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Autore: Francesco La Tessa
Reverenda Madre
Thriller Satira
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Reverenda Madre
Il disegno.

Marius e il suo amico si soffermano sul disegno che Marius
aveva fatto ingigantire per poterlo fissare su di una parete del suo lussuosissimo loft e sottoporlo all'attenzione del suo amico critico d'arte.
– Lo capisci? Che ne diresti dovendo fargli una recensione? Che ti suggerisce?
Ostentando interesse e mostrando estrema concentrazione, si sofferma sul disegno e ci pensa per un minuto. Continua ad osservare incuriosito. Poi il definitivo responso.
– La ragazza compiaciuta e compiacente che, senza fretta e con una vaga e misteriosa malinconia, dalla quale è felice di fuggire, chiedendosi se ne sia valsa la pena, ma consapevole che in fondo per qualche motivo la risposta è sì, accenna ad un gesto che avrebbe il fine di rimuovere lo sperma dagli occhi e non solo dagli occhi, ma che è sempre più lento, perché infondo, da un lato, ciò che è accaduto, sembrerebbe averla infastidita, ma dall'altro, quello vero, le piace che tutto quello sperma sia ancora lì. Ed è con tristezza che affronta il futuro imminente della rimozione...Poiché quella è la prova più inequivocabile, più di quanto non lo sarebbe un parto, di ciò che ha creato e della sua inclinazione particolare. Quella capacità innata di regalare il massimo del godimento a chi ama davvero, fino a desiderarne l'esplosione sul suo stesso viso. È la prova che trasforma in un'artista lei...e il dipinto è la prova che trasforma in un artista te...
Pausa
– Presumo...
La villa di Marius. Classica all'esterno, arricchita di fronzoli, capitelli, e più simile ad un castello in alcune zone che ad una casa, ed iper- tecnologica all'interno, decorata da tratti design ed arte contemporanea.
Immagina la scena.
L'amico critico d'arte che si lascia andare ad una frettolosa interpretazione e muore per mano dello stesso Marius che è l'autore del quadro.
Non è per quello che ha detto.
Ora Marius sarebbe stato inseguito. Una moltitudine di detective speciali, agenti spietati tra i più pericolosi che ci siano in circolazione, nel giro di poche ore, circonda la villa, che all'esterno appare come un castello aragonese ma che all'interno è arredata modi design tra colori che oscillano dal rosso al verde e arricchita di tecnologie moderne proprie della domotica potenzialmente utili all'eventuale fuga.
In effetti, non c' è rimasto altro da fare. Fuggire e cambiare ogni programma concedendosi una parentesi personale. L'incarico cui tiene di più e per il quale sarebbe disposto a rischiare la vita. Nella villa ci sarebbero i dispositivi necessari a far si che chiunque vi si volesse intrufolare rischierebbe di vivere gli incubi peggiori, con Marcus, che dalla stanza 7, quella della postazione operativa e di controllo, una stanza super blindata impossibile da trovare e nella quale è impossibile entrare, sadicamente potrebbe lasciare che ognuno di questi soldati entri nella casa per poi fare in modo che ne rimanga intrappolato assieme a tutti gli altri e vittima di crudeli torture, a cominciare da quella delle palline di ferro ardenti e minuscole, grandi quanto quelle di plastica che vengono usate dai ragazzini nelle battaglie softair e che possono essere impostate da qualunque angolo della casa ed indirizzate verso ognuno di loro tramite dei cannoncini regolabili a distanza e l'ausilio di mini tele camerine volanti. Quelle palline piccolissime che vengono sparate all'occorrenza da ogni angolo della casa e che possono viaggiare alla velocità di 500 km all'ora, possono essere ardenti o anche ghiacciate a seconda di come viaggia la fantasia del padrone di casa persecutore. L'aveva già fatto Marius. Aveva utilizzato le sue armi diaboliche in più di un'occasione. Stavolta sarebbe stata una perdita di tempo. Stavolta, dopo aver ucciso il suo vecchio amico con un colpo al cuore inferto col solo uso del palmo della mano destra, non senza avergli permesso di indorare gli ultimi suoi istanti di vita con la più originale delle critiche fatte ad un quadro, quasi come fosse stato un ultimo inconsapevole desiderio, avrebbe deciso di sparire nel nulla, lasciando gli aggressori vagare nella trappola di quel suo strano labirinto che fino ad allora aveva chiamato casa. Se avesse voluto, una volta lontano, avrebbe anche potuto farla esplodere con tutti i soldati che erano venuti a dargli la caccia all'interno. Non sarebbe stato un problema, ma sarebbe stato inutile. Diede l'ultimo sguardo all'amico morto dinanzi a lui che aveva appena finito di contorcersi e gli disse sottovoce.
– Mi è piaciuto quello che hai detto bello. Non è per questo che te ne vai. Sappilo! Era una bella trovata.
In realtà nell'accovacciarsi per assistere alla dipartita della sua vittima per accertarsene, aveva pensato a qualcosa di molto più articolato del tipo.
– Perdonami fratello. Il tuo parere è importante e la tua visione della cose, compresa l'interpretazione del mio quadro è qualcosa che non dimenticherò. Sei sempre stato tu il più originale di tutti i miei amici. E il significato che hai dato al mio quadro è la cosa più bella che abbia mai sentito. Non che ne abbia avuti tanti, eccetera.
Basta così, i soldati assassini stanno per fare irruzione. E' arrivato il momento di sparire.
Non sapeva cosa avesse fatto il suo amico critico d'arte per morire, ma i 250 mila euro che gi erano stati accreditati per farlo, dovevano includere il silenzio e scoraggiare ogni curiosità.
Più avanti Marius, tra un viaggio e l'altro, nel guardare fuori dal finestrino del mezzo di turno, si sarebbe chiesto se lui e quel suo amico fossero stati davvero amici. Col tempo avrebbe convinto se stesso che infondo, non erano mai stati davvero così amici.
Col tempo avrebbe trovato il modo di rimuovere tutto per poter continuare a vivere senza rimorsi.

