|  
        Maurizio de Giovanni (Napoli, 1958) ha raggiunto la fama con i romanzi che 
        hanno come protagonista il commissario Ricciardi, attivo nella 
        Napoli degli anni Trenta. Su questo personaggio si incentrano Il senso 
        del dolore, La condanna del sangue, Il posto di ognuno, 
        Il giorno dei morti, Per mano mia, Vipera (Premio 
        Viareggio, Premio Camaiore), In fondo al tuo cuore, Anime di 
        vetro, Serenata senza nome, Rondini d'inverno, Il 
        purgatorio dell'angelo e Il pianto dell'alba (tutti pubblicati 
        da Einaudi Stile Libero). Dopo Il metodo del Coccodrillo (Mondadori 
        2012; Einaudi Stile Libero 2016; Premio Scerbanenco), con I Bastardi 
        di Pizzofalcone (2013) ha dato inizio a un nuovo ciclo contemporaneo 
        (sempre pubblicato da Einaudi Stile Libero e diventato una serie Tv per 
        Rai 1), continuato con Buio, Gelo, Cuccioli, Pane, 
        Souvenir, Vuoto, Nozze e Fiori, che segue le vicende 
        di una squadra investigativa partenopea. Ha partecipato, con Giancarlo 
        De Cataldo, Diego De Silva e Carlo Lucarelli, all'antologia Giochi 
        criminali (2014). Per Rizzoli sono usciti Il resto della settimana 
        (2015), I Guardiani (2017), Sara al tramonto (2018), 
        Le parole di Sara (2019) e Una lettera per Sara (2020). Per 
        Sellerio, Dodici rose a Settembre (2019); per Solferino, Il 
        concerto dei destini fragili (2020). Con Cristina Cassar Scalia e 
        Giancarlo De Cataldo ha scritto il romanzo a sei mani Tre passi per 
        un delitto (Einaudi Stile Libero 2020). Sempre per Einaudi Stile Libero, 
        ha pubblicato Troppo freddo per Settembre (2020). I libri di Maurizio de Giovanni sono tradotti in tutto il mondo. Molto legato alla squadra 
        di calcio della sua città, di cui è visceralmente tifoso, 
        de Giovanni è anche autore di opere teatrali. Il suo ultimo romanzo 
        è Fiori per i Bastardi di Pizzofalcone. 
       Anche 
        le vite allapparenza più piene possono nascondere un vuoto 
        incolmabile. Ed è in questo vuoto che devono affacciarsi i Bastardi.Uninsegnante 
        di liceo scompare nel nulla e i Bastardi di Pizzofalcone, che a dispetto 
        dei tanti nemici interni al corpo di polizia sono ormai una delle migliori 
        squadre investigative della città, hanno il compito di ritrovarla. 
        O almeno di ritrovare il suo corpo. Nella completa assenza di indizi, 
        Lojacono e i suoi colleghi saranno costretti a indagare negli angoli oscuri 
        di esistenze che sembrano del tutto normali, portando alla luce, infine, 
        le ragioni di un odio mortale. 
       Tutto 
        il dolore del mondo, è questo che la vita ha riservato a Ricciardi. 
        Almeno fino a un anno fa. Poi, a dispetto del buonsenso e delle paure, 
        un pezzo di felicità lo ha preso al volo pure lui. Solo che il 
        destino non prevede sconti per chi è condannato dalla nascita a 
        dare compassione ricevendo in cambio sofferenza, e non è dunque 
        su un omicidio qualsiasi che il commissario si trova a indagare nel torrido 
        luglio del 1934. Il morto è l'uomo che per poco non gli ha tolto 
        la speranza di un futuro; il principale sospettato, una donna che lo ha 
        desiderato, e lo desidera ancora, con passione inesauribile. Così, 
        prima di scoprire in modo definitivo se davanti a sé, ad attenderlo, 
        c'è una notte perenne o se ogni giorno arriverà l'alba con 
        le sue promesse, deve ancora una volta, più che mai, affrontare 
        il male. E tentare di ricomporre, per quanto è possibile, ciò 
        che altri hanno spezzato. Con un colpo di scena struggente il commissario 
        Ricciardi chiude il suo ciclo. 
