
Quello con le ali bianche di traverso mi guarda consegno tronchi per il fuoco da accendere in questo gelo che già crepita all'alba è così che voglio essere non più ghiaccio che trema ma idea di essere sciolta.
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In ogni fibra di ogni intimo gesto sei livido violaceo che non scompare, resta e scorre, parla. Corda che si snoda alla sofferenza e si appiccica alla vita non vuole staccarsi non ti lascia andare non dimenticarti, amore chi sono.
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L'abbiamo respirato tutto l'odore dei ciclamini ma nulla è bastato ci siamo persi ugualmente nonostante la povertà condivisa sopra la breccia sassolini che si infilavano nelle gambe e noi nudi, doloranti ma non ci importava avevamo quello che meritavamo era poco ma era tutto quasi mi viene da piangere, sai che belli erano i nostri giorni tristi.
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Nessuno mi ha ferita più di te persino un taglio copioso e profondo farebbe meno male hai solcato la mia esistenza come lo spazio bianco attraversato da mille storni. Nessuno mi è stato più intimo di te né lo specchio o la mia solitudine sono stati mai tanto capaci il mio spazio un tempo immacolato ora è totalmente ricoperto di polvere e stracci.
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Siamo fuoco e scintille ardenti tempesta viva sotto un cielo stellato. Siamo mare. Metamorfosi continue alla ricerca di disperata bellezza mutevolezza lenta ma radicata. Siamo anche coraggio! Desiderio che resti costante la gioia anziché, qualche sprazzo di luce di tanto in tanto, qui e là. Inevitabilmente si sa scende anche il sipario. Pervasi così da uno stato confusionale come vecchi ubriachi distratti dal mondo. Pregare il ritorno di un tempo migliore restando svegli per ore la notte. Ma prima che ogni speranza sia andata dietro la lunga coltre di fumo un timido uomo si è fatto giorno. Non nel parto ma nella vita stessa si nasce.
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Semmai mi fosse possibile, io condanno il giorno che ti ho incontrato come si condanna un uomo a morte per aver commesso un peccato. Il tuo reato consiste nell'avermi reso ombra della tua ombra essere insignificante che respira non canta. Mi hai reso muta davanti alla vita e sorda e a tratti cieca mentre avrei dovuto risuonare con il resto del mondo.
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Resta qualcosa di atteso questo dolore che non c'è ma non passa. Ti guarda dritto negli occhi e aspetta che sia tu ad abbassare lo sguardo. Non ti lascia scampo nessuna fuga o alberi per potersi arrampicare. Solo lacrime dense di piogge mai scese a terra.
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Ecco che arriva la notte vera simile a quella dei poveri per le strade con pochissima luce dietro. Ci accompagna questa notte senza tante pretese, attende con molta pazienza quasi con aria discreta ma è freddo e buio questa notte fa paura a giovani e vecchi che aspettano di morire su una nera altalena.
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Sanno di margherite bruciate queste vite che passano e stridono come le rotaie arrugginite di un treno fermo millenni.
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Siamo due piccole solitudini di pulviscoli incandescenti l'acqua non ci chiederà tempi di spegnimento la pioggia farà lo stesso.
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Anche se proviamo a volare come giocose falene niente è ciò che sembra perché le rughe coprono l'osso pur di non mostrare debolezza e le cicatrici (riflesse in uno specchio trasparente) si piangono l'una con l'altra.
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Il filo che mi lega a te è lo stesso che inchioda i morti alla croce dalla carne, oramai lacerata fuoriesce la polvere rossa dei papaveri sono un cencio di ossa sopra questa trave di legno in un giorno qualunque di un mese qualunque.
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Non potevo di certo fermarmi e morire così ho corso lontano per le vie del fiume, fredde e distratte come il tempo sopra la mia testa. Non un'ombra si è appoggiata vicino nemmeno l'acqua ha dato segno di stanchezza. Fluiva potente come coloro che se ne fregano se fuori piove oppure c'è il sole fluiva potente perché era viva.
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Le nostre sono pupille innocenti che si guardano e senza voce si dicono tutto mano che lascia il segno nell'altra perché stretta forte una farfalla senza freni che non ha tempo di morire così vorrei essere anch'io.
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Gli uccelli hanno smesso di cantare la loro canzone fatta di gioia e perpetua poesia adesso, al loro posto c'è un corvo è nero e con il viso inquieto dice cose strane (vorrei tanto ritrovare il suono di allora, così magico così profano. Suono antico suonato dalle corde di ogni anima).
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Chissà dove vanno quelli che muoiono forse in un limbo, tra il celeste e il rosa delle nuvole se ne stanno lì fermi e buoni, ad attendere un segnale d'accesso per il cielo. O forse esausti a ripetizione si dicono – potevo fare molto di più e piangono in loro tutti i giorni.
Patrizia Baglione
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