla. Lo scroscio del temporale copriva il suono della sua voce, ma sapevo che continuava a cantare Piove. Quando arrivammo alle Casacce, stremati e zuppi d'acqua grigia, Arturo la baciò appassionatamente. Kaya provò un'emozione grande e non dormì tutta la notte pensando a lui. Il giorno dopo Arturo ricordava appena quel bacio. Al Giardino del Fumo si fermò MARY, una morettina con il broncio. |
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Autori di Writer Officina
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Dopo il diploma al liceo classico, mi sono laureata in Discipline dell'Arte, della Musica e dello Spettacolo all'Università di Bologna con una tesi sul cinema di Jean-Luc Godard. Nel frattempo ho iniziato a lavorare nel sociale e ho frequentato il Master in Esperto dell'Immigrazione presso l'Università di Pisa. Non ho mai abbandonato la passione per la scrittura e ho partecipato a vari concorsi letterari per racconti, risultando finalista. In seguito alla partecipazione al Premio Nabokov 2021, ho ricevuto una proposta editoriale per il mio primo romanzo, Giallo come le rose, pubblicato nel 2022. Nel 2023 ho pubblicato la raccolta Favole senza morale, che comprende fra gli altri i racconti premiati dai concorsi. Nel gennaio 2026 pubblicherò il romanzo Ragazzi con l'aureola per Les Flaneurs.
Writer Officina: Qual è stato il momento in cui ti sei accorta di aver sviluppato la passione per la letteratura?
Costanza F.: Io, nella mia vita, ho sempre scritto. Non so come fa la gente a vivere senza scrivere. Ricordo che da bambina, prima di imparare a scrivere, disegnavo fumetti per raccontare storie.
Writer Officina: C'è un libro che, dopo averlo letto, ti ha lasciato addosso la voglia di seguire questa strada?
Costanza F.: No, non c'è un libro in particolare perché la mia passione per la scrittura è innata, come un dono, ma ho capito che volevo diventare una scrittrice leggendo Le piccole virtù. “Il mio mestiere è scrivere”, come per Natalia Ginzburg.
Writer Officina: Dopo aver scritto il tuo primo libro, lo hai proposto a un Editore? E con quali risultati?
Costanza F.: Nel 2019 ho scritto Giallo come le rose e l'ho proposto al Premio Nabokov 2021. Non sono stata selezionata fra i finalisti, ma dopo qualche mese ho ricevuto una proposta editoriale gratuita dalla Elison Publishing per la pubblicazione in cartaceo e e-book.
Writer Officina: Ritieni che pubblicare su Amazon KDP possa essere una buona opportunità per uno scrittore emergente?
Costanza F.: Certamente, ed è un'opportunità che sto valutando per ripubblicare Favole senza morale. Purtroppo il mio romanzo non è più in commercio a causa del fallimento della casa editrice e, quando sono tornata in possesso dei diritti d'autore, l'ho proposto ad altri editori. Ho ricevuto vari rifiuti perché non si tratta di un inedito, pertanto sto valutando la pubblicazione su Amazon. Vorrei che il mio romanzo avesse ancora la possibilità di essere letto, in un modo o nell'altro.
Writer Officina: A quale dei tuoi libri sei più affezionata? Puoi raccontarci di cosa tratta?
Costanza F.: Non si può scegliere il preferito fra i propri figli! Il primogenito è Giallo come le rose, un noir sperimentale ambientato nei primi anni Duemila. Bartolo è un giovane operaio delle Casacce, un quartiere popolare alla periferia industriale di Vico, cittadina fittizia della provincia toscana. Sospettato di aver ucciso la moglie per gelosia, per discolparsi Bartolo racconta la sua storia a un avvocato, ma omette il nome della moglie. L'indagine sul delitto si perde nella narrazione degli intrecci amorosi fra le coppie di amici della comitiva delle Casacce, finché non si scopre chi era la moglie. Molti amici di Bartolo si rivelano allora dotati di un movente per l'omicidio e prendono la parola per raccontarsi in prima persona, fornendo indizi utili all'indagine. I sospetti di tutti ricadono su Monica, la ex fidanzata di Bartolo, che lo aiuta invece a scoprire il vero assassino e a trovare pace nell'arte, perché “al mondo non c'è nulla di tanto brutto da non potersi trasformare in una bella storia, in una canzone, in un'immagine, ed è così che l'arte ci salva la vita”. Il diario di Monica svela i retroscena dell'omicidio e conferma che il movente è la gelosia. Il mio secondogenito, Favole senza morale, è un romanzo a episodi ambientato nello stesso quartiere. Bambine infelici, adolescenti ribelli, ragazze alla ricerca di un posto nel mondo abitano nei blocchi, i palazzi delle Casacce, fra gli anni Novanta e il ventennio seguente. La marginalità e il disagio sociale del quartiere sono parte integrante della loro identità, ma le protagoniste lottano, ognuna a suo modo, per diventare altre e dare vita ai propri sogni. La realtà si confonde con le loro fantasie e il quartiere si popola dei personaggi delle favole: una fata alcolista, mostri adolescenti, un principe azzurro sui generis, un orco pedofilo, matrigne, sorellastre e streghe cattive d'ogni età. Eppure, tranne rare eccezioni, le loro storie non hanno morale perché non sono in grado d'insegnare nulla e si limitano a raccontare com'è difficile crescere. Il terzogenito, Ragazzi con l'aureola, è un romanzo di formazione che racconta la storia di un gruppo di studenti serial killer, e sarà pubblicato da Les Flaneurs nel gennaio 2026.
Writer Officina: Quale tecnica usi per scrivere? Prepari uno schema iniziale, prendi appunti, oppure scrivi d'istinto?
Costanza F.: D'istinto prendo appunti su pensieri e sensazioni e tengo quotidianamente un diario, ma credo che per raccontare una bella storia sia necessaria la tecnica. Nel 2023 ho partecipato al concorso letterario Romanzi con le ali, organizzato da Concorsiletterari.net, con il mio romanzo incompleto Ragazzi con l'aureola e sono stata selezionata per frequentare un corso di scrittura creativa. Con il supporto della editor Valentina Alfarano, ho completato il romanzo e ho imparato a strutturare una storia. Prima di scrivere cerco di progettare, ma nelle mie storie inserisco gli appunti presi d'istinto e brani del mio diario quando ho bisogno di mostrare l'interiorità dei miei personaggi.
Writer Officina: In questo periodo stai scrivendo un nuovo libro? È dello stesso genere di quello che hai già pubblicato, oppure un'idea completamente diversa?
Costanza F.: Ho rivisto le mie Favole e in questo periodo sto cercando un nuovo editore. Ho finito l'editing di di Ragazzi con l'aureola e attendo la pubblicazione. Eppure non riesco a smettere di scrivere e, nel tempo libero, mi dedico a un nuovo romanzo di formazione a tinte noir, che in parte riprende l'atmosfera perturbante di Ragazzi con l'aureola. Non ho ancora deciso se il titolo sarà Diari di una scrittrice da tre soldi o Perle ai porci
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