
Nulla è impossibile. Nulla è per caso.
Un nuovo giorno lontano da te, un nuovo sole pallido e freddo sopra questi miei ricordi. Chiudo gli occhi e rivedo tutto nitido, sento la sabbia calda e sottile che graffia dolcemente la mia pelle madida di sudore, il caldo estivo penetrava nelle ossa e i nostri tuffi in acqua divenivano sempre più frequenti per sopportare l'afa. Forse era una scusa per isolarci dagli altri e trovare quell'intimità fatta di sussurri, sguardi e risa sommesse che altrimenti non avremmo potuto esternare. Ricordo ancora il giorno in cui ci siamo incontrati la prima volta, io indossavo un abito leggero con grandi fiori gialli e rossi, dei sandali datati e un cappellino di paglia fuori moda ma che trovavo delizioso con quel suo nastro di raso giallo così lungo che ricadeva fino alle scapole. Ero entrata dal fornaio per prendere dei cornetti caldi per la colazione, zia me ne aveva ordinati cinque alla marmellata, uno per me, gli altri tutti per lei che diceva di soffrire terribilmente il caldo e di dover addentare qualcosa di zuccherato di tanto in tanto per tirar su la glicemia e la pressione ,ma in realtà l'unica cosa ad essere andata su in questi mesi era l'ago della sua bilancia! Povera zia Marge da quando l'uomo della sua vita l'aveva abbandonata per una giovane tennista romana non ci stava più tanto con la testa e passava il tempo a pettinare il suo York Shire Sissi e a mangiare cornetti caldi. Proprio lì, nel piccolo forno di paese immerso di aromi velati di canditi i nostri sguardi si sono incontrati. Stavi caricando sulle spalle grossi sacchi di farina una t-shirt bianca un po' sgualcita i pantaloni blu a righe bianche che spazzavano il pavimento infarinato ed un cappellino liso Indossato un po' troppo calcato sulla fronte, forse per nascondere il tuo sguardo così timido. Non ci fu nulla da fare, un incontrollabile forza attrattiva incollò i nostri occhi i tuoi azzurro cielo, i miei verde smeraldo, rimasero ipnotizzati. “Eric! Non rimanere lì impalato, carica quei sacchi di farina il Sig. Richard li vuole entro le dieci.” Il fornaio aveva spezzato l'incantesimo ed eravamo tornati sul pianeta Terra. Eric corse via in un lampo, la timidezza si era riappropriata di lui, il berretto calcato sugli occhi lo sguardo fisso a terra e le guance dipinte di un rosso prima inesistente. “Prego Signorina, desidera?” Il fornaio mi costrinse a distogliere lo sguardo da colui che in un istante aveva rapito il mio cuore, farfugliai qualcosa in risposta alla sua domanda e me ne tornai a casa con un sacchetto pieno di bignè alla crema e cornetti al cioccolato. Non so bene cosa avessi detto o cosa il fornaio avesse tradotto dalle mie parole sconnesse ma Zia Marge rimase ugualmente contenta del bottino. Passai l'intera giornata a ripetere il suo nome e a rivedere i suoi occhi glaciali puntati sui miei. Ringraziai il cielo quando zia Marge finì le sue dolci cibarie e mi rinviò al forno la mattina seguente per altre scorte. La casa di zia Marge distava tre chilometri dal centro del Paese dove il Fornaio Signo aveva il suo negozio, volai come una rondine o meglio corsi come una gazzella giù per la discesa tagliando, per i campi di grano . Arrivai, mi fermai qualche metro prima del negozio per ricompormi e asciugare il sudore della fronte, poi con naturalezza entrai trattenendo a fatica il fiatone, dato più dall'emozione che dalla corsa. Entrai prima con lo sguardo che con il corpo ispezionai ogni angolo del negozio ma di Eric non c'era traccia, sconsolata ordinai al fornaio e delizie per zia Marge e me ne tornai a casa con un sacchetto bianco pieno di farina. Questa volta anche zia Marge rimase a bocca asciutta e mi rivolse uno sguardo interrogativo, forse aveva capito o forse no. Fatto sta che mi prese per mano e mi portò in cucina. “Visto che al posto della colazione mi hai portato un kg di farina non ci resta che fare una bella torta di mele!” esclamò zia Marge con uno sguardo sornione Mandò la Sig.ra Rose dal fruttivendolo per acquistare un kg di mele renette nel frattempo iniziammo a sfogliare il ricettario della zia per trovare la ricetta perfetta per la torta di mele. “Quella che faceva nonna Sissi era buonissima io e tuo padre ne eravamo ghiotti!” Anche papà mi parlava spesso di nonna Sissi, chiamata così per volontà del bisnonno invaghito della principessa Sissi, era una donnina gracile e non molto alta con uno sguardo sempre sorridente e due dolci occhi verdi smeraldo che io, per mia fortuna, avevo ereditato mentre il cane di zia Marge aveva ereditato il nome, ahimè! Mentre la torta cuoceva lentamente in forno zia Marge non perse tempo e mi tempestò di domande, non certo equivoche, “Hai incontrato qualche vecchio amico in Paese in questi giorni Susen?”