2. LA FUGA

Marius fugge. Ogni omicidio, che sia commissionato o sia commesso per interessi personali, comporta la materializzazione di nemici che a loro volta hanno l'incarico di eliminarti.
Erano anni che ad ogni tentativo di irruzione in una delle sue proprietà dei sicari inviati per eliminarlo, trovava il modo di scappare. Cunicoli e tunnel sotterranei che si aprivano e si chiudevano e che rispondevano alle leggi della domotica. Scorciatoie e piccole strade secondarie o ruscelli e fiumiciattoli erano il mezzo che assieme a tutte le tecniche di combattimento, avevano il ruolo di salvargli la vita ogni volta. Il nemico era ovunque e a volte, chiunque o qualunque cosa. Poteva essere una altro killer, o il desiderio di vendetta di qualcuno, la casualità, la polizia, il risentimento, forse la sua stessa presunzione o forse i suoi fantasmi. Quella sera, sapeva che sarebbero venuti a cercarlo, ma fu più veloce di loro nell'organizzare strategicamente la fuga. Le vie di fuga erano più di una. La prima, supportata da una sequenza di passaggi, anche quelli tecnologicamente supportati dalla domotica, sarebbe stata la più facile da immaginare. Un tubo all'interno del quale una capsula sarebbe stata sparata alla velocità di 1000kmh verso il mare, ma poi avrebbe dovuto nuotare per un po' prima di raggiungere un'ipotetica terra ferma non sicura. Sarebbe arrivato al porto in 20 minuti circa ma poi non avrebbe avuto più certezze. La seconda, più macchinosa, fu la prescelta.
Marius rimase nella sua stanza per un po'. Finì di fumare la sua Chesterfield, l'ultima di quel pacchetto, e aprì una botola posizionata sotto il tappeto persiano del suo studio. Quel passaggio portava in un sotterraneo. Ebbe cura che il dispositivo utile al riposizionamento del tappeto fosse funzionante e chiuse la botola per poi calarsi con l'apposita corda applicata ad arte e che dal pavimento di quel seminterrato una volta atterrato si sarebbe spezzata autonomamente per motivi legati ad una reazione chimica che solo Marius avrebbe potuto spiegare. Nessuno avrebbe il coraggio, senza un supporto che sia almeno simile a quella corda, di gettarsi da quei 7 metri. Una volta a terra cercando di non emettere suoni e guardandosi attorno comunque, si concentrò e appoggiò l'orecchio sulla parete per sentire i movimenti del plotone d'esecuzione formato da centinaia di uomini che avrebbero dovuto eliminarlo. L'esercito fece irruzione in quella stanza come in scarface ma all'interno della stanza non c'era più nessuno. Marius aprì una porticina e vi si infilò. Quella era l'entrata di un tunnel cilindrico, che come per i circuiti degli acqua-park dopo 12 km di curve sfociava in una piscina termale.
12km di paura e di terrore per chiunque non fosse stato lui.
Così come sulle montagne russe ma stavolta in un tubo curvilineo, tanti non sarebbero stati più gli stessi alla fine di quel viaggio da percorrere distesi ed in posizione supina. Chiunque non avesse avuto la totale predisposizione cardiaca o fosse stato vagamente asmatico o claustrofobico, non ne sarebbe uscito vivo. Per Marius invece era solo un passatempo che da sempre aveva sperato di utilizzare per una delle sue fughe. Ora però, una volta schiantatosi di lungo in questa sua piscina sotterranea termale, per un attimo, dopo essersi ripreso dall'impatto, si stava chiedendo chi mai potesse aver saputo di questa sua proprietà e di come potessero sapere che si trovava lì. Salì le scalette della piscina e si diresse verso la sua Jaguar s-type elegance nera e la risposta l'avrebbe trovata lì. Nel porta bagagli c'era il suo amico critico d'arte ormai morto, o meglio, quell'amico che come copertura aveva usato per tutta la vita quell'immagine, ma che in realtà aveva fatto tutt'altro. Era stato sicuramente lui a parlare, ma di questo non poteva essere certo. Entrò in auto e dopo aver bevuto mezzo litro d'acqua che aveva sistemato sul sedile di fianco opportunamente giorni prima, accese il motore lentamente e partì adagio imboccando l'unica strada possibile, quella di un altro tunnel congeniato appositamente per l'auto e fatto su misura per lei alla velocità di crociera di 30km orari per tutta la durata del tragitto. Quel tunnel era lungo circa 18 kilometri e alla fine del percorso sfociava su di un lato basso della montagna in prossimità di un fiume che scorreva lentissimo oscurato da rami di alberi pendenti che regalavano una strana scenografia, più simile ad una palude che ad un paesaggio tipico di quelle zone. Probabilmente quello spaccato era stato visto da pochissima gente ad Antibes. Quello che a Marius però interessava era la visuale. Col binocolo, da quella postazione si divertì molto nel guardare la sua villa assediata da cento soldati increduli, disperati ed arrabbiati che gironzolavano attorno a quella casa e probabilmente all'interno di quella stessa casa e che di lì a poco sarebbero stati vittime di tutte le trappole più atroci e cruente che da quell'anfratto lui avrebbe azionato spingendo un solo pulsante. Si stava prendendo gioco del suo nemico, chiunque fosse il suo nemico.

