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Autore: Roberta Mezzabarba
Titolo: Le confessioni di una concubina
Genere Romanzo
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Le confessioni di una concubina
Non sono altro.
Null'altro che la concubina dei miei dolori, delle mie insoddisfazioni, delle mie frustrazioni, dei miei bisogni puntualmente disattesi, ignorati, calpestati, vilipesi, disprezzati, messi al rogo.
Sono io, schernita, denudata di ogni dignità, inginocchiata sull'altare dei voleri altrui.
Costretta.
Forzata a rientrare in spazi angusti che male si adattano alla mia voglia di libertà.
Alla fine di ogni giornata resta solo una penetrante sensazione di vuoto dentro, quasi mi avessero rubato le viscere.
E sperare di avere ancora voglia di scappare e non ascoltare più nulla, dimenticare questo tormento che non mi abbandona mai.
La notte sogno a occhi aperti di essere capace di liberarmi dai lacci che mi sono lasciata annodare addosso, e riuscire a farne a meno. Riuscire a fare a meno di quel poco che elemosinando riesco vergognosamente a ottenere.
La mia è una vita a senso unico, la dicotomia tra il dare e il ricevere, fra lo struggente desiderio di vivere e l'esistenza che si consuma istante dopo istante, nel tentativo vano di riavere indietro la mia vita, come la desideravo.
E nessuna risposta dal vuoto pieno di gente che mi circonda.
Così ho imparato a rifugiarmi nell'universo solitario di giornate sbiadite.
Ogni volta lo capivo troppo tardi, e intrappolata prendevo coscienza del ruolo che avrei dovuto impersonare in quel momento della mia vita, in quella situazione, mentre di notte i pensieri si mischiavano ai sogni, e i sogni ai ricordi.
Con il tempo ho imparato a lasciare appeso a una gruccia dell'armadio l'IO che avrei voluto essere e la mia vita proseguiva inesorabile, nel tentativo mai attuato di sfuggire dall'inadeguatezza cui nessuno aveva mai posto rimedio.

Da bambina ho sempre avuto un timore quasi reverenziale del giudizio della mia famiglia, dei miei genitori.
Proseguivo a passi incerti nella mia vita con un occhio sempre puntato alle reazioni che suscitavano le mie azioni. Mai una volta è stato necessario che mi dicessero cosa avrebbero gradito che io facessi, quale scelta operassi, quale decisione prendere.
Uno sguardo.
Bastava quello per eseguire, inconsciamente, ogni loro volere.
Magari avrei potuto fare delle scelte diverse, ma questa sensazione non è mai uscita dall'anticamera dei miei pensieri, quindi non esisteva nella mia testa.
Volevo solo compiacere, eseguire, anche perché solo quello sapevo fare.
Senza rendermene conto, in quei giorni, la piccola concubina ha preso forma ed ha iniziato a muovere i suoi primi passi.
Ricordo che amavo follemente le lezioni di musica che prendevo da un anziano direttore d'orchestra che, dopo la pensione, si era stabilito poco distante da casa dei miei genitori.
Aspettavo con ansia il giovedì pomeriggio, giorno in cui mi recavo a casa del maestro: lui mi accoglieva nel salotto e mi dava lezioni di musica, facendomi esercitare con il suo pianoforte.
Un giorno, al ritorno da scuola, mentre stavamo tutti riuniti intorno alla tavola e mia sorella Silvia faceva un baccano incredibile sul seggiolone con mestoli e coperchi, mia madre mi sorrise e mi disse: - Misia, io e tuo padre abbiamo deciso che non andrai più a lezione di musica, ma dalla settimana prossima frequenterai le lezioni di ginnastica artistica alla palestra comunale. Non è normale che tutte le tue coetanee frequentano quelle lezioni, mentre tu, con la tua musica, ti chiudi sempre più! -
Fu un fulmine a ciel sereno. Nulla mi aveva lasciato presagire quel cambiamento repentino, ma seppure con dispiacere accettai la decisione della mia famiglia senza proferire verbo.
Non ero dotata per l'attività fisica, tanto che l'insegnante mi lasciava sempre per ultima, e a volte trascurava di farmi fare gli esercizi, che faceva eseguire a tutte le altre.
Non ho mai avuto la sensazione di essere costretta a comportarmi in un certo modo, credo di aver fatto tutto con estrema leggerezza, guidata dalla fidata mano di chi mi aveva messo al mondo.
Se è giusto seguire i dettami sociali e di comportamento imposti dalla famiglia in cui si cresce, è altrettanto giusto porsi delle domande, interrogarsi con tutti i “se” e con tutti i “ma” che ronzano nella nostra testa.
Ma io non ne avevo, tanto cieca era la fiducia nelle mani che mi conducevano.
Guida sapiente che pretende senza chiedere, che ottiene senza domandare, che si appropria senza ringraziare.
Quella volta ad esempio avrei potuto dire alla mia famiglia che avrei voluto continuare con le lezioni di musica, ma non avevo dimestichezza a pensare cose in autonomia.
Mi sembrava tutto così normale, ripensandoci, che se mi trovavo a dover prendere una decisione in assenza di consanguinei a portata di sguardo mettevo il mondo in pausa e
cercavo consiglio.
Consigli, la cosa più stupida e superba che si possa chiedere e pretendere di dare.
Mia nonna diceva: - Un conto è morire e un conto è parlar di morte - .
Forse solo lei non ha mai avuto la pretesa di manovrarmi, di plasmarmi ai suoi desideri di sezionarmi in parti per poi tenere quelle gradite e scartare quelle sgradite.
Forse solo con lei, senza rendermene conto, la vera “IO” usciva fuori e si muoveva liberamente ballando a occhi chiusi.
Ricordo che ridevamo a crepapelle per le cose più stupide o che ci commuovevamo guardando, in televisione, i film d'amore che a lei piacevano tanto.
Mi accarezzava i capelli e mi faceva sentire unica al mondo.
Unica... una bellissima sensazione.
La mia adolescenza nacque e sbocciò all'ombra di severe regole.
Non sono mai uscita la sera né ho mai chiesto di poterlo fare.
Mi rifugiavo nella musica e nella lettura, che mi permettevano di evadere da quella che io non vedevo come una prigione, ma che tale era.

