|  Alessandro 
        Morbidelli nasce in Ancona il 4 marzo del 1978. Attualmente vive a 
        pochi chilometri dal mare adriatico, nel Comune di Monte San Vito, dove 
        lavora come libero professionista e docente presso Accademia di Belle 
        Arti e Design Poliarte di Ancona. Il suo romanzo d'esordio è "Ogni 
        cosa al posto giusto" (2010, Robin Edizioni), considerato dalla 
        critica il primo romanzo noir ad ambientazione tipicamente marchigiana. 
        Seguono diversi racconti nel tempo pubblicati su magazine e antologie, 
        di alcune è anche curatore, ed esperienze di scrittura teatrale 
        e per la TV. Nel sito ww.sdiario.com di Barbara Garlaschelli pubblica 
        più di cento racconti brevi. Nel 2017 esce "Storia nera 
        di un naso rosso" (Todaro Editore), finalista al Premio giallo 
        al Centro di Rieti e vincitore de L'angolo di Houdini del gruppo LLC (Leggo 
        Letteratura Contemporanea). Nel 2019 esce il racconto lungo "Trenta 
        cani e un bastardo" (Todaro Editore). Nel 2021 partecipa alle 
        prestigiose antologie "La vita invisibile" (Avagliano 
        Editore) e "Delitti di lago 5" (Morellini Editore). Dal 
        2020 è presidente di giuria del Concorso letterario Città 
        di Grottammare per quanto riguarda il racconto breve e direttore artistico 
        del festival Lacrima in Giallo a Morro d'Alba (www.lacrimaingiallo.it). 
  Storia 
        nera di un naso rosso è un noir corale: in un gioco a incastro, 
        le vite di cinque persone si incrociano scatenando una serie di eventi 
        senza possibilità di ritorno. Tutti i personaggi di questo romanzo 
        sono in fuga da qualcosa o da se stessi. Alcuni di loro approdano, poi, 
        da qualche parte, ma tutti sono travolti da quella giostra impazzita che 
        è la vita. Angelo è un medico, ma è anche Willy il 
        clown, per i bambini ricoverati nel suo reparto. E come tutti i clown 
        si nasconde dietro a una maschera. Chi sia in realtà lo raccontano 
        quattro donne che, per motivi diversi, hanno a che fare con lui: vittime 
        e carnefici, personaggi inconsapevoli di uno spettacolo crudele, in bilico 
        tra il bene e il male. Al centro della storia, la morte di un bambino, 
        prima tessera di un fatale effetto domino. Sullo sfondo Milano e la sua 
        periferia, dinamica e colorata luna, dimessa, ma forse più 
        vera, laltra.
  Trenta 
        cani e un Bastardo. Sei un bastardo di vent'anni come ce ne sono tanti, 
        coinvolto nel traffico di droga all'ombra dello stadio e nella guerra 
        tra gang giovanili pronte a scannarsi per uno sguardo di troppo. Ma adesso 
        l'hai fatta grossa e ti cercano. Non puoi far altro che fuggire da Milano. 
        Lasciarti alle spalle una quotidianità vissuta di notte, tra le 
        luci al neon della movida e della violenza. Così arrivi in un mondo 
        nuovo, lontano, immerso nei valori della campagna marchigiana, ma già 
        contaminato da un'umanità depressa e individualista, dove tutto 
        sembra buio e ombra. L'unico spiraglio di luce è quel canile che 
        proprio un vero canile non è, dove trovi occhi come i tuoi, quelli 
        dei trenta cani accuditi dal vecchio Natalino. Eppure anche in questo 
        mondo fatto di cose semplici e di solitudine la violenza tornerà 
        a essere la tua unica, insostituibile compagna. Perché nessuno 
        può mettere un bastardo alla catena e perché, prima o poi, 
        il passato torna sempre a chiedere il conto.