Alla fine di quel viaggio, si sarebbe trovato sull'estremità di quel porticello che aveva raggiunto col suo gommone parcheggiato alla fine della galleria a pochi metri di distanza dal punto in cui aveva lasciato l'auto con dentro il suo amico defunto. Tutto programmato alla perfezione. Ora bisognava cercare l'auto che una sua fidatissima amica gli aveva fatto recapitare. Stavolta sarebbe stata un'auto più modesta, non troppo appariscente, così come aveva chiesto.
Cominciò a cercare la targa giusta, quella che gli era stata data via mail da questa sua ragazza speciale e che aveva imparato a memoria. Nessuno ha mai saputo chi fosse questa ragazza. Nessuno sa se sia sopravvissuta. Forse anche lei sarebbe stata inseguita per tutta la vita, anche solo per aver avuto a che fare con lui una volta. C'è gente che aveva perso la vita solo per aver flirtato. C'è gente che oggi non è più tra noi solo per aver pensato di avvicinarlo, di aiutarlo o qualunque altra cosa si possa pensare di fare per un'altra persona.
Eccola. Finalmente aveva trovato la targa, e la macchina era una Porsche Cayenne.
– Cazzo!
Esclamò Marius d'istinto.
Poi si fermò a pensare e poi si arrabbiò di nuovo.
– Cretina!
Prese il mini-portafoglio e schiacciò alcuni pulsantini
All'interno aveva fatto istallare un mini-telefono.
Si mise un auricolare nell'orecchio e il portafoglio nuovamente in tasca, nella tasca davanti a destra.
– Perché cavolo hai preso questa?
Pausa
Nessuna sa cosa abbia risposto la ragazza.
Nessuno ha mai saputo chi fosse davvero.
Nessuno sa se in realtà fosse davvero una ragazza.
Forse non era neanche una donna, o forse non era neanche un essere umano.
– No, dammene un'altra. Non me ne frega un cazzo se s'intona con la costa azzurra, me ne serve un'altra.
Pausa
– No, me serve una più sobria, tutto qui.
Pausa. Nessuno sa cosa stesse dicendo la ragazza o chi per lei.
– Ok.
Marius cominciò a cercare ancora e cercò per altri 5 minuti circa evitando di dare troppo nell'occhio nel guardare tutte le targhe una ad una. Ogni tanto per non sembrare un ladro, fingeva di parlare al telefono con altra gente e lanciava qualche occhiata convincente a qualche turista, femmina o maschio che fosse.
Nessuno sa con chi avesse parlato prima e forse anche quella chiamata era finta, come lo sarebbero state tutte le altre.
Ecco la nuova macchina finalmente. Una jeep wrangler 4x4
– Cazzo!
E' chiaro che anche stavolta non fosse contento.
Stavolta però, decise di fregarsene.
– Ma che stronzata! Beve pure un casino questa!
Marius girò la chiave e partì! Poi accostò per qualche secondo. Sul sedile posteriore c'era un borsone, si voltò per prenderlo e spostarselo sul sedile anteriore di destra al suo fianco.
Poi ripartì.
Conosceva perfettamente la strada, ma decise di programmare ugualmente il navigatore per avere un' idea precisa dei dettagli, dei tempi di percorrenza, ipotetico orario d'arrivo e quant'altro. Digitò Sintra, Lisbona, Portogallo.

