
L'estate o la si ama o la si odia. Non esistono vie di mezzo, è tutto molto netto e preciso. Sì o no. È un po' come quelle domande da quiz conoscitivo in cui ci si interroga a vicenda se si preferisce il pandoro o il panettone, il mare o la montagna, il bianco o il nero... Non si può imparare ad amare l'estate se la si detesta, bisogna solo mettersi lì e aspettare pazientemente che passi, anche se con l'avvento dei cambiamenti climatici e del riscaldamento globale non è più così semplice. Bisogna aver fede, prima o poi novembre arriva e finalmente potrete sorridere mentre i summer lover piangono tutte le loro lacrime. Ricordate: non siete voi a essere sbagliati, la vita è tutta una questione di gusti, ognuno ha i propri, l'importante è non seguire la massa per sentirsi accettati. Quindi se odiate l'estate ditelo apertamente, senza provare alcun timore, sicuramente accanto a voi – paradossalmente proprio sotto l'ombrellone posto alla vostra sinistra – ci sarà qualcuno pronto a pensarla al vostro stesso modo. Ah, dimenticavo, piacere, io sono Ines, e, come avrete già intuito, odio l'estate.
Estate 2003
Le note di Un'emozione per sempre di Eros Ramazzotti unite a quelle de La canzone del capitano di Dj Francesco fanno da colonna sonora alle lunghe, interminabili giornate di giugno, luglio e agosto. Per quale assurdo motivo i giorni estivi sembrano durare quarantotto ore invece che ventiquattro? penso mentre, sotto il sole cocente, mi trascino a fatica con le stampelle a causa di un'ingessatura arrivata, manco a farlo a posta, il 21 giugno, data di inizio della stagione più “attesa” dell'anno. Almeno, al rientro a scuola, avrò qualcosa da raccontare, continuo tra me. Certo, non avrà la stessa portata emotiva della narrazione del romanticissimo primo bacio (vero o presunto) che sicuramente tesserà Ambra, ma, nella vita, bisogna pur accontentarsi. Comunque io la sfiga di essere compagna di classe di mia cugina proprio non la meritavo e se mi trovo in queste condizioni è solo a causa sua! Io e Ambra siamo nate a pochi mesi di distanza l'una dall'altra e sin dal primo vagito attorno a noi si è creata una bolla di competizione mimetizzata abilmente sotto forma di affetto. Per quanto ci provi, io resto sempre un passo dietro di lei, una “semisignorina” di tredici anni costretta a vivere accanto a una “tardobambina” della sua stessa età anagrafica. Se ho provato a imitare le ballerine dei programmi tv, così da dimostrarle di possedere una capacità a lei ignota, è stato solo per spegnere, per un momento, quell'odioso sorrisetto vittorioso che ha sempre sulle labbra. Peccato che le cose non siano andate come speravo e quello che doveva essere un momento di gloria per la sottoscritta si è trasformato in una rovinosa caduta sotto gli occhi di tutti (Ambra inclusa ovviamente), in un dolore atroce e in una gita presso il reparto di Ortopedia e Traumatologia del Policlinico. Il sole mi brucia la pelle e mi fa colare sudore dalla fronte. Le temperature, quest'anno, sono molto più alte rispetto alla media stagionale, i metereologi parlano di un evento eccezionale e io spero proprio che sia così, che questo inferno non si ripeta mai più... Oh, quanto sarebbe bello se ci fosse un anno senza estate! Raggiungo una sedia, miracolosamente all'ombra, in un angolo remoto della terrazza sulla quale è stato allestito un bar alla moda, punto di ritrovo per i tanti bagnanti che da decenni affollano il lido “Gli amici del sole” di proprietà della mia famiglia. Quando, madida di sudore, finalmente riesco a sedermi, non posso fare a meno di constatare amaramente di essere diventata l'attrazione del momento. Gli occhi dei presenti sono tutti puntati su di me. Cos'è, non avete mai visto una gamba ingessata? vorrei urlare ma preferisco tacere e fingere di essere rapita dalle note dei tormentoni della stagione. «Tesoro, cosa fai qui tutta sola?» Una voce maschile mi strappa allo stato di torpore nel quale ero caduta. Il sole, adesso, è ancora più caldo, i suoi raggi sembrano voler trafiggere l'ingessatura, i miei abiti sono diventati un blocco unico con la pelle. «Io... ehm... pensavo», taglio corto per non ammettere di aver perso la cognizione del tempo. «Ti piace questo posto?» Annuisco appena. «Rappresenta l'essenza della nostra famiglia, un dono che viene tramandato di generazione in generazione», continua con tono orgoglioso, guardando con soddisfazione ciò che lo circonda. «Rendere felice la gente è un grande onore, carissima Ines, un privilegio riservato a pochi.» Mio padre estrae un fazzoletto di cotone dalla tasca dei jeans (ebbene sì, lui indossa i jeans anche quando la temperatura supera i 40°C) e si deterge la fronte sudata. «Cara figlia mia, un giorno tutto questo sarà tuo», sentenzia con convinzione. All'improvviso alcune nuvole velano il cielo. All'unisono tutti i bagnanti alzano i visi verso l'alto.
