Writer Officina - Magazine
Amelia Belloni Sonzogni

Amelia Belloni Sonzogni nasce a Milano nel 1956 – l'anno della nevicata della nota canzone e dell'invasione dell'Ungheria. Respira arte e storia dalla spalla di suo padre che, per indurre il sonno nella sua bambina sempre troppo sveglia, percorreva i pochi metri del corridoio di casa, avanti e indietro, mostrandole i quadri appesi alle pareti e raccontandole storie della sua famiglia, racchiuse tra i petali di un giglio che un cane tiene chiuso in una zampa, il cane dello stemma, lo stemma della nonna... La Storia e le storie hanno pervaso il subconscio di Amelia e forse non è stato un caso che prima l'una e poi le altre abbiano costituito l'asse portante del suo lavoro.
Laureata in lettere con una tesi in storia contemporanea, mentre insegna nella scuola media inferiore, prosegue la ricerca intrapresa in ambito universitario. Dopo i primi articoli tratti dalla tesi, si dedica alla stesura di monografie storiche che ricostruiscono vita opere e ambiente storico di personaggi laici e religiosi del mondo ambrosiano, milanese e lombardo tra '800 e '900, e di un club – il Rotary di Milano Centro – libro per il quale riceve dal suo mentore (prof. Giorgio Rumi) una sorta di sigillo di qualità: «Potrebbe anche non scrivere più nulla, dopo questo lavoro».
Invece, Amelia Belloni Sonzogni non può stare senza studiare, interessarsi, scrivere e, quando le vicende della vita la inducono a lasciare l'insegnamento e allontanarsi anche dal mondo accademico, torna al primo amore, tenuto nascosto e protetto da ogni insidia: le storie. Decide di venire allo scoperto, di darsi finalmente quella chance altrove negata, di esprimersi in pienezza, di scrivere in libertà. Pubblicata da Vita e Pensiero, Morcelliana, Franco Angeli, potrebbe bussare a qualche porta ma, forte dell'esperienza acquisita e in considerazione dei capelli ormai bianchi, sceglie di pubblicarsi da sé.

Io ho sempre parlato. Vita di un cane unico con umani normali.
Elena e Riccardo sono una coppia matura, la loro vita insieme è stata sigillata dalla presenza partecipe e vitale di Pedro, individuo nato cane, un familiare. Da quando è morto vivono straziati. Gli accadimenti e i cambiamenti della loro esistenza, spesso dolorosi o grotteschi, ma comuni a molti, girano intorno al vuoto lasciato da Pedro, un vuoto che pare una voragine nella quale sono risucchiati. Cercano consolazione, ma nulla basta, soprattutto a Elena che aveva con il suo cane una specialissima intesa. Prima di vederla soccombere, Riccardo reagisce, a modo suo, con una decisione: un cucciolo. Elena si sente peggio perché ha un cane ma non è il suo cane, lui la capiva, lei lo capiva. Come? Parlando. E non era fantasia o fantascienza, si guardavano, si ascoltavano e si parlavano. Nessuno più come lui? Certo, lui era unico. Il cucciolo è segnato dall’esperienza del canile, è fobico, sembra refrattario a qualsiasi relazione, ma ci vuole pazienza, amore e tempo per guardarsi negli occhi, perché “gli animali non hanno un muso, hanno un volto” (cit. dalla prefazione di R. Mantegazza). E forse tutto si risolverà grazie all’aiuto complice del deus ex machina.

Chiuse le pagine del libro. Dialoghi e racconti.
Due cani, protagonista e comprimario di un libro pubblicato con finalità benefica ("Io ho sempre parlato. Vita di un cane unico con umani normali"), si scambiano pareri e impressioni sulla promozione del libro stesso, nell'intento di aiutare l'autrice, l'umana di entrambi, a venderne più copie per aiutare il canile cui vanno i proventi. Nei dialoghi si confrontano: come nel romanzo precedente, Pedro si manifesta a Giatt, che ha preso il suo posto, e continua a svolgere il ruolo di fratello maggiore, ascolta, aiuta, conforta, suggerisce e insegna. Insieme, seguono vicende e risultati della promozione. Nei racconti, invece, Pedro parla di sé e dei suoi amici. Oltre al legame profondo tra cane e umano, i temi trattati, in forma piacevole ma non per questo meno seria e profonda, riguardano realtà quotidiane di cani fortunati, che vivono sereni accuditi e socializzati, tolti dal canile, anziani accolti finalmente da una famiglia, di cani con caratteri indipendenti, e di vagabondi ma amici fedeli. La lettura di "Io ho sempre parlato. Vita di un cane unico con umani normali" non è indispensabile per la comprensione di questo libro, ma è comunque raccomandata, altrimenti che promozione sarebbe?