3. SINTRA

Marius arrivò a Sintra senza mai fermarsi. E' chiaro che quel viaggio dovesse significare molto per lui. Aveva con sé un taccuino sul quale era solito scrivere tutte le promesse che aveva fatto e che non aveva mai mantenuto. Questa però l'avrebbe mantenuta. Avrebbe giurato a se stesso che nessun plotone d'esecuzione avrebbe mai potuto fermarlo.
Sulla prima pagina del taccuino aveva scritto ‘Elsa'.
Era l'appuntamento che aveva aspettato da una vita.
Si addentrò nella cittadina incantata dei castelli magici e raggiunse il più speciale di tutti. Era il monastero.
Si calmò nel fumare una sigaretta che aveva preparato manualmente e minuziosamente come fosse l'ultima poco prima e aspettò per ore in posizione yoga sul muretto di fronte al cancelletto d'entrata.
Come per magia, mentre per qualche istante Marius aveva cominciato a viaggiare tra veglia e sonno, apparve lei con fare altezzoso e fiera del suo spettacolare abito monacale. Marius rimase a guardarla per un po' ed Elsa fece altrettanto. Poi finalmente lui saltò giù dal muretto e si diresse deciso verso la sua amica di sempre. Amica d'infanzia e d'adolescenza. Era bella esattamente come un tempo.
– Elsa!
Pronunciò il suo nome con dolcezza e compiacimento e sorridendole non aveva fatto mai.
Era come se avesse voluto dichiararle la stima che non si aspettava. Era come se avesse voluto dirle che, nonostante
tutto, non poteva che essere fiero di lei.
– No.
Disse lei sull'ultima vocale cui Marius aveva quasi tolto il suono nel pronunciarla.
– Mi chiamo Alba adesso. Suor Alba
– Suor Alba.
– Cioè Alba...come Alba Iulia, la nostra città?
– Si
Erano entrambi nati lì, a due passi dalla cittadella di Alba Iulia, nella Romania magica, quella in cui chiunque rimarrebbe incantato e ipnotizzato tanto da provare la percezione ed il desiderio del voler restare per sempre, ma anche quella da cui Marius ed Elsa e chiunque come loro fosse stato costretto ad abbandonare tutto, sarebbe fuggito con il più grande dei rimorsi e con lo strazio nel cuore. Per qualche motivo che nessuno conosce e nessuno vuole ricordare, la cittadella è magica e spietata allo stesso tempo.
– E dov'è finita Elsa?
– Elsa non mi piace più e non è neanche un nome Rumeno.
– E' tedesco. Tua nonna era tedesca.
– Non era francese. Mio nonno era francese.
– Ma no, è tedesco. Tua nonna era tedesca.
– Non era francese. Mio nonno era francese.
– Tedesco!
– Francese!
– Tedesco!
– Francese!
– Tedesco!
– Francese!
– Tedesco!
– Francese!
Andarono avanti così con questo ridicolo siparietto per 4 minuti circa finché non fu lui ad arrendersi.
– Si va a cena?
– Non vuoi riposarti prima?
– Sì, magari. Un'oretta o due... mi basta
– Bene
– Ma dove?
– Seguimi.
Entrarono nel monastero e passeggiarono per un lungo viale fianco a fianco e si guardarono incuriositi come se non si fossero mai conosciuti prima.
– Ti ho fatto preparare una stanza apposta.
– Grazie.
Pausa. Intanto camminano.
– Sei pronta per partire?
Elsa guardò dinanzi a sé imbarazzata e sorrise sbuffando.
– Hai sbuffato in stile francese.
– No, era tedesco
– Francese
– Tedesco
– Francese
– Tedesco
– Francese
– Tedesco
– Francese
– Tedesco
Etc etc

4. LA GRANDE CENA

Marius ed Elsa si presero una libera uscita, lei dal convento e lui dai suoi fantasmi per la prima rimpatriata.
Scelsero un ristorante sulla costa da Caparica sorretto da colonne simili a delle palafitte di cui nessuno ricorda il nome. Un ristorante dove puoi mangiare l'aragosta anche a colazione, se ti va, e puoi farlo a prezzi stracciatissimi, anche perché le aragoste le puoi trovare in riva alla spiaggia gratis. Se vai lì, devi pagare il servizio, ed è tutto ciò che paghi. Nessuno però sa se questo posto sia davvero esistito e se sia vero che sulle rive della costa puoi davvero trovare le aragoste a costo zero. Tutti però ricordano il nome di quel ristorante esclusivo che appariva defilato e che si poteva intravedere dal posto che Marius ed Elsa avevano scelto per la loro cena. Il ristorante ‘Triceratopo'.

Anni prima, una combriccola di scienziati che avevano scelto la via della gloria più facile, avevano trovato tracce di dna su alcuni fossili. Poi furono in grado di generare prototipi preistorici, alcuni molto fedeli all'originale, altri meno, e in un secondo momento, in base alla richiesta del mercato, una serie di cloni.
E adesso, era davanti ai nostri occhi, il ristorante. Nessuno conosce questi luoghi, a parte quei pochi eletti. Coloro che organizzano tutto ciò sono persone altrettanto potenti che offrono l'esclusiva ad altri uomini potentissimi.
L'economia deve necessariamente girare anche a un livello più alto e molto lontano dalla nostra comprensione.