2022 – gennaio
Un senso di oppressione alla gola mi invade mentre mi avvicino allo studio del notaio. Se potessi, tornerei indietro a gambe levate, lontana da tutto questo caos, da questa realtà che non voglio assolutamente accettare. La mano di Ambra si posa sulla mia spalla esortandomi a procedere. «Ines, siamo in ritardo», sussurra. «Il notaio ci sta aspettando da un pezzo, non comportiamoci come persone maleducate e irrispettose.» Annuisco appena. «Gli altri sono già lì, aspettano noi per cominciare.» Procedessero pure, non mi offendo mica! vorrei replicare, ma non ne ho la possibilità: Ambra approfitta del mio momento di distrazione per trascinarmi nel girone infernale (leggasi studio notarile, non me ne voglia il professionista). Non appena riapro gli occhi che avevo istintivamente chiuso per sfuggire al presente, incontro gli sguardi del mio parentado convocato per l'evento. Tutti ricambiano le mie occhiate. Tutti, tranne una persona: il motivo per il quale ci troviamo qui.
Osservo l'ambiente che mi circonda con finto interesse. Non m'importa nulla del lusso che si sprigiona da ogni angolo di questo studio notarile, non ha alcun effetto su di me il computer di ultima generazione sulla scrivania né la libreria antica colma di faldoni, testi giuridici e foto di famiglia. Non voglio stare qui, punto. Un strategico colpetto di tosse emesso da Ambra mi riporta alla realtà. Mio malgrado, sono costretta a posare lo sguardo sull'uomo che mi è di fronte con una busta da lettere tra le dita che stringe come se contenesse la ricetta segreta per l'immortalità. Purtroppo, so per certo che essa non esiste. «Buongiorno a tutti», esordisce con tono solenne, guardandoci negli occhi. «Siamo qui per l'apertura del testamento del caro signor Onofrio, recentemente scomparso», continua con costruito dispiacere. Non mi stupirei affatto se avesse seguito un apposito corso di comunicazione. Da bravi discepoli annuiamo all'unisono fissando il lucido piano della scrivania. Il notaio lentamente apre la busta. Nella stanza il silenzio è a dir poco surreale tanto che il fruscio prodotto dal foglio che viene sfilato dal luogo in cui ha riposato al sicuro appare alle nostre orecchie amplificato, come se ci fosse un microfono celato nei dintorni. Fa male, tutto fa tremendamente male. È come un cerotto strappato con forza dalla pelle. Il professionista sistema il nodo della cravatta, desidera essere impeccabile per adempiere al suo compito, inforca gli occhiali da lettura e respira lentamente così da potersi concentrare a fondo. «Nel pieno delle mie facoltà mentali, io, Onofrio Guidi, dispongo quanto segue», enuncia il notaio con voce impostata. Noi tutti pendiamo dalle sue labbra, trattenendo persino il respiro nel timore di rovinare il mistico momento che stiamo vivendo. Sollevo lo sguardo e lo poso su un punto imprecisato della parete che ho dinanzi. Sono talmente attratta dal bianco candido che i miei occhi stanno percependo da non rendermi più conto di quanto sta accadendo nella stanza, le parole del notaio somigliano a un'eco lontana, una voce di sottofondo senza alcuna grande importanza.
Silvia Devitofrancesco
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