* * *

Non ho ricordi sgradevoli da cancellare, più una serie di giornate sbiadite, passate a sognare di vivere una vita da telefilm.
Studiavo per passione e anche per compiacere la mia famiglia che però sembrava non essere mai soddisfatta, credendo forse che in quella maniera mi avrebbe spronato a fare meglio.
Così mi abituai a credere di non essere nulla di speciale. Allo specchio mi guardavo poco, credevo di essere anche un po' bruttina, semplicemente perché mi era stato insegnato dalla vita a non aver fiducia in me stessa, nelle mie potenzialità.
Ripercorrendo le mie giornate a ritroso, mi rendo conto solo adesso che da me ci si aspettava sempre il meglio, che però una volta raggiunto non valeva nemmeno il peso di una menzione, di un complimento, per spostare la meta sempre qualche passo più avanti.
Mi diplomai con il massimo dei voti, e anche questo sembrò una cosa scontata.
I professori spingevano tutti perché io continuassi a studiare ma la mia famiglia non sponsorizzò questa iniziativa, tanto che per me fu scontato cercarmi un lavoro.
Così, dal ridente futuro che immaginavo la sera, leggendo i miei libri, mi ritrovai ad accettare un posto da magazziniere in un supermercato della mia città, e ad avere un ragazzo che non sapevo nemmeno se mi piacesse o meno.
Filippo entrò nella mia vita in un momento in cui tutte le mie coetanee erano fidanzate da tempo, e mia madre faceva in continuazione domande sul perché io ancora non avessi un fidanzato.
Non lo avevo scelto, anzi a dire il vero non lo avevo nemmeno mai preso in considerazione prima, e non avevo confronti da fare.
Un giorno al giardino pubblico, dove ci riunivamo nei pomeriggi d'estate, con le cicale che cantavano la loro nenia, Filippo mi si era proposto e io avevo accettato.
Tornai a casa correndo e, trafelata, trascinai mia nonna nella sua piccola stanza da letto: le raccontai quello che mi era accaduto e lei arrossì sulle guance morbide e mi regalò un sorriso carico di dolcezza.
- Misia, fai attenzione, il mondo non è buono, ma tu sei così cara che ti meriti tutto il bene di questo mondo e che occhi splendenti che hai! -
Allora le domandai: - Come si fa a capire chi è la persona giusta? E soprattutto dove si trova e come? -
Allora lei con pazienza mi raccontò come aveva incontrato il nonno, che io ricordavo appena.
- Non ci conoscevamo, e devo dire, piccola mia, che sono stata molto fortunata a incontrarlo. Ma sono stata anche brava a chinare la testa quando la situazione lo richiedeva e a insegnare a lui a farlo a sua volta. Non c'è, Misia, la persona giusta. Bisogna che due persone diventino giuste l'una per l'altra, assieme - .
Dopo qualche giorno, mia nonna ebbe un ictus che le rapì l'uso della parola, e di buona parte del corpo. Degli amici di mio padre la riportarono a casa con le ginocchia sbucciate e gli occhiali rotti. Aveva avuto un malore ed era caduta nella piazza davanti alla parrocchia.
Mi guardava con occhi enormi, come se tentasse di dirmi qualcosa. Quando eravamo sole, allungavo una mano fra le sbarre del suo lettino e lei me la stringeva forte. Da quel momento iniziai a capire cosa significava sentirsi impotenti e soli.
Avevo mille domande nella testa e il coraggio di porle a nessuno, così non ottenni mai risposte.
Mia nonna se ne andò una mattina di autunno, in silenzio, e le sue risate argentine non risuonarono più fra le mura di casa, lasciando un vuoto incolmabile dentro di me.
La vita mi aveva strappato un pezzo importante, l'unica persona che avesse mai creduto in me, che mi voleva tutta, così come ero.
- Tu sei imperfetta e bellissima - mi diceva mia nonna.
Dal giorno in cui lei morì mi sentii solo imperfetta.
Roberta Mezzabarba
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Roberta Mezzabarba
Se la una bambina timida, con le trecce lunghe sulla schiena, vedesse la donna che sono oggi sverrebbe... di questo sono sicura! La strada per arrivare qui è stata lunga e costellata di buche e insidie: spesso ho dovuto sottostare ai colpi della vita, ma qualche volta ho avuto la meglio. L'arte ha fatto parte, sotto varie forme, di tutta la mia esistenza terrena... il disegno, la musica (esercitata suonando il clarinetto nella banda del mio paese, il pianoforte e le percussioni), la danza e la scrittura hanno sempre accompagnato le mie giornate. Di tutta questa arte, però, la scrittura è rimasta incollata alla mia anima, divenendo con il tempo un gesto vitale quanto il respirare.Divenendo adulta la mia timidezza si è trasformata in consapevolezza, e la cocciutaggine e la decisione di voler arrivare in qualche luogo sconosciuto alla mia anima hanno fatto il resto. Il mio sogno di bambina? Vedere il mio nome su un volume nella vetrina di una libreria.