Anche la carne umana è una prelibatezza in questi ristoranti esclusivi.
– Io avevo il compito di eliminare qualcuno poco prima che cominciasse la cena.
Elsa ed io siamo davanti ad una dolcissima sopa e assaporiamo il tutto pregustando l'arrivo delle aragoste.
– Stai scherzando?
– No, per un po' è stato questo il mio lavoro.
Poi passai a cose più complicate
– Uccidevi esseri umani per darli in pasto ad altri esseri umani.
– La nostra carne può essere molto gustosa e vagamente afrodisiaca. Lo sapevi?
Elsa abbassa il capo.
E' fondamentale che sappia dall'inizio cos' é che il suo quasi dimenticato amico d'infanzia ed ex amico d'adolescenza era diventato.
Volevo che la mia Elsa, più grande di me di quasi 12 anni, troppi perché potessi aspirare ad avere quell'attenzione sempre anelata, sapesse da subito chi fosse davvero la persona che aveva scelto per questo viaggio.
A volte venivano sul retro, questi potenti del mondo per dare senso alla loro perversione scegliendo direttamente il prototipo che avrebbero mangiato. Come per la roulette russa, o come davanti ad un plotone d'esecuzione che risparmierà tutti tranne uno solo tra i condannati, osservavano con attenzione i corpi dei loro potenziali pasti vivi. Molti tra gli uomini prediligevano i seni prosperosi, mentre le donne sceglievano spesso i testicoli, sebbene alcune di loro solo per il gusto perverso di vederglieli strappati più che per assaporarli davvero. Il tutto non prima di essersi rassicurati, previo supervisione dei loro avvocati, sulle condizioni di sanità dei condannati. Nessuna malattia sarebbe stata contemplata.
Gli uomini malati sono i più fortunati. Anche un semplice raffreddore sarebbe stato per loro la salvezza. Gli scarti neanche prendono parte alle selezioni.
Nacque una moda. Da allora, la combriccola segreta di scienziati ribelli non corrotti, avrebbe tentato di immettere nella società alcuni virus, che per buona parte dei cittadini inconsapevoli rappresentano la possibilità di rimanere in vita. Alcuni di questi scienziati, che lavorano per la resistenza, sono ben mimetizzati e non risultano neanche essere dei veri scienziati. Si camuffano sotto altre sembianze e ricoprono altri ruoli sociali, almeno ufficialmente, e non c'è modo di rintracciarli. Questo però è un compito che da tempo avevano affidato proprio a gente come Marius e quindi, prima o poi, sarebbero stati trovati.
- E che farete quando li avrete trovati? –
- Li consegneremo a loro.
- Loro chi?
- Questo non posso dirtelo.
- Non lo direi a nessuna delle persone a cui tengo.
- Quali sono le altre persone a cui tieni?
- Buona la sopa *zuppa portoghese*
- Preferisco la nostra Ciorba *zuppa rumena*
- Questa è più densa però.
- La nostra è più ricca di cose ed anche più sana.
Marius sorrise.
- La nostra è ricca di qualsiasi cosa
- A me piace di più la nostra.
- Perché dici la nostra? Non sei diventata anche portoghese?
- No. Non ho mai cambiato la nazionalità.
Pausa
Marius non rispose alla domanda che Suor Alba gli aveva fatto prima.
Era chiaro che lui avesse fatto cose ben più atroci di quella.
Si limitò a riprendere il calice per sorseggiare un po' di quell'ottimo vino portoghese e distolse lo sguardo da lei rivolgendolo verso altri tavoli e verso altre persone immaginarie che vivono di fianco a quelle vere che popolano il locale. Tutta gente di cui aveva notato solo le sagome e i movimenti e solo per cautela, ma della cui esistenza come individui neanche si accorgeva.

– Più fresca è la carne, più il successo è garantito.
– Carne umana?
– Si è molto dolce. Alcuni non gradiscono, ma un palato fine che avesse assaggiato carne di triceratopo e l'avesse trovata un po' dura, preferirà di gran lunga la nostra.
– Il velociraptor?
– No, quello non riescono ancora a riprodurlo.
– Lo pterodattilo?
– No
– Plesiosauro?
– No, anche se i tentativi ci sono stati.
Avrebbe significato tanta carne. Sarebbe stato un business mostruoso.
Quanto costa?
Una fettina di carne di Triceratopo, almeno 500 mila euro
Più sono rari, più costano.