 Abel Wakaam: Ciao Alessandro, dalle belle arti alla scrittura 
        il passo non è così breve come potrebbe apparire, specialmente 
        se si sceglie (o si viene scelti) da un genere particolare come quello 
        dei tuoi libri. Sappiamo tutti da dove siamo partiti, ma hai compreso 
        cosa ti ha portato sin qui? Alessandro Morbidelli: Ciao, Abel. Per prima cosa grazie per avermi 
        voluto ospite nel tuo bellissimo spazio virtuale. È una domanda 
        che necessiterebbe una risposta assai ampia e articolata, questa. Cercherò 
        di essere il più possibile sintetico. Credo che la scrittura perda 
        molta della sua forza evocatrice quando si svincola dallatto artistico. 
        Possono esistere, e ce ne sono, scritture coerenti, rigorose, logiche. 
        Tuttavia, quando incontri una scrittura capace di comunicare sensibilità 
        artistica e visionarietà, hai la possibilità di unesperienza 
        diversa. Non è detto che sia migliore per tutti, di sicuro lo è 
        per me e per il lettore cui mi riferisco. Una delle prime cose che cerco 
        di insegnare ai miei ragazzi dellAccademia di Belle Arti e Design 
        Poliarte di Ancona è trovare il coraggio e la sicurezza di sviluppare 
        una propria voce autoriale, perché di esecutori freddi e metodici 
        ce ne sono tanti, ma solo coloro che sanno esprimere il proprio carattere 
        sanno restituire un grado di coinvolgimento diverso. È lo scontro 
        tra la fredda e dignitosissima civiltà delle macchine, dei moduli 
        Ikea e dei mille romanzi tutti uguali, e quella umanistica, di quegli 
        autori che per certi versi non hanno mai considerato concluso il Rinascimento 
        e si concentrano, più che sulle strutture, sulle dinamiche delluomo 
        in grado di proporre pezzi unici. Il progettista, come lo scrittore, è 
        un demiurgo che può usare argilla arida o materia vitale. In entrambi 
        i casi, deve esserci una solida base da cui partire. Abel Wakaam: Nelle tue storie traspare la considerazione che, 
        pur nel mezzo del dolore, ognuno sia padrone del proprio futuro, purché 
        abbia il coraggio di non arrendersi mai. E deve affrontare questa scelta 
        anche quando la vita lo pone in equilibrio su di una corda tesa tra la 
        nebbia, senza sapere chi o cosa la trattiene ai rispettivi capi. Dove 
        bisogna cercare questa forza e quali sono le certezze e gli appigli davvero 
        sicuri?  Alessandro Morbidelli: Siamo corpi in perenne movimento su dimensioni 
        che trascendono il semplice spazio. Ci muoviamo nel tempo, nelle emozioni, 
        con un occhio rivolto ai segni lasciati dal passato e un altro rivolto 
        alle simulazioni di un futuro tra speranza e fatalità. Non possiamo 
        restare fermi se non vogliamo soccombere: questo è uno dei temi 
        centrali del romanzo che sto scrivendo, e credo che in qualche modo sia 
        sempre stato presente in quello che ho scritto finora. Gli unici appigli 
        che possiamo trovare in realtà li troviamo in noi stessi, nella 
        sicurezza di cui abbiamo fatto tesoro con lesperienza, nella fiducia 
        e nellamore che abbiamo saputo meritarci e che ci hanno mostrato 
        la via da seguire, ma anche nella delusione, nel disincanto, nella consapevolezza 
        che lessere umano è fallibile assai. Con tutto questo materiale 
        bisogna poi costruirsi una scorza: se è ingestibile diventa una 
        pietra tombale, se siamo bravi a sagomarla, invece, una snella corazza. 
 Abel Wakaam: In "Trenta cani e un bastardo" si 
        percepisce il riscatto e la forza che può dare un branco, dove 
        non importa chi sia il capo o il più bastardo, perché di 
        fronte al pericolo si lotta tutti insieme senza gerarchie. Tra gli animali 
        è un concetto istintivo e radicato, mentre tra gli esseri umani 
        questo rapporto si è perso nella notte dei tempi. Dobbiamo rinsaldare 
        i legami di sangue che l'intelletto e la ricerca della spiritualità 
        hanno cancellato dal nostro dna? Alessandro Morbidelli: Io credo che un grandissimo problema di 
        oggi sia proprio questo ossessivo desiderio di far parte di un branco. 