Writer Officina: Qual è stato il momento in cui ti sei accorta di aver sviluppato la passione per la letteratura?

Roberta Mezzabarba: Nei primi anni delle scuole medie avevo un insegnante di lettere per cui le mie produzioni scritte avevano sempre un giudizio: 6--.
In quel periodo mi accompagnava uno scoraggiamento tale, che avevo quasi creduto di essere "appena sufficiente". Poi il pensionamento di quell'insegnante ha portato nella mia vita una boccata di fiducia, e da allora la mia penna non si è mai più fermata.

Writer OfficinaWriter Officina: C'è un libro che, dopo averlo letto, ti ha lasciato addosso la voglia di seguire questa strada?

Roberta Mezzabarba: Prima di essere una scrittrice sono una lettrice vorace e seriale. Di libri ne ho letti, e ne leggo, veramente tantissimi, e buona parte delle parole che ho letto hanno lasciato un segno indelebile nella mia anima.
Se debbo nominarne uno (ma non me ne vogliano gli altri!) ricordo la lettura del "Signore degli anelli" di Tolkien fatta, all'età di quattordici, in due notti durante le vacanze natalizie... mi suscitò un tale stupore pensare che una persona potesse immaginare tutto quello che era contenuto in quella trilogia, che provai un moto di ammirazione e un pizzico (piccolo piccolo) di invidia.

Writer Officina: Dopo aver scritto il tuo primo libro, lo hai proposto a un Editore? E con quali risultati?

Roberta Mezzabarba: Terminai la scrittura del mio primo romanzo “La lunga ombra di un sogno” alla fine degli anni 90, e con la foga della mia giovane età lo inviai alle grandi case editrici: in quegli anni ancora non era diffuso il fenomeno delle piccole case editrici e dell'autopubblicazione. Le risposte che ricevetti? Un assordante silenzio o la richiesta di denaro. Inconcepibile pagare per pubblicare il mio scritto. Così ho continuato a scrivere (non sono mai riuscita a non farlo...) abbandonando l'idea di vedere realizzato il mio sogno da bambina.
Poi nel 2017 ho inviato il manoscritto di romanzo "La lunga ombra di un sogno" a La Caravella Editrice, e dopo appena un mese hi ricevuto il mio primo contratto editoriale.
Da allora ho pubblicato altri due romanzi sempre con lo stesso editore, "Legàmi" e "Le confessioni di una concubina" uscito da appena un mese.