Anime animali. Racconti.
Un padre, una figlia e i loro cani – ma non solo – intrecciano affinità profonde. Il padre educa la figlia ad affinare un comune sentire e l'affianca nella costruzione della persona, guidandola nella scoperta di come accarezzare le anime animali. Il senso delle parole, il tono in cui sono pronunciate, l'amore che sgorga, gli insegnamenti impartiti passano attraverso le braccia che, reciproche, stringono e sorreggono. Dieci racconti si snodano così in un percorso circolare lungo l'arco temporale simbolico della vita. Il cerchio si apre con un giovane uomo che svolge il servizio militare, lo accompagna nei momenti della paternità e torna, per chiudersi, ad un giovane uomo in procinto di partire per la guerra. La vita, nel momento in cui termina, trova il modo per rifluire nella vita, con un atto simbolico denso di significati. Uno stile lieve e asciutto racconta, sottotraccia, temi di rilievo: affinità familiari, arrivo e permanenza di un animale in famiglia, vita in simbiosi o abbandono, solitudine o empatia oltre la specie, responsabilità di scelte umane nei confronti degli altri animali e delle loro anime sensibili: perché non è più possibile pensare che ne siano sprovvisti.

Estemporanea. Scritture brevi con quadri d'autore.
"È stato un attimo: per un attimo, ho desiderato possedere un obiettivo fotografico pronto all’uso.
Un I-phone, uno smart-phone? Quello che non possiedo e che detesto? Ma sì, pure quello sarebbe andato bene per provare a fermare l’immagine. Il desiderio è però durato davvero pochissimo, perché ho subito reagito e usato gli occhi della memoria per fermare il ricordo. Poi mi sono detta: «Ho sempre le parole per raccontarlo". Estemporanea sia, dunque.
" Una galleria di immagini da leggere come quadri, una sequenza di scritture che ne traggono spunto per ricordare, riflettere, progettare, in sintonia con la natura, con delicatezza e attenzione. Sono piccoli «carpe diem», poche ma solide e fondanti certezze quotidiane, solo in apparenza “povere”. Scritture brevi ma non brevissime né sintetiche, per raccontare, suggerire, esprimere con compiutezza in modo conciso ma preciso.

Tutta l'estate davanti. Levanto sempre.
Leggerlo è leggersi: è il commento di chi ha letto questo romanzo in anteprima.
E questo è l'intento: riaccendere ricordi ancora vitali per far rivivere un luogo e i suoi abitanti, stanziali e passeggeri; per ricreare l'atmosfera di tempi passati, intensi e rimasti nel cuore di chi, ragazzo degli anni Sessanta e Settanta, trascorreva le vacanze al mare. Protagonista è il luogo, microcosmo osservato attraverso gli occhi di Alice, con i suoi amici che vi erano nati o, come lei, vi erano arrivati dalle città: spensierati, spavaldi, incerti, bambini, adolescenti e poi giovani adulti. Con attitudini e modi disparati, si preparavano per il tuffo di partenza nella vita, tutta da esplorare.
Mentre il tempo va per la sua strada, molti di loro si incontrano ancora quando tornano in questo luogo. E lui, che fatalmente cambia ma che presenze e assenze raccontano nei suoi mutamenti, si mostra orgoglioso con le proprie tipicità: blu di mare e cielo, luci policrome del tramonto, bianche onde di libecciate, profumo di pesto e fiori di campo, sentore di frantoio e focaccia... e poi amicizia, amore, vita. Ma... quando un ricordo ne accende un altro, quando una musica conosciuta riecheggia e riporta tutti indietro nel tempo, sul medesimo spartito, ci si riconosce e ci si ritrova, il luogo "non è più solo quel luogo": diventa archetipo. E, nonostante ogni tempo, il passato dimostra di poter resistere invulnerabile, trasfondersi e svelare scrigni preziosi nei momenti più impensati.