       Una 
        giovane bellissima, che lavora nel mondo dell'arte, viene uccisa nel proprio 
        appartamento a Roma. Tre personaggi coinvolti per ragioni diverse nell'omicidio 
        forniscono la loro interpretazione dei fatti. Chi nasconde la verità. 
        Chi la manipola. Chi sembra non curarsene. Il commissario Davide Brandi 
        è un poliziotto molto abile, e molto ambizioso. E lui che conduce 
        le indagini. A dargli la parola è Giancarlo De Cataldo. Marco Valerio 
        Guerra è l'amante della vittima. Un uomo d'affari ricchissimo, 
        potente, odiato. A dargli la parola è Maurizio de Giovanni. Anna 
        Carla Santucci è la moglie di Guerra. Scoprire il tradimento del 
        marito non l'ha stupita affatto. A darle la parola è Cristina Cassar 
        Scalia. Le loro versioni non concordano. Ma tutte rappresentano un piccolo 
        passo per arrivare alla soluzione del caso. 
       Cacciarsi 
        nei guai, poi, quando tutto sembra perduto, risolvere la situazione con 
        un colpo di genio e una buona dose di follia: non fa altro Gelsomina Settembre, 
        detta Mina, tanto coscienziosa quanto incantevole - e suo malgrado provocante 
        - assistente sociale presso il Consultorio Quartieri Spagnoli Ovest (per 
        inciso, del Consultorio Est non c'è traccia). Sempre per una buona 
        causa, però, per correre in aiuto di chi è stato meno fortunato 
        di lei, cresciuta fra gli agi dell'alta borghesia, senza problemi a parte 
        una madre e un fisico «ingombranti». Poco importa se, come 
        accade in questo freddo gennaio, ciò significa mettersi contro 
        una famiglia dal nome pesante, di quelle che nei vicoli della città 
        vecchia decidono ogni cosa. Mina non si tira indietro, anzi, trascina 
        con sé - in una missione di soccorso che corre parallela alle indagini 
        della magistratura, condotte da una sua vecchia conoscenza - le amiche 
        più care. E due uomini resi temerari solo dall'adorazione che hanno 
        per lei. 
       E 
        una splendida mattina di primavera, la città è illuminata 
        da una luce perfetta, nell'aria l'odore del mare si mescola al profumo 
        del glicine, della ginestra, dell'anemone. Della rosa. Come può 
        venire in mente di uccidere qualcuno in un giorno come questo, in un posto 
        come questo? Savio Niola, proprietario di uno storico chiosco di fiori, 
        è stato ammazzato. Un delitto che sconvolge Pizzofalcone, perché 
        l'anziano era amato da tutti nel quartiere. Lo consideravano una specie 
        di «nonno civico», che non avendo una famiglia propria si 
        prodigava per quelle degli altri. Aiutava i giovani spingendoli a studiare, 
        cercando di tenerli lontani da strade senza ritorno; chiunque si rivolgesse 
        a lui poteva contare su una parola gentile, su un po' di attenzione, se 
        necessario su un sostegno materiale. Eppure è stato letteralmente 
        massacrato. Chi può avere tanto odio, tanta rabbia in corpo da 
        compiere un gesto simile? Poco tempo prima l'uomo si era esposto contro 
        il racket che taglieggia i commercianti della zona, ma la pista della 
        criminalità organizzata non convince i Bastardi, ancora una volta 
        alle prese con un caso difficile da cui, forse, dipendono le sorti del 
        commissariato. Un commissariato che, per loro, è ormai molto più 
        di un luogo di lavoro. Come per Savio era il suo chiosco. 