– Per cui, 1°posto, Animali estinti.
2° posto, carne umana.
3° posto, altri animali in estinzione
E poi ci sono i delfini
– No ti prego basta, non ce la faccio.
– Lo so, è per questo che te l'ho detto.
Pausa. Dopo un po' Elsa torna curiosa.
- Dai, non è possibile che ci sia qualcuno che mangia i delfini.
- La carne umana ti ha fatto meno impressione?
Proprio in quell'istante, arriva opportuna come non mai la musica di un gruppo composto da una cantante, un contrabbassista, una chitarra ed una fisarmonica.
Erano saliti sul palco a luci spente e senza dare nell'occhio,
approfittando del vociare di tutti i presenti.
– Suonano il fado?
Chiede lei con fare incerto ma allo stesso tempo affascinata dai suoni che accoglie come fossero nuovi per poi tornare sulle sue.
- Si esatto. E' il fado.
- Preferisco la nostra manele.
- Cosa? La musica neomelodica degli zingari?
- Certo, sono geniali, ma che ne capisci tu?
Pausa
Marius la guarda teneramente e capisce che d'istinto da lì alla fine dei suoi giorni la sua migliore amica non avrebbe fatto altro che esaltare malinconicamente la sua terra natia.
– Sai cosa rende così speciale la musica?
– Cosa?
– La variabile.
– Cioè?
Marius manda giù il sorso che funge da preludio ad una nuova storia da raccontare.
– Avevo un amico.
– Avevi?
– Si, credo sia morto.
– Come?
– Non ricordo.
– L'hai ucciso tu?
– Ma no, smettila di attaccarmi, non è così. Non ricordo.
Credo sia morto di cancro ai polmoni, non so.
– E allora?
– O forse al pancreas, ma non ne sono certo.
– Non può essere che non ricordi.
– Forse tutti e due.
Suor Alba scoppia in una fragorosa risata che aveva tentato
di trattenere per tutta la serata proprio mentre aveva bagnato le labbra con quell'ottimo vino. Scostò il bicchiere dalle labbra giusto in tempo per evitare di mandarlo giù col rischio d'affogarsi.
– Finalmente una risata.
– Questa non l'avevo mai sentita.
– Beh, se è per questo, era schizofrenico e mi pare fosse anche allo stadio iniziale della sindrome di Turet. Probabilmente sarebbe morto di Parkinson se non fosse stato per il cancro al fegato.
Elsa continua a ridere.
– Peraltro aveva la glicemia altissima e quindi è probabile fosse anche diabetico ed era un soggetto asmatico.
Elsa si piega in due dalle risate. E' chiaro che sia un po' brilla.
Dopo un po' si calmano.
– Però scoprì una cosa che molti diplomati al conservatorio non capirebbero mai.
– E tu come fai a saperlo? Suoni?
– No, mi è stato detto.
– Che ha scoperto?
Elsa prova a trattenere il riso tra una parola e l'altra.
E' rimasto ancora qualche residuo di quell'esplosione.
– Scoprì che a volte la musica, sfugge al rigore e al controllo della matematica.
– Davvero?
Un tempo pari, un semplice 4/4 suonato in stile bossanova, e arricchito di controtempi e battute in levare, se questi controtempi prendono il sopravvento e diventano protagonisti, può trasformarsi in un walzer jazzato senza che nessuno si accorga della differenza. Il pezzo era in c ma come per incanto adesso è un 6/8 e non è successo nulla di anomalo.
Nessuno si è accorto di questo cambio perché di fatto, non c'è stato alcun cambio. Quei controtempi incastrati ad arte in un tempo pari, sono di fatto un walzer.
Esiste un momento in cui pari e dispari si incontrano e diventano la stessa cosa. Lo chiamava punto anomalo.
– Bello.
Marcus se la ride.
– Perché dici bello se non hai capito?
– Mi piace lo stesso.
Cosa ti piace?
– Mi piace pensare che niente sia certo, e che
non esista alcun dogma e nessuna scienza sicura.
– Beh, è per questo che uno sposa il Signore, no?
Elsa si vergogna per un attimo per poi tornare in sé.
– E' una storia troppo lunga.
– Abbiamo un lungo viaggio da fare no?
– Si.
– Avremo occasione di parlare, immagino.
– Forse.
– Ma dove devi andare? E soprattutto perché vuoi che ti ci porti io?
– Ti dico tutto domani.
– Ok
Pausa
– Beh, quell'idea non deve'essere stata facile da partorire, tant'è che qualche mese più avanti, gli venne un ictus.
Elsa aveva ancora qualche residuo di quella risata fuori controllo rimasta in sospeso e quella fu un' occasione unica per farla esplodere di nuovo.
Rise per oltre 2 minuti finché Marius non tornò sull'argomento per rimettere le cose in ordine e riconquistare il silenzio.
– I controtempi che si alternano al levare della bossa sono essi stessi un walzer se gli dai l'impronta necessaria.
In altre parole in musica 4/4 e 3 /4 sono la stessa cosa. Hai capito?
- E' affascinante.
- Cosa?
- Quello che dici. Il modo in cui lo dici. Sei diverso.
Passano 2 minuti e mentre nel frattempo hanno portato le aragoste, Marius comincia ad armeggiare con le chele che devono essere aperte con cura e destrezza, decide di infliggere l'ultima sferzata e conclude.
- Quando si rese conto d'aver scoperto una cosa unica, gli stava per venire un infarto.
Elsa ancora non può fare a meno di ridere ma stavolta per non dare nell'occhio e non rischiare di apparire come una suora che si sta lasciando sedurre si copre il viso e si tappa il naso per evitare di esplodere nuovamente.