Writer Officina: Ritieni che pubblicare su Amazon KDP possa essere una buona opportunità per uno scrittore emergente?

Roberta Mezzabarba: Credo fermamente che se una storia è valida non dovrebbe essere il modo di pubblicarla a fare la differenza. L'autopubblicazione (che ho sperimentato personalmente per la pubblicazione delle mie raccolte di poesie e di racconti) è un ottimo mezzo per mettersi in gioco. La pubblicazione fatta attraverso un editore a pagamento (e ce ne sono tanti) non è più onesta di un'autopubblicazione! Sono le storie che fanno la differenza: stando in giuria di alcuni premi letterari nazionali ho letto godibilissimi romanzi autopubblicati e obbrobriosi romanzi editi da case editrici e viceversa.

Writer Officina: A quale dei tuoi libri sei più affezionata? Puoi raccontarci di cosa tratta?

Roberta Mezzabarba: Questa è una domanda veramente perfida... è come chiedere a una madre quale delle sue creature ama di più! In questo periodo sto curando la promozione del mio nuovo romanzo "Le confessioni di una concubina", e tutte le mie attenzioni sono rivolte a questa neonata storia, ma di certo non dimentico gli altri miei scritti!

Writer Officina: Quale tecnica usi per scrivere? Prepari uno schema iniziale, prendi appunti, oppure scrivi d'istinto?

Roberta Mezzabarba: Di norma faccio una scaletta (che poi disattendo puntualmente) cerco di essere “ordinata”. Ma quando arriva il guizzo, quando una nuova storia ti batte sulla spalla e poi scappa via mollo tutto e la rincorro fino ad acciuffarla!

Writer Officina: In questo periodo stai scrivendo un nuovo libro? È dello stesso genere di quello che hai già pubblicato, oppure un'idea completamente diversa?

Roberta Mezzabarba: Sono nel pieno della scrittura del mio quarto romanzo, che sarà un romanzo storico incentrato sulla figura di Giulia Farnese, l'amante di papa Borgia, la donna più bella del 1500. Un genere differente da tutti i miei altri scritti, una sfida che mi sono lanciata, una missione per restituire dignità ad un personaggio parlato e sparlato fin troppo: il romanzo sarà narrato in prima persona, sarà Giulia che si racconterà al lettore.

Writer Officina: La scrittura ha una forte valenza terapeutica. Confermi?

Roberta Mezzabarba: Lo credo fermamente. La scrittura (almeno per me) è catartica, mi purifica interiormente e portandomi a una contemplazione comprensiva e superatrice dei dissidi che si annidano nel mio io interiore.
Questo processo, poi, passa intatto (come un messaggio in codice) a chi lo legge, che può riconoscersi e liberarsi dei grumi di buio che ha nel suo interiore.

Writer Officina: Tutti i tuoi libri sono accompagnati da un trailer. Perché?

Roberta Mezzabarba: Sono convinta che stimolare la cognitività dei fruitori delle mie storie sia un dono per me e per loro.
Un trailer mischia le emozioni che può dare un brano di musica, alle immagini e questo, ne sono convinta, può trasmettere in una manciata di secondi i motivi e le emozioni, il senso e l'essenza, catturando irrimediabilmente. Da un anno poi, realizzo da sola i miei trailer: ho scoperto una vera e propria passione trasformandomi nel videomaker delle mie storie.
Potete vedere tutti i trailer sul mio canale Youtube, digitando il mio nome e cognome.

Writer Officina: I tuoi romanzi sono stati tradotti e pubblicati in lingua spagnola e inglese. Che sensazione ti dà sapere di essere letta in buona parte del mondo?

Roberta Mezzabarba: Ho terminato i sogni che avevo nel cuore e ora mi trovo in una prateria sconfinata: qualsiasi cosa arrivi adesso è un insperato dono della sorte, ma anche della mia testardaggine e del mio impegno costante e instancabile. Ricordo la sensazione che ho provato quando ho avuto la prima copia delle mie storie in una lingua che non è la mia... stupore, meraviglia, gratitudine.
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