      Abel Wakaam: Il tuo successo è strattemente legato alla 
        saga de I bastardi di Pizzofalcone, e probabilmente, quando sei 
        seduto a tavola, ti trovi a versare un bicchiere di buon vino anche al 
        commissario Ricciardi. Quanto può essere profondo il legame 
        di uno scrittore col personaggio che gli ha dato notorietà?  
      Maurizio de Giovanni: Non credo che il successo di uno scrittore 
        sia legato a uno o più personaggi, quanto alle storie che racconta 
        e al modo di raccontarle. Ricciardi, i Bastardi, Sara, Mina sono veicoli 
        coi quali percorro il territorio del racconto, e sono così profondamente 
        diversi luno dallaltro (e a volte cambiano anche loro di romanzo 
        in romanzo) che non avrebbe davvero senso legare alle caratteristiche 
        del singolo il gradimento dei lettori. Quello che posso dire è 
        che li amo moltissimo, e devo farlo altrimenti non riuscirei a raccontarne 
        ogni sfumatura. Quanto alla notorietà, ho cominciato a scrivere 
        a quasi cinquantanni e vivevo benissimo anche prima: posso garantire 
        che non è quel tipo di attenzione che mi gratifica paticolarmente. 
      Abel Wakaam: Da I Bastardi di Pizzofalcone : "Lo 
        sai, le donne prendono un uomo perché lo scelgono fra tutti. Vedono 
        i difetti, e pensano di poterli cambiare, però gli uomini non cambiano; 
        e gli uomini prendono una donna augurandosi che non cambi mai, e invece 
        le donne cambiano sempre". Quanto sono decisive le donne nelle 
        tue trame e quanto il loro volere può cambiare l'intera storia? 
      Maurizio de Giovanni: Raccontando essenzialmente di delitti passionali, 
        le donne sono un elemento assolutamente centrale di ogni mia storia. La 
        loro complessità, la natura razionale e istintiva allo stesso tempo, 
        la delicatezza e la fragilità sono argomenti imprescindibili dei 
        miei romanzi, e più in generale della mia scrittura. Posso insomma 
        immaginare di scrivere una storia che non abbia uomini, ma non una senza 
        le donne. 
      Abel Wakaam: Ciò che si evince dalle tue storie è 
        la differenza sostanziale con altri scrittori del tuo stesso genere, speciamente 
        con quelli "nordici" che, come Ed McBain, sembrano seguire un 
        filone prestabilito. È la tua indole partenopea a creare questa 
        sorta di originalità? 
      Maurizio de Giovanni: Non so se centri la città, 
        che pure ha un ruolo fondamentale in tutte le mie storie e non si limita 
        mai a fare da ambientazione. Posso dirti che non pianifico mai al di là 
        del romanzo che sto scrivendo, non getto le basi di futuri sviluppi. Mi 
        piace che le cosiddette linee orizzontali, il cammino cioè dei 
        personaggi che compaiono in più romanzi della stessa serie, vadano 
        avanti secondo un percorso naturale, non alterato da programmazioni costrittive. 
        Ho chiuso la serie di Ricciardi, per esempio, non perché mi fossi 
        stancato di raccontare quel personaggio che amo moltissimo, né 
        per stanchezza dei lettori (che quotidianamente mi scrivono di riprendere 
        a raccontarlo), né tantomeno per volontà delleditore 
        che invece mi pressa tuttora per averne ancora, ma solo per rispetto al 
        personaggio la cui storia era giunta a uno snodo narrativo di quel tipo 
      Abel Wakaam: Ho come l'impressione che i tuoi personaggi non siano 
        creati "a tavolino", ma sembrano scaturiti da una sorta di rapporto 
        conflittuale con la realtà oggettiva. Hai mai avuto l'impressione 
        che "vengano a te" per la necessità di emergere da un 
        limbo e dare voce a una trama? 