5. IL VIAGGIO
Parte I

La Luna è sempre più vicina.
Elsa ne rimane incantata ma non può negare di sentirsi minacciata da quell'immagine.
– Non è quando si avvicina il problema, ma quando si allontana.
– Lo so, però mi sembra inquietante.
– E' il preludio che t'inquieta. Per qualche motivo senti
che se ne andrà di nuovo, e la cosa no ci piace per niente.
Elsa continua a guardare davanti sé, per poi rivolgere un altro sguardo fugace ma intenso verso il gigantesco satellite.
Poi sorride.
Lo scenario iniziale però, quello che aveva preceduto la scena dei protagonisti, non è al chiaro di Luna, né prevede ingannevoli stelle da osservare dall'alto con incanto. Lo scenario é all'esterno. Il protagonista è il cosmo.
Le tempeste spaziali e le rivalità gravitazionali. La Terra, il Sole e la Luna. Quel gioco perverso, e la Terra contesa. Il triangolo della morte che un giorno finirà con la scomparsa del carnefice dilaniato da una delle 2 vittime predestinate al non amore, e destinato ad un ipotetico infinito vagare fino a spegnersi in una successione di decadimenti degeneranti.
Il tiro alla fune cosmico. La Luna che indispettita e ingelosita, rivendica diritto di proprietà gravitazionale e borbotta. Prova ad azzardare una timida reazione.
Il sole rafforza l'azione gravitazionale sulla Terra prima e la Luna molla perché più debole. Ma le cose cambiano, ed il Sole in un secondo momento le lascia il posto. Lo strattone genera terremoti e cataclismi d'ogni genere sul pianeta più desiderato della galassia. L'asse terrestre oscilla e la terra risente degli effetti generati dal conflitto.
Il pianeta è cagionevole. Lo stress è difficile da sopportare.
Sembra impossibile per la nostra casa rinunciare alla lotta e allo stesso tempo fuggire dalla morsa e dall'attrazione dei 2 contendenti.
Nel frattempo, alcuni di noi tra i terrestri, tentano invano di trovare giustificazioni. Qualunque cosa accada di terribile, che si tratti di eruzioni vulcaniche fatali o surriscaldamento del pianeta, deve trovare un colpevole in alcuni di noi. Molti, cominciano a ipotizzare che le catastrofi naturali avvengano per via dell'inquinamento, e a ruota, tanti scienziati complici, devono affermare per contratto che i disastri avvengano perché c'è chi non ha fatto la raccolta differenziata. Molti urlano alla cospirazione ipotizzando che alcuni potenti del mondo abbiano interesse a che non vengano introdotte le tecnologie che prevedano l'utilizzo di energia pulita. Qualcuno avrebbe interesse che i combustibili fossili durino in eterno e quindi si ipotizza che si possa tentare una qualche operazione tecnico-scientifica che permetta di riprodurre artificialmente quelle risorse.
In tal caso, il complotto, è così che lo chiamano, avrebbe il solo scopo di infettare l'habitat di ogni borghese che si sentisse minacciato da queste entità malefiche.
Tutto diventa un complotto.
Col tempo le stesse eruzioni, i terremoti, inondazioni etc sarebbero diventate frutto di una cospirazione misteriosa.
Ed è così che nessun essere umano, semmai ci fosse stato davvero un complotto, non ne avrebbe colta mai l'entità.
Nessuno di noi avrebbe mai soffermato la sua attenzione sui risvolti e sugli gli errori dei terrestri. Nessuno avrebbe mai veramente intuito che lo sbaglio avremmo dovuto individuarlo altrove. Nessuno avrebbe mai messo in discussione il metodo. Tutti avrebbero visto il complotto in ogni dove fuorché che nel posto in cui avrebbero dovuto cercare.
Nel frattempo però, il triangolo amoroso spaziale, avrebbe continuato il suo corso indisturbato al di sopra di tutto. La Terra, la Luna ed il Sole, al di sopra delle nostre insignificanti azioni, avrebbero fatto la storia, e noi saremmo rimasti lì a guardare per un po', privi di ogni potere reale e animati dal solo spirito di sopravvivenza e da una particolare inclinazione che ci avrebbe resi unici tra le stelle. Ipotizzare cose prive di senso. Renderci ridicoli agli occhi dell'universo con le nostre teorie terrene sul mondo, tra una scopata e l'altra, tra un sogno e l'altro, tra un terremoto e l'altro. Le uniche cose riconoscibili come vere, se guardate dalla giusta prospettiva, se osservate dagli occhi dell'infinito.
A conti fatti, l'unica cosa che noi terrestri avremmo riscontrato di avere in comune col pianeta che ci ospitava da sempre, sarebbe stata l'acqua.
Così come per il pianeta, infatti, l'80% circa del nostro corpo è composto d'acqua. Si sa. L'anello di congiunzione. L'unica speranza per noi di restare “non del tutto ridicoli”.
Poi fu il tempo dei pulviscoli provenienti dallo spazio. Particelle invisibili, residui dei detriti tossici dei piccoli meteoriti che si infrangono sull'atmosfera terrestre frantumandosi in migliaia di pezzi quasi invisibili ai nostri occhi, ma che hanno il potere di entrare nel nostro organismo provocando malattie mortali come il cancro.
Per giustificare gli eventi, scienziati e medici corrotti, avrebbero attribuito la colpa alla non corretta alimentazione e all'azione malefica degli idrocarburi. La causa di tutti i mali l'avremmo trovata nelle risorse minerarie e i combustibili fossili che la natura stessa regalava al mondo.
La terra stava usando gli esseri umani per rimpiazzare gli esseri umani stessi. Chi eravamo noi per credere che la nostra stirpe dovesse auto-preservarsi per l'eternità? Si chiedeva Marius.
E se fosse arrivato il nostro momento? Se la Terra avesse deciso che era giunta la nostra ora, l'avremmo accettato?
Forse il nostro tempo era finito per lasciare il posto alle sostanze inquinanti che erano natura esse stesse. Perché incaponirci allora? Chi siamo noi per decidere su dei disegni così grandi che le leggi universali della natura ha già realizzato, predisposto ed organizzato alla perfezione
per mostrarlo a noi e al nostro giudizio, come il pittore fa col suo quadro?