. La zia, era risaputo, non brillava d'intelligenza ma aveva un arguto senso della realtà pur non uscendo mai dalla sua bella villetta di campagna conosceva ogni singolo particolare di ciò che le accadeva attorno ed anche questa volta sembrava sapesse più di quanto mostrasse. “Zia sono qui solo da tre giorni ...” balbettai arrossendo e naturalmente questo non convinse la zia che continuò il suo fine interrogatorio. “Mi sei sembrata scossa oggi al tuo ritorno dal fornaio, per questo .... Mi domandavo se ...” lasciò la frase incompleta come se si aspettasse che io la terminassi esaudendo le sue curiosità, per fortuna il timer del forno squillò al momento giusto, mi alzai velocemente quasi precipitosamente dalla sedia tanto in fretta che cadde a terra. Rivelando, così, il fondato sospetto della zia, la quale non perse tempo e si fece una grassa risata. Divenni rossa come un pomodoro, mi vidi, passando davanti al grande specchio del salone ed arrivata in cucina mi rinfrescai subito nel lavello cercando di calmare il mio tumultuoso cuore. Dopo aver ripreso un giusto contegno portai la torta nel salotto dove io e zia Marge ne mangiammo due grosse fette calde e tenere da sciogliersi in bocca giusto ciò che ci voleva per affogare ogni tristezza. Per fortuna la zia non è un tipo insistente e lasciò cadere la conversazione, mi costrinse a tornare in paese per prendere uova e cioccolato, voleva a tutti i costi fare un'ottima torta al cacao per la mattina seguente. L' indomani ero raggiante, non saprei dire se fossi più contenta per la nuova passione della zia, la pasticceria o per il fatto di dover tornare in Paese; Sì, sicuramente per la seconda opzione. Il sole era alto in cielo l'afa riempiva l'aria, solo le cicale osavano orchestrare una lunga nenia estiva. Mi accorsi di non aver indossato il mio cappellino di paglia e dovetti ripararmi gli occhi con il palmo della mano per vedere un giovane falco che piroettava in cielo in cerca di una preda, forse già avvistata. “Ciao!” una voce gioviale mi rivolse il saluto, anche io ero stata avvistata da qualcuno alle mie spalle, ma chi? Mi volsi lentamente, non conoscevo quasi nessuno in Paese in fondo ci passavo solo due mesi all'anno ed erano più di sette anni che non ci tornavo, in pratica ero una bambina l'ultima volta che ci ero venuta. “Ciao!” il saluto si ripeté con un tono di voce più alto, non mi ero accorta di essermi persa nei pensieri. Mi voltai, “Cia ..” dissi lasciando cadere l'ultima vocale quando mi accorsi che a salutarmi era lui, Eric. “Ciao!” mi ripresi immediatamente per non dare l'idea della demente, “Stamane non c'eri al forno”, ma cosa mi era passato per la testa, dirgli che non l'avevo visto al forno, in fondo chi ero io per controllarlo e sapere cosa facesse lui nelle sue giornate! Ecco sicuramente avrà capito o peggio ancora penserà che sono una stalker, mentre mi perdevo nei miei mille pensieri e arrossivo accaldata dall'agitazione Eric rispose senza dar troppo peso alla mia domanda, in realtà sembrava quasi compiaciuto. “Oggi è il mio giorno libero non lavoro dal Signor Signo, stavo andando al fiume a pescare, ti va di accompagnarmi?” “Certo, le commissioni possono aspettare” non ci potevo credere avevo accettato senza preamboli. Ma perché mi aveva invitato a pesca con lui? Certo, io in realtà non ci capivo assolutamente nulla di pesca caccia o roba simile ma l'idea di stare soli in mezzo al nulla mi entusiasmava. Il castello di sabbia che mi ero costruita in breve tempo crollò appena vidi una decina di ragazzi a petto nudo immersi nel fiume fino alle cosce che pescavano muniti di canna retino e vistoso cappello a falda larga per ripararsi dal sole cocente. Rimasi in disparte sotto una grande quercia a guardare Eric manovrare il suo armamentario.
Pamela P.
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