Gli estratti dei suoi romanzi sono presenti in Writer Officina

Intervista

Abel Wakaam: Ciao Amelia, sei la fresca vincitrice del Premio Gold Writer Officina dopo essere risultata seconda al concorso precedente, ti aspettavi questo risultato per "Tutta l'estate davanti"?

Amelia Belloni Sonzogni: Ciao Abel, no. Non me lo aspettavo, esattamente come nella precedente edizione non immaginavo neppure di arrivare tra i finalisti, figuriamoci seconda; figuriamoci prima! È stata, entrambe le volte, una gioia meravigliosa, un risultato che non ho mai dato per scontato nonostante controllassi quasi ogni giorno la classifica provvisoria e vedessi il mio libro sempre in testa. Sarebbe potuto capitare a un altro quanto capitò a me nell'edizione precedente: un balzo all'ultimo minuto et voilà! Sono rimasta invece sul podio e sono felice come una bambina, oltre a essere lieta e soddisfatta per il riconoscimento. Ne approfitto anzi per ringraziare te per l'opportunità che hai dato agli scrittori ribelli di questa biblioteca e a tutti coloro che hanno votato TED, il mio libro. TED è per me un acronimo che ormai quasi vive di vita propria

Abel Wakaam: Dai tuoi libri emerge spesso il grande sentimento che ti lega agli animali e più distintamente ai cani che hai avuto e, non a caso, utilizzi la parola anima per riferirti a loro. Delle royalties ricevute fai dono alle associazioni che si dedicano a rendere migliore la loro vita e riesci a trasmettere il rapporto meraviglioso che hai avuto o hai ancora con loro. La consideri una forma d'amore paragonabile a quella umana?

Amelia Belloni Sonzogni: D'istinto la risposta è sì: quello che mi lega ai miei cani, al mio unico gatto, a tutti i cani e a tutti gli animali è amore. Non saprei come altro definirlo. C'è comprensione reciproca, affinità, comune sentire, cura dell'uno per l'altro. Se preparo la pappa al mio cane, lo porto dal veterinario quando è necessario, mi adopero perché viva felice e cerco di soddisfare ogni suo bisogno osservandolo nel dettaglio per altri più insignificante per notare anomalie e per conoscerlo sempre meglio, lui (ognuno di loro che è stato con me) mi capisce e sa esattamente cosa e come fare per sostenermi, starmi vicino, proteggermi a suo modo, condividere il nostro tempo. È una relazione vera e propria. Non avrei mai potuto esercitare la professione del veterinario, serve troppa lucida razionalità; sarei forse riuscita a diventare una buona professionista cinofila, ma ai tempi la Storia mi ha catturato. Raccontare i miei cani (o gli animali in genere), parlando di loro e facendoli parlare è un modo per averli ancora tutti con me, oltre a essere un mezzo per provare a diffondere una mentalità più attenta e sensibile nei loro confronti, una mentalità che dovrebbe diventare cultura condivisa, patrimonio immateriale, questa sì: renderebbe il mondo un posto migliore, anzi, lo aiuterebbe a sopravvivere. Aiutare almeno economicamente i volontari che si occupano di loro è uno strumento alla mia portata per agire. Tanti poco fanno assai, diceva mia nonna.

Abel Wakaam: E poi, quasi a voler dimostrare il grande attaccamento alla tua città, arriva l'ultimo romanzo che racconta il passato di Levanto, i ricordi e l'apparternenza a una terra che senti prepotentemente tua.

Amelia Belloni Sonzogni: Vero: Levanto è parte di me, come lo è la Liguria: bagnarsi nel suo mare è più bello e confortevole di qualsiasi altro mare e altra acqua io abbia conosciuto, anche più cristallina. Il verde, anzi, i verdi di questi poggi, di questi ulivi, sono casa per me. E ora ne possiedo un pezzettino tutto mio, con un orto. Si tratta di un ambiente che mi ha accolto e nutrito per tutta la vita, nelle estati degli anni che vi ho passato e nelle estati della vita, se consideriamo l'estate una metafora. In TED però non c'è solo Levanto: c'è anche Milano, dove sono nata e vissuta a lungo, dove si è svolta la mia attività professionale, anch'essa ricca di soddisfazioni.

Abel Wakaam: Quanto può essere determinante un luogo vissuto nella stesura di un romanzo?