Nel 2000, per festeggiare gloriosamente l'ingresso del nuovo millennio, Marius aveva commesso lo stesso errore che tutti gli umani stavano commettendo da sempre, ergendo se stesso al ruolo di essere onnipotente. Suggerì ad un amico disperato in seguito al divorzio, di ritornare dalla moglie sotto altre sembianze.
Gli suggerì un' operazione estetica e un altro modo di essere.
Gli insegnò, con l'aiuto di amiche speciali, un altro modo di esprimersi, anche nell'intimità. Tutto era cambiato. Anche il lavoro che riuscì a trovargli era diverso. L'avrebbe riconquistata e sarebbe tornato a vivere. Se ciò che voleva era davvero lei, sarebbe stato disposto ad accettare tutto. Avrebbe vissuto per il resto della sua vita con l'angoscia del non potersi svelare mai. Avrebbe vissuto di gelosie represse. In alcuni momenti sarebbe stato geloso del vecchio se stesso nei momenti di malinconia di lei che avrebbe guardato nel vuoto e assorta dai pensieri del passato, e in altre occasioni, del nuovo se stesso nei momenti di grande felicità. Ogni orgasmo della donna sarebbe stato per lui motivo di gioia e di sofferenza allo stesso tempo. Ad ogni frase carina nei suoi confronti e ad ogni esternazione d'affetto dell'uomo che era stato, avrebbe provato sentimenti discordanti e deleteri per la psiche. Era il prezzo da pagare per sopravvivere. Avrebbe accettato il silenzio, e tutto questo per amore. Il suo vecchio se stesso non avrebbe mai potuto riconquistare quella ragazza. Solo nei ricordi di lei, di tanto in tanto avrebbe fatto breccia, ma solo per un po'. Solo in quei momenti di vuoto e di insoddisfazione personale. In qualunque caso sarebbe stato sempre lui ad essere con lei, o almeno questo e ciò che Marius provò a spiegarli quando quel suo amico lo accusò d'avergli rovinato la vita. In ogni momento sarebbe stato lui il protagonista della vita della ragazza. Lo convinse. E per un pò guardò a se stesso con un senso di soddisfazione estrema. Aveva solo 22 anni. Sapeva che se era stato in grado di cambiare la vita di qualcuno sarebbe stato in grado di fare qualsiasi cosa. Sarebbe diventato un Dio per tutti. Tranne che per se stesso.
Elsa si rivolge a Marius con fare compassionevole.
– Perché lo facevi?
– Col tempo mi avrebbe aiutato a cancellare tutte le cose orrende che avevo fatto e che avrei combinato in futuro.
– E' per questo che sei con me adesso?
– Cioè?
– Ti fa sentire salvo?
– Forse si.
– Ti senti puro?
– Non lo so. Ti ricordo da bambina e adesso che sei una suora in qualche modo mi fa sentire come se mi stessi confessando.
– Io non posso confessarti.
Elsa sembra davvero dispiaciuta di non poter assecondare quel desiderio. E in cuor suo sa che il desiderio in questione non è quello di poter confessare ed assolvere il suo amico, ma quello sessuale.
– Lo so.
Poi ancora Elsa.
– E poi c'è stato il periodo in mezzo. Quello non ti aiuterebbe a sentirti puro di certo.
– Non mi interessa quello che c'è stato in mezzo.
So che se sei stata te stessa in ogni caso. In qualche modo ho amato quella parte della tua vita più di ogni altro periodo.
– Forse perché le cose orrende che ho fatto ti aiuterebbero a espiare le tue.
– Non so cos'hai fatto Elsa, ma credimi, non puoi aver fatto niente di così tremendo.
Elsa torna a guardare davanti a sé nel suo bicchiere e riprende il calice per bere un altro po'.
Il viaggio è cominciato.
– Voglio tornare ad Alba Iulia
– Davvero?
– Si.
– Perché?
– Devo incontrare Arsenie.
– Arsenie chi?
– Boca
– Ma chi, il santone?
– Non chiamarlo così.
– Ma credo sia morto.
– Allora incontrerò i suoi discepoli.
– Perché?
– Ho bisogno che assecondino una mia supplica.
– Solo questo.
– No. Devo tornare nella cittadella. Ho un appuntamento.
– Con chi?
– Se le cose dovessero andare in un certo modo e i discepoli di Boca riuscissero a fare quello che gli chiederò, accetterò la promozione che mi è stata promessa.
– Promozione in che senso.
– Vestirò una nuova carica ecclesiastica. Mi promuoveranno Reverenda Madre.
– Stai scherzando?
– No.
– Ma è fantastico!
– Lo sarebbe normalmente, ma il giorno che precederà la cerimonia, tu dovrai fare una cosa per me.
– Cosa?
– Te lo dirò domani.

Francesco La Tessa

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Erri De Luca Erri De Luca. Nato a Napoli nel 1950, ha scritto narrativa, teatro, traduzioni, poesia. Il nome, Erri, è la versione italiana di Harry, il nome dello zio. Il suo primo romanzo, “Non ora, non qui”, è stato pubblicato in Italia nel 1989. I suoi libri sono stati tradotti in oltre 30 lingue. Autodidatta in inglese, francese, swahili, russo, yiddish e ebraico antico, ha tradotto con metodo letterale alcune parti dell’Antico Testamento. Vive nella campagna romana dove ha piantato e continua a piantare alberi. Il suo ultimo libro è "A grandezza naturale", edito da Feltrinelli.
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