
Attesa e resa davanti al Duomo di Milano.
La vita è più bella se è di qualcun altro dell'arte della soffiatura dei vetri del partenope e la sua felpa ghiacciata La vita è più bella se è di qualcun altro del bignè caduto in mezzo alla piazza della manica lunga del vicedirettore La vita è più bella se è di qualcun altro impiego ore e ore a capire quanto sei bella e sei di qualcun altro non potrò mai capire il perché dei tuoi occhi verdi.
Natura islandese di una rassegnazione partenopea.
Se mi scrivi sull'orlo della rassegnazione alle pendici del maestosissimo e distante vulcano vorrei sparire nel tuo abbraccio perché son dolori dello scrivere per rassegnazione queste tue righe.
E dove lo metto tutto questo tuo linguaggio gelida orda barbara per insensibili orecchie parole che lodano il tramonto e la sera di una tumulazione privata se non il ritorno alla mattina del rubino in cui ci siamo conosciuti.
Nell'ode poetica come nella vita si piangono i fiori del passato per nascondere un presente in cui viene ritenuto falso il proprio sentire per questo leggo le tue righe così rassegnate così che almeno tu possa leggere le mie.
C'è una poesia per conoscersi e una poesia per urlare ciò che non si sa, c'è una poesia dell'altrove e una dei campi di lillà c'è una poesia del cuore, una poesia del fegato, del polmone, c'è una poesia di propaganda c'è una poesia d'avanguardia, c'è la poesia concreta del solleone e c'è un poesia che mi è successa proprio ora, c'è una poesia per amarsi c'è una poesia più onesta per odiarsi, una poesia prosaica e autobiografica senza sentimento, c'è una poesia dell'emozione, c'è una poesia dello sgomento, c'è una poesia delicata, c'è una poesia per incazzarsi, una poesia senza suono apparente, e una poesia che martella refrain popolari, fisarmoniche sventrate, c'è una poesia che piange e non parla, c'è una poesia in mezzo alle parole, muta e nuda, una poesia che sceglie di non dire perché altrimenti dovrebbe disperare.
Dentro il duomo di Milano.
Chiedo in punta di piedi allo zio dello sposo dall'occhio di vetro un buquet di rosee strofe tenui e confido che questo gesto azzurro possa rappresentare un rapida sequenza se non una scusa valida di allontanamento dall'altare per rifugiarmi al primo bordello utile.
Venezia.
Non le piacevano le mie poesie anche io ho dovuto lasciarla perché lei mi aveva già lasciato da quel momento mi è rimasto come un corredo servizi consorzio profumerie per nettare angustie e corbellerie con collane di di versi diversi di poesie.
Cercando un medico dei ciliegi.
Amavo le barzellette odiavo far ridere volevo essere serio ero già adulto adulterato sotto un ramo di ciliegio nascosto e ubriaco già di dolore.
Ciclopica enciclopedia del sapere umano annacquata nel bit di un frastuono ho avuto la fortuna di nascere in un paese povero dove i brutti libri non si trovano nelle biblioteche.
Tragica gita in campagna all'osteria sorci verdi.
Ti sei fatto una panciata di ciliege e di quadri alla mostra d'arte. e ferire un ciliegio come un bambino è irreparabile anche se non lo si vuole vedere arrabbiato. Nell'irreparabile disfacimento del tutto conviene essere già informati dall'assenza di significato di un witz il peso simbolico svanito di un koan fiorisce un ciliegio ferito e un cedro cade dal cielo è una goduria ormonale perché non dovevamo scontentare la madre sì un cedro scese dal cielo in mezzo alla campagna i minerali si muovono di più dei vivi. È un insulto e un indulto che lei lasci il pane sulla tavola a mai più rivederci osteria sorci verdi.
Gabriele Brusacà
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