Amelia Belloni Sonzogni: Nel caso di TED indispensabile: se sono riuscita – e i riscontri ricevuti dai miei concittadini me lo hanno confermato – a rendere appieno un ambiente, un'atmosfera, un'aria speciale che si respirava lì, proprio lì, in quegli anni, in quel momento storico è perché l'ho vissuto in prima persona e intensamente. L'ho reso riconoscibile a chi lo ha vissuto come me, nello stesso periodo, e ancora lo vive; spero di averlo raccontato e anche un po' svelato a chi non lo conosce. E quel luogo particolare può risultare evocativo di altri luoghi: tutti quelli di chi legge e si confronta, perché ognuno ha quel luogo che - come dice Tabucchi che ho citato in esergo - si porta dentro, nel quale arriva un giorno per caso, come è capitato ad Alice, la voce narrante di TED.

Abel Wakaam: La differenza di scrittura tra i libri del passato e le storie del presente riflette anche un cambio di vita?

Amelia Belloni Sonzogni: Sì, posso dire davvero che la mia vita è cambiata radicalmente. È accaduto tutto nel nuovo millennio, in concomitanza con significativi eventi della vita privata. Per parlarne, utilizzo spesso un'immagine che racconta e spiega al contempo: è come se, seduta davanti alla mia cattedra, ricolma di tutti gli strumenti del mestiere, mi fossi resa conto della necessità di un atto ribelle; così, con entrambe le mani sotto al pianale, ho radunato le forze e mi sono alzata mandando tutto all'aria. Ho ribaltato la cattedra. Non è stato semplice e neppure indolore, ma necessario per vivere in pienezza, forse per realizzarmi davvero. Non rinnego nulla di ciò che è stato, anzi: sono molto orgogliosa dei miei “libri del passato”. Il passato è un tempo che amo, che ho studiato e studio ancora. Quei libri sono il frutto del mio lavoro di storico e so quanto mi sono costati; sono saggi, monografie, biografie storiche, un genere che mi ha coinvolto moltissimo sia per la fase della stesura, del racconto della vita degli altri, sia per la fase preparatoria della raccolta dei documenti: ricerca d'archivio minuziosa, interviste a testimoni dell'epoca ove possibile, lettura della bibliografia in argomento, una sorta di indagine, di inchiesta, un lavoro che richiede accuratezza e sensibilità. E questi miei libri del passato sono una specie di imprinting perché la ricostruzione del contesto, dell'epoca, del passato è qualcosa da cui non riesco né voglio prescindere. Mi caratterizza, è una specie di linea dinastica da ripercorrere. Anche le storie del presente mi rappresentano: sono io ora, prodotto di passato e presente.

Abel Wakaam: Ed eccoci all'ultima domanda. Dopo aver vinto il Premio Writer Gold Officina, hai già un nuovo libro in cantiere?

Amelia Belloni Sonzogni: È lì che aspetta: sedimenta piano e ha bisogno di cura e ricerca; non so quando prenderà forma, è ancora tutto in testa per il momento e cambia di continuo, mentre seleziono letture e raduno materiale. Gli serve più tempo di quanto pensassi, ma non smetto comunque di scrivere altro. In questi ultimi tempi, seguo il progetto di un documentario a puntate [Storie di canili] del quale condivido l'idea guida di raccontare come, anche in un luogo considerato per assioma orribile (e tale è purtroppo in tante realtà venute alla ribalta con inchieste documentate), si possa svolgere un'azione umana che curi e conforti gli animali bisognosi. Dedico ad ogni puntata una delle mie “note a margine”, brevi articoli raccolti nel blog omonimo che è poi una pagina del mio sito. L'intento è quello di contribuire nel mio piccolo alla diffusione di un atteggiamento diverso nei confronti degli animali, che li consideri nostri pari nel rispetto delle reciproche caratteristiche. E legato a questo ho in progetto un altro libro con i miei cani ancora al centro della vicenda. Scrivo inoltre racconti [radunati nella pagina dedicata del mio sito] pubblicati per qualche tempo sulla rivista on line Generazione Over60 e da un anno a questa parte su La Rivista Intelligente, un magazine on line diretto da Giovanna Nuvoletti. Anche loro mi hanno regalato non poche soddisfazioni.

Abel Wakaam
© Writer Officina
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