        Perché nel branco si trascende la norma del vivere quotidiano, 
        basta andare allo stadio se lo si vuole vivere in prima persona, o basta 
        contare certe aggressioni mediatiche attraverso i social dove basta che 
        uno dia il via e tutti gli altri, anche senza capire minimamente la questione, 
        aggrappandosi solo alleuforia dellodio, a seguire e a scaricare 
        ognuno la sua dose di rabbia e di frustrazione. In Trenta cani e 
        un bastardo un ragazzo fugge dal suo branco di giovani violenti 
        come lui e trova un nuovo branco di cani, tenuti in un canile, che gli 
        spiegano cose che nella sua vita le persone non erano mai state in grado 
        di fargli capire. Ma il romanzo breve è anche la storia di Natalino, 
        il vecchio custode del canile, che ha sempre considerato gli animali migliori 
        delluomo, finché non si troverà ad avere a che fare 
        con il giovane, un essere umano, un maestro involontario e inatteso. Abel Wakaam: Gli esseri umani hanno sempre e comunque bisogno 
        di compagnia e poco importa di quale natura essa sia. Gli animali sopperiscono 
        spesso a questa mancanza almeno finché, come Natalino, incontriamo 
        qualcuno con cui percorrere un pezzo di strada insieme. Ma a quel punto 
        bisogna imbastire una forma di contatto che metta entrambi sullo stesso 
        piano di necessità. Questa forma di reciproca assistenza è 
        possibile soltanto quando ci si trova seduti sui gradini più bassi 
        della società, oppure può svilupparsi per comunione di intenti? Alessandro Morbidelli: Credo nella comunicazione a prescindere 
        dal ceto sociale o dal contesto. Sono anche convinto che alla base di 
        ogni storia ci sia un personaggio che si trova a comunicare con un altro. 
        Anche quando questo avviene tra una persona e un animale. Io e il mio 
        cane parliamo spesso, ci raccontiamo delle storie bellissime, guardandoci 
        negli occhi. So che il nostro cammino un giorno si dividerà, proprio 
        come dici tu, perché è solo un pezzo di strada insieme. 
        Però sono altrettanto convinto che un animale non sostituirà 
        mai una persona, e parlo di ogni contesto: da quello comunicativo a quello 
        esperienziale. E questo avviene su ogni gradino sociale. Abel Wakaam: Quando cominci a scrivere un storia, la forma di 
        umanità che vuoi trasmettere è già perfettamente 
        chiara nella tua testa, oppure nasce strada facendo dal confronto tra 
        i protagonisti?  Alessandro Morbidelli: Dipende, non credo ci sia una regola prestabilita. 
        Io penso tantissimo, prima di mettermi a scrivere. Lo faccio quando guido, 
        prima di mettermi a dormire, nei momenti in cui non sono assorbito dal 
        lavoro, ogni volta che ne ho la possibilità. Davanti agli occhi 
        ho ogni singolo gesto, ogni singolo pensiero, ogni sfumatura che ne caratterizzi 
        latteggiamento, di ogni singolo personaggio. Spesso cè 
        una musica di sottofondo. Anzi, direi che la musica scrive la storia con 
        me. È un processo lento, a volte stancante, però costruttivo 
        ed esaustivo, che si completa nei dettagli sia prima che durante la scrittura. 
        Succede che avvenga anche dopo, nella rilettura.  Abel Wakaam: Quale consiglio ti senti di dare agli autori emergenti 
        che sognano di trasformare questa meravigliosa passione in un mestiere? Alessandro Morbidelli: Lavorare sodo. Qualsiasi lavoro va bene. 
        Mettere da parte un po di soldini. Comprare libri, tanti libri. 
        Leggerli. |