      Maurizio de Giovanni: È esattamente così. Io mi 
        limito a essere creativo nel primo passaggio, quando scelgo i pezzi con 
        cui voglio giocare, li modello e li dispongo sulla scacchiera. Da lì 
        in poi li lascio pienamente autonomi di muoversi secondo le linee che 
        scelgono, e sono io a seguirne le traiettorie. I personaggi, ne sono convinto, 
        esistono realmente da qualche parte. Lo scrittore è solo il fortunato 
        possessore di una finestra su quel mondo. 
        
      Abel Wakaam: Dal tuo modo di scrivere emerge la consapevolezza 
        che tu abbia un rapporto più profondo con loro. È come se 
        non riuscissi a staccarti dagli eventi, seguendoli passo per passo nella 
        loro vita di tutti i giorni, nella felicità oppure nel dolore. 
        Potrai mai abbandonarli per andare oltre? 
      Maurizio de Giovanni: Io amo tutti i miei personaggi, come un 
        padre ama i figli. Li segue nella vita e per quanto possibile li sostiene 
        e li protegge, ma deve anche rispettarne lautonomia decisionale. 
        Se decidono di lasciarmi e non mi raccontano più di se stessi, 
        non sarà linteresse commerciale a farmi cercare ugualmente 
        di seguirne le storie. Un personaggio non è un bancomat, ma è 
        vivo e va rispettato. I figli non si abbandonano, ma possono abbandonarti. 
        È la vita, ed è giusto così. 
      Abel Wakaam: La tua capacità di tessere trame è 
        stata riconosciuta, oltre che dal successo popolare dei tuoi libri, anche 
        dall'interesse della TV. Che effetto ti ha fatto veder tradotte in immagini 
        le tue storie in una fiction?  
      Maurizio de Giovanni: Sono linguaggi diversi. Nella scrittura 
        di un romanzo lautore è unico e completamente autonomo, lattività 
        di editing si svolge allinterno dei confini della storia e può 
        essere più o meno rispettosa o accettabile, ma è comunque 
        un supporto. Nella traduzione per immagini, TV, cinema ma anche teatro 
        o fumetto, subentrano altre professionalità alle quali va lasciata 
        autonomia creativa, registi, attori, disegnatori, scenografi, direttori 
        della fotografia. Lautore della storia deve fare un passo indietro 
        e consentire a queste figure di fare al meglio il proprio lavoro, ma inevitabilmente 
        il prodotto finale sarà più lontano dalla storia originale. 
      Abel Wakaam: Con Giancarlo De Cataldo e Cristina Cassar Scalia 
        hai dato vita a Tre passi per un delitto, un libro a sei mani in 
        cui ognuno di voi interpreta un personaggio. Quanto è complicato, 
        non tanto scrivere a sei mani, ma con tre teste? 
      Maurizio de Giovanni: Se si ha la fortuna di poter lavorare con 
        due amici di immenso valore, come è successo al sottoscritto, non 
        solo non è complicato, ma risulta immensamente piacevole e divertente. 
        E stata unesperienza fantastica, come vivere la realtà 
        vera in cui un personaggio interagisce con altri autonomi e imprevedibili. 
        Spero di poter rivivere questa situazione, magari proprio con Cristina 
        e Giancarlo che sono due fantastici scrittori, e ai quali voglio molto 
        bene. 
      Abel Wakaam: Cosa ti senti di dire agli autori esordienti che 
        si avvicinano adesso all'arte creativa della scrittura? 
      Maurizio de Giovanni: Sempre le stesse due cose, gli ingredienti 
        fondamentali e imprescindibili di cui non si può pensare di fare 
        a meno. Leggere, famelicamente ogni storia, per farsi lorecchio 
        e abituarsi alla parola scritta; e avere una storia bella da raccontare. 
        Non sai in quanti prima decidono di scrivere e poi si cercano una storia: 
        è il processo sbagliato, destinato a un inevitabile fallimento. 
                           |